SENTENZA N. 187
ANNO 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Mario Rosario MORELLI; Giudici : Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 12 della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta 24 aprile 2019, n. 5 (Disposizioni collegate al primo provvedimento di variazione al bilancio di previsione finanziario della Regione per il triennio 2019/2021. Modificazioni di leggi regionali e altre disposizioni), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 27 giugno-2 luglio 2019, depositato in cancelleria il 2 luglio 2019, iscritto al n. 77 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell’anno 2019.
Visto l’atto di costituzione della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste;
udito nella udienza pubblica del 22 luglio 2020 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli;
uditi l’avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giovanni Guzzetta per la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste;
deliberato nella camera di consiglio del 22 luglio 2020.
Ritenuto in fatto
1.– Con il ricorso in epigrafe, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato – in riferimento ai parametri e per i motivi di cui direttamente si dirà nel Considerato in diritto (confluenti in una complessiva censura riferita rispettivamente alla mancata conformazione alle “direttrici” della metodologia statale delle tariffe del servizio idrico integrata e alle modalità di riordino fondiario) – ha impugnato l’art. 5, commi 2, 4, 5, 6, 7 e 9, e l’art. 12 della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta 24 aprile 2019, n. 5 (Disposizioni collegate al primo provvedimento di variazione al bilancio di previsione finanziario della Regione per il triennio 2019/2021. Modificazioni di leggi regionali e altre disposizioni).
2.‒ La Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste si è costituita per contestare partitamente ogni censura rivolta ai riferiti commi dell’art. 5 e per eccepire l’inammissibilità per genericità, prima ancora della non fondatezza, della questione relativa all’art. 12 della predetta legge reg. n. 5 del 2019, sulla base delle argomentazioni (facenti perno sulla attinenza della disciplina censurata al perimetro delle competenze statutarie di essa Regione), delle quali anche, direttamente di seguito, più specificamente si dirà.
3.‒ La resistente ha anche depositato memoria, nella quale tra l’altro sostiene che la tesi del Presidente del Consiglio dei ministri giungerebbe «a svuotare di autentico contenuto precettivo la speciale autonomia della Regione nell’organizzazione e gestione del servizio idrico integrato», in contrasto con quanto affermato dalla giurisprudenza costituzionale e anche con la clausola di salvaguardia di cui all’art. 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 luglio 2012 (Individuazione delle funzioni dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici, ai sensi dell’articolo 21, comma 19, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, in legge 22 dicembre 2011, n. 214).
Considerato in diritto
1.– Vengono all’esame di questa Corte l’art. 5, commi 2, 4, 5, 6, 7 e 9, e l’art.12 della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta 24 aprile 2019, n. 5 (Disposizioni collegate al primo provvedimento di variazione al bilancio di previsione finanziario della Regione per il triennio 2019/2021. Modificazioni di leggi regionali e altre disposizioni), oggetto della impugnazione avverso gli stessi proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri, per prospettato contrasto con plurimi parametri statutari, costituzionali e con norme interposte.
2.‒ L’art. 5 della legge regionale impugnata sostituisce il corrispondente art. 5 della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta 8 settembre 1999, n. 27 (Disciplina dell’organizzazione del servizio idrico integrato) e, sotto la rubrica «Tariffa del servizio idrico integrato», nei commi specificamente attinti da censura, così testualmente dispone:
«2. La Giunta regionale, sentite le Commissioni consiliari competenti e d’intesa con il Consiglio permanente degli enti locali (CPEL), definisce i modelli tariffari del ciclo idrico relativi all’acquedotto, alla fognatura e alla depurazione delle acque reflue, tenuto conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, nonché della copertura dei costi diretti d’investimento e di esercizio, nel rispetto dei principi europei e statali vigenti in materia. 3. […] 4. A decorrere dall’anno 2019, sono istituite: a) la componente tariffaria aggiuntiva per la promozione della qualità dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione; b) la componente tariffaria perequativa per la promozione della qualità dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione. 5. Le componenti di cui al comma 4 sono espresse in centesimi di euro e si calcolano sulla quota fissa dei singoli servizi di acquedotto, fognatura e depurazione a carico di ciascun utente del servizio idrico integrato. Entro il 30 settembre di ogni anno, la Giunta regionale determina, con propria deliberazione, l’ammontare delle componenti tariffarie aggiuntiva e perequativa. In caso di mancata determinazione, si applica l’ammontare definito nell’anno precedente. Tali componenti non sono dovute con riferimento alle tariffe del servizio idrico integrato afferenti all’anno 2018. 6. Presso il BIM sono istituiti: a) il fondo per la promozione della qualità dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione, alimentato con gli introiti della componente tariffaria aggiuntiva di cui al comma 4, lettera a), versati dai soggetti gestori entro il 30 giugno di ogni anno, riferita alla tariffa dell’anno precedente, e destinato a finanziare investimenti nel settore idrico integrato volti a migliorare la qualità dei servizi resi; b) il fondo perequativo per la promozione della qualità dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione, alimentato con gli introiti della componente tariffaria perequativa di cui al comma 4, lettera b), versati dai soggetti gestori entro il 30 giugno di ogni anno, riferita alla tariffa dell’anno precedente, e destinato a finanziare un meccanismo perequativo a livello regionale per l’erogazione agli utenti del bonus sociale idrico. 7. Con deliberazione della Giunta regionale sono definite le modalità amministrative e contabili per la gestione dei fondi, nonché per l’erogazione dei finanziamenti a favore dei subATO e dei bonus a favore degli utenti aventi diritto. 8. […] 9. Le integrazioni al metodo tariffario regionale del servizio idrico integrato, anche ai fini dell’adeguamento ad eventuali componenti tariffarie obbligatorie definite dalla normativa statale vigente, sono disposte con deliberazione della Giunta regionale».
2.1.‒ Secondo il ricorrente, il riferito art. 5, con l’introdurre le disposizioni specificamente impugnate, si sarebbe posto in contrasto con i «principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica», con il «rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali» e con le «norme fondamentali delle riforme economiche sociali», di cui all’art. 2, primo comma, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta) e avrebbe altresì violato l’art. 117, secondo comma, lettere e), ed s), della Costituzione in materia di tutela della concorrenza e di tutela dell’ambiente, nonché la normativa interposta di cui agli artt. 154, 155 e 161 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) e 10, comma 14, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo ‒ Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito, con modificazioni, in legge 12 luglio 2011, n. 106.
2.1.1.‒ A ledere i suddetti parametri sarebbero, appunto:
a) il comma 2, nella parte in cui demanda alla Giunta regionale la determinazione dei modelli tariffari del ciclo idrico, senza far cenno all’obbligo di conformarsi alle “direttrici” della metodologia tariffaria statale, di cui all’art. 4 della delibera dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEGSI) del 28 dicembre 2015, n. 664 (Approvazione del metodo tariffario idrico per il secondo periodo regolatorio MTI-2);
b) il comma 4, nella parte in cui prevede l’istituzione di due distinte componenti tariffarie (una di carattere aggiuntivo e l’altra di carattere perequativo), per la promozione della qualità dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione, in contrasto con la metodologia tariffaria statale «da applicare sull’intero territorio nazionale», ai sensi dell’art. 4 della citata delibera;
c) i commi 5, 6 e 7, recanti previsioni di dettaglio, nella parte in cui non ne preciserebbero il carattere aggiuntivo rispetto ai meccanismi – operanti sull’intero territorio nazionale – basati sull’istituzione delle componenti tariffarie perequative U12 e U13, volte rispettivamente alla promozione della qualità tecnica «da applicarsi a tutte le utenze del servizio idrico integrato come maggiorazione ai corrispettivi di acquedotto di fognatura e di depurazione, ed alla perequazione dei costi relativi all’erogazione del bonus sociale idrico da applicarsi a tutte le utenze del servizio idrico integrato ubicate sul territorio nazionale, diverse da quelle dirette in condizione di disagio economico sociale, come maggiorazione al corrispettivo di acquedotto»;
d) il comma 9, nella parte in cui attribuisce alla Giunta regionale il compito di disporre con propria deliberazione «le integrazioni al metodo tariffario regionale del servizio idrico integrato, anche ai fini dell’adeguamento ad eventuali componenti tariffarie obbligatorie definite della normativa statale vigente», senza far cenno alcuno all’obbligo espresso di conformarsi alle “direttrici” della metodologia tariffaria statale.
2.2.‒ Nell’eccepire l’infondatezza delle censure formulate dal ricorrente, la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste richiama, in premessa, l’«ampio ventaglio di potestà legislative variamente riconducibili al settore del servizio idrico integrato», conferitole dagli artt. 2, primo comma (lettere f, g, i, m), e 3, primo comma (lettere l, o), del proprio Statuto speciale e dall’art. 1 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 89 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Valle d’Aosta in materia di acque pubbliche).
Sostiene, quindi, che:
a) la formula del comma 2 dell’art. 5 della legge reg. n. 5 del 2019 sia «del tutto sovrapponibile» a quella del comma 2 dell’art. 5 della legge reg. n. 27 del 1999, come già modificato dall’art. 5 della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta 30 giugno 2014, n. 5, recante «Modificazioni alla legge regionale 27 maggio 1994, n. 18 (Deleghe ai Comuni della Valle d’Aosta di funzioni amministrative in materia di tutela del paesaggio), alla legge regionale 6 aprile 1998, n. 11 (Normative urbanistica e di pianificazione territoriale della Valle d’Aosta), e alla legge regionale 8 settembre 1999, n. 27 (Disciplina dell’organizzazione del servizio idrico integrato). Proroga straordinaria dei termini di inizio e di ultimazione dei lavori dei titoli abilitativi edilizi»: norma, quest’ultima, che ha già superato il vaglio di legittimità. Con sentenza n. 142 del 2015 – sottolinea la resistente – questa Corte ha ritenuto, infatti, che il potere di approntare i modelli tariffari del ciclo idrico attribuito alla Giunta regionale dall’art. 5 della citata legge reg. n. 5 del 2014 costituisca immediata e diretta estrinsecazione dell’autonomia legislativa garantita alla Regione nella disciplina del servizio idrico integrato, fermo restando l’obbligo di allinearsi alle “direttrici” della metodologia tariffaria statale, logicamente implicato dall’inciso «nel rispetto dei principi europei e statali vigenti in materia», testualmente riprodotto anche in chiusura della disposizione ora in esame;
b) le componenti tariffarie, «aggiuntiva e perequativa», instituite dal comma 4 del medesimo art. 5, si inscrivano tra le voci di costo suscettibili di concorrere, nel quadro delle “direttrici” statali, all’articolazione del modello tariffario, configurandosi come «eventuale anticipazione per il finanziamento dei nuovi investimenti», ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera a), della deliberazione dell’AEEGSI del 28 dicembre 2015;
c) la regolamentazione delle suddette componenti tariffarie, di cui ai successivi commi 5, 6 e 7 della norma in esame, si collochi anch’essa nell’alveo della speciale autonomia facente capo ad essa Regione in tema di servizio idrico integrato;
d) l’intervento della Giunta regionale, previsto dal comma 9 dello stesso impugnato art. 5, sia «concepito proprio allo scopo di assicurare la congruità della tariffa regionale con le “direttrici” della metodologia tariffaria statale».
2.3.‒ Le questioni relative all’art. 5 della legge regionale impugnata non sono fondate.
2.3.1.‒ Quanto al comma 2 del predetto articolo, è decisiva la considerazione della effettiva sua testuale corrispondenza, nella parte che qui rileva, al (sostituito) comma 2 dell’art. 5 della legge reg. n. 27 del 1999 (cui risale l’attribuzione alla Regione della competenza regolatoria in materia tariffaria), come già modificato dall’art. 5 della legge reg. n. 5 del 2014 (che ha demandato alla Giunta regionale l’esercizio di tale competenza).
Detta ultima disposizione, come esattamente ricordato dalla resistente, ha già superato il controllo di legittimità costituzionale con la sentenza n. 142 del 2015.
In questa pronuncia è stata, infatti, riconosciuta alla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste «una competenza primaria in materia di organizzazione del servizio idrico, comprensiva […] dell’individuazione dei criteri di determinazione delle tariffe ad esso inerenti, che ne costituiscono il corrispettivo». E ciò in base alla normativa statutaria e di sua attuazione, preesistente alla riforma del Titolo V della Costituzione e che, a seguito di quest’ultima, non è stata sostituita dalla competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza e di tutela dell’ambiente, in forza del principio ricavabile dall’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), per cui la suddetta riforma non restringe la sfera di autonomia già spettante alle Regioni o Province ad autonomia speciale.
In ragione di tali premesse, nella succitata sentenza, questa Corte ha escluso che la disposizione, in quella sede denunciata, contrastasse con il parametro dell’art. 2, primo comma, dello statuto (rispetto al limite di esercizio delle competenze regionali, anche primarie, costituito dalle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica). Ed ha conclusivamente, quindi, affermato che la previsione, in quella norma contenuta, per cui la competenza regolatoria in materia tariffaria doveva essere esercitata dalla Giunta regionale «nel rispetto dei principi europei e statali vigenti in materia», logicamente implicava che la suddetta Giunta dovesse anche «conformarsi alle direttrici della metodologia tariffaria statale», risultando così «salvaguardato l’interesse statale a una regolazione stabile e idonea a garantire gli investimenti necessari, un servizio efficiente di qualità, nonché la tutela degli utenti finali».
La disposizione ora in esame si sovrappone alla lettera, in parte qua, a quella recata dal comma 2 dell’art. 5 della legge reg. n. 5 del 2014, posto che la definizione dei modelli tariffari nuovamente demandata alla Giunta è identicamente subordinata al «rispetto dei principi europei e statali vigenti in materia»: questi ultimi comprensivi, appunto, delle “direttrici” della metodologia tariffaria statale.
Dal che, dunque, l’infondatezza della questione (relativa al comma 2) sin qui esaminata.
2.3.2.‒ In relazione alla successiva disposizione di cui al comma 4 dell’impugnato art. 5, ciò che forma oggetto di contestazione è, come detto, la istituzione, ivi prevista, di due componenti tariffarie, che il ricorrente assume adottate dalla Regione in contrasto con la normativa statale.
2.3.2.1.‒ È opportuna, ai fini dell’esame di questa censura, una previa ricognizione della normativa statale di riferimento.
La succitata deliberazione dell’AEEGSI n. 664 del 2015:
all’art. 1, precisa, appunto, che nelle «Province autonome di Trento e Bolzano e nelle Regioni a statuto speciale che avessero eventualmente legiferato in materia di criteri per la determinazione delle tariffe del servizio idrico integrato, trovano applicazione le “direttrici” della metodologia tariffaria statale, come individuate all’Articolo 4 del presente provvedimento»;
all’art. 2, detta le definizioni delle componenti di costo e le modalità di approvazione del metodo tariffario e, segnatamente, tra le componenti di costo annovera (2.1): «c) eventuale anticipazione per il finanziamento dei nuovi investimenti», altresì precisando che «2.2. La determinazione delle componenti di costo di cui al precedente comma 2.1 e l’aggiornamento delle tariffe applicate sono effettuati in conformità all’Allegato A alla presente deliberazione, di cui forma parte integrante e sostanziale»;
all’art. 4, stabilisce che «Le “direttrici” della metodologia tariffaria statale, da applicare sull’intero territorio nazionale, sono individuate, a tutela dell’utenza e dei livelli minimi di qualità del servizio, nelle disposizioni del presente provvedimento che afferiscono: a) alle componenti di costo ammissibili al riconoscimento tariffario come descritte al precedente Articolo 2, nonché alla struttura del vincolo ai ricavi del gestore (VRG) di cui all’Articolo 8 dell’Allegato A»;
all’art. 20 dell’Allegato A, reca la disciplina del «Fondo nuovi investimenti», stabilendo che è «fatto obbligo al gestore del SII di destinare esclusivamente alla realizzazione dei nuovi investimenti individuati come prioritari nel territorio servito, o al finanziamento di agevolazioni tariffarie a carattere sociale, una quota del vincolo riconosciuto ai ricavi destinata al Fondo nuovi investimenti (FoNIa)»;
all’art. 33 del medesimo Allegato (come modificato dalla deliberazione del 27 dicembre 2017, 918/2017/R/IDR), disciplina la «Istituzione del Conto per la promozione della qualità dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione e disposizioni alla Cassa per i servizi energetici e ambientali (Csea)», prevedendo al comma 1, che «[a] decorrere dall’1 gennaio 2016 è istituita la componente tariffaria UI2 per la promozione della qualità contrattuale dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione, espressa in centesimi di euro per metro cubo ed applicata a tutte le utenze del servizio idrico integrato come maggiorazione ai corrispettivi di acquedotto, di fognatura e di depurazione», e, al comma 1-bis che «[d]all’1 gennaio 2018, la componente tariffaria UI2 di cui al comma 33.1, prevalentemente destinata alla promozione della qualità tecnica, è pari a 0,9 centesimi di euro/metro cubo»;
in attuazione del d.P.C.m. 13 ottobre 2016 (Tariffa sociale del servizio idrico integrato), l’Allegato A alla deliberazione dell’AEEGSI del 21 dicembre 2017, 897/2017/R/IDR (Testo integrato delle modalità applicative del bonus sociale idrico per la fornitura di acqua agli utenti domestici economicamente disagiati) ‒ poi modificato e integrato con deliberazioni del 5 aprile 2018, 227/2018/R/IDR, del 7 maggio 2019, 165/2019/R/COM, e del 14 gennaio 2020, 3/2020/R/IDR – ha, quindi, previsto, all’art. 9, la «Istituzione del Conto per la perequazione dei costi relativi all’erogazione del bonus sociale idrico», in particolare disponendo che «[a] decorrere dal 1° gennaio 2018 è istituita la componente tariffaria UI3 per la perequazione dei costi relativi all’erogazione del bonus sociale idrico di cui al precedente Articolo 6, espressa in centesimi di euro per metro cubo ed applicata a tutte le utenze del servizio idrico integrato ubicate sul territorio nazionale, diverse da quelle dirette che versino nelle condizioni di cui all’Articolo 2, comma 2.1, lett. a) e b), come maggiorazione ai corrispettivi di acquedotto, di fognatura e di depurazione».
Dunque, le “direttrici” statali:
a) sono indirizzate alla «tutela dell’utenza e dei livelli minimi di qualità del servizio»;
b) tra le componenti di costo includono la «eventuale anticipazione per il finanziamento dei nuovi investimenti»;
c) a tal fine preordinano una quota di un apposito fondo finalizzato, appunto, a «nuovi investimenti individuati come prioritari nel territorio servito» o al «finanziamento di agevolazioni tariffarie a carattere sociale»;
d) al primo caso raccordano la componente tariffaria UI2, che riguarda «la promozione della qualità dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione» e, dal 1° gennaio 2018, «prevalentemente (la) promozione della qualità tecnica»;
e) al secondo caso raccordano, dal 1° gennaio 2018, la componente tariffaria UI3 «per la perequazione dei costi relativi all’erogazione del bonus sociale idrico».
2.3.2.2.‒ Venendo, quindi, alla disposizione impugnata, la «componente tariffaria aggiuntiva», che questa prevede − «per la promozione della qualità dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione», destinata ad alimentare il rispettivo fondo, per il finanziamento di «investimenti nel settore idrico integrato volti a migliorare la qualità dei servizi resi» −, esibisce una evidente corrispondenza alla componente tariffaria statale U12, concernente, appunto, «la promozione della qualità dei servizi».
A sua volta, la componente tariffaria regionale «perequativa», volta ad alimentare il fondo «per l’erogazione agli utenti del bonus sociale idrico», corrisponde alla componente tariffaria statale U13 «per la perequazione dei costi relativi all’erogazione del bonus sociale idrico».
2.3.2.3.‒ Le componenti tariffarie previste dalla norma regionale impugnata, al di là della loro denominazione, effettivamente sono, pertanto, rispondenti alle componenti statali U12 e U13, non essendo necessario ‒ come dedotto dalla difesa regionale ‒ che si debba replicare, da parte della Regione, «l’esatta corrispondenza “tassonomica” delle voci enucleate in sede regionale a quelle di provenienza statale».
Deve, dunque, escludersi che la resistente ‒ nell’esercizio della competenza legislativa primaria, che in materia lo statuto le assegna e in cui è compresa l’individuazione dei “criteri” per la determinazione nelle componenti di costo delle tariffe del servizio idrico integrato ‒ si sia, con la norma impugnata, posta in contrasto con le “direttrici” della normativa tariffaria statale.
2.3.3.‒ I successivi commi 5, 6 e 7 dell’impugnato art. 5 ‒ che, come da prospettazione dello stesso ricorrente, recano disposizioni di dettaglio relative all’applicazione delle componenti tariffarie di cui al comma 4 ‒ risultano di conseguenza anch’esse interne ad un perimetro di conformità alle “direttrici” della metodologia tariffaria statale.
2.3.4.‒ A sua volta, l’intervento della Giunta, volto ad integrare il metodo tariffario regionale del servizio idrico integrato, quale previsto dal comma 9, non può scindersi dalla sua dichiarata finalità di “adeguamento” alle componenti tariffarie della normativa statale.
2.3.5.‒ Da ciò, appunto, la non fondatezza di ogni censura rivolta all’art. 5 sin qui esaminato.
3.‒ L’impugnativa dello Stato è poi rivolta al successivo art. 12 della legge reg. n. 5 del 2019 che, sub lettera b) del suo comma 2, modifica l’art. 9 della legge reg. 18 luglio 2012, n. 20 (Disposizioni in materia di riordino fondiario), aggiungendovi il comma 2-bis che così testualmente dispone:
«Ai fini della redazione del piano di riordino fondiario, qualora nell’area interessata risultino beni intestati a soggetti irreperibili, sconosciuti o deceduti senza eredi, il Consorzio convoca l’assemblea dei consorziati affinché i soggetti interessati possano dichiarare, alla presenza di un notaio, le ragioni per vantare l’eventuale titolarità dei predetti beni. L’assemblea si pronuncia su tali dichiarazioni, approvandole ai fini della predisposizione del piano di assegnazione dei terreni di cui al comma 2, lettera b), con la maggioranza di cui all’articolo 5, comma 3. A tali fini, il notaio verbalizza le generalità dei dichiaranti e, per ognuno di loro, le particelle catastali e le quote di proprietà di cui essi vantano la titolarità, dando atto, nello stesso verbale, che nessuno dei presenti abbia dichiarato di vantare, sui predetti beni, altri diritti di godimento. Resta ferma, in caso di esito negativo della procedura, la possibilità, per il Consorzio, di dare atto che i predetti beni sono ricompresi nel piano di riordino subordinatamente all’avvio, ove consentito dalla normativa vigente e previa dichiarazione di pubblica utilità ai sensi dell’articolo 11, comma 2, del procedimento espropriativo di cui alla legge regionale 2 luglio 2004, n. 11 (Disciplina dell’espropriazione per pubblica utilità in Valle d’Aosta. Modificazioni delle leggi regionali 11 novembre 1974, n. 44, e 6 aprile 1998, n. 11)».
3.1.‒ La suddetta disposizione regionale è denunciata dal ricorrente per contrasto «con i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica», e in particolare per l’inerenza a materie pertinenti all’«ordinamento civile», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. di competenza esclusiva dello Stato.
3.2.‒ Di tale questione la Regione resistente ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità per genericità della motivazione, per poi comunque contestarne la fondatezza.
La procedura in questione – ascrivibile alla competenza legislativa primaria della Regione in tema di «piccole bonifiche e opere di miglioramento agrario e fondiario» e di «usi civici, consorterie, promiscuità per condomini agrari e forestali, ordinamento delle minime proprietà colturali», radicata, rispettivamente, nelle lettere e) ed o) dell’art. 2, primo comma, dello statuto – risponderebbe alla finalità di consentire, in vista del riassetto catastale del territorio, la ricognizione delle pretese fondate sull’eventuale titolarità dei beni ivi elencati, la quale non potrebbe che essere affermata «sulla scorta della pertinente disciplina civilistica dettata a livello statale».
3.3.‒ L’eccezione preliminare di inammissibilità della questione relativa all’art. 12 della legge regionale impugnata è superabile.
Il ricorso, nella sua pur sintetica formulazione, consente, infatti, anche in relazione a detta ultima disposizione, di individuare, con sufficiente chiarezza, il parametro asseritamente violato (correlato alla competenza statale esclusiva nella materia «ordinamento civile», non contemplata dallo statuto di autonomia della resistente), la normativa interposta e la ratio del prospettato contrasto della disposizione denunciata con il parametro stesso, per interferenza della introdotta procedura regionale per la redazione del piano di riordino fondiario con la disciplina civilistica in materia di successione.
3.4.‒ Nel merito, la questione è fondata per violazione, appunto, della competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile (assorbita restando ogni altra censura).
La disposizione impugnata prevede, infatti, come detto, che, in relazione a beni che risultino «intestati a soggetti irreperibili, sconosciuti o deceduti senza eredi», l’assemblea dei consorziati accerti, alla presenza di un notaio, l’esistenza di eventuali diritti vantati da terzi sugli stessi. E con ciò innegabilmente essa incide su istituti propri del diritto civile.
Per di più – con lo stabilire che, ove non risultino soggetti che possano vantare diritti di proprietà sui beni suddetti, questi siano «ricompresi nel piano di riordino» – la norma censurata viola le disposizioni codicistiche a tenore delle quali, invece, «[i]n mancanza di altri successibili l’eredità è devoluta allo Stato» (art. 586 cod. civ.) e «[i] beni immobili che non sono di proprietà di alcuno spettano al patrimonio dello Stato» (art. 827 cod. civ.).
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dall’art. 12, comma 2, lettera b), della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallèe d’Aoste 24 aprile 2019, n. 5 (Disposizioni collegate al primo provvedimento di variazione al bilancio di previsione finanziario della Regione per il triennio 2019/2021. Modificazioni di leggi regionali e altre disposizioni), che ha aggiunto il comma 2-bis all’art. 9 della legge della regione autonoma Valle d’Aosta 18 luglio 2012, n. 20 (Disposizioni in materia di riordino fondiario);
2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5, commi 2, 4, 5, 6, 7 e 9, della legge reg. Valle d’Aosta n. 5 del 2019, promosse – in riferimento agli artt. 2, primo comma, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta) e 117, secondo comma, lettere e) ed s), della Costituzione, in relazione agli artt. 154, 155 e 161 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) e 10, comma 14, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito, con modificazioni, in legge 12 luglio 2011, n. 106 – dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 luglio 2020.
F.to:
Mario Rosario MORELLI, Presidente e Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 31 luglio 2020.
Il Cancelliere
F.to: Roberto MILANA