Sentenza 35/2012
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA PRINCIPALE
Presidente QUARANTA - Redattore LATTANZI
Udienza Pubblica del 24/01/2012 Decisione del 15/02/2012
Deposito del 23/02/2012 Pubblicazione in G. U. 29/02/2012
Norme impugnate: Art. 2 della legge della Regione Calabria 07/03/2011, n. 4.
Massime: 36110 36111
Atti decisi: ric. 49/2011
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA PRINCIPALE
Presidente QUARANTA - Redattore LATTANZI
Udienza Pubblica del 24/01/2012 Decisione del 15/02/2012
Deposito del 23/02/2012 Pubblicazione in G. U. 29/02/2012
Norme impugnate: Art. 2 della legge della Regione Calabria 07/03/2011, n. 4.
Massime: 36110 36111
Atti decisi: ric. 49/2011
SENTENZA N. 35
ANNO 2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 2 della legge della Regione Calabria 7 marzo 2011, n. 4 (Misure per garantire la legalità e la trasparenza dei finanziamenti erogati dalla Regione Calabria), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 13-18 maggio 2011, depositato in cancelleria il 23 maggio 2011 ed iscritto al n. 49 del registro ricorsi 2011.
Udito nell’udienza pubblica del 24 gennaio 2012 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi;
udito l’avvocato dello Stato Giacomo Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 13 maggio 2011 e depositato il successivo 23 maggio (reg. ric. n. 49 del 2011) il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2 della legge della Regione Calabria 7 marzo 2011, n. 4 (Misure per garantire la legalità e la trasparenza dei finanziamenti erogati dalla Regione Calabria), in riferimento all’articolo 117, secondo comma, lettere e) e h), della Costituzione.
La disposizione impugnata stabilisce che «al fine di garantire la legalità, la trasparenza delle operazioni finanziarie ed amministrative della Regione Calabria e la tracciabilità dei flussi finanziari, tutti i beneficiari pubblici e privati che usufruiscono di finanziamenti regionali, devono utilizzare un conto corrente unico dedicato per l’accredito ed utilizzo dei suddetti fondi in conformità e secondo le procedure previste nella legge 13 agosto 2010, n. 136 così come modificata dalla legge 17 dicembre 2010, n. 217 per importi di ammontare uguali o superiori a euro 10.000,00 (euro diecimila)».
A parere dell’Avvocatura, con simile previsione normativa la Regione è intervenuta nelle materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato “moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari” e “ordine pubblico e sicurezza” (art. 117, secondo comma, lettere e e h, Cost.): la tracciabilità dei flussi finanziari, infatti, sarebbe volta, da un lato, a disciplinare «ogni forma di risparmio e ogni movimentazione di denaro non trasparente», e, dall’altro, a «combattere la criminalità organizzata e, in particolare, (…) la mafia», prevenendo il riciclaggio di denaro di illecita provenienza.
Per tale ragione la norma impugnata violerebbe la sfera di competenza legislativa nazionale. Inoltre, nell’imporre la tracciabilità di pagamenti e di addebiti a partire dalla soglia di euro 10.000, la disposizione si porrebbe in contrasto con l’art. 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136 (Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia), poiché sottrarrebbe alla procedura di tracciabilità i movimenti di denaro inferiori a 10.000 euro, che invece vi sarebbero comunque soggetti, alla luce della disciplina statale.
2.– La Regione Calabria non si è costituita.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2 della legge della Regione Calabria 7 marzo 2011, n. 4 (Misure per garantire la legalità e la trasparenza dei finanziamenti erogati dalla Regione Calabria), in riferimento all’articolo 117, secondo comma, lettere e) e h), della Costituzione.
Tale disposizione prevede, secondo l’art. 1 della legge impugnata, una misura apprestata «contro i rischi di infiltrazione ‘ndranghetista, nell’ambito della più globale strategia di contrasto all’illegalità in Calabria». In particolare, stabilisce che chiunque riceva ed utilizzi finanziamenti regionali per importi pari o superiori ad euro 10.000 debba impiegare un conto corrente unico e dedicato a tali operazioni, in conformità e secondo le procedure previste dalla legge 13 agosto 2010, n. 136 (Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia).
Secondo il ricorrente, sarebbe in tal modo lesa una duplice competenza legislativa esclusiva dello Stato: quella in materia di ordine pubblico e sicurezza (art. 117, secondo comma, lettera h, Cost.), e quella in materia di moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.).
2.– La questione basata sulla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. è fondata.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che l’ordine pubblico e la sicurezza, ai fini del riparto della competenza legislativa, hanno per oggetto le «misure inerenti alla prevenzione dei reati o al mantenimento dell’ordine pubblico» (sentenza n. 407 del 2002; in seguito, ex plurimis, sentenze n. 35 del 2011, n. 226 del 2010, n. 50 del 2008, n. 222 del 2006, n. 428 del 2004).
Nell’esercizio di tale competenza il legislatore statale, in particolar modo nel settore degli appalti pubblici, è già intervenuto allo scopo specifico di assicurare la tracciabilità dei flussi finanziari, e così di prevenire la commissione di reati che possano originarsi dal maneggio del pubblico denaro, con riferimento soprattutto all’infiltrazione criminale e al riciclaggio.
L’art. 176, comma 3, lettera e), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), ha incluso, in questa direzione, tra le misure di monitoraggio nel campo degli appalti pubblici il «controllo dei flussi finanziari connessi alla realizzazione dell’opera»; la tracciabilità è stata poi estesa all’impiego delle risorse derivanti dai Fondi strutturali comunitari e dal Fondo per le aree sottoutilizzate (art. 14 della legge 18 giugno 2009, n. 69 recante «Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile») e agli interventi di realizzazione degli istituti penitenziari (art. 17-quater del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195 recante «Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l’avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed alla protezione civile», convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 febbraio 2010, n. 26).
Da ultimo, l’art. 3 della legge n. 136 del 2010, con cui il ricorrente ritiene in contrasto la disposizione impugnata, proprio per garantire la tracciabilità dei flussi finanziari finalizzata a prevenire infiltrazioni criminali nel settore degli appalti pubblici, ha prescritto l’apertura di uno o più conti correnti bancari o postali dedicati, anche in via non esclusiva, alle commesse pubbliche.
L’art. 2 della legge della Regione Calabria n. 4 del 2011, oggetto di censura, utilizza, pertanto, una tecnica elaborata dalla legislazione statale al precipuo scopo di prevenire reati, per farne applicazione, tra l’altro, nel campo materiale già selezionato dalla normativa dello Stato. Per giunta, per la parte relativa alle risorse pubbliche impiegate per gli appalti, una simile sovrapposizione determina un potenziale contrasto con l’art. 3 della legge n. 136 del 2010, con riguardo sia al divieto di impiegare una pluralità di conti, sia e soprattutto alla soglia di euro 10.000 il cui raggiungimento determina l’obbligo del conto dedicato, che è invece assente nella disciplina nazionale.
È da aggiungere che lo scopo che ha mosso il legislatore regionale consiste dichiaratamente nella prevenzione dei rischi connessi all’infiltrazione della criminalità organizzata.
In altri termini: sia la finalità della legge impugnata, sia l’oggetto materiale su cui impatta, sia lo strumento normativo impiegato, gravitano nel campo già occupato dalla normativa statale, nell’esercizio della competenza esclusiva in materia di ordine pubblico e sicurezza, rispetto alla quale il legislatore regionale è invece estraneo.
Non è infatti in discussione, nel peculiare caso di specie, un’attività che, per quanto connessa a fenomeni criminali, sia tuttavia «tale da poter essere ricondott(a) a materie o funzioni di spettanza regionale ovvero a interessi di rilievo regionale», la cui disciplina possa per tale motivo venire assegnata alla legge regionale (sentenza n. 4 del 1991; in seguito, sentenze n. 167 del 2010 e n. 105 del 2006). La promozione della legalità, in quanto tesa alla diffusione dei valori di civiltà e pacifica convivenza su cui si regge la Repubblica, non è attribuzione monopolistica, né può divenire oggetto di contesa tra i distinti livelli di legislazione e di governo: è tuttavia necessario che misure predisposte a tale scopo nell’esercizio di una competenza propria della Regione, per esempio nell’ambito dell’organizzazione degli uffici regionali, non costituiscano strumenti di politica criminale, né, in ogni caso, generino interferenze, anche potenziali, con la disciplina statale di prevenzione e repressione dei reati (sentenza n. 55 del 2001; da ultimo, sentenza n. 325 del 2011).
La disposizione impugnata, esorbitando da tali limiti, ha invece invaso la sfera di competenza legislativa dello Stato, e va pertanto dichiarata costituzionalmente illegittima. Ne deriva in via consequenziale l’illegittimità costituzionale dell’intera legge della Regione Calabria n. 4 del 2011, posto che, in assenza dell’art. 2, l’art. 1, sulle finalità, e l’art. 3, sull’entrata in vigore, risultano privi di significato normativo.
3.– La questione concernente la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. è assorbita.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Calabria 7 marzo 2011, n. 4 (Misure per garantire la legalità e la trasparenza dei finanziamenti erogati dalla Regione Calabria).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 febbraio 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Giorgio LATTANZI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 23 febbraio 2012.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: MELATTI