Sentenza 9/2010

Sentenza 9/2010
Giudizio

Presidente AMIRANTE - Redattore MAZZELLA

Udienza Pubblica del 15/12/2009 Decisione del 11/01/2010
Deposito del 15/01/2010 Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate: Art. 24, c. 2°, della legge della Regione Piemonte 28/07/2008, n. 23.
Massime:

Titoli:
Atti decisi: ric. 61/2008


SENTENZA N. 9

ANNO 2010




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici : Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 24, comma 2, della legge della Regione Piemonte 28 luglio 2008, n. 23 (Disciplina dell’organizzazione degli uffici regionali e disposizioni concernenti la dirigenza ed il personale) promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 26-30 settembre 2008, depositato in cancelleria il 6 ottobre 2008 ed iscritto al n. 61 del registro ricorsi 2008.

Visto l’atto di costituzione della Regione Piemonte;

udito nell’udienza pubblica del 15 dicembre 2009 il Giudice relatore Luigi Mazzella;

uditi l’avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Mario Eugenio Comba per la Regione Piemonte.



Ritenuto in fatto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha proposto, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 24, comma 2, della legge della Regione Piemonte 28 luglio 2008, n. 23 (Disciplina dell’organizzazione degli uffici regionali e disposizioni concernenti la dirigenza ed il personale).

Il ricorrente premette che tale legge contiene, al capo I, una serie di disposizioni generali di natura «programmatica», tra i quali spicca l’art. 1 che pone, quale riferimento fondamentale per l’esercizio del potere organizzativo, il richiamo alla Costituzione ed alle leggi statali in materia di lavoro dei dipendenti pubblici.

Al riguardo vengono pertanto in evidenza, in primo luogo, i princìpi costituzionali di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione e di accesso alla stessa mediante concorso enunciati dall’art. 97, commi primo e terzo, Cost., e quello di ragionevolezza, naturale evoluzione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., che postula l’adeguatezza della norma al fine pubblico perseguito.

In secondo luogo, secondo la difesa erariale, rilevano i princìpi generali in materia di lavoro dei dipendenti pubblici ricavabili dall’art. 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche). Detta disposizione, nel regolamentare gli incarichi di funzioni dirigenziali, prevede che gli incarichi dirigenziali possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui al successivo art. 23 e dell’8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato a soggetti esterni alla medesima pubblica amministrazione

Orbene, ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, l’art. 24, comma 2, della legge reg. Piemonte n. 23 del 2008, secondo cui gli incarichi dirigenziali possono essere conferiti a soggetti estranei all’amministrazione regionale nel limite del 30 per cento, consente l’assunzione di personale dirigenziale dall’esterno in misura tripla rispetto alla previsione statale e vìola i menzionati parametri costituzionali.

Infatti, contrasterebbe con il principio di buon andamento dell’amministrazione di cui al primo comma dell’art. 97 Cost. (anche nella forma specifica contemplata dal successivo terzo comma dello stesso art. 97) consentire l’assunzione di un numero così consistente di soggetti estranei all’amministrazione, senza concorso e con contratti a tempo determinato. Una tale previsione ometterebbe ingiustificatamente di valorizzare il personale dipendente; inoltre la consistente quota di dirigenti esterni (almeno inizialmente non a conoscenza delle dinamiche dell’amministrazione) e la temporaneità dell’incarico costituirebbero – in ragione della posizione apicale dei soggetti contemplati – fattori suscettibili di rendere l’azione amministrativa slegata e frammentaria, incidendo in misura rilevante sull’organizzazione dell’ente pubblico. Ciò sarebbe del tutto ingiustificato e irragionevole, nonché contrastante con il principio informatore dell’intera disciplina (affermato nell’art. l della legge reg. Piemonte n. 23 del 2008) rappresentato dalla volontà di uniformarsi ai princìpi fondamentali della normativa statale in materia.

L’Avvocatura generale dello Stato ricorda come questa Corte ritenga possibile valutare caso per caso la conformità di eventuali deroghe ai principi costituzionali ora richiamati. Tuttavia la genericità della previsione dell’art. 24, comma 2, della legge reg. Piemonte n. 23 del 2008 e l’assenza di qualsiasi elemento esplicativo della necessità di un’eccezione alle disposizioni costituzionali ed alla normativa statale fondamentale renderebbero la disposizione impugnata irragionevole e, pertanto, illegittima anche sotto il profilo dell’art. 3 della Costituzione.

2. – La Regione Piemonte si è costituita nel giudizio ed ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile, improcedibile e comunque infondato nel merito.

3. – In prossimità dell’udienza di discussione le parti hanno depositato memorie.

3.1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, insistendo per la declaratoria di incostituzionalità della norma censurata, sottolinea che essa prevede in maniera generale ed immotivata che gli incarichi dirigenziali possano essere conferiti, nel limite del 30 per cento, a soggetti esterni all’amministrazione regionale e pertanto si pone in contrasto con il principio secondo cui agli impieghi pubblici si accede mediante concorso, principio che può essere derogato solamente in casi limitati e motivati da peculiari situazioni che debbono essere specificamente indicate.

3.2. – La Regione Piemonte, nella propria memoria, chiede che il ricorso sia dichiarato tardivo e, nel merito, che la questione sia dichiarata infondata.

Con riferimento all’eccepita tardività, la Regione deduce che la norma censurata era già contenuta nell’art. 26 della legge della Regione Piemonte 8 agosto 1997, n. 51 (Norme sull’organizzazione degli uffici e sull’ordinamento del personale regionale). Pertanto, in virtù della giurisprudenza di questa Corte secondo cui oggetto del giudizio di costituzionalità è la norma e non la disposizione, il Presidente del Consiglio dei ministri, non avendo a suo tempo impugnato il predetto art. 26, non può pretendere di essere rimesso in termini per il fatto che la norma contenuta in quella disposizione è stata riprodotta nella legge reg. Piemonte n. 23 del 2008.

Nel merito, la Regione Piemonte afferma che l’art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001 (che al comma 6 prevede il limite del 10 per cento per gli incarichi dirigenziali di livello generale attribuibili a soggetti esterni all’amministrazione) non è applicabile alle Regioni, poiché si verte nella materia dell’organizzazione degli uffici regionali, riservata alla competenza legislativa residuale delle Regioni ai sensi del quarto comma dell’art. 117 Cost.

La resistente ricorda che lo stesso art. 13 del d.lgs. n. 165 del 2001 prevede che le disposizioni del Capo II del Titolo II dello stesso decreto legislativo (tra le quali è compreso l’art. 19) si applicano solamente alle amministrazioni statali, mentre il successivo art. 27 stabilisce che le Regioni a statuto ordinario, nell’esercizio della propria potestà statutaria, legislativa e regolamentare, adeguano i propri ordinamenti ai principi dettati dal d.lgs. n. 165 del 2001, tenendo conto delle relative peculiarità.

La Regione aggiunge che il comma 6-ter introdotto nell’art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001, successivamente alla notificazione del presente ricorso, dall’art. 40 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni), e secondo il quale i commi 6 e 6-bis dello stesso art. 19 si applicano alle amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 (tra le quali sono comprese le Regioni), è illegittimo per contrasto con l’art. 117, quarto comma, Cost., e chiede che la Corte voglia sollevare innanzi a se stessa la relativa questione di illegittimità costituzionale.

Ad avviso della resistente il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri è infondato, anche perché denuncia la violazione di norme diverse dall’art. 117 della Costituzione.

La Regione Piemonte deduce altresì l’inapplicabilità dell’art. 97 Cost., terzo comma, Cost. all’affidamento degli incarichi dirigenziali, vicenda distinta da quella dell’accesso alla qualifica dirigenziale.

Inoltre l’affidamento dell’incarico di direttore regionale non può avere durata superiore a cinque anni, è rinnovabile e può essere revocato anticipatamente rispetto alla scadenza, onde esso non realizza l’immissione a tempo indeterminato nei ruoli della pubblica amministrazione e, pertanto, non è soggetto all’obbligo del concorso pubblico.

La resistente aggiunge che, comunque, il conferimento, sia ad interni, sia ad esterni, dell’incarico di direttore regionale è soggetto ad un procedimento ad evidenza pubblica (disciplinato dalla delibera dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale del 22 dicembre 2008, n. 185) che garantisce ampiamente i principi di trasparenza, imparzialità e parità di trattamento e, dunque, rispetta l’art. 97, terzo comma, della Costituzione.

Infine, la Regione Piemonte sostiene che la questione sollevata in riferimento agli artt. 3 e 97, primo comma, Cost., è infondata per mancanza di motivazione, poiché le argomentazioni contenute nel ricorso riguardano esclusivamente il terzo comma dell’art. 97 della Costituzione.



Considerato in diritto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 24, comma 2, della legge della Regione Piemonte 28 luglio 2008, n. 23 (Disciplina dell’organizzazione degli uffici regionali e disposizioni concernenti la dirigenza ed il personale), secondo cui «Gli incarichi di direttore regionale possono essere conferiti, entro il limite del 30 per cento dei rispettivi posti, non computando gli eventuali incarichi esterni di cui al comma 1, a persone esterne all’amministrazione regionale».

In particolare, contrasterebbe con il principio di buon andamento dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost. (anche nella forma specifica contemplata dal terzo comma dello stesso art. 97, secondo cui ai pubblici uffici si accede mediante concorso pubblico) consentire l’assunzione di un numero così elevato di soggetti estranei all’amministrazione, senza concorso e con contratti a tempo determinato.

Inoltre, ad avviso del ricorrente, la genericità della previsione dell’art. 24, comma 2, della legge reg. Piemonte n. 23 del 2008 e l’assenza di qualsiasi elemento esplicativo della necessità di un’eccezione alle disposizioni costituzionali in tema di accesso mediante concorso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni ed alla normativa statale fondamentale renderebbero la disposizione impugnata irragionevole e, pertanto, illegittima anche sotto il profilo dell’art. 3 della Costituzione.

2. – La Regione Piemonte ha eccepito preliminarmente la tardività del ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri, affermando che già l’art. 26 della legge della Regione Piemonte 8 agosto 1997, n. 51 (Norme sull’organizzazione degli uffici e sull’ordinamento del personale regionale), conteneva una norma identica a quella contenuta nella disposizione oggetto della presente questione. Non avendo lo Stato impugnato a suo tempo la legge del 1997, non potrebbe ora impugnare la stessa norma per il semplice fatto che essa è stata ripetuta nella legge del 2008.

L’eccezione non è fondata.

L’esistenza di una disciplina contenuta in un precedente testo normativo non impedisce l’impugnazione in via principale di una successiva legge che, novando la fonte, riproduca la medesima disciplina.

Si aggiunga che, se è vero che la disciplina più recente coincide con quella più risalente per quel che riguarda la percentuale degli incarichi di direttore regionale che possono essere attribuiti a soggetti esterni, è altresì vero che essa se ne distacca per quanto concerne la durata degli incarichi così conferiti (la precedente norma stabiliva che i contratti stipulati con i soggetti esterni avevano durata quadriennale, quella attuale che tali contratti «hanno durata non superiore a cinque anni»), la possibilità di rinnovo (in precedenza era previsto che i contratti in questione potessero essere rinnovati per una sola volta, limite scomparso nella nuova norma), i requisiti soggettivi richiesti agli esterni. Pertanto la conferma della percentuale del 30 per cento dei conferimenti agli esterni si colloca in un diverso contesto normativo che caratterizza in maniera differente rispetto al passato quei conferimenti e, quindi, di riflesso, anche il particolare profilo della quota di incarichi attribuibili agli esterni.

3. – Prima di affrontare il merito della questione occorre esaminare alcuni profili evidenziati dalla difesa regionale che assumono rilevanza preliminare,

3.1. – In particolare, la Regione sostiene che le censure sollevate in riferimento agli artt. 97, primo comma, e 3 Cost., non sarebbero motivate.

L’assunto non è condivisibile, perché anche tali censure sono sorrette da motivazione sufficiente.

Infatti nel ricorso è affermato che il principio di buon andamento dell’amministrazione sarebbe violato perché la norma impugnata omette ingiustificatamente di valorizzare il personale dipendente; inoltre la rilevante quota di dirigenti esterni e la temporaneità dell’incarico costituirebbero fattori suscettibili di rendere l’azione amministrativa slegata e frammentaria. Quanto alla violazione dell’art. 3 Cost., il ricorrente afferma che la norma impugnata sarebbe irragionevole attesa la genericità della previsione della norma impugnata e l’assenza di qualsiasi elemento esplicativo della necessità di un’eccezione alle disposizioni costituzionali (art. 97 Cost.) ed alla normativa statale fondamentale rappresentata dall’art. 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).

3.2. – Ad avviso della Regione, poi, il Presidente del Consiglio dei ministri non potrebbe eccepire la violazione di parametri costituzionali diversi da quelli concernenti il riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni.

In proposito, però, questa Corte ha ripetutamente affermato che, anche dopo la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, lo Stato può proporre impugnazioni in via principale contro le leggi regionali deducendo la violazione di un qualsiasi parametro costituzionale, e non solo di quelli concernenti il riparto delle reciproche competenze legislative (tra le altre, sentenza n. 274 del 2003).

3.3. – La Regione Piemonte deduce altresì l’illegittimità costituzionale del comma 6-ter dell’art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001, introdotto dall’art. 40, comma 1, lettera f), dell’art. 40 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni), a norma del quale, tra l’altro, il comma 6 dello stesso art. 19 (che fissa il limite percentuale degli incarichi di funzione dirigenziale che le amministrazioni statali possono conferire ad esterni), si applica «alle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2» del d.lgs. n. 165 del 2001, tra le quali rientrano anche le Regioni.

La Regione sostiene che la norma interviene illegittimamente in una materia riservata alla potestà legislativa residuale delle Regioni e chiede che la Corte voglia sollevare davanti a se stessa la relativa questione di legittimità costituzionale.

L’istanza non è accoglibile, poiché della censurata disposizione statale non si deve fare applicazione nel presente giudizio di legittimità costituzionale, onde non sussiste il presupposto affinché la Corte rimetta dinanzi a sé la relativa questione di costituzionalità.

4. – Nel merito la questione sollevata in riferimento all’art. 97 Cost. è fondata.

Per giurisprudenza consolidata di questa Corte, le deroghe legislative al principio secondo cui agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, seppure previste espressamente dallo stesso art. 97, terzo comma, Cost., sono sottoposte al sindacato di legittimità costituzionale. In particolare, «l’area delle eccezioni» al concorso deve essere «delimitata in modo rigoroso» (sent. n. 215 del 2009; sent. n. 363 del 2006). Le deroghe, cioè, sono legittime solo in presenza di «peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico» idonee a giustificarle (sent. n. 81 del 2006). In altre parole, la deroga al principio del concorso pubblico deve essere essa stessa funzionale alle esigenze di buon andamento dell’amministrazione (sent. n. 293 del 2009).

L’art. 24, comma 2, della legge regionale Piemonte n. 23 del 2008 contrasta con l’art. 97, terzo comma, della Costituzione. Tale disposizione, infatti, oltre a prevedere assunzioni a tempo determinato, con contratto che può avere una durata massima di cinque anni e che è rinnovabile senza alcun limite, e a non richiedere la ricorrenza di alcun presupposto oggettivo perché un incarico di direttore regionale sia affidato ad un soggetto esterno piuttosto che ad un dirigente appartenente ai ruoli dell’amministrazione, contempla una deroga al principio del concorso pubblico di notevole consistenza (30 per cento dei posti di direttore regionale).

Il fatto che tale deroga non sia circoscritta a casi nei quali ricorrano specifiche esigenze di interesse pubblico, come richiesto dalla giurisprudenza della Corte e come stabilito da altre analoghe disposizioni rinvenibili sia nell’ordinamento statale (art. 19, comma 6, d.lgs. n. 165 del 2001, che richiede che la professionalità vantata dal soggetto esterno non sia rinvenibile nei ruoli dell’amministrazione), sia in alcuni di quelli regionali [art. 22, comma 1, della legge della regione Abruzzo 14 settembre 1999, n. 77 (Norme in materia di organizzazione e rapporti di lavoro della Regione Abruzzo); art. 28, comma 3-bis, legge della Regione Marche 15 ottobre 2001, n. 20 (Norme in materia di organizzazione e di personale della Regione)], comporta la dichiarazione di illegittimità dell’art. 24, comma 2, legge regionale Piemonte n. 23 del 2008, per violazione dell’art. 97 della Costituzione.

5. – La questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento all’art. 3 Cost. resta assorbita.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 24, comma 2, della legge della Regione Piemonte 28 luglio 2008, n. 23 (Disciplina dell’organizzazione degli uffici regionali e disposizioni concernenti la dirigenza ed il personale).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 gennaio 2010.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 15 gennaio 2010.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: DI PAOLA