Sentenza 16/2012

Sentenza 16/2012
Giudizio

Presidente QUARANTA - Redattore NAPOLITANO

Udienza Pubblica del 10/01/2012 Decisione del 23/01/2012
Deposito del 26/01/2012 Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate: Art. 2 della legge della Regione autonoma Sardegna 21/01/2011, n. 5.
Massime:
Atti decisi: ric. 31/2011


SENTENZA N. 16

ANNO 2012



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,



ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 2 della legge della Regione autonoma Sardegna 21 gennaio 2011, n. 5 (Disposizioni integrative della legge regionale 29 luglio 1998, n. 23 – Norme per la protezione della fauna selvatica e per l’esercizio della caccia in Sardegna), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 29 marzo-1° aprile 2011, depositato in cancelleria il 5 aprile 2011 ed iscritto al n. 31 del registro ricorsi 2011.

Visto l’atto di costituzione della Regione autonoma Sardegna;

udito nell’udienza pubblica del 10 gennaio 2012 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;

uditi l’avvocato dello Stato Maria Pia Camassa per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Massimo Luciani per la Regione autonoma Sardegna.



Ritenuto in fatto

1.― Giusta conforme deliberazione governativa, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato in data 29 marzo 2011, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2 della legge della Regione autonoma Sardegna 21 gennaio 2011, n. 5 (Disposizioni integrative della legge regionale 29 luglio 1998, n. 23 – Norme per la protezione della fauna selvatica e per l’esercizio della caccia in Sardegna), nella parte in cui, avendo introdotto nella legge della Regione autonoma Sardegna 29 luglio 1998, n. 23 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per l’esercizio della caccia in Sardegna), l’art. 59-bis, prevede, al comma 3 della norma novellata, che, ai fini della disciplina del prelievo venatorio in deroga, l’assessore regionale della difesa dell’ambiente adotti – previa deliberazione della Giunta e d’intesa cogli assessori dell’agricoltura e riforma agraria e dell’igiene e sanità e dell’assistenza sociale – il provvedimento in deroga «sentito l’Istituto regionale per la fauna selvatica (IRFS) ovvero, se non ancora istituito, un comitato tecnico-scientifico, composto da un esperto in materia di ambiente e fauna selvatica, un esperto in materia di coltivazioni agricole, un esperto in materia di salute pubblica», essendo precisato che detto comitato è istituito, su proposta dell’assessore della difesa dell’ambiente, con deliberazione della Giunta regionale.

1.1.― Secondo l’avviso del ricorrente, siffatta disposizione violerebbe l’art. 117, commi primo e secondo, lettera s), della Costituzione in quanto sarebbe in contrasto con l’art. 19-bis, comma 3, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio), come introdotto dall’art. 1 della legge 3 ottobre 2002, n. 221 (Integrazioni alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio, in attuazione dell’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE).

Il citato art. 19-bis, prosegue il ricorrente, nel recepire la normativa comunitaria, prevede che le deroghe alla direttiva 74/409/CEE siano applicate per periodi determinati, sentiti esclusivamente l’Istituto nazionale per la fauna selvatica (ora ISPRA) o gli Istituti riconosciuti a livello regionale.

Per il ricorrente la norma censurata, non prevedendo l’acquisizione del parere di cui al citato art. 19-bis della legge n. 157 del 1992, oltre a confliggere coi ricordati parametri costituzionali sia riguardo alla violazione dei vincoli derivanti dal rispetto dell’ordinamento comunitario sia riguardo alla competenza legislativa statale in materia di tutela dell’ambiente, eccede, altresì, dalle competenze statutarie fissate dall’art. 3, primo comma, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna).

2.― Si è costituita in giudizio la Regione autonoma Sardegna, resistendo alla avversa domanda che ritiene inammissibile e, comunque, infondata.

2.1.― Preliminarmente, la resistente eccepisce la inammissibilità del ricorso per oscurità del suo petitum: non sarebbe, infatti, chiaro se la Presidenza del Consiglio si duole del fatto che «quello del comitato tecnico-scientifico previsto dalla legge regionale non sia […] un parere degli istituti riconosciuti a livello regionale ovvero […] che non sia prevista l’acquisizione del solo parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica». L’alternatività fra le due prospettive impugnatorie renderebbe il ricorso inammissibile.

2.2.― Ad ogni modo, prosegue la Regione resistente, in ambedue i casi la questione sarebbe infondata.

Infatti, segnala la difesa regionale, la previsione del rilascio del parere da parte dell’IRFS sarebbe pienamente conforme alla previsione dell’art. 19-bis della legge n. 157 del 1992 il quale, appunto, menziona quali organi consultivi, accanto all’INFS (ora ISPRA), gli istituti riconosciuti a livello regionale. Tale duplice indicazione, fa notare la difesa regionale, è un unicum nel corpo della legge n. 157 del 1992, in quanto solo nell’art. 19-bis citato il legislatore ha fatto riferimento al parere degli «istituti riconosciuti a livello regionale» come fungibile rispetto a quello dell’INFS.

Tale circostanza, sottolinea parte resistente, rende non pertinenti le precedenti decisioni della Corte che hanno riguardato leggi regionali che tendevano ad escludere il parere dell’INFS da determinati procedimenti amministrativi da esse disciplinati, ovvero ad eluderne gli effetti: infatti, in tutti questi casi la fonte legislativa statale prevedeva esclusivamente il parere dell’INFS non ammettendo quello reso da altri organi.

La Regione osserva che il ricorrente, richiamando i precedenti della Corte, non si è reso conto del fatto che la disposizione interposta ora invocata ha «lasciato al legislatore regionale la scelta tra il parere dell’INFS e il parere di un organismo regionale»; legittimamente, pertanto, la Regione avrebbe optato per la seconda soluzione.

Anche la previsione della sostituzione, nelle more della istituzione dell’organismo regionale, del parere reso dall’IRFS con quello rilasciato da un apposito Comitato è, secondo la Regione, legittima espressione del proprio potere di scelta.

A tal proposito la Regione aggiunge che irrilevante è la denominazione di istituto o di Comitato assegnata ai due organismi, in quanto anche nella ipotesi di parere reso da quest’ultimo, data la qualificazione tecnico-scientifica dei suoi componenti, sono salvaguardate le finalità proprie dell’art. 19-bis della legge n. 157 del 1992, ossia che le deroghe ai divieti di prelievo venatorio siano assunte con quelle cautele che assicurino l’adeguata protezione del patrimonio faunistico nazionale.

Aggiunge la parte resistente che, come lo stesso legislatore nazionale, al fine di contenere la spesa pubblica, ha soppresso, con l’art. 28 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, l’INFS, attribuendone i compiti, unitamente a quelli di altri istituti operanti nell’ambito della tutela ambientale, all’ISPRA, così ha fatto il legislatore regionale, prevedendo che i compiti dell’IRFS possano essere svolti, sino alla sua istituzione, da un altro organo più agile e meno costoso del primo ma egualmente idoneo. D’altra parte, conclude la Regione, il ricorrente non censura la scelta di attribuire al Comitato la funzione consultiva in questione sotto il profilo del possesso di un’adeguata competenza tecnica.

Tutto ciò dimostrerebbe che la questione sollevata sarebbe frutto di un equivoco meramente nominalistico.

3.― Nell’imminenza della udienza pubblica il ricorrente ha depositato una breve memoria illustrativa, nella quale, insistendo per la dichiarazione di illegittimità costituzionale della disposizione impugnata, precisa che la Regione autonoma Sardegna, nell’emanare la legge n. 5 del 2011, non avrebbe tenuto conto dei principi introdotti nella legge n. 157 del 1992 a seguito della entrata in vigore della legge n. 96 del 2010. A tale proposito la difesa pubblica precisa che, in applicazione di tali nuovi principi, l’ISPRA ha redatto una “Guida per la stesura dei calendari venatori” che ha trasmesso a tutte le Regioni onde sollecitare il rispetto «dei […] passaggi fondamentali» della normativa comunitaria.

La circostanza che la legislazione sarda non si sia adeguata a tali innovazioni sarebbe ulteriore indice della sua illegittimità costituzionale.

3.1.― Anche la difesa della Regione autonoma Sardegna ha depositato una memoria illustrativa nella quale, ribadite le precedenti difese, ha dedotto la inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, sia perché il gravame è stato rivolto nei soli confronti del comma 3 del novellato art. 59-bis della legge regionale n. 23 del 1998 e non anche nei confronti del comma 4 – disposizione quest’ultima così inscindibilmente legata alla precedente da rendere inammissibile, ad avviso della Regione, la impugnazione solo della prima e non anche della seconda –, sia perché il ricorrente non ha fatto menzione nel suo atto delle competenze legislative regionali quali fissate, per la Sardegna, dal suo statuto speciale di autonomia.



Considerato in diritto

1.― Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2 della legge della Regione autonoma Sardegna 21 gennaio 2011, n. 5 (Disposizioni integrative della legge regionale 29 luglio 1998, n. 23 - Norme per la protezione della fauna selvatica e per l’esercizio della caccia in Sardegna), nella parte in cui, avendo introdotto nella legge della Regione autonoma Sardegna 29 luglio 1998, n. 23 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per l’esercizio della caccia in Sardegna), l’art. 59-bis, prevede, al comma 3 della norma novellata, che, ai fini della disciplina del prelievo venatorio in deroga, l’assessore regionale della difesa dell’ambiente adotti – previa deliberazione della Giunta e d’intesa cogli assessori dell’agricoltura e riforma agraria e dell’igiene e sanità e dell’assistenza sociale – il provvedimento in deroga «sentito l’Istituto regionale per la fauna selvatica (IRFS) ovvero, se non ancora istituito, un comitato tecnico-scientifico» istituito, su proposta del medesimo assessore della difesa dell’ambiente, con deliberazione della Giunta regionale.

1.1.― Secondo l’avviso del ricorrente siffatta disposizione violerebbe l’art. 117, commi primo e secondo, lettera s), della Costituzione in quanto sarebbe in contrasto con l’art. 19-bis, comma 3, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio), il quale, a sua volta, nel recepire la normativa comunitaria, prevede che le deroghe alla direttiva 79/409/CEE sono applicate per periodi determinati, sentiti esclusivamente l’Istituto nazionale per la fauna selvatica (ora ISPRA) o gli Istituti riconosciuti a livello regionale.

Per il ricorrente, infine, la norma censurata, non prevedendo l’acquisizione del parere di cui al citato art. 19-bis della legge n. 157 del 1992, oltre a confliggere coi ricordati parametri costituzionali sia riguardo alla violazione dei vincoli derivanti dal rispetto dell’ordinamento comunitario sia riguardo alla competenza legislativa statale in materia di tutela dell’ambiente, eccederebbe altresì dalle competenze statutarie fissate dall’art. 3, primo comma, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna).

2.― Nel costituirsi, la difesa regionale eccepisce, in via preliminare, la inammissibilità del ricorso sia perché ne sarebbe oscuro il petitum sia perché il ricorrente avrebbe impugnato il solo comma 3 del novellato art. 59-bis della legge regionale n. 23 del 1998, come introdotto per effetto dell’art. 2 della legge regionale n. 5 del 2011, e non anche il successivo comma 4, disposizione questa così inscindibilmente legata con la precedente da rendere, ad avviso della Regione resistente, inammissibile il ricorso se non rivolto nei confronti di ambedue.

Viene, altresì, eccepito che il ricorrente avrebbe omesso di considerare le competenze legislative della Regione quali derivanti dallo statuto di autonomia.

3.― L’eccezione di inammissibilità è destituita di fondamento riguardo a tutti i profili sotto i quali è prospettata.

3.1.― Quanto al primo – supposta oscurità del petitum dovuta al fatto che non sarebbe dato comprendere se il ricorrente censura la disposizione impugnata poiché essa consente la adozione dei provvedimenti derogatori al divieto di prelievo venatorio previa acquisizione del parere dell’IRFS in luogo di quello reso dall’ISPRA ovvero poiché essa, sino alla istituzione del predetto Istituto regionale, consente la adozione dei citati provvedimenti derogatori previa acquisizione del parere reso da un ristretto Comitato tecnico-scientifico nominato, su proposta dell’assessore della difesa dell’ambiente, dalla Giunta regionale – osserva questa Corte che dall’esame del ricorso introduttivo del giudizio emerge con sufficiente chiarezza che il Presidente del Consiglio dei ministri ha inteso impugnare la disposizione introdotta dall’art. 2 della legge regionale n. 5 del 2011 nella parte in cui essa non prevede, quale momento procedimentale strumentale alla adozione dei provvedimenti di competenza regionale in materia di deroghe al divieto di prelievo venatorio, la acquisizione del parere reso dall’ISPRA – organismo questo che, come è noto, per effetto dell’art. 28, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, svolge le funzioni in precedenza affidate all’INFS – prevedendo, invece, in via alternativa fra di loro, la acquisizione o del parere reso dall’IRFS ovvero, sino alla istituzione di questo, di quello reso da un Comitato ad hoc.

Nella prospettazione impugnatoria formulata nel ricorso le due ultime previsioni appaiono accomunate sotto la medesima censura di incostituzionalità; non vi è, pertanto, impugnazione ancipite ma, semmai, cumulativa di ambedue le proposizioni normative.

3.2.― Riguardo al secondo profilo in base al quale la resistente Regione eccepisce la inammissibilità del ricorso, osserva questa Corte che, sebbene il comma 4 del novellato art. 59-bis della legge regionale n. 23 del 1998 sia strettamente connesso con il precedente comma 3, in particolare proprio con riferimento alla espressione del parere finalizzato alla adozione dei provvedimenti in deroga al divieto del prelievo venatorio, posto che esso indica quali debbano essere i temi trattati nell’atto consultivo e le fonti di cognizione da considerare, tuttavia non vi è motivo, stante anche il principio dispositivo che disciplina il sistema della impugnazione in via principale di fronte alla Corte costituzionale degli atti aventi forza di legge, per ritenere che sia onere necessario del ricorrente, sotto comminatoria di inammissibilità del ricorso, procedere alla impugnazione non solo della disposizione normativa che ritiene direttamente violativa degli evocati precetti costituzionali ma anche di quelle ad essa eventualmente correlate da un, più o meno stretto, vincolo funzionale.

Ciò tanto più nel presente caso in cui, data la subordinazione logica che il comma 4 dell’art. 59-bis della legge regionale n. 23 del 1998 ha rispetto alla parte del comma 3 oggetto dell’incidente di costituzionalità, l’eventuale accoglimento del ricorso – pur nei limiti in cui è stato ora proposto – con la conseguente dichiarazione di illegittimità costituzionale della disposizione nella parte impugnata, privando di contenuti sostanziali anche il successivo comma 4 così da renderlo un vuoto simulacro, determinerebbe, nei fatti, la definitiva inefficacia anche di questa altra disposizione legislativa, ancorché non impugnata.

3.3.― Riguardo alla mancata evocazione dei parametri statutari, al di là di una, sia pur non diffusamente argomentata, evocazione dei limiti competenziali fissati dall’art. 3, comma 1, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), vi è da dire che la opponibilità anche alle Regioni a statuto speciale dei vincoli stabiliti dall’art. 117, commi primo e secondo, della Costituzione rende non necessario l’esame della censura anche in base alle regole di competenza legislativa dettate dagli statuti di autonomia regionale.

4.― Quanto al merito, la questione non è fondata.

4.1.― In sostanza il ricorrente si duole del fatto che il legislatore regionale sardo, nel disciplinare l’esercizio del potere (espressamente attribuito alle Regioni dall’art. 19-bis, comma 1, della legge n. 157 del 1992) di consentire, nei limiti previsti dalla normativa comunitaria e da quella statale, deroghe al regime di divieto del prelievo venatorio abbia previsto che l’assessore regionale della difesa dell’ambiente adotti i relativi provvedimenti, non avendo sentito l’ISPRA, organismo statale come detto succeduto nei compiti già dell’INFS, ma «sentito l’Istituto regionale per la fauna selvatica (IRFS)» ovvero, sino alla istituzione di questo, un Comitato tecnico-scientifico ad hoc.

Il ricorrente non tiene, evidentemente, conto della circostanza che proprio l’art. 19-bis della legge n. 157 del 1992, disposizione espressiva dei principi comunitari e statali che, in ipotesi, sarebbero stati violati dal legislatore sardo, consente che le deroghe al divieto di prelievo venatorio siano concesse sentito l’INFS (attualmente sostituito dall’ISPRA) «o gli istituti riconosciuti a livello regionale».

È, pertanto, di tutta evidenza, come dimostrato dall’uso della particella disgiuntiva «o», che lo stesso legislatore statale abbia previsto, in occasione della concessione delle citate deroghe, la possibilità, per l’organo regionale di amministrazione attiva, di giovarsi, in alternativa, sia del parere reso dall’ISPRA che di quello reso da omologhi organismi riconosciuti in ambito regionale.

5.― La scelta del legislatore sardo di ritenere sufficiente il solo parere rilasciato dall’Istituto riconosciuto a livello regionale deve essere, pertanto, considerata una legittima opzione, consentita da una piana esegesi della norma statale condotta in base al tenore testuale dell’art. 19-bis della legge n. 157 del 1992.

È appena il caso di ricordare che l’art. 7 del decreto-legge 16 agosto 2006, n. 251 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), aveva provveduto a modificare il comma 3 dell’art. 19-bis della legge n. 157 del 1992 (vale a dire la disposizione legislativa presa a riferimento come norma interposta), sopprimendo la possibilità dell’opzione e rendendo quindi obbligatoria l’assunzione del parere dell’allora INFS, ma che il suddetto decreto non è stato convertito in legge nel termine di sessanta giorni e, pertanto, è decaduto.

A livello statistico, può essere di qualche interesse rilevare che un rapido esame della legislazione regionale di settore dà modo di censire un significativo numero di leggi regionali che prevedono, in alternativa al parere reso dall’ISPRA, il parere di un «istituto riconosciuto a livello regionale» (così, espressamente, l’art. 2, comma 3, della legge della Regione Lombardia 30 luglio 2008, n. 24, recante «Disciplina del regime di deroga previsto dall’art. 9 della direttiva 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979 concernente la conservazione degli uccelli selvatici, in attuazione della legge 3 ottobre 2002, n. 221 “Integrazione alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio in attuazione dell’art. 9 della direttiva comunitaria 79/409/CEE”», l’art. 3, comma 1, della legge della Regione Calabria 27 marzo 2008, n. 6, recante «Disciplina del regime di deroga previsto dall’art. 9 della direttiva 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979 concernente la conservazione degli uccelli selvatici, in attuazione della legge 3 ottobre 2002, n. 221 “Integrazioni alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio in attuazione dell’art. 9 delle direttiva comunitaria 79/409/CEE”», l’art. 3, comma 1, della legge della Regione Puglia 21 ottobre 2007, n. 30, recante «Disciplina del regime di deroga in attuazione della legge 3 ottobre 2002, n. 221 “Integrazioni alla legge 11 febbraio 1992, n. 157” e dell’art. 9 della direttiva 79/409/CEE» e, analogamente, l’art. 7-bis, comma 1, lettera g, della legge della Regione Marche n. 7 del 1995, come introdotto dall’art. 7 della legge della Regione Marche 18 luglio 2011, n. 15, recante «Modifiche alla legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7 “Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell’equilibrio ambientale e disciplina dell’attività venatoria”»).

5.1.― La legittimità dell’opzione esercitata dal legislatore della Sardegna vale anche per quanto riguarda la previsione, nelle more della istituzione dell’IRFS (dovendosi per tale intendere la concreta istituzione, dato che quella meramente normativa, evidentemente non ancora attuata, risale alla entrata in vigore dell’art. 9 della legge regionale n. 23 del 1998), della possibilità di avvalersi del parere reso dal Comitato tecnico-scientifico ad hoc. Ciò in quanto si deve ritenere che, data la sua previsione a livello di legislazione primaria, anche questo sia un organismo «riconosciuto a livello regionale», del quale, giova sottolineare, non è affatto contestata dal ricorrente né la astratta qualificazione tecnica dei componenti, né le loro modalità di nomina, né la indipendente idoneità a svolgere funzioni consultive.



per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2 della legge della Regione autonoma Sardegna 21 gennaio 2011, n. 5 (Disposizioni integrative della legge regionale 29 luglio 1998, n. 23 – Norme per la protezione della fauna selvatica e per l’esercizio della caccia in Sardegna), sollevata, in relazione all’art. 117, commi primo e secondo, lettera s), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 gennaio 2012.

F.to:

Alfonso QUARANTA, Presidente

Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 26 gennaio 2012.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: MELATTI