Ordinanza 31/2010

ORDINANZA N. 31 ANNO 2010
Alimenti e bevande - Acque minerali naturali - Modalità di utilizzazione - Divieto di utilizzare, per il trasporto, il condizionamento e la successiva commercializzazione, recipienti o contenitori di capacità superiore a due litri - Previsione di sanzione amministrativa pecuniaria in caso di trasgressione al suddetto divieto - Preteso contrasto con più favorevoli norme comunitarie sopravvenute.

Presidente AMIRANTE - Redattore TESAURO

Camera di Consiglio del 16/12/2009 Decisione del 27/01/2010
Deposito del 04/02/2010 Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate: Art. 10 del decreto legislativo 25/01/1992, n. 105.
Massime:

Titoli:
Atti decisi: ord. 178/2009


ORDINANZA N. 31

ANNO 2010




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici : Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 10 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 105 (Attuazione della direttiva 80/777/CEE relativa alla utilizzazione e alla commercializzazione delle acque minerali naturali), promosso dal Giudice di pace di Montecorvino Rovella, nel procedimento vertente tra la Roxane Nord s.a. e la Regione Campania, con ordinanza del 23 settembre 2008 iscritta al n. 178 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 2009.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 16 dicembre 2009 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro.



Ritenuto che, con ordinanza del 23 settembre 2008, il Giudice di pace di Montecorvino Rovella ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 41, primo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 4, del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 105 (Attuazione della direttiva 80/777/CEE relativa alla utilizzazione e alla commercializzazione delle acque minerali naturali);

che il giudizio principale ha ad oggetto l’opposizione proposta da una società di diritto francese avverso il provvedimento di irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria, inflitta poiché essa, per il trasporto di acqua minerale, avrebbe utilizzato recipienti di capacità superiore a due litri, in violazione dell’art. 10, comma 4, del d.lgs. n. 105 del 1992;

che, secondo il giudice a quo, la ricorrente ha eccepito che la norma censurata violerebbe l’art. 10 della direttiva 15 luglio 1980, 80/777/CEE (Direttiva del Consiglio in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali), in virtù del quale «gli Stati membri adottano le opportune disposizioni affinché il commercio delle acque minerali conformi alle definizioni e alle disposizioni della presente direttiva non sia ostacolato dall’applicazione delle disposizioni nazionali non armonizzate che regolano la composizione, le modalità di utilizzazione, il confezionamento, l’etichettatura o la pubblicità delle acque minerali o dei prodotti alimentari in genere»;

che, espone testualmente il rimettente, «come la stessa ricorrente rileva, non risulta alcuna espressa disposizione al proposito, potendosi applicare una regolamentazione sopranazionale solo nel caso generale di precipua adozione con provvedimento di legge che, evidentemente, non risulta vi sia stato», quindi, «alcun contrasto si ritiene sussistere in quanto l’art. 6 della direttiva europea indicata (che non indica limiti alla capacità di condizionamento delle acque minerali) non vige, attualmente, in ambito nazionale»;

che, tuttavia, ad avviso del Giudice di pace, la norma censurata violerebbe l’art. 117, primo comma, Cost., realizzando una disparità di trattamento «tra imprese nazionali e imprese comunitarie» ed una «intollerabile discriminazione monetaria anche tra cittadini europei, quale effetto indiretto e ineluttabile dell’applicazione (o meno) della direttiva», comportando, inoltre, l’impiego di contenitori di maggiore capacità «un minore impegno di conferimento e smaltimento rispetto a contenitori di minori capacità e relativo confezionamento», «con evidenti ricadute ambientali e, ancora una volta, pecuniarie»;

che il citato art. 10, comma 4, si porrebbe, altresì, in contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto, «di fatto, smentisce l’uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge», e con l’art. 41, primo comma, Cost., poiché «smentisce che l’iniziativa economica privata debba essere libera»;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente inammissibile, in quanto la non manifesta infondatezza è stata motivata esclusivamente mediante rinvio alle argomentazioni prospettate dalla parte, senza peraltro considerare che la direttiva 80/777/CEE non sarebbe stata trasposta e non sarebbe self-executing.

Considerato che il Giudice di pace di Montecorvino Rovella ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 41, primo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 4, del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 105 (Attuazione della direttiva 80/777/CEE relativa alla utilizzazione e alla commercializzazione delle acque minerali naturali), in virtù del quale il trasporto di acque minerali deve essere effettuato, utilizzando, tra l’altro, recipienti che «non possono eccedere la capacità di due litri»;

che le censure riferite agli artt. 3 e 41, primo comma, Cost. sono state formulate in modo meramente assertivo, senza indicare le ragioni del denunciato contrasto del citato art. 10, comma 4, con detti parametri, e, quindi, sono manifestamente inammissibili (tra le molte, le ordinanze n. 261 e n. 190 del 2009);

che, in relazione alla eccepita violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., il rimettente, dopo aver rilevato che la ricorrente nel giudizio a quo avrebbe denunciato il contrasto della norma censurata con l’art. 10 della direttiva 15 luglio 1980, 80/777/CEE (Direttiva del Consiglio in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali) – nella specie, ratione temporis, non è applicabile la direttiva 18 giugno 2009, 2009/54/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali. Rifusione. Testo rilevante ai fini del SEE) – da un canto, osserva, testualmente, che «alcun contrasto si ritiene sussistere in quanto l’art. 6 della direttiva europea indicata (che non indica limiti alla capacità di condizionamento delle acque minerali) non vige, attualmente, in ambito nazionale»; dall’altro, afferma, invece, che tale contrasto sussisterebbe, prospettando la questione in antitesi con la premessa posta, e cioè in maniera contraddittoria, quindi manifestamente inammissibile (per tutte, ordinanze n. 127 del 2009 e n. 252 del 2008);

che, inoltre, sebbene il Giudice di pace abbia dedotto la violazione della suddetta direttiva, egli ha omesso di dare conto della disciplina da questa stabilita e, conseguentemente, neppure ha esplicitato le ragioni a conforto della premessa interpretativa, concernenti sia l’esistenza del denunciato contrasto, sia il difetto dei presupposti per l’immediata applicabilità della norma della direttiva asseritamente lesa, e ciò ancorché la questione di compatibilità comunitaria sia preliminare rispetto a quella di legittimità costituzionale, configurando quindi dette carenze ulteriori cause di manifesta inammissibilità della questione (in ordine a tali profili, tra le più recenti, rispettivamente, ordinanza n. 127 del 2009; ordinanze n. 100 e n. 65 del 2009);

che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.




per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 4, del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 105 (Attuazione della direttiva 80/777/CEE relativa alla utilizzazione e alla commercializzazione delle acque minerali naturali), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 41, primo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, dal Giudice di pace di Montecorvino Rovella, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 gennaio 2010.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Giuseppe TESAURO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 4 febbraio 2010.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: DI PAOLA