Sentenza 302/2013

Sentenza  302/2013
Giudizio
Presidente SILVESTRI - Redattore CASSESE
Udienza Pubblica del 19/11/2013    Decisione  del 02/12/2013
Deposito del 11/12/2013   Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:Art. 4, c. 1°, della legge 02/08/1999, n. 264.
Massime:
Atti decisi:ord. 293/2012

SENTENZA N. 302
ANNO 2013

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Gaetano SILVESTRI; Giudici : Luigi MAZZELLA, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,

ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge 2 agosto 1999, n. 264 (Norme in materia di accessi ai corsi universitari), promosso dal Consiglio di Stato nel procedimento vertente tra il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ed altri e L.G. ed altri, con ordinanza del 18 giugno 2012 iscritta al n. 293 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell’anno 2013.
Visti l’atto di costituzione di I.S., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 19 novembre 2013 il Giudice relatore Sabino Cassese;
uditi gli avvocati Antonio Saitta e Andrea Fornasari per I.S. e l’avvocato dello Stato Paolo Grasso per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto
1.– Il Consiglio di Stato, sezione sesta, con ordinanza del 18 giugno 2012 (reg. ord. n. 293 del 2012), depositata nella medesima data, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 34, 97 e 117, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge 2 agosto 1999, n. 264 (Norme in materia di accessi ai corsi universitari), nella parte in cui, per l’ammissione ai corsi di laurea a programmazione nazionale che si svolgono sulla base di una prova predisposta dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, uguale per tutte le università e da tenersi nello stesso giorno in tutta Italia, non prevede la formazione di una graduatoria unica nazionale in luogo di graduatorie plurime, per singoli atenei.
1.1.– La legge n. 264 del 1999 detta disposizioni in materia di accesso ai corsi di laurea, prevedendo corsi i cui accessi sono programmati a livello nazionale (art. 1) e corsi i cui accessi sono programmati dalle università (art. 2). Il censurato art. 4, comma 1, stabilisce che «[l]’ammissione ai corsi di cui agli articoli 1 e 2 è disposta dagli atenei previo superamento di apposite prove di cultura generale, sulla base dei programmi della scuola secondaria superiore, e di accertamento della predisposizione per le discipline oggetto dei corsi medesimi, con pubblicazione del relativo bando almeno sessanta giorni prima della loro effettuazione, garantendo altresì la comunicazione dei risultati entro i quindici giorni successivi allo svolgimento delle prove stesse. Per i corsi di cui all’articolo 1, comma 1, lettere a) e b), il Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica determina con proprio decreto modalità e contenuti delle prove di ammissione, senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato».
1.2.– Il giudice rimettente riporta che il giudizio principale trae origine da due ricorsi in appello presentati per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna, sede di Bologna, sezione prima, n. 1773 del 2008, concernente il diniego di ammissione di alcuni studenti al corso di laurea specialistica a ciclo unico in medicina e chirurgia nell’Università degli Studi di Bologna “Alma Mater Studiorum”.
1.2.1.– Il Consiglio di Stato, innanzitutto, osserva che, ai sensi della legge n. 264 del 1999, la prova unica nazionale per i corsi di laurea a programmazione statale – tra cui quello di medicina e chirurgia, rilevante nel caso di specie – si svolge presso i singoli atenei e che il collocamento in posizione utile avviene in più graduatorie locali, una per ogni università, anziché in una graduatoria unica nazionale. Tale collocamento dipenderebbe «sia dal numero di posti disponibili presso ciascun Ateneo, sia dal numero di concorrenti» per quella stessa sede, «e dunque può accadere che, se presso un Ateneo è maggiore il numero dei posti, o minore il numero dei concorrenti, è sufficiente, per il collocamento in graduatoria, un punteggio inferiore rispetto a quello necessario in altro Ateneo». Il giudice rimettente rileva, poi, che «[l]a scelta tra graduatoria unica e graduatorie di Ateneo per l’ammissione ai corsi di laurea a numero chiuso è una scelta discrezionale riservata all’Amministrazione e, prima ancora, al legislatore, e non è sindacabile se non si ravvisano vizi di palese illogicità, irrazionalità, travisamento, disparità di trattamento, difetto di proporzionalità». Tali vizi, ad avviso del Consiglio di Stato, sussisterebbero nel caso di specie.
1.2.2.– Quanto alla rilevanza, il giudice rimettente osserva che, laddove la questione fosse ritenuta fondata, vi sarebbe «accoglimento dell’appello quanto meno per la concessione del risarcimento del danno per equivalente (atteso che il decorso del tempo ha fatto verosimilmente venir meno l’interesse all’annullamento degli atti impugnati, anche se questo non è stato specificamente dedotto)».
1.2.3.– Con riguardo alla non manifesta infondatezza, il Consiglio di Stato ritiene che il sistema delle graduatorie di ateneo in luogo di una graduatoria unica nazionale sarebbe lesivo innanzitutto degli artt. 3, 34 e 97 Cost. Infatti, a fronte di una prova unica nazionale, l’ammissione al corso di laurea non dipenderebbe dal merito del candidato, ma «da fattori casuali e affatto aleatori». Il giudice evidenzia poi che, «svolgendosi la prova unica nazionale nello stesso giorno presso tutti gli Atenei, a ciascun candidato è data una unica possibilità di concorrere, in una sola università, per una sola graduatoria (one shot), con l’effetto pratico che coloro che conseguono in un dato Ateneo un punteggio più elevato di quello conseguito da altri in un altro Ateneo, rischiano di essere scartati, e dunque posposti, solo in virtù del dato casuale del numero di posti e di concorrenti in ciascun Ateneo».
Inoltre, il giudice ritiene che questo sistema sia in contrasto non solo con l’eguaglianza tra i candidati e il loro diritto fondamentale allo studio (diritto sancito anche dall’art. 2 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Parigi il 20 marzo 1952, nonché, limitatamente alle materie di competenza dell’Unione europea, dall’art. 14 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea), ma anche con «il principio di buon andamento dell’Amministrazione, atteso che la procedura concorsuale non sortisce l’esito della selezione dei migliori».
Infine, il giudice rimettente lamenta la violazione dell’art. 2, primo periodo, del Protocollo addizionale alla CEDU, e, dunque dell’art. 117, primo comma, Cost. Ad avviso del Consiglio di Stato, «la restrizione imposta dal legislatore italiano, in base alla quale in luogo di una graduatoria unica, si formano graduatorie plurime, che vanificano il criterio meritocratico prescelto dallo stesso legislatore, [è] una restrizione non proporzionata rispetto allo scopo perseguito (numero chiuso) e […] vanifica nella sua essenza e nella sua effettività il diritto fondamentale allo studio universitario».
2.– Con atto depositato il 24 gennaio 2013 è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata irrilevante e/o manifestamente infondata.
2.1.– La questione sarebbe inammissibile perché la legge n. 264 del 1999 non contiene «alcuna previsione in ordine all’impossibilità di utilizzare la graduatoria nazionale». Il giudice rimettente avrebbe dunque dovuto muovere eventuali censure di illegittimità costituzionale non contro la legge «(che non ha mai imposto né vietato la graduatoria unica nazionale), ma […] contro il decreto ministeriale che, nel silenzio della legge, ha fissato le modalità di svolgimento dei test d’ingresso, prevedendo tante graduatorie locali invece che una sola nazionale».
2.2.– Nel merito, la questione sarebbe manifestamente infondata perché «la scelta tra graduatoria unica e graduatorie singole a livello locale risponde a criteri di discrezionalità amministrativa e discende da un’interpretazione funzionale-teleologica della normativa di riferimento […], la quale attribuisce al competente Ministero il potere di determinare “la modalità e il contenuto delle prove di ammissione”». Tale ultima espressione andrebbe intesa «in senso estensivo, ossia come riferita a tutti i profili strutturali e organizzativi dell’esame in questione, tra i quali rientra senz’altro la scelta tra il criterio della graduatoria unica e quello delle graduatorie locali, che sottintende una ponderazione di valore, la quale non può che essere demandata all’amministrazione centrale».
Ad avviso della difesa dello Stato, il sistema definito dalla legge e dagli atti regolamentari applicativi sarebbe «finalizzato a privilegiare l’aspetto prioritario della scelta del singolo studente». Inoltre, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, non potrebbe ravvisarsi «una disparità di trattamento tra i candidati», perché «[o]gni candidato sostiene la stessa prova e può scegliere la sede del corso senza alcuna limitazione territoriale». Infine, ad avviso della difesa dello Stato sarebbero inconferenti i richiami al diritto all’istruzione.
3.– In data 29 gennaio 2013 si è costituita nel giudizio I.S., una delle parti appellanti nel giudizio principale, chiedendo che la Corte dichiari fondata la questione.
La parte appellante – dopo aver riportato l’esito di alcune riunioni svolte nell’ambito dei «tavoli tecnici» tra Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e Ministero della salute, in cui sarebbe emerso un favor per l’adozione di una graduatoria unica nazionale – ribadisce che la procedura basata su graduatorie locali sarebbe «discriminatoria e lesiva della par condicio, violando quell’intento meritocratico che è alla base della selezione imposta dalla proceduta adottata dal legislatore». Vi sarebbe, quindi, una lesione degli artt. 3, 34 e 97 Cost., perché alcuni studenti potrebbero trovarsi esclusi dall’accesso all’università «pur avendo conseguito un punteggio superiore anche di molti punti rispetto a coloro che sono stati ammessi in altre Università». Infine, il sistema delle graduatorie locali sarebbe in contrasto con l’art. 2 del Protocollo addizionale alla CEDU, in quanto il legislatore italiano non avrebbe rispettato i criteri di ragionevolezza e proporzionalità imposti dalla normativa europea agli Stati nell’adottare limitazioni al diritto di studio.

Considerato in diritto
1.– Il Consiglio di Stato, sezione sesta, con ordinanza del 18 giugno 2012 (reg. ord. n. 293 del 2012), depositata nella medesima data, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 34, 97 e 117, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge 2 agosto 1999, n. 264 (Norme in materia di accessi ai corsi universitari).
Il giudice rimettente censura tale disposizione nella parte in cui, per l’ammissione ai corsi di laurea a programmazione nazionale che si svolgono sulla base di una prova predisposta dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, uguale per tutte le università e da tenersi nello stesso giorno in tutta Italia, non prevede la formazione di una graduatoria unica nazionale in luogo di graduatorie plurime, per singoli atenei.
2. – La questione è inammissibile.
Con riguardo all’accesso ai corsi di laurea a programmazione nazionale, il censurato art. 4, comma 1, della legge n. 264 del 1999 prevede due fasi: il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca «determina con proprio decreto modalità e contenuti delle prove di ammissione, senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato»; la successiva ammissione degli studenti «è disposta dagli atenei» (come stabilito per tutti i corsi di laurea, siano essi a programmazione nazionale o locale).
Il Consiglio di Stato, nell’interpretare il citato art. 4, comma 1, muove dal presupposto che la fase della ammissione da parte delle singole università includa la formazione delle graduatorie in base ai risultati delle prove. Di conseguenza, ad avviso del giudice rimettente, la disposizione censurata imporrebbe di prevedere, per l’accesso ai corsi di laurea a programmazione nazionale, graduatorie locali e, perciò, non consentirebbe all’amministrazione di utilizzare una graduatoria unica per le prove di ammissione a tali corsi.
Il dettato normativo, però, nulla stabilisce con riguardo al tipo di graduatoria da adottare, se per singoli atenei oppure a livello nazionale. Lo stesso Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, ritenendo che questa scelta sia compresa nella espressione «modalità» di cui alla parte finale del medesimo art. 4, comma 1, ha in passato fatto ricorso a entrambe le soluzioni: in particolare, l’amministrazione ha sperimentato, per gli anni accademici 2005-2006 e 2006-2007, il sistema con graduatoria unica nazionale per i corsi di laurea in odontoiatria e protesi dentaria e, successivamente all’ordinanza di rimessione, ha nuovamente previsto tale sistema, questa volta per tutti i corsi di laurea a programmazione nazionale, con il d.m. 24 aprile 2013, n. 334 (Modalità e contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato a livello nazionale ? anno accademico 2013/2014).
Sebbene l’art. 4, comma 1, della legge n. 264 del 1999 consenta l’adozione di una graduatoria unica per le prove di ammissione ai corsi di laurea a programmazione nazionale, il giudice rimettente afferma che l’amministrazione non avrebbe altra scelta che quella di utilizzare graduatorie locali per singoli atenei, senza fornire una adeguata motivazione circa l’impossibilità di seguire altre interpretazioni del citato art. 4, compresa quella prospettata come costituzionalmente legittima nella stessa ordinanza di rimessione.
In conclusione, la questione è inammissibile perché «viziata da una non compiuta sperimentazione», da parte del giudice rimettente, «del tentativo di dare una lettura costituzionalmente conforme» della disposizione censurata (sentenza n. 110 del 2013, ordinanze n. 212, n. 103 e n. 101 del 2011).

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge 2 agosto 1999, n. 264 (Norme in materia di accessi ai corsi universitari), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 34, 97 e 117, primo comma, della Costituzione, dal Consiglio di Stato, sezione sesta, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 dicembre 2013.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Sabino CASSESE, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l'11 dicembre 2013.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI