Ordinanza 341/2011
Giudizio
Presidente QUARANTA - Redattore LATTANZI
Camera di Consiglio del 09/11/2011 Decisione del 12/12/2011
Deposito del 22/12/2011 Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate: Art. 2268, c. 1°, n. 297, del decreto legislativo 15/03/2010, n. 66; e dell'art. 14, c. 14° e 14°-ter, della legge 28/11/2005, n. 246.
Massime:
Atti decisi: ord. 153/2011
ORDINANZA N. 341
ANNO 2011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 2268, comma 1, numero 297), del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), e dell’articolo 14, commi 14 e 14-ter, della legge 28 novembre 2005, n. 246 (Semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005), promosso dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Treviso nel procedimento penale a carico di Q. D. e altri con ordinanza del 21 gennaio 2011, iscritta al n. 153 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell’anno 2011.
Udito nella camera di consiglio del 9 novembre 2011 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi.
Ritenuto che, con ordinanza emessa il 21 gennaio 2011 (r.o. n. 153 del 2011), il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Treviso ha sollevato, in riferimento agli artt. 18, 25, secondo comma, e 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2268 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), nella parte in cui, al numero 297) del comma 1, abroga il decreto legislativo 14 febbraio 1948, n. 43 (Divieto delle associazioni di carattere militare);
che, con la medesima ordinanza, il giudice a quo ha sollevato, in via subordinata, questione di legittimità costituzionale, per violazione dell’art. 76 Cost., dell’articolo 14, commi 14 e 14-ter, della legge 28 novembre 2005, n. 246 (Semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005) e, per l’effetto, dell’articolo 2268 del citato d.lgs. n. 66 del 2010, nella parte in cui, al numero 297) del comma 1, abroga il d.lgs. n. 43 del 1948;
che il giudice a quo procede nei confronti di più persone imputate del reato previsto dall’art. 1 del d.lgs. n. 43 del 1948, in riferimento alla «formazione del corpo paramilitare denominato “Polisia Veneta”, dotata di un inquadramento e ordinamento gerarchico interno in tutto analogo a quello militare»;
che, ricorda il rimettente, il d.lgs. n. 43 del 1948, entrato in vigore il 17 febbraio 1948, è stato confermato nella sua vigenza dal decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179 (Disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246), adottato in forza della delega conferita al Governo dalla legge 28 novembre 2005, n. 246, per individuare le norme anteriori al 1970 da mantenere in vigore;
che il successivo d.lgs. n. 66 del 2010, con il quale è stato introdotto il Codice dell’ordinamento militare, all’art. 2268, comma 1, ha abrogato una serie di atti normativi specificamente elencati, tra i quali, al numero 297), è compreso anche il d.lgs. n. 43 del 1948;
che l’abrogazione in questione «non era possibile in quanto il d.lgs. n. 43/1948 era stato espressamente fatto salvo dal d.lgs. n. 179/2009 del primo gennaio (rectius: dicembre) 2009»;
che inoltre, precisa il rimettente, il 16 dicembre 2010 è entrato in vigore il decreto legislativo 13 dicembre 2010, n. 213 (Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179, recante disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore), che ha modificato e integrato il d.lgs. n. 179 del 2009 disponendo che dal relativo Allegato 1 sono espunte varie disposizioni legislative statali «e in particolare, al n. 1001 dell’elenco, il decreto legislativo n. 43/1948»;
che la norma abrogata, sottolinea ancora il giudice a quo, dava attuazione al principio di cui all’art. 18, secondo comma, Cost., e la sua abrogazione farebbe sì che la condotta, pur vietata dalla Costituzione, diventerebbe «lecita per l’ordinamento penale, non essendo sanzionata da altre norme penali»;
che, in via subordinata, il tribunale rimettente solleva la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, commi 14 e 14-ter, della legge n. 246 del 2005 per violazione dell’art. 76 Cost., con conseguente illegittimità costituzionale della norma abrogatrice impugnata in via principale, perché la legge delega non specificherebbe il settore nel quale il Governo è delegato ad esercitare la funzione legislativa, «limitandosi a indicare una totale abrogazione di norme anteriori a una data, senza distinzione di materie», e non enuncerebbe principi e criteri direttivi sufficientemente determinati;
che la questione sarebbe rilevante nel giudizio principale, perché se la norma impugnata fosse legittima il procedimento penale dovrebbe concludersi con una sentenza di proscioglimento per abolitio criminis, laddove, in caso contrario, dovrebbe proseguire per pervenire a una pronuncia di merito;
che, muovendo dall’analisi della giurisprudenza costituzionale in tema di sindacato di legittimità sulle norme penali di favore, il giudice a quo rileva come nel caso di una disposizione abrogatrice di una fattispecie di reato non possa escludersi il sindacato di costituzionalità, perché altrimenti verrebbero a residuare aree dell’ordinamento ad esso sottratte;
che, se è vero che «il sindacato della Corte può essere limitato dal principio della riserva di legge nell’ipotesi di cattivo esercizio in concreto da parte del Governo della funzione legislativa conferitagli ex art. 76 Cost. dalle Camere, è anche vero che il controllo di legittimità costituzionale delle norme primarie non può essere negato quando vi sia una scelta del legislatore delegato che esuli completamente dalla delega ricevuta»;
che, insomma, nel caso di abrogazione di una norma incriminatrice in assenza di delega legislativa, la Corte costituzionale non effettuerebbe autonome scelte punitive, ma si limiterebbe a garantire l’osservanza del principio di riserva di legge, stabilito dall’art. 25, secondo comma, Cost.
Considerato che il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Treviso dubita, in riferimento agli artt. 18, 25, secondo comma, e 76, della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’articolo 2268, comma 1, numero 297), del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), nella parte in cui abroga il decreto legislativo 14 febbraio 1948, n. 43 (Divieto delle associazioni di carattere militare), e in via subordinata, in riferimento all’art. 76 Cost., della legittimità costituzionale dell’articolo 14, commi 14 e 14-ter, della legge 28 novembre 2005, n. 246 (Semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005) e, per l’effetto, dell’articolo 2268, comma 1, numero 297), del citato d.lgs. n. 66 del 2010, nella parte in cui abroga il d.lgs. n. 43 del 1948;
che la questione sollevata in via subordinata investe l’art. 14, commi 14 e 14-ter, della legge n. 246 del 2005, nella parte in cui costituisce la fonte del potere legislativo delegato, esercitato dal Governo con la norma impugnata in via principale;
che infatti, secondo la prospettazione del giudice rimettente, dall’illegittimità costituzionale della norma di delega deriverebbe, in via consequenziale, quella dell’art. 2268 del d.lgs. n. 66 del 2010, per assenza di delega;
che, anteriormente all’ordinanza di rimessione, è entrato in vigore il decreto legislativo 13 dicembre 2010, n. 213 (Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179, recante disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore), adottato anch’esso, secondo quanto precisato nel suo preambolo, in attuazione della delega conferita con «la legge 28 novembre 2005, n. 246, recante semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005, e successive modificazioni»;
che detto decreto delegato, all’art. 1, stabilisce che «Ai fini e per gli effetti dell’articolo 14, commi 14, 14-ter e 18, della legge 28 novembre 2005, n. 246, e successive modificazioni, al decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179, sono apportate le seguenti modificazioni (…) b) dall’Allegato 1 sono espunte le disposizioni legislative statali indicate nell’Allegato B al presente decreto», tra le quali è inserito il decreto legislativo n. 43 del 1948;
che il comma 14-ter dell’art. 14 della legge n. 246 del 2005, come modificato dall’art. 4 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), stabilisce che «fatto salvo quanto stabilito dal comma 17 [che individua le categorie di disposizioni legislative destinate a rimanere in vigore], decorso un anno dalla scadenza del termine di cui al comma 14, ovvero del maggior termine previsto dall’ultimo periodo del comma 22, tutte le disposizioni legislative statali non comprese nei decreti legislativi di cui al comma 14, anche se modificate con provvedimenti successivi, sono abrogate»;
che di conseguenza l’art. 1 del d.lgs. n. 213 del 2010, nel prevedere che dall’Allegato 1 del d.lgs. n. 179 del 2009 – con cui il Governo ha esercitato la delega conferita dall’art. 14, comma 14 e seguenti, della legge n. 246 del 2005, individuando le disposizioni legislative anteriori al 1970 da mantenere in vigore – è espunto il d.lgs. n. 43 del 1948, ne determinerebbe in ogni caso l’abrogazione;
che sebbene l’art. 1 del d.lgs. n. 213 del 2010 sia anteriore rispetto all’ordinanza di rimessione e possa influire sul percorso argomentativo svolto per motivare la non manifesta infondatezza e la rilevanza delle questioni, il giudice a quo ha omesso di valutarne gli effetti;
che infatti una volta espunto il decreto legislativo n. 43 del 1948 dall’Allegato 1 al decreto legislativo n. 179 del 2009, che lo aveva mantenuto in vigore, avrebbe potuto anche ritenersi venuto meno l’ostacolo, individuato dal tribunale rimettente, alla successiva abrogazione espressa operata dall’art. 2268 del decreto legislativo n. 66 del 2010;
che inoltre il giudice rimettente avrebbe dovuto valutare l’effetto abrogativo che sarebbe comunque indirettamente determinato dall’art. 1 del d.lgs. n. 213 del 2010 e verificare se in seguito alla sua sopravvenienza le questioni proposte fossero ugualmente rilevanti;
che tale lacuna si risolve in un difetto di motivazione sulla rilevanza e comporta la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2268, comma 1, numero 297), del d.lgs. n. 66 del 2010, nella parte in cui abroga il d.lgs. n. 43 del 1948, e della questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, commi 14 e 14-ter, della legge n. 246 del 2005, sollevata limitatamente alla parte in cui contiene la delega all’adozione della norma abrogatrice impugnata in via principale (ex multis, ordinanza n. 76 del 2010).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2268, comma 1, numero 297), del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), sollevata in riferimento agli artt. 18, 25, secondo comma, e 76 della Costituzione, dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Treviso, con l’ordinanza indicata in epigrafe;
2) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 14, commi 14 e 14-ter, della legge 28 novembre 2005, n. 246 (Semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005) e, per l’effetto, dell’articolo 2268, comma 1, numero 297), del d.lgs. n. 66 del 2010, sollevata in riferimento all’art. 76 della Costituzione, dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Treviso, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 2011.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Giorgio LATTANZI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 22 dicembre 2011.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: MELATTI
Giudizio
Presidente QUARANTA - Redattore LATTANZI
Camera di Consiglio del 09/11/2011 Decisione del 12/12/2011
Deposito del 22/12/2011 Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate: Art. 2268, c. 1°, n. 297, del decreto legislativo 15/03/2010, n. 66; e dell'art. 14, c. 14° e 14°-ter, della legge 28/11/2005, n. 246.
Massime:
Atti decisi: ord. 153/2011
ORDINANZA N. 341
ANNO 2011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 2268, comma 1, numero 297), del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), e dell’articolo 14, commi 14 e 14-ter, della legge 28 novembre 2005, n. 246 (Semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005), promosso dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Treviso nel procedimento penale a carico di Q. D. e altri con ordinanza del 21 gennaio 2011, iscritta al n. 153 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell’anno 2011.
Udito nella camera di consiglio del 9 novembre 2011 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi.
Ritenuto che, con ordinanza emessa il 21 gennaio 2011 (r.o. n. 153 del 2011), il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Treviso ha sollevato, in riferimento agli artt. 18, 25, secondo comma, e 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2268 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), nella parte in cui, al numero 297) del comma 1, abroga il decreto legislativo 14 febbraio 1948, n. 43 (Divieto delle associazioni di carattere militare);
che, con la medesima ordinanza, il giudice a quo ha sollevato, in via subordinata, questione di legittimità costituzionale, per violazione dell’art. 76 Cost., dell’articolo 14, commi 14 e 14-ter, della legge 28 novembre 2005, n. 246 (Semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005) e, per l’effetto, dell’articolo 2268 del citato d.lgs. n. 66 del 2010, nella parte in cui, al numero 297) del comma 1, abroga il d.lgs. n. 43 del 1948;
che il giudice a quo procede nei confronti di più persone imputate del reato previsto dall’art. 1 del d.lgs. n. 43 del 1948, in riferimento alla «formazione del corpo paramilitare denominato “Polisia Veneta”, dotata di un inquadramento e ordinamento gerarchico interno in tutto analogo a quello militare»;
che, ricorda il rimettente, il d.lgs. n. 43 del 1948, entrato in vigore il 17 febbraio 1948, è stato confermato nella sua vigenza dal decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179 (Disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246), adottato in forza della delega conferita al Governo dalla legge 28 novembre 2005, n. 246, per individuare le norme anteriori al 1970 da mantenere in vigore;
che il successivo d.lgs. n. 66 del 2010, con il quale è stato introdotto il Codice dell’ordinamento militare, all’art. 2268, comma 1, ha abrogato una serie di atti normativi specificamente elencati, tra i quali, al numero 297), è compreso anche il d.lgs. n. 43 del 1948;
che l’abrogazione in questione «non era possibile in quanto il d.lgs. n. 43/1948 era stato espressamente fatto salvo dal d.lgs. n. 179/2009 del primo gennaio (rectius: dicembre) 2009»;
che inoltre, precisa il rimettente, il 16 dicembre 2010 è entrato in vigore il decreto legislativo 13 dicembre 2010, n. 213 (Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179, recante disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore), che ha modificato e integrato il d.lgs. n. 179 del 2009 disponendo che dal relativo Allegato 1 sono espunte varie disposizioni legislative statali «e in particolare, al n. 1001 dell’elenco, il decreto legislativo n. 43/1948»;
che la norma abrogata, sottolinea ancora il giudice a quo, dava attuazione al principio di cui all’art. 18, secondo comma, Cost., e la sua abrogazione farebbe sì che la condotta, pur vietata dalla Costituzione, diventerebbe «lecita per l’ordinamento penale, non essendo sanzionata da altre norme penali»;
che, in via subordinata, il tribunale rimettente solleva la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, commi 14 e 14-ter, della legge n. 246 del 2005 per violazione dell’art. 76 Cost., con conseguente illegittimità costituzionale della norma abrogatrice impugnata in via principale, perché la legge delega non specificherebbe il settore nel quale il Governo è delegato ad esercitare la funzione legislativa, «limitandosi a indicare una totale abrogazione di norme anteriori a una data, senza distinzione di materie», e non enuncerebbe principi e criteri direttivi sufficientemente determinati;
che la questione sarebbe rilevante nel giudizio principale, perché se la norma impugnata fosse legittima il procedimento penale dovrebbe concludersi con una sentenza di proscioglimento per abolitio criminis, laddove, in caso contrario, dovrebbe proseguire per pervenire a una pronuncia di merito;
che, muovendo dall’analisi della giurisprudenza costituzionale in tema di sindacato di legittimità sulle norme penali di favore, il giudice a quo rileva come nel caso di una disposizione abrogatrice di una fattispecie di reato non possa escludersi il sindacato di costituzionalità, perché altrimenti verrebbero a residuare aree dell’ordinamento ad esso sottratte;
che, se è vero che «il sindacato della Corte può essere limitato dal principio della riserva di legge nell’ipotesi di cattivo esercizio in concreto da parte del Governo della funzione legislativa conferitagli ex art. 76 Cost. dalle Camere, è anche vero che il controllo di legittimità costituzionale delle norme primarie non può essere negato quando vi sia una scelta del legislatore delegato che esuli completamente dalla delega ricevuta»;
che, insomma, nel caso di abrogazione di una norma incriminatrice in assenza di delega legislativa, la Corte costituzionale non effettuerebbe autonome scelte punitive, ma si limiterebbe a garantire l’osservanza del principio di riserva di legge, stabilito dall’art. 25, secondo comma, Cost.
Considerato che il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Treviso dubita, in riferimento agli artt. 18, 25, secondo comma, e 76, della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’articolo 2268, comma 1, numero 297), del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), nella parte in cui abroga il decreto legislativo 14 febbraio 1948, n. 43 (Divieto delle associazioni di carattere militare), e in via subordinata, in riferimento all’art. 76 Cost., della legittimità costituzionale dell’articolo 14, commi 14 e 14-ter, della legge 28 novembre 2005, n. 246 (Semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005) e, per l’effetto, dell’articolo 2268, comma 1, numero 297), del citato d.lgs. n. 66 del 2010, nella parte in cui abroga il d.lgs. n. 43 del 1948;
che la questione sollevata in via subordinata investe l’art. 14, commi 14 e 14-ter, della legge n. 246 del 2005, nella parte in cui costituisce la fonte del potere legislativo delegato, esercitato dal Governo con la norma impugnata in via principale;
che infatti, secondo la prospettazione del giudice rimettente, dall’illegittimità costituzionale della norma di delega deriverebbe, in via consequenziale, quella dell’art. 2268 del d.lgs. n. 66 del 2010, per assenza di delega;
che, anteriormente all’ordinanza di rimessione, è entrato in vigore il decreto legislativo 13 dicembre 2010, n. 213 (Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179, recante disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore), adottato anch’esso, secondo quanto precisato nel suo preambolo, in attuazione della delega conferita con «la legge 28 novembre 2005, n. 246, recante semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005, e successive modificazioni»;
che detto decreto delegato, all’art. 1, stabilisce che «Ai fini e per gli effetti dell’articolo 14, commi 14, 14-ter e 18, della legge 28 novembre 2005, n. 246, e successive modificazioni, al decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179, sono apportate le seguenti modificazioni (…) b) dall’Allegato 1 sono espunte le disposizioni legislative statali indicate nell’Allegato B al presente decreto», tra le quali è inserito il decreto legislativo n. 43 del 1948;
che il comma 14-ter dell’art. 14 della legge n. 246 del 2005, come modificato dall’art. 4 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), stabilisce che «fatto salvo quanto stabilito dal comma 17 [che individua le categorie di disposizioni legislative destinate a rimanere in vigore], decorso un anno dalla scadenza del termine di cui al comma 14, ovvero del maggior termine previsto dall’ultimo periodo del comma 22, tutte le disposizioni legislative statali non comprese nei decreti legislativi di cui al comma 14, anche se modificate con provvedimenti successivi, sono abrogate»;
che di conseguenza l’art. 1 del d.lgs. n. 213 del 2010, nel prevedere che dall’Allegato 1 del d.lgs. n. 179 del 2009 – con cui il Governo ha esercitato la delega conferita dall’art. 14, comma 14 e seguenti, della legge n. 246 del 2005, individuando le disposizioni legislative anteriori al 1970 da mantenere in vigore – è espunto il d.lgs. n. 43 del 1948, ne determinerebbe in ogni caso l’abrogazione;
che sebbene l’art. 1 del d.lgs. n. 213 del 2010 sia anteriore rispetto all’ordinanza di rimessione e possa influire sul percorso argomentativo svolto per motivare la non manifesta infondatezza e la rilevanza delle questioni, il giudice a quo ha omesso di valutarne gli effetti;
che infatti una volta espunto il decreto legislativo n. 43 del 1948 dall’Allegato 1 al decreto legislativo n. 179 del 2009, che lo aveva mantenuto in vigore, avrebbe potuto anche ritenersi venuto meno l’ostacolo, individuato dal tribunale rimettente, alla successiva abrogazione espressa operata dall’art. 2268 del decreto legislativo n. 66 del 2010;
che inoltre il giudice rimettente avrebbe dovuto valutare l’effetto abrogativo che sarebbe comunque indirettamente determinato dall’art. 1 del d.lgs. n. 213 del 2010 e verificare se in seguito alla sua sopravvenienza le questioni proposte fossero ugualmente rilevanti;
che tale lacuna si risolve in un difetto di motivazione sulla rilevanza e comporta la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2268, comma 1, numero 297), del d.lgs. n. 66 del 2010, nella parte in cui abroga il d.lgs. n. 43 del 1948, e della questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, commi 14 e 14-ter, della legge n. 246 del 2005, sollevata limitatamente alla parte in cui contiene la delega all’adozione della norma abrogatrice impugnata in via principale (ex multis, ordinanza n. 76 del 2010).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2268, comma 1, numero 297), del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), sollevata in riferimento agli artt. 18, 25, secondo comma, e 76 della Costituzione, dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Treviso, con l’ordinanza indicata in epigrafe;
2) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 14, commi 14 e 14-ter, della legge 28 novembre 2005, n. 246 (Semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005) e, per l’effetto, dell’articolo 2268, comma 1, numero 297), del d.lgs. n. 66 del 2010, sollevata in riferimento all’art. 76 della Costituzione, dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Treviso, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 2011.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Giorgio LATTANZI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 22 dicembre 2011.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: MELATTI