SENTENZA N. 25 ANNO 2020

Sentenza 25/2020 (ECLI:IT:COST:2020:25)
Giudizio:  GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA PRINCIPALE
Presidente: CARTABIA - Redattore:  AMOROSO
Udienza Pubblica del 14/01/2020;    Decisione  del 15/01/2020
Deposito del 20/02/2020;   Pubblicazione in G. U. 26/02/2020  n. 9
Norme impugnate:  Artt. 4 e 66, della legge della Regione Siciliana 08/05/2018, n. 8.
Massime: 
Atti decisi: ric. 44/2018
  

Pronuncia

SENTENZA N. 25

ANNO 2020


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Marta CARTABIA; Giudici : Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,


ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 4 e 66, della legge della Regione Siciliana 8 maggio 2018, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 10-16 luglio 2018, depositato in cancelleria il 17 luglio 2018, iscritto al n. 44 del registro ricorsi 2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Visto l’atto di costituzione della Regione Siciliana;

udito nell’udienza pubblica del 14 gennaio 2020 il Giudice relatore Giovanni Amoroso;

uditi l’avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Marina Valli per la Regione Siciliana;

deliberato nella camera di consiglio del 15 gennaio 2020.


Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso depositato il 17 luglio 2018, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4 e 66 della legge della Regione Siciliana 8 maggio 2018, n. 8, (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale), in riferimento all’art. 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione.

Il ricorrente osserva che l’art. 4 impugnato, rubricato «Disposizioni a tutela del personale delle società partecipate in liquidazione. Dotazione della società IRFIS Finsicilia Spa», prevede che, per i dipendenti delle società partecipate della Regione, disciplinate dall’art. 64 della legge della Regione Siciliana 12 agosto del 2014, n. 21 (Assestamento del bilancio della Regione per l’anno finanziario 2014. Variazioni al bilancio di previsione della Regione per l’esercizio finanziario 2014 e modifiche alla legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5 “Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2014. Legge di stabilità regionale”. Disposizioni varie), non trovino applicazione le disposizioni di cui all’art. 19 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica).

La norma statale, al comma l, stabilisce che «(s)alvo quanto previsto dal presente decreto, ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle società a controllo pubblico si applicano le disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile, dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, ivi incluse quelle in materia di ammortizzatori sociali, secondo quanto previsto dalla normativa vigente, e dai contratti collettivi».

Ciò premesso, il ricorrente ritiene che l’art. 4 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, in ragione della descritta deroga, sia in contrasto anche con l’art. 25, comma 4, del citato decreto legislativo, secondo cui, fino al 30 giugno 2018, le società sottoposte a controllo pubblico non possono procedere a nuove assunzioni a tempo indeterminato se non attingendo agli elenchi del personale eccedente.

La disposizione regionale censurata, pertanto, prevedendo una disciplina diversa e contrastante con quella stabilita dagli artt. 19, 20 e 25, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2016, è – ad avviso del ricorrente – in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., il quale assegna alla competenza esclusiva dello Stato la materia dell’«ordinamento civile», nella quale vanno ricompresi i rapporti di diritto privato, regolati dal codice civile e dai contratti collettivi.

Il ricorrente censura, inoltre, l’art. 66 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, rubricato «Personale addetto alla catalogazione dei beni culturali», il quale stabilisce che, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge regionale medesima, «si provvede alla definizione della dotazione organica del personale dell’Amministrazione regionale ricomprendente il personale dei catalogatori ed esperti catalogatori, nel rispetto delle previsioni di cui agli articoli 6, 6-ter e 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni ed integrazioni».

La norma regionale riguarda il personale di cui all’art. 1 della legge della Regione Siciliana 5 dicembre 2007, n. 24 (Stabilizzazione del personale addetto alla catalogazione dei beni culturali della Regione), destinatario di una procedura di stabilizzazione in una società pubblica (Servizi ausiliari Sicilia SAS spa), espletata al fine di coprire i posti dell’amministrazione regionale che sarebbero risultati vacanti a seguito della definizione della dotazione organica.

L’art. 66 della legge regionale citata, secondo la prospettazione del ricorrente, nel ricomprendere immediatamente il suddetto personale nella dotazione organica, a prescindere dalla necessità di coprire posti vacanti, si porrebbe in contrasto con gli artt. 6, 6-ter e 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche). Tale contrasto sussisterebbe nonostante il formale richiamo alle disposizioni statali, contenuto nella disposizione censurata.

Ad avviso del ricorrente la dotazione organica, ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. 165 del 2001, deve essere definita in base al piano dei fabbisogni, non potendo prevedere un assorbimento di personale aprioristicamente determinato.

Pertanto, la norma regionale, intervenendo nella materia dell’ordinamento civile, si porrebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

La citata disposizione regionale sarebbe in contrasto anche con l’art. 117, terzo comma, Cost., per la violazione di principi fondamentali nella materia, di legislazione concorrente, del «coordinamento della finanza pubblica», costituendo le previsioni di cui al d.lgs. n. 165 del 2001, per le Regioni a statuto speciale e per le Province autonome di Trento e di Bolzano, norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.

2.– Con atto depositato in data 14 agosto 2018, si è costituita in giudizio la Regione Siciliana, chiedendo, tra l’altro, che le sopra richiamate questioni di legittimità siano dichiarate inammissibili o non fondate.

In punto di ammissibilità, la difesa regionale, in relazione alla questione sollevata nei confronti dell’art. 4 legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, eccepisce l’eccessiva sinteticità delle argomentazioni addotte a sostegno della illegittimità costituzionale, consistite soltanto nel mero riferimento a talune norme interposte, quali gli artt. 19, 20 e 25, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2016.

La questione andrebbe, dunque, dichiarata inammissibile per carenza di una specifica e congrua indicazione delle ragioni per cui vi sarebbe il contrasto con i parametri evocati, e per la non adeguata individuazione delle disposizioni impugnate; tali lacune non consentirebbero di identificare esattamente la questione nei suoi termini normativi.

In particolare, la Regione Siciliana rileva che nel ricorso si prospetta l’incostituzionalità dell’art. 4 della legge regionale citata senza ulteriori specificazioni, nemmeno circa la partizione interna del medesimo, con la conseguenza che non sarebbe agevole stabilire, con certezza, quali tra le sue disposizioni, di cui ai commi da 1 a 4, siano sospettate d’illegittimità costituzionale.

A tal riguardo, la difesa regionale richiama il costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui è onere del ricorrente individuare le disposizioni impugnate e i parametri costituzionali dei quali si lamenta la violazione e «proporre una motivazione che non sia “meramente assertiva” [...] e che contenga una “specifica e congrua indicazione” [...] delle ragioni per le quali vi sarebbe il contrasto con i parametri evocati» (sentenza n. 32 del 2017). Sempre in punto di ammissibilità, in relazione a entrambe le disposizioni censurate, la Regione osserva che nel caso dell’impugnazione in via principale di una legge di un soggetto ad autonomia speciale, la compiuta definizione dell’oggetto del giudizio non può prescindere dall’indicazione delle competenze legislative assegnate dallo statuto, alle quali le disposizioni impugnate sarebbero riferibili qualora non operasse il nuovo testo dell’art. 117 Cost.

Pertanto, nel presente giudizio le questioni sarebbero inammissibili in quanto l’Avvocatura generale avrebbe denunciato la lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato, senza considerare che la Regione Siciliana ha competenza legislativa primaria in materia di ordinamento degli uffici e degli enti regionali e stato giuridico ed economico del personale, in materie, dunque, strettamente pertinenti all’oggetto del contendere.

Nel merito, poi, le censure sarebbero, comunque, infondate.

Quanto all’art. 4 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, la Regione, pur riconoscendo che la regolamentazione delle società pubbliche, operata dal d.lgs. n. 175 del 2016, si impone anche alle autonomie speciali, rileva che ciò vale per gli ambiti materiali che afferiscono alle competenze statali.

Invece, per gli aspetti che incidono sulle competenze regionali, la clausola di salvaguardia contenuta nell’art. 23 del d.lgs. n. 175 del 2016 stabilisce che le disposizioni contenute nel medesimo decreto sono applicabili a tali enti solo compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.

La disposizione di cui all’art. 4 legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 sarebbe, pertanto, espressione della competenza legislativa esclusiva in materia «ordinamento degli uffici e degli enti regionali» ex art. 14, lettera p), dello Statuto della Regione Siciliana.

Il legislatore regionale, prima ancora del d.lgs. n. 175 del 2016, si sarebbe posto il problema della ricollocazione del personale delle società partecipate poste in liquidazione, attraverso una deroga al divieto assoluto di nuove assunzioni nelle società partecipate rimaste in attività, di cui all’art. 20 della legge della Regione Siciliana 12 maggio 2010, n. 11 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2010). La possibilità di attingere dall’albo dei lavoratori fuoriusciti dalle società partecipate poste in liquidazione anticiperebbe le misure relative all’eccedentarietà di cui alla successiva legge statale.

Attraverso il richiamo all’art. 64 della legge reg. Siciliana n. 21 del 2014, la Regione ha, dunque, inteso gestire la disciplina transitoria che prevede il blocco delle assunzioni attraverso la sola deroga in favore del personale fuoriuscito dal sistema delle partecipate della Regione poste in liquidazione, sempreché lo stesso sia stato assunto all’esito di una selezione pubblica. Soltanto le società controllate della Regione in house possono effettuare nuove assunzioni, per sopperire ai propri fabbisogni di personale.

Si tratta di fabbisogni che – prosegue la difesa regionale – dovranno avere esaustivo e motivato sviluppo nei documenti di programmazione delle società, ma soprattutto una stringente e puntuale giustificazione costituita dall’insorgenza di una necessità oggettiva (temporanea o permanente) di incremento produttivo; le società dovranno dimostrare, altresì, che l’aumento di capacità produttiva non può avere sufficiente risposta attraverso il personale già in organico.

Tutto ciò premesso, la Regione osserva come, con riguardo alla compatibilità di tale deroga con i principi generali del t.u. pubblico impiego, per la materia del personale, al momento dell’entrata in vigore dell’art. 64 della legge reg. Siciliana n. 21 del 2014, l’art. 18 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), rubricato «Reclutamento del personale delle società pubbliche», già disponeva, come principio generale, l’evidenza pubblica nel reclutamento di personale da parte delle società a totale partecipazione pubblica che gestiscono servizi (pubblici) locali, secondo le disposizioni dell’art. 35, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001 (comma 1), mentre le altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo («società diverse da quelle che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica») erano tenute ad adottare criteri di assunzione ispirati ai principi di trasparenza, pubblicità ed imparzialità (comma 2).

E, infatti, il comma 3 dell’art. 64 della legge reg. Siciliana n. 21 del 2014 contiene un espresso rinvio alle norme statali in materia di assunzioni, col prevedere che «[s]aranno esclusi dall’albo i dipendenti non in possesso dei superiori requisiti soggettivi, nonché quelli assunti in violazione alle vigenti disposizioni regionali e statali in materia di reclutamento di personale e divieti di assunzioni».

In ordine, poi, alle censure rivolte all’art. 66 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 (Personale addetto alla catalogazione dei beni culturali), la Regione rileva che la disposizione prevede la definizione della dotazione organica del personale dell’amministrazione regionale ricomprendente il personale dei catalogatori ed esperti catalogatori, nel rispetto delle disposizioni di cui agli artt. 6, 6-ter e 35 del d.lgs. n. 165 del 2001.

La disposizione sarebbe attuativa della precedente legge reg. Siciliana n. 24 del 2007, la quale ha previsto la stabilizzazione del citato personale, in considerazione dell’interesse strategico che l’attività di catalogazione riveste per la salvaguardia e la valorizzazione dei beni culturali, finalizzandola alla copertura dei posti vacanti a seguito della definizione della dotazione organica del personale dell’amministrazione regionale.

Inoltre, prosegue la difesa regionale, l’art. 49 della legge della Regione Siciliana 7 maggio 2015, n. 9 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2015. Legge di stabilità regionale) ha rideterminato la dotazione organica dell’amministrazione regionale a partire dalla data di entrata in vigore della stessa legge, con le successive riduzioni annuali secondo i criteri ivi previsti, non considerando nella stessa il personale addetto alla catalogazione. Attraverso l’art. 66 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 si è inteso, pertanto, superare il limite determinato dal predetto art. 49 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2015.

3.– Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative in prossimità dell’udienza pubblica, inizialmente fissata per il 17 aprile 2019.

Con memoria depositata in data 25 marzo 2019, la difesa regionale ha ribadito le eccezioni di inammissibilità e, dando atto della modifica della disposizione censurata di cui all’art. 4 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, per effetto dell’art. 1, comma 3, della legge della Regione Siciliana 9 agosto 2018, n. 16 (Modifiche alla legge regionale 8 maggio 2018, n. 8. Norma transitoria in materia di gestione commissariale degli enti di area vasta), ha chiesto alla Corte una pronunzia di cessazione della materia del contendere, in considerazione della mancata applicazione della disposizione censurata e dell’integrale sostituzione del comma impugnato con altra disposizione, non gravata da censure dello Stato.

In riferimento all’art. 66 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, la difesa regionale ha ribadito gli argomenti già illustrati nell’atto di costituzione.

Nella memoria depositata in data 26 marzo 2019, l’Avvocatura generale, in relazione alle intervenute modifiche dell’art. 4 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, ha rilevato che esse appaiono prima facie satisfattive delle censure, riservandosi di rappresentare all’udienza pubblica l’eventuale valutazione da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri di una pronuncia della cessazione della materia del contendere.

Con riguardo all’art. 66 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, relativa alla stabilizzazione del personale addetto alla catalogazione dei beni culturali, il ricorrente ribadisce che detto personale non avrebbe potuto transitare nei ruoli dell’organizzazione dell’amministrazione regionale, in quanto l’art. 49 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2015, nel rideterminare la dotazione organica di tale amministrazione, non aveva considerato questi soggetti. Afferma, pertanto, che la disposizione censurata ha inteso superare tale limite senza tuttavia prevedere che la nuova individuazione della dotazione organica fosse preceduta da un piano di fabbisogni e pertanto fosse effettuata in base a tale piano.

4.– All’udienza del 17 aprile 2019 la trattazione, tra le altre, delle presenti questioni di legittimità costituzionale è stata rinviata, su richiesta delle parti, e, successivamente, fissata per il 14 gennaio 2020.

5.– In vista della nuova udienza, la Regione Siciliana ha fatto pervenire a mezzo posta, con plico spedito il 23 dicembre 2019 e giunto presso la Cancelleria della Corte costituzionale in data 30 dicembre 2019, una memoria illustrativa cui ha allegato la nota n. prot. 13753 del 15 marzo 2019 del Ragioniere generale della Regione Siciliana – Assessorato dell’Economia, comprovante la mancata applicazione, tra gli altri, dell’art. 4 della legge della Regione Siciliana n. 8 del 2018 nell’originaria formulazione, oggetto di impugnazione.


Considerato in diritto

1.– Con ricorso depositato il 17 luglio 2018 e iscritto al n. 44 del registro ricorsi 2018, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4 e 66 della legge della Regione Siciliana 8 maggio 2018, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale), in riferimento all’art. 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione.

Il ricorrente osserva che l’art. 4 della legge regionale censurata, rubricato «Disposizioni a tutela del personale delle società partecipate in liquidazione. Dotazione della società IRFIS Finsicilia Spa», prevede che, per i dipendenti delle società partecipate della Regione, disciplinate dall’articolo 64 della legge della Regione Siciliana 12 agosto del 2014, n. 21 (Assestamento del bilancio della Regione per l’anno finanziario 2014. Variazioni al bilancio di previsione della Regione per l’esercizio finanziario 2014 e modifiche alla legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5 “Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2014. Legge di stabilità regionale”. Disposizioni varie), non trovino applicazione le disposizioni di cui all’art. 19 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica); norma questa che stabilisce, in generale, che ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle società a controllo pubblico si applicano le disposizioni del codice civile, delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa e dei contratti collettivi.

Assume il ricorrente che il censurato art. 4 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, in ragione della descritta deroga, sia in contrasto con gli artt. 19, 20 e 25, comma 4, del citato decreto legislativo, i quali recano la disciplina in materia di gestione del personale; in particolare, la disposizione censurata, prevedendo una disciplina diversa e contrastante con le citate disposizioni statali, violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., il quale assegna alla competenza esclusiva dello Stato la materia dell’«ordinamento civile», tra cui vanno ricompresi i rapporti di diritto privato, regolati dal codice civile e dai contratti collettivi.

Il ricorrente censura, poi, l’art. 66 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, rubricato «Personale addetto alla catalogazione dei beni culturali», nella parte in cui dispone che, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge regionale medesima, «si provvede alla definizione della dotazione organica del personale dell’amministrazione regionale ricomprendente il personale dei catalogatori ed esperti catalogatori, nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 6, 6-ter e 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni ed integrazioni».

La disposizione regionale, intervenendo nella materia dell’ordinamento civile, violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto, nel ricomprendere immediatamente il suddetto personale nella dotazione organica, a prescindere dalla necessità di coprire posti vacanti, risulterebbe in contrasto con gli artt. 6, 6-ter e 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche). Afferma, infatti, il ricorrente che la dotazione organica deve essere definita in base al piano dei fabbisogni, non potendo prevedere l’assorbimento di personale aprioristicamente determinato.

L’art. 66 della legge regionale citata, inoltre, sarebbe in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., per violazione di principi fondamentali nella materia, di legislazione concorrente, del coordinamento della finanza pubblica, in quanto le previsioni di cui al d.lgs. n. 165 del 2001 costituiscono per le Regioni a statuto speciale e per le Province autonome di Trento e di Bolzano norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.

2.– In via preliminare, devono essere esaminate le eccezioni di inammissibilità formulate dalla difesa della Regione.

2.1.– In relazione alla questione sollevata nei confronti dell’art. 4 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, la resistente ha eccepito l’eccessiva sinteticità delle censure, consistite nel mero riferimento a talune norme interposte, l’assenza di una congrua indicazione delle ragioni del contrasto con i parametri evocati e la non adeguata individuazione delle disposizioni impugnate.

L’eccezione non può essere accolta.

È noto il costante orientamento di questa Corte secondo cui il ricorrente ha l’onere di individuare le disposizioni impugnate e i parametri costituzionali dei quali si lamenta la violazione e di proporre una motivazione che non sia meramente assertiva, e che contenga una specifica e congrua indicazione delle ragioni per le quali vi sarebbe il contrasto con i parametri evocati, dovendo contenere una sia pur sintetica argomentazione di merito a sostegno delle censure (ex plurimis, sentenze n. 261, n. 32 del 2017 e n. 239 del 2016).

Nella specie, va osservato che il ricorso, lamentando un’illegittima deroga alle disposizioni sulla gestione del personale delle società a partecipazione pubblica, di cui agli artt. 19 e seguenti del d.lgs. n. 175 del 2016, non solo individua, con sufficiente chiarezza, nel comma 1 dell’art. 4 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, la disposizione impugnata, ma contiene una, seppur sintetica, argomentazione di merito a sostegno dell’impugnazione, per cui può ritenersi raggiunta quella «soglia minima di chiarezza e completezza» (ex plurimis, sentenza n. 83 del 2018), che rende ammissibile l’impugnativa proposta (sentenza n. 201 del 2018).

2.2.– In riferimento a entrambe le disposizioni censurate, la resistente ha eccepito, poi, l’incompleta definizione dell’oggetto del giudizio, non essendosi il ricorrente confrontato con le competenze legislative che lo statuto speciale assegna alla Regione Siciliana e, in particolare, con la competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli uffici e degli enti regionali quale prevista dall’art. 14, lettera p), del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Statuto della Regione Siciliana), convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2.

Anche tale eccezione non può essere accolta.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) limita l’applicabilità alle Regioni a statuto speciale dell’art. 117 Cost., nel testo introdotto da quest’ultima legge, alle parti in cui esso assicura forme di autonomia più ampie rispetto alle disposizioni statutarie. Pertanto, nel caso in cui venga impugnata in via principale la legge di un soggetto ad autonomia speciale, la compiuta definizione dell’oggetto del giudizio, onere di cui è gravato il ricorrente, non può prescindere dall’indicazione delle competenze legislative assegnate dallo statuto, alle quali le disposizioni impugnate sarebbero riferibili qualora non operasse il nuovo testo dell’art. 117 Cost. (ex plurimis, sentenza n. 119 del 2019).

Deve, tuttavia, rilevarsi che, con riferimento all’impugnazione dell’art. 4 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, il Presidente del Consiglio dei ministri ha dedotto la violazione della competenza esclusiva statale nella materia «ordinamento civile», facendo espresso riferimento all’ art. 19 del d.lgs. n. 175 del 2016, il quale prevede che si applichi la disciplina del codice civile ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle società a partecipazione pubblica.

Nella fattispecie in esame, dunque, il contenuto della norma censurata, eminentemente privatistico, nonché la natura del parametro evocato «ordinamento civile» escludono, di per sé, l’utilità di uno scrutinio alla luce delle disposizioni statutarie, atteso che lo Statuto speciale per la Regione siciliana nulla dispone sulla competenza legislativa regionale nella materia «ordinamento civile» (sentenze n. 103 del 2017, n. 252 e n. 58 del 2016).

2.3.– L’eccezione di inammissibilità non è fondata anche con riferimento all’art. 66 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018.

A fondamento dell’impugnazione, il ricorrente ha richiamato norme interposte tratte dal d.lgs. n. 165 del 2001, che contiene norme fondamentali in materia di riforme economico-sociali della Repubblica, valevoli come limiti all’esercizio delle competenze statutarie (sentenza n. 172 del 2018).

Il ricorrente, proprio attraverso l’indicazione delle disposizioni del t.u. pubblico impiego, ha richiamato gli specifici limiti posti all’esercizio della potestà legislativa primaria della Regione Siciliana in materia di ordinamento degli uffici e degli enti regionali di cui all’art. 14, lettera p), dello statuto reg. Siciliana, e ha pertanto assolto lo specifico onere motivazionale.

3.– Sempre in via preliminare, occorre evidenziare che, successivamente al deposito del ricorso, due interventi normativi hanno modificato l’art. 4 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018.

Al momento della presentazione del ricorso la formulazione della disposizione censurata era la seguente: «1. Il sistema delineato dall'articolo 64 della legge regionale 12 agosto 2014, n. 21, e successive modifiche ed integrazioni, cui non trovano applicazione le disposizioni di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, deve intendersi volto a garantire, a regime, la tutela dei dipendenti delle società partecipate dalla Regione, in servizio nelle stesse, anche in forza di pronunce giudiziali passate in giudicato ovvero di atti di conciliazione regolarmente sottoscritti, al momento della relativa liquidazione, mediante la previsione dell’inserimento nell’albo di cui al comma 1 del medesimo articolo 64. 2. Le disposizioni di cui all’articolo 64 della legge regionale n. 21/2014, come delineato dal comma 1, trovano applicazione anche per il personale di cui alla lettera m) del comma 1 dell’articolo 20 della legge regionale 12 maggio 2010, n. 11 e successive modifiche ed integrazioni, assunto mediante selezione pubblica, anche con contratti atipici, indetta dalla società a maggioritaria partecipazione pubblica disciolta o posta in liquidazione, per cui non trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 18, comma 2, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 anche successivamente al termine di cui al comma 2 dell’articolo 64 della legge regionale n. 21/2014, ed il cui rapporto sia stato trasformato a tempo indeterminato entro il termine di cui al comma 3 dell’articolo 5 della legge regionale 9 maggio 2017, n. 8.3. Il personale dell’Istituto regionale per l’integrazione dei diversamente abili di Sicilia (IRIDAS) in servizio alla data del 31 dicembre 2005 è autorizzato ad essere iscritto nell’albo previsto dal comma 1 dell’articolo 64 della legge regionale n. 21/2014. 4. Le società di cui al comma 1 dell’articolo 20 della legge regionale n. 11/2010 e successive modifiche e integrazioni nonché l’IRFIS FinSicilia S.p.A. e gli organismi strumentali della Regione, per sopperire ai propri fabbisogni di personale, come scaturenti dai contratti di servizio stipulati con gli enti soci committenti, non possono procedere a nuove assunzioni in quanto devono attingere dall'albo del personale di cui al comma 1 dell’articolo 64 della legge n. 21/2014, nel rispetto dell’effettivo fabbisogno e della sostenibilità finanziaria, tenuto annualmente conto dell’anzianità di servizio maturata alla data di entrata in vigore della legge istitutiva dell’albo medesimo».

Successivamente alla proposizione del ricorso, è dapprima intervenuto l’art. 9 della legge della Regione Siciliana 10 luglio 2018, n. 10 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale. Stralcio I), il quale ha inciso sul comma 4 della disposizione regionale censurata sopprimendo le parole «come scaturenti dai contratti di servizio stipulati con gli enti soci committenti».

Si tratta di una modifica che, alla luce delle censure del ricorrente, non influisce sulla questione di legittimità costituzionale.

È, poi, intervenuto, l’art. 1, comma 3, della legge della Regione Siciliana 9 agosto 2018, n. 16 (Modifiche alla legge regionale 8 maggio 2018, n. 8. Norma transitoria in materia di gestione commissariale degli enti di area vasta), il quale ha sostituito i commi 1, 2, 3 e 4 della disposizione censurata.

Infatti, per effetto di tale sostituzione, a decorrere dal 17 agosto 2018 (ai sensi di quanto stabilito dall’art. 2, comma 1, della medesima legge) gli originari commi da 1 a 4, sono stati sostituiti dai commi 1 e 2 nel modo che segue: «1. Nell’albo dei dipendenti delle società in liquidazione di cui all’articolo 64 della legge regionale 12 agosto 2014, n. 21 e successive modifiche ed integrazioni devono essere iscritti anche i dipendenti delle società a totale o maggioritaria partecipazione regionale poste in liquidazione successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo articolo 64 della legge regionale 12 agosto 2014, n. 21. 2. Al personale iscritto all’albo di cui all’articolo 64 della legge regionale n. 21/2014 e successive modifiche ed integrazioni trova applicazione fino al 31 dicembre 2018 il principio contenuto nell'articolo 25, comma 4, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, secondo il quale le società a controllo pubblico non possono procedere a nuove assunzioni a tempo indeterminato se non attingendo dagli elenchi del personale fuoriuscito dalle altre società per la totalità delle assunzioni.»

Ciò che rileva soprattutto è che l’art. 1, comma 3, della legge reg. Siciliana n. 16 del 2018, ha eliminato nella disposizione censurata la previsione della deroga all’applicazione dell’art. 19 del d.lgs. n. 175 del 2016 per i dipendenti delle società in liquidazione di cui all’art. 64 della legge reg. Siciliana n. 21 del 2014; deroga sulla quale si appuntavano le censure espresse nel ricorso.

Le nuove disposizioni non sono state impugnate dal Presidente del Consiglio dei ministri.

4.– Occorre, dunque, verificare l’effetto dello ius superveniens nel giudizio in corso.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la modifica normativa della disposizione oggetto della questione di legittimità costituzionale promossa in via principale, e intervenuta nel corso del giudizio, determina la cessazione della materia del contendere, quando ricorrono al contempo due condizioni: la modifica o l’abrogazione deve avere carattere satisfattivo delle pretese avanzate con il ricorso e le disposizioni censurate non devono aver avuto medio tempore applicazione (ex plurimis, sentenze n. 180 del 2019, n. 185 e n. 140 del 2018).

Non vi è dubbio che la modifica introdotta dall’art. 1, comma 3, della legge reg. Siciliana n. 16 del 2018 abbia carattere satisfattivo delle censure espresse dalla difesa statale, avendo eliminato la previsione della deroga all’applicazione della disciplina di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 175 del 2016 per i dipendenti delle società a partecipazione pubblica.

Quanto alla seconda condizione, deve rilevarsi che la Regione ha fatto pervenire a mezzo posta, in prossimità dell’udienza pubblica del 14 gennaio 2020, una memoria illustrativa cui ha allegato la nota prot. n. 13753 del 15 marzo 2019 del Ragioniere generale della Regione Siciliana – Assessorato dell’Economia, comprovante la mancata applicazione, tra gli altri, dell’art. 4 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, nella formulazione oggetto di impugnazione. Benché il deposito di tale memoria sia irrituale, perché effettuato mediante trasmissione con il mezzo postale, che, come previsto dall’art. 28, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, è consentito «[s]oltanto» per il deposito dei ricorsi di cui agli artt. 19, 24 e 25 delle Norme stesse, mentre «può considerarsi rituale solo il deposito di memorie in formato cartaceo» nella cancelleria della Corte (sentenza n. 104 del 2017), deve, comunque, rilevarsi che la Regione resistente nell’udienza pubblica – a conferma di quanto attestato nella documentazione allegata alla memoria – ha ribadito che la norma impugnata non ha avuto medio tempore attuazione e l’Avvocatura generale nulla ha opposto in ordine all’eventuale pronuncia di cessazione della materia del contendere, richiesta dalla Regione.

Deve essere, pertanto, dichiarata la cessazione della materia del contendere limitatamente alla questione di legittimità costituzionale di cui all’art. 4 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018.

5.– Passando all’esame del merito della questione di legittimità costituzionale promossa nei confronti dell’art. 66 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, essa non è fondata in riferimento ad alcuno dei parametri evocati, nei termini di seguito indicati.

La disposizione censurata prevede che entro novanta giorni dalla sua entrata in vigore, in adempimento delle disposizioni di cui all’art. 1 della legge della Regione Siciliana 5 dicembre 2007, n. 24 (Stabilizzazione del personale addetto alla catalogazione dei beni culturali della Regione), si provvede alla definizione della dotazione organica del personale dell’Amministrazione regionale, ricomprendente il personale dei catalogatori ed esperti catalogatori nel rispetto delle previsioni di cui agli artt. 6, 6-ter e 35 del d.lgs. n. 165 del 2001.

Il richiamato art. 1, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 24 del 2007, aveva stabilito che «[i]n considerazione dell’interesse strategico che l’attività di catalogazione riveste per la salvaguardia e la valorizzazione dei beni culturali, per la copertura dei posti vacanti a seguito della definizione della dotazione organica del personale dell’Amministrazione regionale ai sensi dell’articolo 5, comma 2, della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10, il personale che presta servizio con contratto di diritto privato a tempo determinato per la “Realizzazione del catalogo unico informatizzato regionale dei beni culturali ed ambientali intersettoriale e interdisciplinare” Misura 2.02 – Azione A del Programma operativo regionale 2000-2006, è stabilizzato a domanda con le procedure di cui all’articolo 1, comma 519, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, previa verifica del possesso dei requisiti richiesti dalla norma anzidetta».

La previsione della stabilizzazione del personale dei catalogatori ed esperti catalogatori è, dunque, contenuta nella legge regionale del 2007 che, a tal fine, reca la disciplina della relativa procedura. Tale disposizione non è stata oggetto di impugnazione ed è tuttora vigente.

Questa Corte, nel delineare i confini tra ciò che è ascrivibile alla materia «ordinamento civile» e ciò che invece è riconducibile alla competenza regionale, ha stabilito che sono da ricondurre alla prima «gli interventi legislativi che […] dettano misure relative a rapporti lavorativi già in essere (ex multis, sentenze n. 251 e 186 del 2016 e n. 180 del 2015)» (sentenza n. 32 del 2017) e rientrano, invece nella seconda, «i profili pubblicistico-organizzativi dell’impiego pubblico regionale» (sentenze n. 241 del 2018 e n. 149 del 2012; nello stesso senso, sentenze n. 191 del 2017 e n. 63 del 2012).

La disposizione censurata nel prevedere, in attuazione di quanto stabilito dalla precedente legge regionale, che il personale dei catalogatori ed esperti catalogatori sia ricompreso nella definizione della dotazione organica dell’amministrazione regionale, non interviene sulla regolamentazione del rapporto di lavoro e pertanto non disciplina aspetti riferibili alla materia «ordinamento civile». Essa, invece, è funzionale alla realizzazione di esigenze organizzative dell’amministrazione pubblica siciliana, secondo criteri di efficienza, economicità e qualità dei servizi, cui la definizione della dotazione organica, attraverso la modulazione del piano dei fabbisogni di personale, è preordinata.

In tale senso, la disposizione regionale costituisce espressione della competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli uffici e degli enti regionali, di cui all’art. 14 lettera p), dello statuto della Regione Siciliana.

Tale potestà di regolazione incontra, però, ai sensi di quanto previsto dallo stesso statuto regionale siciliano, i limiti derivanti dalle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica.

In proposito, questa Corte ha già affermato che la disciplina del d.lgs. n. 165 del 2001, contiene norme fondamentali in materia di riforme economico-sociali della Repubblica, che vincolano anche le Regioni a statuto speciale e segnatamente la Regione Siciliana (sentenza n. 172 del 2018).

Tali sono, dunque, anche le disposizioni di cui agli artt. 6, 6-ter e 35 del d.lgs. n. 165 del 2001 le quali, nel disciplinare il lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, dettano specifiche norme sull’organizzazione degli uffici e dei fabbisogni di personale, prevedono le linee di indirizzo per la pianificazione di detti fabbisogni e regolano le procedure per il reclutamento del personale.

Ma proprio l’espresso richiamo delle citate disposizioni statali del d.lgs. n. 165 del 2001, di cui la norma regionale censurata prescrive il «rispetto», consente di interpretare quest’ultima nel senso che il transito nei ruoli dell’amministrazione regionale siciliana del personale dei catalogatori ed esperti catalogatori deve essere preceduto dal piano di fabbisogno di personale, così come prescritto dalle richiamate norme sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, e non si determina affatto l’automatico inserimento del personale suddetto nella dotazione organica dell’amministrazione regionale, come paventato dalla difesa erariale.

6.– Così interpretata la norma censurata, deve essere dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 66 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, promossa in riferimento all’art. 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost.


Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separata pronuncia la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso indicato in epigrafe;

1) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Siciliana 8 maggio 2018, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale), promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione;

2) dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 66 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all’art. 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost., con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 gennaio 2020.

F.to:

Marta CARTABIA, Presidente

Giovanni AMOROSO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 20 febbraio 2020.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA