Sentenza 309/2013

Sentenza  309/2013
Giudizio
Presidente SILVESTRI - Redattore NAPOLITANO
Udienza Pubblica del 19/11/2013    Decisione  del 10/12/2013
Deposito del 17/12/2013   Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate: Artt. 3, c. 1°, lett. a), 6, c. 5°, 6° e 9°, e 15, c. 1°, lett.b), della legge della Provincia autonoma di Bolzano 19/11/2012, n. 19.
Massime:
Atti decisi:ric. 12/2013

SENTENZA N. 309
ANNO 2013

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Gaetano SILVESTRI; Giudici : Luigi MAZZELLA, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,

ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 1, lettera a); 6, commi 5, 6 e 9; 15, comma 1, lettera b), della legge della Provincia autonoma di Bolzano 19 novembre 2012, n. 19 (Disposizioni per la valorizzazione dei servizi volontari in Provincia di Bolzano e modifiche di leggi provinciali in materia di attività di cooperazione allo sviluppo e personale), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 24 - 28 gennaio 2013, depositato in cancelleria il 4 febbraio 2013 ed iscritto al n. 12 del registro ricorsi 2013.
Visto l’atto di costituzione della Provincia autonoma di Bolzano;
udito nell’udienza pubblica del 19 novembre 2013 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;
uditi l’avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Renate Von Guggenberg e Michele Costa per la Provincia autonoma di Bolzano.

Ritenuto in fatto
1.− Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato a mezzo posta il 24 - 28 gennaio 2013 e depositato il 4 febbraio 2013, ha promosso questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 1, lettera a), 6, commi 5, 6 e 9, 15, comma 1, lettera b), della legge della Provincia autonoma di Bolzano 19 novembre 2012, n. 19 (Disposizioni per la valorizzazione dei servizi volontari in Provincia di Bolzano e modifiche di leggi provinciali in materia di attività di cooperazione allo sviluppo e personale), per contrasto con gli artt. 2, 3, 23, 52, primo comma, 117, secondo comma, lettere d) ed l), e terzo comma, della Costituzione.
1.1.− La prima questione promossa riguarda l’art. 3, comma l, lettera a), della legge citata, nella parte in cui prevede che le finalità indicate nell’art. l possano essere realizzate anche tramite il servizio civile nazionale di cui alla legge 6 marzo 2001, n. 64 (Istituzione del servizio civile nazionale). Secondo il ricorrente, in tal modo verrebbero violati l’art. 52, primo comma, e l’art. 117, secondo comma, lettera d), Cost., con superamento delle competenze statutarie provinciali, giacché alle Regioni e alle Province non sarebbe consentito disporre direttamente del servizio civile nazionale per compiti estranei alla funzione di difesa della Patria.
1.2.− Osserva, al riguardo, l’Avvocatura che, secondo la costante giurisprudenza della Corte costituzionale, nell’ambito del «dovere di difesa della Patria» di cui all’art. 52 Cost. rientra anche la prestazione del servizio civile, regolato dalla legge statale n. 64 del 2001 e dal decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77 (Disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell’articolo 2 della legge 6 marzo 2001, n. 64).
La legge della Provincia autonoma di Bolzano, dettata dall’intento di valorizzare e promuovere il servizio civile volontario sul proprio territorio e incentivare nuovi settori di intervento sociale, definisce tempi, benefici retributivi e assicurativi, forme di organizzazione del servizio, dopo aver previsto che la Provincia autonoma di Bolzano, nella valorizzazione dei servizi volontari e nella promozione delle forme peculiari dell’impegno civile della popolazione provinciale, si avvale di propri servizi in campo sociale, sanitario, culturale, ambientale, educativo e del tempo libero, prevede altresì l’impiego del servizio civile nazionale volontario per la realizzazione delle sue finalità.
In questo modo verrebbe dunque, sotto diversi profili, ad incidere sulla disciplina nazionale del servizio civile di cui alla legge n. 64 del 2001 e al decreto legislativo n. 77 del 2002, violando gli artt. 52 e 117, secondo comma, lettera d), Cost.
Sia con riferimento a questa specifica disposizione legislativa, sia, più in generale, come supporto argomentativo delle successive censure, l’Avvocatura dello Stato cita la sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2004, con la quale, per la prima volta, si sono fissati i limiti, per ciò che riguarda gli aspetti di competenza, del potere legislativo delle Regioni e dello Stato in materia di servizio civile.
In particolare, in detta sentenza la Corte ha stabilito che «Le normative censurate [vale a dire, le allora vigenti leggi statali], in quanto rivolte a disciplinare gli aspetti organizzativi e procedurali del servizio civile nazionale, trovano fondamento, anzitutto, nell’art. 52 della Costituzione, e non precludono alla Provincia autonoma la possibilità di regolare l’esercizio di funzioni specifiche, riguardanti aspetti materiali che rientrino nella sua competenza. A venire in rilievo è, in particolare, la previsione contenuta nel primo comma dell’art. 52 della Costituzione, che configura la difesa della Patria come sacro dovere del cittadino, il quale ha una estensione più ampia dell’obbligo di prestare servizio militare. Come già affermato da questa Corte, infatti, il servizio militare ha una sua autonomia concettuale e istituzionale rispetto al dovere ex art. 52, primo comma, della Costituzione, che può essere adempiuto anche attraverso adeguate attività di impegno sociale non armato (sentenza n. 164 del 1985). […] D’altra parte, il dovere di difendere la Patria deve essere letto alla luce del principio di solidarietà espresso nell’art. 2 della Costituzione, le cui virtualità trascendono l’area degli “obblighi normativamente imposti”, chiamando la persona ad agire non solo per imposizione di una autorità, ma anche per libera e spontanea espressione della profonda socialità che caratterizza la persona stessa. In questo contesto, il servizio civile tende a proporsi come forma spontanea di adempimento del dovere costituzionale di difesa della Patria».
Alla luce delle precise indicazioni fornite dalla Corte nella citata sentenza, risulta evidente, secondo il Presidente del Consiglio, che la legge provinciale, nella parte in cui prevede che le finalità propriamente provinciali, e dunque estranee al concetto di difesa della Patria come sopra chiarito e come tale attuato dal servizio civile nazionale, siano perseguite anche «tramite il servizio civile nazionale di cui alla legge 64/2001», víola gli artt. 52, primo comma, e 117, secondo comma, lettera d), Cost.
Infatti, prosegue il ricorrente, alla stregua dell’interpretazione del concetto di difesa della Patria come comprensivo anche del servizio civile (art. 52, primo comma, Cost.), e della conseguente sua attribuzione alla legislazione esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera d, Cost.), non è consentito alle Regioni e Province autonome disporre direttamente del servizio civile nazionale per compiti, come la valorizzazione del volontariato, che rientrano nelle loro specifiche competenze, e che sono quindi estranei alla funzione − esclusivamente statale − di difesa della Patria, che è però la sola riferibile al servizio civile nazionale.
Nella misura in cui si includono nelle attività riconducibili alla difesa della Patria anche attività che non hanno relazione con essa perché espressione di finalità e competenze proprie delle Regioni e Province autonome si violerebbe l’art. 52, primo comma, Cost. Verrebbe anche violato l’art. 117, secondo comma, lettera d), nella misura in cui la legge regionale o provinciale, come quella in esame, attribuisce compiti al servizio civile nazionale, laddove questa perimetrazione del campo di attività è rimessa in via esclusiva alla legislazione dello Stato.
1.3.− L’Avvocatura sottolinea, poi, che incorre nei medesimi vizi illustrati in precedenza anche l’art. 6, comma 9, della stessa legge provinciale, il quale prevede che: «Se il servizio di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), è svolto ai sensi della legge 6 marzo 2001, n. 64, ai volontari e alle volontarie spetta l’assegno per il servizio civile di cui all’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77, comprese le eventuali indennità. Non spetta loro il rimborso spese di cui al comma 2».
1.4.− Infine, si verificherebbe un’indebita ed illegittima invasione dell’ambito delle competenze legislative esclusive dello Stato anche ad opera dell’art. 6, comma 2, della legge provinciale («Salvo quanto previsto dal comma 9, la Giunta provinciale determina, con delibera da pubblicarsi nel Bollettino Ufficiale della Regione, il rimborso spese mensile a favore dei volontari e delle volontarie impegnati nei servizi di cui all’articolo 3, comma 1») e del comma 6 del medesimo articolo («A tutti i volontari e tutte le volontarie impegnati nei servizi di cui all’articolo 3, comma l, lettere a), b) e c), sono inoltre garantite le assicurazioni obbligatorie per la copertura del rischio di infortuni e la responsabilità civile. I relativi oneri sono a carico delle organizzazioni e degli enti presso i quali i volontari e le volontarie prestano servizio»).
Infatti, spetterebbe solo allo Stato la competenza (esercitata con l’art. 9, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 77 del 2002) a disciplinare il trattamento economico ed a disporre in merito alla copertura assicurativa dei suddetti volontari.
Più in generale, l’Avvocatura osserva che la Provincia non potrebbe qualificare con propria legge l’attività svolta dai volontari del servizio civile provinciale come svolta nell’ambito di tale servizio o, invece, come svolta nell’ambito del servizio civile nazionale, ponendone, in quest’ultimo caso, gli oneri a carico dello Stato, così dettando, al di fuori delle sue competenze, disposizioni relative al trattamento economico e assicurativo dei volontari del servizio civile nazionale.
1.5.− Con riferimento al censurato art. 6, comma 5, l’Avvocatura sottolinea altresì che, nel qualificare «il servizio prestato dai volontari del servizio civile provinciale, sia nell’ambito di questo, che nell’ambito (arbitrariamente) esteso dalla legge provinciale al servizio civile nazionale, come prestazione di lavoro di natura occasionale, e nell’obbligare l’ente beneficiario a retribuirla conformemente agli artt. 70−74 d.lgs. 276/2003 (vale a dire, in concreto, nella forma del “voucher” da acquistare c restituire al concessionario preposto, come stabilito dall’art. 72 del d.lgs.)», il legislatore provinciale invaderebbe anche la competenza statale esclusiva a disciplinare l’ordinamento civile, prevista dall’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
Dopo aver richiamato, al riguardo, quanto questa Corte ha deciso con la sentenza n. 50 del 2005, il ricorrente afferma che «anche la qualificazione di un rapporto di prestazione di attività come contratto di prestazione di lavoro accessorio e occasionale ai sensi della medesima disciplina generale dei rapporti di lavoro, rientra quindi nella suddetta competenza statale esclusiva, e non può essere disposta dal legislatore provinciale».
L’illegittima intromissione verrebbe a determinare anche la violazione della competenza concorrente dello Stato in materia di tutela del lavoro, di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., per il contrasto con il principio fondamentale secondo cui «le forme assicurative in questione, attesa la particolarità della materia, che non attiene a prestazioni lavorative in senso stretto [debbono essere] determinate tramite l’autorità di regolazione del settore assicurativo; laddove la disposizione provinciale in esame è puntuale nel prevedere che gli oneri assicurativi facciano carico agli enti presso cui i volontari operano».
Infine, la disposizione in esame, nella misura in cui pone a carico di enti rientranti nella finanza pubblica allargata nuovi oneri in difformità dal principio desumibile dalla legge statale sopra illustrata, invaderebbe la competenza concorrente statale in materia di coordinamento della finanza pubblica statale e locale.
La parte ricorrente sostiene, altresì, che la disposizione in esame contrasterebbe anche con gli artt. 2 e 3 Cost., in quanto introdurrebbe una discriminazione a favore dei volontari del servizio civile provinciale operanti nella Provincia di Bolzano, in contrasto con la gratuità che caratterizza le attività di volontariato, secondo il principio dettato dall’art. 2 della legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge-quadro sul volontariato), per cui: «1. Ai fini della presente legge per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà. 2. L’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. 3. Al volontario possono essere soltanto rimborsate dall’organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l’attività prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse».
Ricorda, al riguardo, quanto deciso da questa Corte con la sentenza n. 75 del 1992 con la quale si precisò che «la legge n. 266 del 1991, accanto a disposizioni che stabiliscono compiti o discipline d’interesse nazionale o che pongono criteri di azione per le amministrazioni statali o per gli enti locali, fissa principi cui le regioni e le province autonome devono attenersi nel regolare i rapporti fra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato. Questi ultimi, in base alla costante giurisprudenza di questa Corte, vanno indubbiamente qualificati come principi generali dell’ordinamento giuridico, in ragione della concorrente circostanza che attengono strettamente a valori costituzionali supremi (sentenze nn. 6 del 1956, 231 del 1984 e 1107 del 1988) e, soprattutto, che contengono criteri direttivi così generali da abbracciare svariati e molteplici campi di attività materiali (sentenze nn. 6 del 1956, 68 del 1961, 87 del 1963, 28 del 1964, 23 del 1978, 91 del 1982, 1107 del 1988, 465 del 1991)».
L’Avvocatura conclude sul punto affermando che, per i motivi innanzi evidenziati, non è quindi consentito alle Regioni e Province autonome derogare al principio fondamentale di gratuità delle attività di volontariato.
1.6.− Viene, quindi, censurato l’art. 15, comma 1, della richiamata legge provinciale in quanto il requisito di cui alla lettera b), richiedendo, per l’ammissione al «servizio sociale volontario», «la residenza stabile in provincia di Bolzano e la cittadinanza italiana oppure di un altro Stato membro dell’Unione europea», escluderebbe dalla possibilità di prestare il servizio civile provinciale i cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, violando, in tal modo, l’art. 3 Cost., nella parte in cui questo vieta discriminazioni fondate sulla nazionalità.
L’Avvocatura ricorda, al riguardo, che l’art. 2 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), dispone che: a) «Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni internazionali in vigore per l’Italia e il presente testo unico dispongano diversamente» (comma 2); b) «Lo straniero regolarmente soggiornante partecipa alla vita pubblica locale» (comma 4) . Osserva, inoltre, che l’art. 43 del d.lgs. 286 del 1998 prevede, per quanto qui interessa, che «Ai fini del presente capo, costituisce discriminazione ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata su [...] l’origine nazionale, e che abbia [...] l’effetto di [...] compromettere il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, in condizioni di parità, [...] delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica».
Alla luce di questo quadro normativo, emerge, a giudizio dell’Avvocatura, che l’esclusione dal servizio civile provinciale degli stranieri regolarmente soggiornanti non può non tradursi in una evidente e ingiustificata disparità e discriminazione, in quanto la partecipazione al servizio civile provinciale è una concreta occasione di integrazione per gli stranieri in questione che non vi è ragione di negare.
Del resto, prosegue la difesa dello Stato, nella recente sentenza n. 2 del 2013, la Corte costituzionale ha ritenuto costitutiva di una ingiustificata disparità di trattamento una disposizione della Provincia di Bolzano che, nel concedere determinate agevolazioni per il diritto allo studio (si trattava delle «agevolazioni per la frequenza di una scuola fuori della provincia di Bolzano», e delle «prestazioni di natura economica per il diritto allo studio universitario»), prevedeva solo per gli stranieri extracomunitari il requisito aggiuntivo (rispetto ai cittadini italiani e dell’Unione europea) della residenza almeno quinquennale nella Provincia.
2.− Si è costituita nel giudizio la Provincia autonoma di Bolzano, concludendo per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.
2.1.− In via preliminare, la Provincia ritiene che siano inammissibili le censure prospettate nel ricorso dell’Avvocatura generale dello Stato in ordine alla lamentata violazione degli artt. 2 e 117, secondo comma, lettera l), Cost., dal momento che nella delibera governativa di impugnazione della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 19 del 2012, assunta nella riunione del Consiglio dei ministri del 18 gennaio 2013, non sono individuati, nemmeno in termini generali, tali parametri di giudizio.
Ricorda che più volte questa Corte ha affermato che la delibera governativa di impugnazione della legge deve contenere l’indicazione delle disposizioni impugnate e la ragione dell’impugnazione medesima, seppur anche solo in termini generali, mentre spetta al ricorso dell’Avvocatura generale dello Stato la più puntuale indicazione dei parametri del giudizio, ma non anche l’individuazione di ulteriori parametri costituzionali che si asseriscono lesi dalle disposizioni impugnate.
2.2.− Nel merito, la resistente ritiene infondata la censura relativa alla illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, lettera a), della legge provinciale n. 19 del 2012, per asserito contrasto con gli artt. 52, primo comma, e 117, secondo comma, lettera d), Cost.
Al riguardo, afferma che le sentenze nn. 431 del 2005, 229 e 228 del 2004 hanno chiarito che anche le Regioni e le Province autonome hanno competenze riguardo al servizio civile nazionale, giacché non «tutti gli aspetti dell’attività svolta dai giovani in servizio civile ricadono nell’area della potestà legislativa statale». La linea di confine tra ciò che spetta alla competenza statale e ciò che è di spettanza regionale o provinciale è individuata dalla Corte costituzionale nella distinzione tra la «disciplina dei profili organizzativi e procedurali del servizio», di competenza statale, e «lo svolgimento di attività che toccano i più diversi ambiti materiali, come l’assistenza sociale, la tutela dell’ambiente, la protezione civile: attività che, per gli aspetti di rilevanza pubblicistica, restano soggette alla disciplina dettata dall’ente rispettivamente competente».
Le Regioni e le Province autonome, dunque, avrebbero competenza legislativa nell’ambito della disciplina del servizio civile nazionale, dato che la Corte costituzionale afferma che la disciplina degli aspetti da ultimo indicati spetta «alla legislazione regionale o alla normativa degli enti locali, fatte salve le sole specificità direttamente connesse alla struttura organizzativa del servizio e alle regole previste per l’accesso ad esso».
Ne conseguirebbe che le Regioni e le Province autonome avrebbero il preciso dovere di intervenire, con proprie leggi, per disciplinare gli aspetti di propria competenza del servizio civile nazionale. Poiché, nelle occasioni richiamate, la giurisprudenza costituzionale ha confermato la persistente validità dell’impianto realizzato dal legislatore statale con la legge n. 64 del 200l, come attuata dal d.lgs. n. 77 del 2002, la parte resistente sottolinea che tale disciplina contiene ampi rinvii alla legislazione regionale o provinciale, ed anzi può essere effettivamente attuata soltanto attraverso un’opera del legislatore regionale o provinciale finalizzata a regolare numerosi aspetti che la legge nazionale demanda espressamente, appunto, alle Regioni e alle Province autonome. La competenza regionale o provinciale non sarebbe concorrente né tantomeno esclusiva, ma opererebbe «in una logica attuativa della disciplina recata dal d.lgs. n. 77/2002».
Inoltre, le Regioni e le Province autonome avrebbero l’ulteriore possibilità di istituire e disciplinare un servizio civile regionale o provinciale, distinto e non alternativo rispetto a quello nazionale. Secondo la resistente, anche in questo caso la Corte avrebbe individuato la linea di confine tra i due servizi: quello nazionale è finalizzato prioritariamente alla difesa della Patria; quello regionale o provinciale può essere invece istituito e promosso per il perseguimento «dell’ampia finalità di realizzazione del principio di solidarietà espresso dall’articolo 2 della Costituzione».
Con la legge provinciale l9 ottobre 2004, n. 7 (Disposizioni per la valorizzazione del servizio civile volontario in Provincia Autonoma di Bolzano), prima, e con la legge provinciale n. 19 del 2012, oggetto dell’impugnativa in questione, poi, la Provincia autonoma di Bolzano si sarebbe avvalsa delle competenze indicate dalle citate sentenze, istituendo e disciplinando un servizio civile provinciale, distinto da quello nazionale sia nelle finalità che nella disciplina, avente, pertanto, natura sostanzialmente diversa dal servizio civile nazionale, non essendo riconducibile al dovere di difesa. Infatti, tra i principi fondanti e gli obiettivi della legge provinciale n. 19 del 2012 non vi è riferimento alla difesa della Patria, bensì al rafforzamento del principio di solidarietà nei diversi settori di competenza della Provincia autonoma di Bolzano.
La Provincia autonoma di Bolzano, riformando la già esistente normativa provinciale (ritenuta conforme alla Costituzione dalla sentenza di questa Corte n. 431 del 2005), attraverso la legge qui impugnata avrebbe apportato unicamente modifiche alla parte riguardante il servizio civile provinciale e non avrebbe inciso in alcun modo sulla normativa nazionale.
Ciò emergerebbe chiaramente anche dall’art. 9, comma 2, il quale prevede una netta linea di distinzione tra il servizio civile volontario nazionale e quello provinciale, statuendo espressamente che: «Inoltre, la Provincia esercita nell’ambito del servizio civile nazionale di cui alla legge 6 marzo 2001, n. 64, le competenze ad essa delegate».
Il dettato di cui all’impugnato art. 3, comma l, lettera a), differenzierebbe nettamente il servizio civile provinciale volontario dal servizio civile nazionale.
L’esattezza dell’opposta interpretazione dell’Avvocatura dello Stato sarebbe esclusa sia dall’art. l della legge provinciale n. 19 del 2012, laddove viene affermato testualmente che «La Provincia autonoma di Bolzano contribuisce, ai sensi dell’articolo 2 della Costituzione, alla valorizzazione dei servizi volontari nonché alla promozione delle forme peculiari dell’impegno civile della popolazione provinciale, avvalendosi per il raggiungimento di questo fine, delle risorse della società civile e del volontariato nonché dei propri servizi in campo sociale, sanitario, culturale, ambientale, educativo e del tempo libero»; sia dal già menzionato art. 9, comma 2, ove viene fatta salva la competenza esclusiva dello Stato rispetto alla disciplina del servizio civile nazionale.
Nel menzionare all’art. 3, comma l, lettera a), all’art. 6, comma 9, e, infine, all’art. 9, comma 2, il servizio civile nazionale (con un mero accenno e senza avvalersi del servizio civile nazionale né disponendo direttamente circa l’impiego di tale servizio civile nazionale per compiti di competenza della Provincia stessa), il legislatore provinciale avrebbe solo preso atto e sottolineato la netta distinzione tra le due forme di servizio (uno di competenza statale e uno di competenza della Provincia autonoma).
2.3.− Anche la questione dell’illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 9, della legge provinciale n. 19 del 2012 per asserito contrasto con gli artt. 52, primo comma, e 117, secondo comma, lettera d), Cost. sarebbe non fondata.
Si afferma, infatti, che tale disposizione della legge provinciale è in perfetta sintonia con quanto stabilito dalla normativa nazionale in materia di servizio civile nazionale. Difatti, la norma in esame costituisce unicamente il riconoscimento del ruolo della normativa nazionale e chiarisce che i volontari del servizio civile nazionale ricevono l’assegno di cui alla legge 6 marzo 2001, n. 64.
Dopo aver ricordato il contenuto del cosiddetto “Accordo di Milano” siglato il 30 novembre 2009, tra la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, le Province autonome di Trento e di Bolzano, da un lato, e il Governo, dall’altro, col quale si è dato vita, ai sensi dell’articolo 2, commi da l06 a 126, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − legge finanziaria 2010), ad un nuovo sistema di relazioni finanziarie con lo Stato, anche in attuazione del processo di riforma in senso autonomistico previsto dalla legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), in base al quale alla Provincia autonoma di Bolzano non vengono più destinati finanziamenti per la gestione e la promozione del servizio civile nazionale, la parte resistente sottolinea che la norma di cui all’art. 6, comma 9, specifica semplicemente, per motivi di maggiore chiarezza e trasparenza, il diverso trattamento spettante ai volontari ed alle volontarie del servizio civile nazionale, cui sarebbe spettato il sistema retributivo previsto dalla normativa statale.
Nell’atto di costituzione si precisa, infine, che, attualmente, sono proprio le Regioni e Province autonome e, quindi, anche la Provincia autonoma di Bolzano, a cofinanziare il servizio civile volontario nazionale, mettendo a disposizione del relativo Ufficio parte dei fondi necessari per il suo finanziamento. Specificamente, per quanto riguarda la Provincia autonoma di Bolzano, tale realtà riguarda circa la metà dei volontari del servizio civile nazionale operanti sul suo territorio.
2.4.− Sarebbe infondata, a giudizio della Provincia, anche la censura con cui si afferma la presunta illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 6, della legge provinciale n. 19 del 2012, per asserito contrasto con gli articoli 52, primo comma, e 117, secondo comma, lettera d), e terzo comma, Cost.
Con la norma di cui all’art. 6, comma 6, si intenderebbe unicamente garantire che non è la Provincia autonoma di Bolzano a doversi assumere gli oneri per la copertura assicurativa dei volontari impegnati nel servizio civile provinciale.
Ne conseguirebbe che con tale disposizione non viene affatto riconosciuta ai volontari del servizio civile nazionale una forma assicurativa ulteriore rispetto a quella prevista dall’art. 9, comma 3, del d.lgs. n. 77 del 2002, né si determina una duplicazione di spesa pubblica, in violazione dei principi fondamentali di coordinamento della spesa pubblica, di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.
2.5.− Sarebbe infondata anche la censura relativa all’art. 6, comma 5, della medesima legge provinciale n. 19 del 2012, per asserito contrasto con gli artt. 2, 3 e 117, secondo comma, lettere d) ed l), Cost.
La resistente sostiene che questa doglianza − oltre ad essere inammissibile per quanto già precisato circa l’assenza nella delibera del Consiglio dei ministri di alcuni dei parametri di cui si lamenta la violazione e per la complessiva oscurità − sarebbe del tutto infondata, perché la legge provinciale impugnata, che disciplina il servizio civile provinciale, non ha nessuna attinenza con la legge n. 266 del l991, recante la disciplina del volontariato e, nello specifico, le organizzazioni di volontariato.
Equiparare coloro che prestano attività di servizio civile a coloro che prestano invece attività di volontariato significherebbe non solo non distinguere tra due istituti giuridici profondamente diversi, ma soprattutto disconoscere alle Regioni e alle Province autonome la facoltà di istituire e di disciplinare un proprio servizio civile, facoltà, questa, espressamente riconosciuta da questa Corte con le più volte citate sentenze n. 229 e n. 228 del 2004 e, specificatamente per quanto riguarda la Provincia autonoma di Bolzano, con la sentenza n. 431 del 2005.
Al riguardo, la Provincia autonoma di Bolzano, ricorda che con legge provinciale 1° luglio 1993, n. 11, ha approvato la «Disciplina del volontariato e della promozione sociale». Osserva, poi, che per distinguere i (nuovi) servizi volontari (regolati, appunto, dalla legge provinciale oggetto del giudizio in questione), il legislatore provinciale è stato molto attento e preciso nella scelta della terminologia: infatti, in tutta la legge provinciale n. 19 del 2012 si parla di «servizio volontario» e di «volontari» (e non invece di «volontariato» e di persone che svolgono attività di «volontariato»). La resistente sottolinea, poi, che anche l’attività dei volontari non è attività svolta per conseguire un lucro, come precisato dall’art. 2, comma 1, della stessa legge provinciale n. 19 del 2012.
La Provincia afferma, peraltro, che anche il servizio civile nazionale non viene prestato a titolo gratuito, in quanto, ai sensi dell’art. 9, comma 2, del d.lgs. n. 77 del 2002, agli ammessi a prestare attività in un progetto di servizio civile compete un assegno, e che lo stesso art. 2 della legge-quadro sul volontariato prevede in favore del volontario il rimborso delle spese.
Secondo la Provincia, la legge impugnata non riconoscerebbe al volontario un’indennità o una retribuzione, ma un mero rimborso spese mensile, come tale conciliabile con l’assenza dello scopo di lucro dell’attività di volontariato prevista dalla normativa provinciale.
2.6.− Anche la censura relativa alla dedotta illegittimità costituzionale dell’art. 15, comma 1, lettera b), della legge provinciale n. 19 del 2012, per asserito contrasto con l’art. 3 Cost. non sarebbe, a giudizio della Provincia, fondata.
Infatti, proprio per la considerazione che la legge provinciale qui impugnata non è attinente alla materia del volontariato, bensì a quella del servizio civile, anche l’ultima doglianza del Presidente del Consiglio dei ministri − secondo la quale l’art. 15, comma 1, lettera b), che individua, tra i soggetti che possono svolgere l’attività di servizio sociale volontario, le persone, con età non inferiore ai 29 anni, che abbiano residenza stabile in provincia di Bolzano e cittadinanza italiana oppure di un altro Stato membro dell’Unione europea, escludendo, quindi, di fatto i cittadini extracomunitari con regolare permesso di soggiorno − sarebbe priva di fondamento. Al riguardo, la resistente sottolinea che, per stessa ammissione del Presidente del Consiglio dei ministri, il servizio civile è riservato ai cittadini italiani.

Considerato in diritto
1.− Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 1, lettera a), 6, commi 5, 6 e 9, 15, comma 1, lettera b), della legge della Provincia autonoma di Bolzano 19 novembre 2012, n. 19 (Disposizioni per la valorizzazione dei servizi volontari in Provincia di Bolzano e modifiche di leggi provinciali in materia di attività di cooperazione allo sviluppo e personale), per violazione degli artt. 2, 3, 23, 52, primo comma, 117, commi secondo, lettere d) e l), e terzo, della Costituzione.
2.− In particolare, secondo il ricorrente, l’art 3, comma 1, lettera a), della legge citata, nella parte in cui prevede che le finalità indicate nell’art. 1 possano essere realizzate anche tramite il servizio civile nazionale di cui alla legge 6 marzo 2001, n. 64 (Istituzione del servizio civile nazionale), violerebbe l’art. 52, primo comma, e l’art. 117, secondo comma, lettera d), Cost., in quanto alle Regioni e alle Province non è consentito, come sarebbe sottolineato anche dalla sentenza n. 228 del 2004 di questa Corte, disporre direttamente del servizio civile nazionale per compiti che rientrano nelle loro competenze, e quindi estranei alla funzione di difesa della Patria.
2.1.− Per gli stessi motivi vengono censurati anche l’art. 6, comma 9, della predetta legge provinciale, nella parte in cui prevede che, nel caso in cui il servizio civile sia svolto ai sensi della legge n. 64 del 2001, ai volontari spetti l’assegno di cui all’art. 9, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77 (Disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell’articolo 2 della legge 6 marzo 2001, n. 64), e l’art. 6, comma 6, della medesima legge provinciale, il quale prevede, a favore di tutti i volontari impegnati nei servizi di cui all’art. 3, comma 1, lettere a), b) e c), della legge provinciale, una copertura assicurativa per il rischio da infortuni e per la responsabilità civile, includendo in tal modo nell’ambito di operatività dell’obbligo di copertura assicurativa anche i volontari del servizio civile nazionale.
L’art. 6, comma 6, è impugnato anche per violazione della competenza legislativa concorrente dello Stato nelle materie «tutela del lavoro» e «coordinamento della finanza pubblica». A tal proposito il ricorrente evidenzia che il legislatore statale è già intervenuto in materia di copertura assicurativa del servizio civile nazionale con l’art. 9, comma 3, del d.lgs. n. 77 del 2002 e non sarebbe dunque consentito alla Provincia sovrapporsi in questo ambito, stabilendo un distinto e concorrente sistema di assicurazione contro i rischi di infortuni e per la responsabilità civile.
2.2.− La quarta questione sollevata attiene al comma 5 dell’art. 6 della legge provinciale n. 19 del 2012 nella parte in cui prevede che, qualora sussistano i requisiti, i volontari e le volontarie vengano retribuiti con le modalità previste dagli artt. 70 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30), così sostanzialmente qualificando il servizio prestato dai volontari quale prestazione di lavoro di natura occasionale. La citata disposizione violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., il quale riserva alla competenza esclusiva statale la materia dell’ordinamento civile.
La norma censurata violerebbe anche gli artt. 2 e 3 Cost., giacché, prevedendo un trattamento più favorevole per i volontari che operano nell’ambito del servizio civile provinciale rispetto a coloro che svolgono attività di volontariato, si porrebbe in contrasto con il fondamentale principio di gratuità dell’attività di volontariato che trova il proprio fondamento nel principio di solidarietà sociale.
Infine, il suddetto comma 5, nella parte in cui prevede che la disciplina ivi prevista trovi applicazione nei confronti dei volontari del servizio civile nazionale, violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera d), Cost. perché pretenderebbe di disciplinare dal punto di vista contrattuale e retributivo anche il servizio civile nazionale, riservato alla competenza esclusiva dello Stato.
2.3.− Il ricorrente impugna anche l’art. 15, comma 1, lettera b), della legge provinciale perché, escludendo che possano prestare il servizio «civile» (recte: sociale) volontario gli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, contrasterebbe con l’art. 3 Cost. che vieta discriminazioni fondate sulla nazionalità. L’Avvocatura evidenzia che il testo unico in materia di immigrazione non pone alcun divieto in tema di volontariato e, anzi, afferma che lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode degli stessi diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano. L’esclusione degli stranieri regolarmente soggiornanti dalla possibilità di prestare il servizio «civile» (recte: sociale) si tradurrebbe pertanto in una ingiustificata e irragionevole disparità di trattamento discriminatoria.
3.− Preliminarmente, deve essere esaminata l’eccezione della Provincia autonoma di Bolzano di inammissibilità delle questioni di costituzionalità promosse con riferimento agli artt. 2 e 117, secondo comma, lettera l), Cost., dal momento che nella delibera governativa di impugnazione della legge provinciale n. 19 del 2012, adottata nella riunione del Consiglio dei ministri del 18 gennaio 2013, non sono individuati, nemmeno in via generale, tali parametri di giudizio.
L’eccezione è fondata.
Sul punto questa Corte si è espressa in maniera costante, dichiarando che nei giudizi di legittimità costituzionale in via principale deve sussistere, a pena d’inammissibilità, una piena e necessaria corrispondenza tra la deliberazione con cui l’organo legittimato si determina all’impugnazione ed il contenuto del ricorso, attesa la natura politica dell’atto di impugnazione. Tale principio non riguarda solamente l’individuazione della norma censurata, ma anche l’esatta delimitazione dei parametri del ricorso. L’assenza di qualsiasi riferimento, nella specie, alla sussistenza di una volontà politica di impugnare la normativa de qua anche con riferimento agli artt. 2 e 117, secondo comma, lettera l), Cost., rende dunque inammissibili le relative censure (ex plurimis: sentenze n. 236 del 2013, n. 198 e n. 149 del 2012).
3.1.− La censura relativa all’art. 6, comma 5, della legge provinciale n. 19 del 2012 in relazione agli artt. 2 e 3 Cost. è inammissibile.
Come si è detto, secondo il ricorrente tale disposizione, prevedendo un trattamento più favorevole per i volontari che operano nell’ambito del servizio civile provinciale rispetto a coloro che svolgono attività di volontariato, si porrebbe in contrasto con il fondamentale principio di gratuità dell’attività di volontariato che trova il proprio fondamento nel principio di solidarietà sociale.
Si è già precisato che, a causa dell’assenza nella deliberazione del Consiglio dei ministri di qualsivoglia indicazione dei parametri rappresentati dagli artt. 2 e 117, secondo comma, lettera l), Cost., ad essi non può farsi riferimento.
Deve, inoltre, evidenziarsi che l’Avvocatura dello Stato, nel motivare la censura relativa all’art 3 Cost., si limita a richiamare i principi affermati da questa Corte con la sentenza n. 75 del 1992 senza in alcun modo far riferimento alle ragioni per le quali tali principi dovrebbero trovare applicazione anche con riferimento all’art. 6, comma 5, della legge provinciale impugnata.
In particolare, il ricorrente non si preoccupa di distinguere le diverse forme di servizio volontario che, anche prescindendo dal servizio civile nazionale, sono disciplinate dall’art. 3, comma 1, lettere a), b) e c): vale a dire il servizio civile provinciale volontario, il servizio sociale volontario e il servizio estivo volontario. La motivazione del ricorso, dunque, si rivela del tutto insufficiente in quanto non vi è alcun riferimento alle diverse ipotesi regolamentate dalla legge che, invece, sono tutte implicitamente riportate dal ricorrente al volontariato di cui alla legge n. 266 del 1991.
4.− La questione di costituzionalità dell’art. 3, comma 1, lettera a), della legge n. 19 del 2012 della Provincia autonoma di Bolzano è fondata.
L’art. 3, comma 1, lettera a), della legge provinciale prevede che anche il servizio civile nazionale di cui alla legge n. 64 del 2001, al pari del servizio civile provinciale, realizzi le finalità indicate nell’art. 1.
Tale ultima disposizione, al comma 1, prevede che la Provincia autonoma di Bolzano contribuisce, ai sensi dell’art. 2 Cost., «alla valorizzazione dei servizi volontari nonché alla promozione delle forme peculiari dell’impegno civile della popolazione provinciale, avvalendosi, per il raggiungimento di questo fine, delle risorse della società civile e del volontariato, nonché dei propri servizi in campo sociale, sanitario, culturale, ambientale, educativo e del tempo libero».
Nel comma 2, precisa che i servizi volontari sono finalizzati a: «a) valorizzare la cittadinanza attiva, assicurando la partecipazione delle cittadine e dei cittadini alla società tramite l’accesso ai servizi volontari senza distinzione di età, sesso e di appartenenza culturale o religiosa; b) offrire ai giovani sia nell’espletamento del servizio civile volontario che dei servizi volontari estivi, l’opportunità di rafforzare la loro coscienza sociale e di maturare esperienze e conoscenze utili ad orientarli nei loro percorsi personali e lavorativi, nonché a rafforzare il loro senso di responsabilità per il bene comune della nostra società; c) offrire alle persone adulte di ogni età le condizioni per mettere a disposizione della comunità le competenze acquisite e le esperienze maturate in cambio di benefici e crediti; d) promuovere attraverso i servizi volontari progetti ed iniziative finalizzati a soddisfare le necessità e le esigenze della collettività, con particolare riguardo alle fasce più deboli e svantaggiate della società; e) incentivare settori e azioni innovative quali la cultura della pace e della solidarietà nonché forme alternative di interventi non violenti da promuovere in situazioni di crisi; f) promuovere lo sviluppo sostenibile della società sia a livello provinciale che globale».
Il Presidente del Consiglio sostiene, innanzitutto, che la disciplina del servizio civile nazionale (richiamata dalla legge provinciale censurata) rientri nella nozione di difesa ai sensi dell’art. 52 Cost. e che, pertanto, essa sia ascrivibile alla competenza esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera d), Cost. conformemente a quanto già precisato dalla giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 531 del 2005, n. 229 e n. 228 del 2004). Afferma, altresì, che l’art. 52 Cost., il quale configura la difesa della Patria come sacro dovere del cittadino, ha una estensione più ampia dell’obbligo di prestare servizio militare. Ricorda, infatti, che questa Corte ha già precisato che il servizio militare ha una sua autonomia concettuale e istituzionale rispetto al dovere di cui all’art. 52, primo comma, Cost., che può essere adempiuto anche attraverso adeguate attività di impegno sociale non armato.
La suddetta ricostruzione è da condividere, infatti il titolo costituzionale di legittimazione dell’intervento statale è da individuare nell’art. 117, secondo comma, lettera d), Cost., che riserva alla legislazione esclusiva dello Stato non solo la materia «forze armate» ma anche la «difesa» e, come afferma la delibera del Consiglio dei ministri che ha disposto l’impugnativa in questione, la «sicurezza dello Stato». Tali parametri costituzionali debbono essere letti alla luce delle evoluzioni normative e giurisprudenziali che già avevano consentito di ritenere che esse non si limitassero a dare copertura solo ad attività finalizzate a contrastare o prevenire una aggressione esterna, potendo comprendere anche attività di impegno sociale non armato (sentenza n. 164 del 1985).
Nella sentenza da ultimo citata, nella quale si affrontava la questione della legittimità costituzionale della legge 15 dicembre 1972, n. 772 (Norme per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza), questa Corte ha sottolineato che vi è una profonda e sostanziale differenza tra il primo ed il secondo comma dell’art. 52 Cost. «il che impone di tenere distinte le rispettive sfere di applicazione. In particolare, mentre il dovere di difesa è inderogabile, nel senso che nessuna legge potrebbe farlo venir meno, il servizio militare è obbligatorio “nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge”, purché, ovviamente, “non siano violati altri precetti costituzionali”».
In nulla le conclusioni cui perviene la suddetta sentenza sono modificate dal dato normativo rappresentato dalle leggi che hanno disposto la sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva (vale a dire la legge 14 novembre 2000, n. 331, recante «Norme per l’istituzione del servizio militare professionale», e la successiva legge 23 agosto 2004, n. 226, recante «Sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata, nonché delega al Governo per il conseguente coordinamento con la normativa di settore»). Si potrebbe anzi affermare che detta sentenza ne sia stata la fonte ispiratrice, dato che, fermi restando i doveri di cui al primo comma e le previsioni legislative che in modo specifico vengono a configurarli, con le citate leggi il legislatore ha ritenuto di sospendere lo specifico obbligo del servizio militare di leva dato che per esso il secondo comma dell’art. 52 Cost. demandava, come si precisava nella citata decisione, alla legge ordinaria la delimitazione dei modi e dei limiti di effettuazione.
Quanto si è innanzi osservato non modifica, quindi, le conclusioni cui la giurisprudenza costituzionale è pervenuta per quanto riguarda i campi di azione che in questa materia vengono ad avere le Regioni e le Province autonome. Esse hanno precisi spazi in cui possono svolgere attività sia nell’ambito del servizio civile nazionale, sia in settori da esso differenziati ma contigui.
Per ciò che riguarda il primo aspetto, vi è da dire che la riserva allo Stato della competenza a disciplinare il servizio civile nazionale non comporta che ogni aspetto dell’attività dei cittadini che svolgono detto servizio ricada nella competenza statale. Il legislatore, nel disciplinare il servizio civile nazionale, ha allocato le funzioni amministrative tanto a livello centrale, presso l’Ufficio nazionale per il servizio civile, quanto a livello regionale (artt. 2, 4, 5 e 6 del d.lgs. n. 77 del 2002). Le Regioni, dunque, sono direttamente coinvolte nella gestione del servizio civile nazionale (sentenza n. 58 del 2007), fermo restando che non possono incidere sugli aspetti organizzativi e procedurali del servizio (sentenza n. 228 del 2004), né possono rovesciare il rapporto logico-giuridico che esiste tra le due legislazioni, imponendo esse prescrizioni al legislatore statale.
Per ciò che riguarda il secondo aspetto, vi è da precisare che la riconduzione alla competenza legislativa esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera d), Cost. del servizio civile nazionale, non preclude alle Regioni ed alle Province autonome la possibilità di istituire e disciplinare, nell’autonomo esercizio della propria competenza legislativa, un proprio servizio civile regionale o provinciale, distinto da quello nazionale, che ha peraltro natura sostanzialmente diversa dal servizio civile nazionale, non essendo riconducibile al dovere di difesa (sentenze n. 58 del 2007 e n. 531 del 2005).
In applicazione dei principi sin qui richiamati, risulta evidente che la disposizione censurata non ha ad oggetto né la partecipazione della Provincia autonoma all’attuazione del servizio civile nazionale né la sua competenza a istituire un proprio servizio civile provinciale. Il legislatore provinciale detta inoltre disposizioni che incidono sul servizio civile nazionale, assegnando ad esso le finalità perseguite dalla legislazione provinciale e assimilandolo, o meglio confondendolo, con il servizio civile provinciale.
Ne consegue che l’art. 3, comma 1, lettera a), della citata legge provinciale, nella parte in cui prevede che le finalità indicate nell’art. 1 possano essere realizzate anche tramite il servizio civile nazionale di cui alla legge n. 64 del 2001, detta una disciplina che si indirizza al servizio civile nazionale, pretendendo di subordinarne il funzionamento alle decisioni legislative della Provincia, in violazione degli artt. 52 e 117, secondo comma, lettera d), Cost.
5.− L’accoglimento della prima questione implica, quale diretta conseguenza, che le questioni ad essa strettamente collegate, prospettate con riferimento all’art. 6, commi 5, 6 (esclusivamente nella parte in cui si riferiscono al servizio civile nazionale) e 9, sono fondate.
5.1- L’art. 6, comma 9, recita: «Se il servizio di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), è svolto ai sensi della legge 6 marzo 2001, n. 64, ai volontari e alle volontarie spetta l’assegno per il servizio civile di cui all’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77, comprese le eventuali indennità. Non spetta loro il rimborso spese di cui al comma 2».
Tale disposizione, pertanto, si riferisce esclusivamente all’ipotesi in cui il servizio previsto dall’art. 3, comma 1, lettera a), sia svolto dai volontari del servizio civile nazionale di cui alla legge n. 64 del 2001.
Risulta evidente il nesso che lega le due disposizioni, in virtù del quale all’illegittimità dell’una consegue necessariamente l’illegittimità dell’altra.
Ne consegue che per gli stessi motivi sopra indicati deve ritenersi che la norma impugnata si ponga in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera d), Cost.
5.2.− L’art. 6, comma 6, prevede che ai volontari e alle volontarie di cui all’art. 3, comma 1, lettere a), b) e c), siano garantite le assicurazioni obbligatorie per la copertura del rischio infortuni e la responsabilità civile.
Il ricorrente lamenta nuovamente che il legislatore provinciale abbia disciplinato anche un aspetto del servizio civile nazionale.
Per gli stessi motivi innanzi indicati deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale del comma 6 dell’art. 6, nella parte in cui si riferisce anche alle ipotesi in cui il servizio previsto dall’art. 3, comma 1, lettera a), sia svolto dai volontari del servizio civile nazionale di cui alla legge n. 64 del 2001.
Sono assorbiti gli altri profili di censura sollevati dal ricorrente.
5.3.− Per le stesse considerazioni, la questione relativa all’art. 6, comma 5, nella parte in cui si riferisce anche alle ipotesi in cui il servizio previsto dall’art. 3, comma 1, lettera a), sia svolto dai volontari del servizio civile nazionale di cui alla legge n. 64 del 2001, è fondata.
6.− L’ultima questione riguarda l’art. 15, comma 1, lettera b), della legge provinciale n. 19 del 2012, il quale sarebbe illegittimo per contrasto con l’art. 3 Cost., nella parte in cui esclude che possano prestare il servizio civile provinciale gli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, ai quali invece il testo unico sull’immigrazione (d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, recante «Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero») garantirebbe parità di trattamento.
La questione è fondata.
Preliminarmente, si deve precisare che è priva di pregio l’argomentazione difensiva della Provincia secondo cui la limitazione sarebbe giustificata in quanto, per stessa ammissione della Presidenza del Consiglio dei ministri, anche il servizio civile nazionale è riservato ai soli cittadini.
La norma in esame, infatti, non disciplina il servizio civile volontario provinciale ma si riferisce esclusivamente alla diversa ipotesi del servizio sociale volontario provinciale definito dall’art. 3, comma 1, lettera b), come «il servizio […] svolto da persone adulte a partire dall’età di 29 anni, per una durata massima di 32 mesi, presso organizzazioni ed enti di diritto pubblico e privato, grazie al quale i volontari e le volontarie conseguono i crediti e i benefici di cui all’articolo 6, commi 1, 2, 5 e 6».
Fatta questa precisazione, è irragionevole subordinare la possibilità di accedere al servizio sociale volontario al possesso della cittadinanza italiana o di altro stato dell’Unione europea, in quanto si tratta di prestazioni personali effettuate spontaneamente a favore di altri individui o della collettività.
Tali prestazioni rappresentano la più diretta realizzazione del principio di solidarietà sociale, per il quale la persona è chiamata ad agire non per calcolo utilitaristico o per imposizione di un’autorità, e la partecipazione a tale forme di solidarietà deve essere ricompresa tra i valori fondanti dell’ordinamento giuridico, riconosciuti, insieme ai diritti inviolabili dell’uomo, come base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costituente.
Ne consegue che deve essere riconosciuta anche agli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio italiano la possibilità di partecipare al servizio sociale volontario, quale espressione del principio solidaristico di cui si è detto. Inoltre dette ragioni valgono, in questo caso, anche a rafforzare quelle esigenze di integrazione nella comunità e di pieno sviluppo della persona che devono essere assicurate dalla legislazione in materia di trattamento dello straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato.
Infatti al legislatore è consentito dettare norme, non palesemente irragionevoli, che regolino l’ingresso e la permanenza di extracomunitari in Italia, ma una volta che il diritto a soggiornare non sia in discussione, non si possono discriminare gli stranieri stabilendo nei loro confronti particolari limitazioni né per il godimento dei diritti fondamentali della persona (sentenza n. 306 del 2008), né nell’esercizio dei doveri di solidarietà previsti dalla Costituzione.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, lettera a), della legge della Provincia autonoma di Bolzano 19 novembre 2012, n. 19 (Disposizioni per la valorizzazione dei servizi volontari in Provincia di Bolzano e modifiche di leggi provinciali in materia di attività di cooperazione allo sviluppo e personale), limitatamente alle parole: «nonché tramite il servizio civile nazionale volontario di cui alla legge 6 marzo 2001, n. 64»;
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 9, della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 19 del 2012;
3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, commi 5 e 6, della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 19 del 2012, limitatamente alla parte in cui i suddetti commi si riferiscono anche all’ipotesi in cui il servizio previsto dall’art. 3, comma 1, lettera a), sia svolto dai volontari del servizio civile nazionale di cui alla legge 6 marzo 2001, n. 64;
4) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 15, comma 1, lettera b), della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 19 del 2012, nella parte in cui esclude i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti nello Stato italiano dalla possibilità di prestare servizio sociale volontario;
5) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’intero art. 6, comma 5, della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 19 del 2012, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio con il ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 2013.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 17 dicembre 2013.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI