Sentenza 332/2011

Sentenza 332/2011
Giudizio

Presidente QUARANTA - Redattore FRIGO

Udienza Pubblica del 08/11/2011 Decisione del 12/12/2011
Deposito del 16/12/2011 Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate: Provvedimento del Tribunale di Venezia del 19/05/2011, n. RG 1475/2010.
Massime:
Atti decisi: confl. enti 6 e 7/2011


SENTENZA N. 332

ANNO 2011



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA,



ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi per conflitto di attribuzione tra enti sorti a seguito dell’ordinanza emessa il 19 maggio 2011 dal Tribunale di Venezia nel giudizio civile R.G. n. 1475/2010, promosso dalla Sigma Informatica s.p.a. contro i consiglieri regionali Nicola Atalmi e Diego Bottacin e contro altri soggetti, promossi con ricorsi della Regione Veneto notificati il 17 agosto 2011, depositati in cancelleria il 18 agosto 2011 ed iscritti ai nn. 6 e 7 del registro conflitti tra enti 2011.

Visti gli atti di costituzione, fuori termine, del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica dell’8 novembre 2011 il Giudice relatore Giuseppe Frigo;

uditi gli avvocati Emanuele Mio e Andrea Manzi per la Regione Veneto.



Ritenuto in fatto

1.– Con due distinti ricorsi, notificati entrambi il 17 agosto 2011 e depositati il successivo 18 agosto (reg. confl. enti n. 6 e n. 7 del 2011), la Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, ha sollevato conflitti di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione all’ordinanza emessa il 19 maggio 2011 dal Tribunale di Venezia nel giudizio civile R.G. n. 1475/2010, promosso dalla Sigma Informatica s.p.a. contro i consiglieri regionali Nicola Atalmi e Diego Bottacin e contro altri soggetti – ordinanza con la quale è stata ordinata l’esibizione di un documento e disposta una consulenza tecnica d’ufficio – per violazione dell’art. 122, quarto comma, della Costituzione e, conseguentemente, degli artt. 121 e 123 Cost.

Secondo quanto riferisce la ricorrente, la vicenda si connette all’avvenuta scoperta, a seguito di verifiche interne effettuate negli anni 2008-2009, di una rilevante sottrazione di denaro pubblico nell’ambito della Unità locale socio-sanitaria (ULSS) n. 9 di Treviso: sottrazione operata tramite la costituzione di fittizie «posizioni di pagamento» a favore di soggetti privi di ogni legame con l’Azienda sanitaria. Le operazioni illecite, ripetutesi per anni, erano state imputate ad una ex dipendente della ULSS, dimessasi volontariamente nel febbraio 2008, la quale, per tali fatti (qualificabili come delitti di peculato), era stata tratta in arresto nei primi mesi del 2009 – rendendo così la vicenda di pubblico dominio – e quindi condannata nel 2011 con sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Treviso.

L’episodio aveva dato luogo a iniziative dei consiglieri regionali di minoranza Nicola Atalmi e Diego Bottacin, volte a fare chiarezza sulle reali responsabilità per l’accaduto e a verificare che fossero adottati opportuni provvedimenti per evitare il ripetersi di analoghe operazioni. L’attenzione dei predetti consiglieri si era focalizzata, in specie, sulle possibili manchevolezze del sistema informatico in uso alle Aziende sanitarie venete, gestito dalla Sigma Informatica s.p.a.: sistema che non avrebbe – in ipotesi – fatto constare, con opportuni «segnali di allarme», le ripetute alterazioni dei dati relativi ai destinatari dei pagamenti.

In particolare, il consigliere Atalmi – al quale si riferisce il ricorso reg. confl. enti n. 6 del 2011 – aveva presentato l’8 ottobre 2009 una interrogazione a risposta immediata, ai sensi dell’art. 15 dello Statuto della Regione Veneto (legge 22 maggio 1971, n. 340, recante «Approvazione, ai sensi dell’art. 123, comma secondo, della Costituzione, dello Statuto della Regione Veneto»), chiedendo al Presidente della Giunta regionale, dott. Giancarlo Galan, e all’assessore Sandri – tra l’altro e per quanto qui più interessa – se corrispondesse al vero «che la società che gestisce il sistema informatico per tutte le ULSS venete e […] coinvolta nell’indagine in corso» fosse «controllata da due società lussemburghesi»; se fossero state verificate le «eventuali responsabilità» di detta società; se fosse stato appurato che la ex dipendente avesse «agito “da sola”» e «goduto singolarmente» dei proventi degli illeciti; se si potesse, infine, escludere «l’esistenza di una correlazione tra il fatto de quo ed il finanziamento illecito della politica». I contenuti dell’interrogazione erano stati quindi riprodotti in un articolo pubblicato – secondo quanto afferma la ricorrente – il giorno successivo sul quotidiano «La Tribuna» di Treviso.

A propria volta, il consigliere Bottacin, all’epoca vicepresidente della commissione consiliare sanità – cui si riferisce il ricorso reg. confl. enti n. 7 del 2011 – aveva richiesto, il 7 ottobre 2009, ai competenti uffici regionali copia degli atti inerenti all’aggiudicazione delle gare e ai contratti di appalto intercorsi tra la Sigma Informatica s.p.a. e le Aziende sanitarie venete. Constatata l’incompletezza dei documenti trasmessigli e la difficoltà del loro reperimento, il consigliere Bottacin aveva «espresso le sue perplessità in una intervista per il quotidiano “La Tribuna”», pubblicata il 9 ottobre 2009.

Con nota dello stesso 9 ottobre 2009, il Bottacin aveva chiesto, altresì, a tutte le Aziende sanitarie del Veneto copia delle «deliberazioni di affidamento delle forniture di beni e servizi» alla Sigma Informatica. Raccolta la documentazione, ne aveva – sempre secondo la ricorrente – riportato «il contenuto in un successivo articolo de “La Tribuna”», pubblicato il 12 ottobre 2009.

Ritenendo le dichiarazioni in questione lesive della propria «immagine commerciale», la Sigma Informatica aveva convenuto in giudizio i consiglieri Atalmi e Bottacin davanti al Tribunale di Venezia, unitamente ad altri soggetti, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni, nonché (quanto al Bottacin) alla riparazione pecuniaria prevista dall’art. 12 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa).

La società attrice aveva sostenuto, in specie, che l’interrogazione formulata dal consigliere Atalmi e riprodotta sul quotidiano «La Tribuna» racchiudesse una «accusa diffamatoria», gravemente lesiva della propria reputazione commerciale, tanto più in quanto accompagnata da una «demagogica richiesta di revoca della gara europea» per l’affidamento del servizio di gestione in outsourcing delle risorse umane del Comparto sanità della Regione Veneto, espletata nel 2007 e vinta da essa Sigma Informatica.

Il consigliere Bottacin – sempre ad avviso della società attrice – avrebbe, dal canto suo, formulato, nelle interviste agli organi di stampa, «pesantissime insinuazioni circa la regolarità dei numerosi appalti pubblici aggiudicati a Sigma». In particolare, nell’intervista del 9 ottobre 2009, il convenuto si sarebbe «inventato» inesistenti «muri di gomma» che gli avrebbero impedito l’accesso agli atti, accreditando con ciò l’idea di una scarsa trasparenza dei rapporti tra la Sigma Informatica, la Regione e le Aziende sanitarie; mentre, nel successivo articolo del 12 ottobre 2009, avrebbe espresso dubbi sulla regolarità dell’esito della gara europea vinta dalla Sigma, parlandone in termini di «sanatoria sospetta», avente ad oggetto l’«ufficializzazione di un monopolio», e di «verdetto praticamente già scritto».

Nel costituirsi in giudizio, i consiglieri Atalmi e Bottacin avevano eccepito che i fatti in rapporto ai quali era stata dedotta la loro responsabilità risultavano coperti dalla garanzia della insindacabilità, prevista dall’art. 122, quarto comma, Cost.

Concesso termine per il perfezionamento della notifica dell’atto di citazione, il Giudice istruttore aveva rinviato la causa all’udienza del 10 dicembre 2010, a conclusione della quale si era riservato sulle istanze delle parti. Sciogliendo la riserva, aveva accordato i termini per il deposito delle memorie di cui all’art. 183, sesto comma, del codice di procedura civile: memorie nelle quali i convenuti avevano insistito nell’eccezione di insindacabilità.

Dopo essersi nuovamente riservato sulle istanze delle parti, il Giudice istruttore, con ordinanza del 19 maggio 2011, comunicata al punto di accesso telematico il successivo 11 giugno, aveva – senza pronunciarsi sull’eccezione – ordinato l’esibizione della sentenza del Tribunale di Treviso relativa al procedimento penale nei confronti della ex dipendente della ULSS n. 9 e disposto una consulenza tecnica d’ufficio, diretta a verificare le caratteristiche e le procedure consentite dal software della Sigma Informatica adottato dalla predetta Azienda sanitaria, con particolare riguardo alla possibilità di modificare i dati ed eventuali sistemi di controllo o garanzia, alle caratteristiche di accesso e ai dispositivi di sicurezza.

Ad avviso della Regione ricorrente, tale ultimo provvedimento risulterebbe lesivo della prerogativa della insindacabilità dei consiglieri regionali, prevista dall’art. 122, quarto comma, Cost., e, conseguentemente, delle attribuzioni regionali in materia di organizzazione e funzioni degli organi, riconosciute dagli artt. 121 e 123 Cost.

In via preliminare e sul piano dell’ammissibilità, la Regione rileva come, per costante giurisprudenza costituzionale, possa formare oggetto di conflitto intersoggettivo di attribuzione ogni atto, imputabile allo Stato o alla Regione, che, sebbene preparatorio o non definitivo, rechi già in sé requisiti minimi di lesività, in quanto rivolto «ad esprimere in modo chiaro ed inequivoco la pretesa di esercitare una data competenza, il cui svolgimento possa determinare una invasione nell’altrui sfera di attribuzioni o, comunque, una menomazione altrettanto attuale delle possibilità di esercizio della medesima». Di conseguenza, al fine di legittimare il ricorso contro atti lesivi della garanzia prevista dall’art. 122, quarto comma, Cost., sarebbe sufficiente la semplice manifestazione, da parte di un organo dello Stato, della pretesa di esercitare la giurisdizione in presenza di una situazione di immunità, senza che occorra che detto esercizio assuma la forma della sentenza o di un atto definitivo.

Nello specifico ambito dei giudizi civili – esclusa la rilevanza della mera notifica dell’atto di citazione, in quanto imputabile alla parte e non allo Stato, come pure dell’ordinanza del giudice istruttore di concessione dei termini ai sensi dell’art. 183, sesto comma, cod. proc. civ., trattandosi di atto che il giudice è tenuto comunque ad adottare, in presenza di una richiesta delle parti – il primo atto lesivo della prerogativa in questione e, come tale, invasivo dell’autonomia regionale costituzionalmente garantita, dovrebbe essere individuato proprio nel provvedimento con cui il giudice disponga mezzi istruttori. Si tratterebbe, infatti, di un «atto processuale formale», con cui un organo dello Stato esprime la pretesa di giudicare al di là dei limiti posti alla funzione giurisdizionale dall’art. 122, quarto comma, Cost.: limiti la cui sussistenza, nel caso di specie, era stata, peraltro, eccepita dai consiglieri regionali convenuti.

Quanto, poi, al merito dei conflitti, la ricorrente osserva come, alla luce della giurisprudenza costituzionale, l’esonero da responsabilità previsto dalla citata norma costituzionale abbracci tutte le attività che costituiscono esplicazione di una funzione tipica, direttamente affidata ai consiglieri regionali dalla stessa Costituzione o dalle altre fonti normative cui questa rinvia. La garanzia dell’insindacabilità si estende, peraltro, anche a quei comportamenti che, pur non rientrando tra gli atti tipici, risultino legati da un nesso funzionale con l’esercizio delle attribuzioni proprie dell’organo di appartenenza. Nel caso delle opinioni manifestate in sede esterna a quella istituzionale, detto nesso funzionale presuppone che sia riscontrabile una sostanziale corrispondenza di significato tra le dichiarazioni extra moenia e l’atto tipico, e, al tempo stesso, un legame di ordine temporale, atto a far sì che le dichiarazioni esterne assumano una finalità divulgativa dell’attività istituzionale.

In questa prospettiva, sarebbe dunque indubbio – secondo la ricorrente – che il consigliere Atalmi fruisca della garanzia della insindacabilità in rapporto alle dichiarazioni per le quali è stato convenuto in giudizio dalla Sigma Informatica. Quanto, infatti, all’interrogazione dell’8 ottobre 2009, risulterebbe incontestabile che fra gli atti tipici, espressivi delle funzioni dei consiglieri regionali, vadano comprese le interrogazioni e le interpellanze, in quanto strumentali al sindacato esercitato dal consiglio regionale nei confronti della giunta: conclusione che troverebbe, peraltro, espressa conferma nel disposto dell’art. 3, comma 1, della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), concernente l’analoga guarentigia accordata ai membri del Parlamento dall’art. 68, primo comma, Cost.

Rispetto, poi, all’articolo apparso sul quotidiano «La Tribuna» dell’8 ottobre 2009, sussisterebbero entrambi i requisiti richiesti ai fini della insindacabilità delle dichiarazioni esterne, trattandosi di articolo posteriore appena di un giorno alla presentazione dell’interrogazione e consistente nella pura e semplice trasposizione del contenuto di questa.

La conclusione non potrebbe essere, peraltro, diversa neppure in rapporto alle dichiarazioni del consigliere Bottacin.

Quest’ultimo avrebbe, infatti, svolto una «attività ricognitiva», in qualità tanto di consigliere regionale di minoranza che di vicepresidente della Commissione consiliare Sanità, richiedendo informazioni dapprima agli uffici regionali e poi alle Aziende sanitarie locali (ASL). Tale attività troverebbe una precisa base normativa nelle disposizioni dell’ordinamento regionale che attribuiscono alle Commissioni consiliari il potere di consultare direttamente enti locali, cittadini, organizzazioni sindacali, economiche e professionali (art. 22, primo comma, dello statuto regionale); di disporre lo svolgimento di indagini conoscitive, allo scopo di acquisire informazioni, dati, documenti o altro materiale comunque utile alla loro attività (art. 22, terzo comma, dello statuto); di ordinare l’esibizione di atti e documenti e di convocare, previa comunicazione alla Giunta, i dirigenti delle segreterie regionali e gli amministratori o, previo avviso a questi ultimi, i dirigenti di enti, aziende e agenzie regionali (art. 23 dello Statuto). Essa costituirebbe, altresì, espressione del diritto all’informazione nei confronti della Regione e degli enti ad essa subordinati (tra cui le ASL), riconosciuto ai singoli consiglieri dall’art. 15, quarto comma, dello statuto e dall’art. 73 del regolamento del Consiglio regionale, adottato con deliberazione del 30 aprile 1987, n. 456.

Con le dichiarazioni contenute nell’articolo pubblicato il 9 ottobre 2009, il consigliere Bottacin si sarebbe limitato, d’altra parte, a denunciare l’inerzia tenuta dagli uffici regionali nel dare seguito alle proprie richieste, intese a conoscere le modalità di affidamento dei servizi alla Sigma Informatica. Tali richieste – contrariamente a quanto assume la società attrice – non potrebbero essere qualificate come «pretestuose» o «strumentali», non solo perché espressive dell’intento di acclarare con completezza la vicenda relativa alla sottrazione di denaro pubblico oggetto di indagine, ma anche e prima ancora perché le funzioni di indirizzo politico e di controllo da parte del corpo legislativo e dei suoi singoli componenti «sono per definizione libere nei fini». Ciò, a prescindere dall’ulteriore rilievo che in nessun modo le dichiarazioni potrebbero ritenersi, di fatto, lesive del buon nome della società attrice.

Il secondo articolo, apparso sul quotidiano «La Tribuna» il 12 ottobre 2009, non farebbe, a sua volta, che prendere atto «della sostanziale prevalenza della Società Sigma Informatica s.p.a. nel panorama della gestione del personale sanitario delle varie ULSS e delle modalità di aggiudicazione dei servizi informatici della stessa», riportando fedelmente «fatti storicamente presenti».

Alla luce di tali considerazioni, la Regione ricorrente chiede alla Corte di dichiarare che non spettava allo Stato e, per esso, al Tribunale di Venezia accertare la responsabilità dei consiglieri Atalmi e Bottacin, quale autori delle dichiarazioni in contestazione, e, per l’effetto, di annullare – con riferimento alla posizione di detti consiglieri – l’ordinanza impugnata e, «se del caso», tutti gli atti processuali adottati nel giudizio civile promosso nei loro confronti dalla Sigma Informatica s.p.a.

2.– Si è costituito in entrambi i giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che i ricorsi vengano dichiarati infondati.



Considerato in diritto

1.– Con due distinti ricorsi, la Regione Veneto ha sollevato conflitti di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione all’ordinanza di ammissione di mezzi istruttori, adottata il 19 maggio 2011 dal Tribunale di Venezia nell’ambito di un giudizio civile promosso contro i consiglieri regionali Nicola Atalmi e Diego Bottacin (nonché di ulteriori soggetti), per il risarcimento dei danni derivanti da talune loro dichiarazioni, reputate diffamatorie.

Ad avviso della ricorrente, l’atto impugnato sarebbe lesivo della prerogativa della insindacabilità, accordata ai consiglieri regionali dall’art. 122, quarto comma, della Costituzione, e, di riflesso, delle attribuzioni regionali in materia di organizzazione e funzioni degli organi, riconosciute dagli artt. 121 e 123 Cost.

2.– I ricorsi concernono un medesimo atto e svolgono argomenti in parte comuni, onde i relativi giudizi vanno riuniti per essere definiti con un’unica decisione.

3.– In via preliminare, va dichiarata l’inammissibilità della costituzione in giudizio del Presidente del Consiglio dei ministri, in quanto avvenuta – in entrambi i giudizi – oltre il termine perentorio stabilito dall’art. 25, comma 4, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, adottate con deliberazione del 7 ottobre 2008 (ex plurimis, sulla inammissibilità della costituzione tardiva nei giudizi per conflitto di attribuzione tra enti, sentenze n. 149 del 2009 e n. 313 del 2006).

L’ultima delle notificazioni dei ricorsi previste dai commi 1 e 2 dello stesso art. 25 – nella specie, la notificazione al Tribunale di Venezia, quale organo che ha emanato l’atto impugnato – si è, infatti, perfezionata il 17 agosto 2011, con la conseguenza che il termine per la costituzione scadeva il 26 settembre 2011 (pacifica essendo l’inapplicabilità, nei giudizi costituzionali, della sospensione dei termini nel periodo feriale: tra le molte, sentenza n. 318 del 2009 e ordinanza n. 408 del 2006). Gli atti di costituzione risultano depositati, per converso, solo il 27 settembre 2011 e quindi tardivamente.

4.– Sussistono, invece, i requisiti di ammissibilità dei conflitti, ivi compreso quello oggettivo, rappresentato dall’idoneità dell’atto impugnato a ledere le attribuzioni costituzionali della Regione.

Per costante giurisprudenza di questa Corte, costituisce atto idoneo ad innescare un conflitto intersoggettivo di attribuzione qualsiasi comportamento significante, imputabile allo Stato o alla Regione, che sia dotato di efficacia e rilevanza esterna e che – anche se preparatorio o non definitivo – sia comunque diretto «ad esprimere in modo chiaro ed inequivoco la pretesa di esercitare una data competenza, il cui svolgimento possa determinare una invasione nella altrui sfera di attribuzioni o, comunque, una menomazione altrettanto attuale delle possibilità di esercizio della medesima» (ex plurimis, sentenze n. 382 del 2006, n. 211 del 1994 e n. 771 del 1988).

Con particolare riguardo alla garanzia prevista a favore dei consiglieri regionali dall’art. 122, quarto comma, Cost., questa Corte ha escluso che – contrariamente a quanto sostiene la Regione Veneto – il mero «esercizio della giurisdizione civile» nei confronti di un consigliere, pure in presenza di una eccezione della difesa di quest’ultimo tesa a far valere l’insindacabilità, possa ritenersi, di per sé, lesivo della guarentigia e tale, dunque, da legittimare la Regione a reagire con lo strumento del conflitto. Nell’attuale assetto dei rapporti fra attribuzioni dell’autorità giudiziaria e tutela della prerogativa in questione – che concreta una immunità di ordine sostanziale, e non già una esenzione dalla giurisdizione – la Regione può, infatti, censurare solo «il “cattivo uso” del potere valutativo da parte di chi, in via ordinaria, svolge la funzione giurisdizionale, ritenendo che la pronuncia sia in contrasto con la previsione contenuta nella citata disposizione costituzionale» (sentenza n. 195 del 2007). In altre parole, il conflitto di attribuzione è proponibile solo in presenza di un atto – anche preliminare alla definizione del giudizio – che concretamente trascuri la prerogativa di cui si discute (sentenza n. 235 del 2007).

La fattispecie oggi in esame si presenta, pur tuttavia, diversa da quelle già esaminate e decise da questa Corte nel senso della carenza dell’idoneità lesiva (sentenze n. 235 e n. 173 del 2007, concernenti, rispettivamente, provvedimenti di semplice rinvio delle udienze per la produzione di scritti difensivi e l’ordinanza di fissazione dell’udienza di trattazione). Non si è di fronte, infatti, a un mero atto di impulso processuale, imposto dalla legge senza margini di discrezionalità in presenza di determinate condizioni, o comunque privo di ogni «contenuto decisorio»: ma, al contrario, di un provvedimento con il quale il giudice si è pronunciato – con valutazione discrezionale e sia pure in funzione preparatoria della pronuncia volta a definire il giudizio – sulle istanze istruttorie delle parti.

Con l’ordinanza impugnata, d’altro canto, il Giudice veneziano ha ammesso mezzi istruttori finalizzati, non già alla mera verifica della sussistenza dei presupposti di operatività della garanzia della insindacabilità, eccepita dalla difesa dei consiglieri regionali convenuti, quanto piuttosto allo scrutinio della fondatezza nel merito della domanda della società attrice (circostanza di tutta evidenza, specie in rapporto alla disposta consulenza tecnica d’ufficio, diretta ad accertare le caratteristiche e le eventuali manchevolezze del sistema informatico predisposto dalla predetta società).

Sulla premessa che le prove vengono disposte dal giudice solo in quanto reputate ammissibili e rilevanti ai fini della decisione, e tenuto conto, altresì, dell’assenza di qualsiasi riserva o specifica indicazione di segno contrario riguardo alla questione preliminare relativa alla insindacabilità, si deve quindi concludere che l’ordinanza in questione – prefigurando una pronuncia sul merito della domanda – contenga un implicito disconoscimento della guarentigia, sufficiente a concretizzare la potenzialità lesiva.

5.– Scendendo, quindi, all’esame del merito dei ricorsi, giova ricordare che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’eccezionale guarentigia di cui all’art. 122, quarto comma, Cost. – la quale non mira ad assicurare una posizione di privilegio ai consiglieri regionali, ma a preservare da interferenze e condizionamenti esterni le determinazioni inerenti alla sfera di autonomia costituzionalmente riservata al Consiglio regionale (ex plurimis, sentenze n. 195 del 2007, n. 392 e n. 391 del 1999) – ricomprende tutte quelle attività che costituiscono esplicazione di una funzione tipica, affidata a tale organo dalla stessa Costituzione o da altre fonti normative cui la prima rinvia (tra le ultime, sentenze n. 337 del 2009, n. 276 e n. 76 del 2001, n. 289 del 1997).

Come per l’analoga guarentigia prevista a favore dei membri del Parlamento dall’art. 68, primo comma, Cost., l’immunità in parola si estende, peraltro, anche a quei comportamenti che, pur non rientrando fra gli atti tipici, siano collegati da nesso funzionale con l’esercizio delle attribuzioni proprie dell’organo di appartenenza, tra cui, in particolare, la divulgazione esterna delle opinioni espresse in sede consiliare (sentenza n. 391 del 1999).

Le condizioni affinché le dichiarazioni extra moenia possano ritenersi coperte dalla garanzia dell’insindacabilità sono le stesse elaborate dalla giurisprudenza di questa Corte in rapporto alla predetta garanzia di cui all’art. 68, primo comma, Cost.: vale a dire, la sostanziale corrispondenza contenutistica rispetto all’atto tipico e il legame di ordine temporale, idonei ad imprimere alle dichiarazioni esterne una connotazione divulgativa dell’attività istituzionale (sentenze n. 221 del 2006, n. 276 e n. 76 del 2001).

6.– Alla stregua dei ricordati principi, entrambi i conflitti sono fondati.

Riguardo al conflitto concernente il consigliere Nicola Atalmi (reg. confl. enti n. 6 del 2011), va, infatti, osservato che detto consigliere è stato convenuto in giudizio per il risarcimento dei danni derivanti da opinioni espresse in una interrogazione consiliare (l’interrogazione a risposta immediata n. 893 dell’8 ottobre 2009) e riprese in un articolo pubblicato sul quotidiano «La Tribuna» di Treviso, non già il giorno successivo – come si deduce in ricorso – ma addirittura (secondo quanto emerge dal testo prodotto dalla ricorrente) lo stesso giorno di presentazione dell’interrogazione (ciò, sebbene nell’articolo si affermi che questa era stata presentata nel pomeriggio del giorno precedente).

Per costante giurisprudenza di questa Corte, le interrogazioni e le interpellanze vanno senz’altro annoverate tra gli atti consiliari tipici, in quanto strumentali alle funzioni di controllo e di sindacato politico che il Consiglio esercita nei confronti della Giunta (sentenze n. 391 del 1999, n. 382 del 1998 e n. 274 del 1995). A propria volta, l’articolo di stampa – praticamente coevo all’atto tipico – si limita, nella sostanza, a riprodurre i contenuti dell’interrogazione, con conseguente sussistenza di entrambe le evidenziate condizioni per la configurabilità del nesso funzionale.

7.– Quanto, poi, al secondo conflitto, concernente il consigliere Diego Bottacin, la responsabilità risarcitoria di quest’ultimo è stata dedotta in giudizio dalla società attrice in rapporto alle dichiarazioni rese nel corso di due interviste al quotidiano «La Tribuna», pubblicate il 9 e il 12 ottobre 2009.

Tali interviste si connettono, peraltro, sul piano contenutistico, alle richieste scritte che il consigliere Bottacin, all’epoca anche vicepresidente della commissione consiliare sanità, ha rivolto, rispettivamente il 6 e il 9 ottobre 2009 – e, dunque, pochi giorni prima – ai competenti uffici della Regione e a tutte le Aziende sanitarie regionali, al fine di acquisire copia della documentazione relativa ai contratti di appalto conclusi con la società attrice e alle gare che li hanno preceduti. Ciò, nella prospettiva di appurare la posizione di quest’ultima nel quadro della gestione della sanità in Veneto e di fare luce su eventuali ulteriori responsabilità per la rilevante sottrazione di denaro pubblico, verificatasi nell’ambito della ULSS n. 9 di Treviso.

Al riguardo, questa Corte ha già avuto modo di precisare, d’altra parte, che tra le attività coperte dalla garanzia della insindacabilità ben possono essere annoverate quelle di vigilanza e di controllo che spettano alle commissioni consiliari, istituite quali articolazioni del Consiglio regionale, chiamate a svolgere le loro attribuzioni nell’ambito delle materie di rispettiva competenza: con la conseguenza che detta garanzia si estende anche alle dichiarazioni esterne che, in stretta successione temporale, ne riflettano i contenuti (sentenza n. 276 del 2001, concernente, in particolare, una lettera inviata da un consigliere regionale, nella sua qualità di presidente della commissione sicurezza sociale, all’assessore alla sanità e al presidente della Giunta regionale, nella quale si prospettavano dubbi circa la correttezza dell’operato del direttore generale di una azienda sanitaria).

8.– In accoglimento dei ricorsi, si deve dichiarare, pertanto, che non spettava allo Stato, e, per esso, al Tribunale di Venezia, adottare l’ordinanza impugnata, limitatamente alle domande proposte nei confronti dei consiglieri Atalmi e Bottacin: ordinanza che va quindi, in parte qua, annullata.

Non v’è luogo, per contro, a disporre l’annullamento di ulteriori e precedenti atti del giudizio civile in questione, secondo quanto richiesto, sia pure in termini di mera eventualità, dalla ricorrente («se del caso»), giacché – come la stessa Regione Veneto riconosce – gli atti anteriori all’ordinanza impugnata non potevano considerarsi ancora lesivi della prerogativa di cui all’art. 122, quarto comma, Cost.



per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara che non spettava allo Stato e, per esso, al Tribunale di Venezia emettere, nell’ambito del giudizio civile R.G. n. 1475/2010, l’ordinanza indicata in epigrafe con riferimento alle domande proposte dalla Sigma Informatica s.p.a. nei confronti dei consiglieri regionali Nicola Atalmi e Diego Bottacin, e, di conseguenza, annulla per tale parte l’ordinanza stessa.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 2011.

F.to:

Alfonso QUARANTA, Presidente

Giuseppe FRIGO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 16 dicembre 2011.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: MELATTI