Ordinanza 53/2010

ORDINANZA N. 53 ANNO 2010
Caccia - Regioni Lombardia e Veneto- Prelievi venatori in deroga al divieto di caccia per alcune specie di uccelli: storni, fringuelli, pispole e peppole.

Presidente AMIRANTE - Redattore NAPOLITANO

Udienza Pubblica del 12/01/2010 Decisione del 10/02/2010
Deposito del 18/02/2010 Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate: Art. 4, c. 1° e 2°, della legge della Regione Lombardia 30/07/2008, n. 24; artt. 1, c. 1°, e allegato A della legge della Regione Veneto 14/08/2008, n. 13.
Massime:

Titoli:
Atti decisi: ord. 40/2009


ORDINANZA N. 53

ANNO 2010




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici : Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1 e 2, della legge della Regione Lombardia 30 luglio 2008, n. 24 recante «Disciplina del regime di deroga previsto dall’art. 9 della direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, in attuazione della legge 3 ottobre 2002, n. 221 (Integrazioni alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio, in attuazione dell’art. 9 della direttiva 79/409/CEE)», dell’art. 1, comma 1, e dell’Allegato A della legge della Regione Veneto 14 agosto 2008, n. 13 (Stagione venatoria 2008-2009: applicazione del regime di deroga previsto dall’articolo 9, comma 1, lettera c, della direttiva 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici), promosso dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione I, nel procedimento vertente tra l’Associazione Lega per l’Abolizione della Caccia Onlus (LAC) e l’Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature Ong Onlus (WWF Italia) e la Presidenza del Consiglio dei ministri - Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano ed altri, con ordinanza del 16 ottobre 2008, iscritta al n. 40 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell’anno 2009.

Visti gli atti di costituzione dell’Associazione Lega per l’Abolizione della Caccia Onlus ed altra nonchè gli atti di intervento delle Regioni Lombardia e Veneto;

udito nell’udienza pubblica del 12 gennaio 2010 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;

uditi gli avvocati Marco Ramadori per l’Associazione Lega per l’Abolizione della Caccia Onlus ed altra, Enrico La Loggia per la Regione Lombardia, Andrea Manzi e Mario Bertolissi per la Regione Veneto.




Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione I, con ordinanza del 16 ottobre 2008, ha sollevato – in riferimento agli artt. 3, 117, primo e secondo comma, lettera s), e 137, terzo comma, della Costituzione – questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1 e 2, della legge della Regione Lombardia 30 luglio 2008, n. 24 recante «Disciplina del regime di deroga previsto dall’art. 9 della direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, in attuazione della legge 3 ottobre 2002, n. 221 (Integrazioni alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio, in attuazione dell’art. 9 della direttiva 79/409/CEE)», e – in riferimento ai soli artt. 3 e 117, primo e secondo comma, lettera s), della Costituzione – dell’art. 1, comma 1, e dell’Allegato A della legge della Regione Veneto 14 agosto 2008, n. 13 (Stagione venatoria 2008-2009: applicazione del regime di deroga previsto dall’articolo 9, comma 1, lettera c, della direttiva 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici);

che l’art. 4, commi 1 e 2, della legge regionale lombarda n. 24 del 2008 autorizza il prelievo in deroga per la stagione venatoria 2008-2009, stabilendo, al comma 1, che «ricorrendone le condizioni e in assenza di altre soluzioni soddisfacenti», il regime di deroga si applica secondo quanto previsto in una tabella, riportata nel corpus dell’articolo, riguardante i «carnieri massimi» (giornaliero e stagionale), nonchè l’arco temporale della stagione venatoria per le tre specie ammesse al prelievo; e, al successivo comma 2, quale debba essere «il prelievo annuale complessivo consentito nella regione Lombardia»;

che l’art. 1, comma 1, della legge regionale veneta n. 13 del 2008 prevede, per la stagione 2008-2009, che i prelievi in deroga si attuino rispettando i limiti e le motivazioni di cui all’allegato A, il quale comprende una tabella, ove è previsto, analogamente all’art. 4 della legge regionale della Lombardia, il limite massimo di prelievo (giornaliero e stagionale) a livello regionale;

che il rimettente premette di essere investito del ricorso proposto dall’Associazione Lega per l’Abolizione della Caccia Onlus (LAC) e dall’Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature Ong Onlus (WWF Italia) volto all’annullamento della nota, del 4 aprile 2008, con cui la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano avrebbe preso atto e fatta propria la ripartizione tra le Regioni interessate (effettuata in sede di Conferenza delle Regioni e delle Province autonome) della «piccola quantità» ex art. 9, par. 1, lettera c), della direttiva 79/409/CEE, ai fini del prelievo in deroga per la stagione venatoria 2008-2009;

che, secondo il TAR, le norme regionali censurate avrebbero chiara natura «provvedimentale», anche in considerazione del fatto che trovano fondamento nell’intesa del 26 marzo 2008 della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, basata sugli esiti di un «incontro tecnico» tenutosi il 21 marzo 2008 tra le Regioni Lombardia, Veneto, Liguria, Marche e Friuli Venezia-Giulia (Regioni che avevano condiviso «all’unanimità la proposta di ripartizione dei quantitativi prelevabili»), e, in quanto tali, soggette ad uno «scrutinio stretto di costituzionalità», essenzialmente sotto i profili della non arbitrarietà e della non irragionevolezza della scelta del legislatore (sentenza n. 267 del 2007);

che, ciò premesso, il giudice a quo – ricordando la sentenza n. 241 del 2008 della Corte costituzionale – sottolinea, anzitutto, come debba essere disattesa un’eventuale «eccezione di difetto di incidentalità», in quanto – sempre secondo lo stesso rimettente – questa Corte avrebbe riconosciuto la possibilità di accedere al sindacato incidentale di costituzionalità anche «attraverso l’instaurazione di una lis ficta»;

che, sempre secondo il rimettente, l’emanazione delle norme regionali sospettate di incostituzionalità renderebbe, allo stato, «parzialmente improcedibile il ricorso, quantomeno in relazione alla frazione di “piccola quantità” da prelevarsi in Veneto e in Lombardia», così che solo la rimozione di tale elemento sopravvenuto consentirebbe la riespansione del sindacato del giudice amministrativo sugli atti impugnati;

che, infine, il giudice a quo ricorda come egli stesso si sia già espresso relativamente al requisito della rilevanza nelle ipotesi di leggi-provvedimento (sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione I, 21 aprile 2008, n. 3356), ritenendo che la tutela dei diritti del cittadino, nell’ipotesi di leggi-provvedimento, segue la natura giuridica dell’atto contestato, così da poter essere sindacato dal suo giudice naturale (la Corte costituzionale), rendendo peraltro necessaria l’intermediazione del giudice amministrativo;

che, relativamente, quindi, alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo ritiene che le norme regionali denunciate violerebbero l’art. 117, commi primo e secondo, lettera s), Cost., ovvero, rispettivamente, il principio che la potestà legislativa è esercitata dalle Regioni nel rispetto «dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario» e la competenza esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema;

che, ricorda al proposito il giudice rimettente, con la sentenza n. 150 (recte: 250) del 2008 questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 2 e 3 della legge della Regione Lombardia 5 febbraio 2007, n. 2 (Legge quadro sul prelievo in deroga), ritenendo tali norme in contrasto sia con l’art. 9 della direttiva 74/409/CEE, sia con l’art. 19-bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), poichè «l’autorizzazione del prelievo in deroga con legge preclude l’esercizio del potere di annullamento da parte del Presidente del Consiglio dei ministri dei provvedimenti derogatori adottati dalle Regioni che risultino in contrasto con la direttiva comunitaria 79/409/CEE e con la legge n. 157 del 1992; potere di annullamento finalizzato a garantire una uniforme ed adeguata protezione della fauna selvatica su tutto il territorio nazionale»;

che tale conclusione, secondo il rimettente, dovrebbe essere estesa anche al caso di specie, nel quale l’attivazione del regime derogatorio con norme-provvedimento non consentirebbe al Presidente del Consiglio dei ministri di esercitare il potere di annullamento introdotto per garantire il rispetto della normativa di riferimento;

che, ad ulteriore sostegno di quanto affermato, il TAR rimettente ricorda anche la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenza 8 giugno 2006, causa C-60/05), con la quale tale Corte – nell’ambito di una controversia, pendente innanzi al TAR della Lombardia ed avente ad oggetto il prelievo venatorio per la stagione 2003-2004 – in merito alla conformità del meccanismo introdotto dall’art. 19-bis della normativa in questione con l’art. 9 della direttiva 74/409/CEE, ha affermato: a) «che “gli Stati membri sono tenuti a garantire che, indipendentemente dal numero e dall’identità delle autorità incaricate, nel loro ambito, di dare attuazione” all’art. 9 cit., “il totale dei prelievi venatori autorizzati [...] non superi il tetto, conforme alla limitazione di tali prelievi a `piccole quantità’, fissato [...] per tutto il territorio nazionale” (punto 41); b) che tale obbligo “esige che i procedimenti amministrativi previsti siano organizzati in modo tale che tanto le decisioni delle autorità competenti di autorizzazione dei prelievi in deroga, quanto le modalità di applicazione di tali decisioni siano assoggettate ad un controllo efficace effettuato tempestivamente” (punto 47)»;

che, inoltre, per il rimettente, le norme regionali censurate violerebbero anche gli artt. 3 e 117, primo comma, Cost., sotto il profilo della mancata osservanza dell’obbligo di motivare in modo congruo la scelta di attivare le deroghe (ex art. 9, comma 1, lettera c, della direttiva 79/1409/CEE e art.19-bis, della 1egge n. 157 del 1992);

che, poi, per il TAR Lazio, la legge regionale della Lombardia sarebbe del tutto priva di motivazione, mentre la legge regionale del Veneto addurrebbe una motivazione di mero stile e risulterebbe, peraltro, illogica nella parte in cui afferma che l’attivazione del regime derogatorio consentirebbe «una tendenziale diminuzione della pressione venatoria sulle specie “ordinariamente cacciabili”», dal momento che la caccia in deroga (come, del resto, rilevato anche dalle Regioni), viene eccezionalmente ad aggiungersi e non a sostituirsi al regime ordinario di cacciabilità;

che, altresì, al TAR Lazio non appare chiaro se sia stato effettuato un accertamento in ordine ai requisiti sostanziali per consentire l’attivazione del regime derogatorio, e, in particolare, se si siano operate valutazioni sull’«assenza di altre soluzioni soddisfacenti» o sul trend demografico delle specie interessate, né detto giudice percepisce le ragioni per le quali i pareri tecnici resi dall’Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS) alle Regioni Veneto e Lombardia il 25 marzo 2008 siano stati disattesi;

che, infine, il solo art. 4 della legge regionale lombarda n. 24 del 2008 violerebbe l’art.137, terzo comma, Cost., in quanto tale norma sarebbe in contrasto con il giudicato formatosi a seguito della sentenza n. 250 del 2008, resa, a detta del TAR del Lazio, tra le stesse parti (Regione Lombardia e Stato), su un thema decidendum analogo a quello oggetto dell’attuale giudizio a quo;

che, nel giudizio davanti alla Corte, si sono costituite l’Associazione Lega per l’Abolizione della Caccia Onlus e l’Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature Ong Onlus, già ricorrenti nel giudizio a quo, le quali hanno svolto difese uniformi, che possono essere unitariamente trattate;

che, ricostruito il quadro normativo di riferimento, la difesa delle associazioni ricorrenti ha, preliminarmente, negato l’inammissibilità della questione sotto il profilo della carenza di rilevanza, sostenuta dalla difesa della Regione Lombardia, avendo il rimettente ampiamente argomentato al riguardo;

che ugualmente da disattendere sarebbe l’eccezione di carenza di incidentalità della questione per inammissibilità del ricorso avanti al TAR del Lazio, in quanto – secondo la costante giurisprudenza costituzionale – tale questione è «devoluta alla cognizione piena del giudice a quo, che peraltro ha già ritenuto ammissibile l’impugnativa, con ampia e perspicua motivazione»;

che, quanto al merito, la difesa delle associazioni ha concluso per la fondatezza delle questioni, sostanzialmente associandosi ai rilievi del rimettente;

che si è costituita in giudizio la Regione Lombardia eccependo l’inammisibilità e, comunque, l’infondatezza della questione;

che la difesa regionale ritiene la questione inammissibile sotto diversi profili: innanzitutto, per difetto di rilevanza, in quanto il TAR non deve fare applicazione della normativa regionale censurata per decidere l’annullamento o meno della nota della Conferenza Stato- Regioni, essendo tale nota un atto a valenza generale, non vincolante per le Regioni, sul quale, pertanto, non possono interferire le leggi regionali successive;

che, di conseguenza, l’annullamento di tale delibera non inciderebbe su di essa;

che ugualmente insussistente sarebbe, poi, la parziale improcedibilità del ricorso paventata dal giudice rimettente, in quanto la citata legge regionale non è una legge-provvedimento, che viene a sostituirsi agli atti precedentemente emanati sottraendo gli stessi alla sindacabilità del giudice amministrativo, ma una legge-quadro che disciplina l’applicazione del criterio del prelievo in deroga ex art. 9 della direttiva 79/409/CEE, come desumibile, oltre che dal contenuto dei censurati commi dell’art. 4, anche da quello dei restanti articoli della legge n. 24 del 2008, tutti a carattere generale ed astratto;

che la questione sarebbe ulteriormente inammissibile per difetto d’incidentalità, in quanto, affermatasi l’illegittimità della legge regionale, verrebbe meno l’interesse ad una pronuncia relativamente all’originaria impugnazione;

che, infine, passando all’esame delle singole censure, primariamente inammissibile risulta la censura relativa all’art. 3 Cost., perché totalmente priva di motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza;

che, nel merito, infondate sarebbero tutte le censure proposte in riferimento agli altri parametri invocati;

che non vi sarebbe violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in quanto non è ipotizzabile alcuna lesione della riserva statale in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, stante la considerazione che il prelievo in deroga attiene alla tutela della fauna selvatica e quindi dell’ambiente, ma viene, altresì, ad incidere sull’agricoltura e sull’esercizio alla caccia, materie ambedue rientranti nella competenza legislativa delle Regioni;

che neppure, per la Regione Lombardia, vi sarebbe violazione della indicata direttiva comunitaria, in quanto la stessa non prevede che il prelievo in deroga debba essere stabilito con provvedimento amministrativo, essendo, conseguentemente, possibile anche la sua determinazione con atto legislativo;

che, ancora, riguardo alla censura relativa all’art. 137, terzo comma, Cost., la Regione ritiene la stessa ugualmente inammissibile e, comunque, infondata dato che il dictum della sentenza n. 250 del 2008 (come, del resto, evidenziato nella stessa ordinanza di rimessione), rispetto alla quale viene lamentata la violazione del giudicato costituzionale, è stata pronunciato «nella diversità degli atti in esame»;

che, infine, ugualmente infondate sarebbero le eccezioni di merito relative all’obbligo di sentire l’INFS, avendo la Regione ottemperato a tale onere;

che, in prossimità dell’udienza, la Regione Lombardia ha depositato una memoria nella quale chiede, in via preliminare – alla luce della intervenuta modifica legislativa dell’art. 4, commi 1 e 2, della legge regionale della Lombardia n. 24 del 2008, che ha ridotto l’entità del prelievo in deroga – di rimettere gli atti di causa al giudice a quo per una nuova valutazione della rilevanza e non manifesta infondatezza della questione sollevata;

che, nella memoria, la difesa regionale ribadisce, in ogni caso, la richiesta di inammissibilità e, comunque, di infondatezza della questione di legittimità costituzionale delle disposizioni censurate, riportandosi a quanto dedotto ed eccepito nell’atto di costituzione;

che si è, altresì, costituita in giudizio la Regione Veneto, deducendo l’infondatezza della questione;

che la Regione, nel suo atto di costituzione, premette che le censure mosse dal rimettente alla legge reg. Veneto n. 13 del 2008 sarebbero sostanzialmente due: la prima, relativa al contrasto, in sé e per sé considerato, della legge-provvedimento con la Costituzione (in relazione alle sentenze n. 405 e n. 250 del 2008 della Corte costituzionale), la seconda, relativa all’illegittimità costituzionale della disciplina contenuta in tale legge-provvedimento (determinazione della misura delle «piccole quantità» cacciabili);

che, con riguardo alla prima, l’attivazione della caccia in deroga con legge-provvedimento, e non con atto amministrativo, non impedirebbe, secondo la difesa regionale, il controllo sulla sua legittimità, ma lo sposterebbe semplicemente su di un piano diverso, e, precisamente, lo affiderebbe ad un ricorso promosso dallo Stato ex art. 127 Cost.;

che, quanto alla seconda censura, la Regione, richiamando la giurisprudenza costituzionale che attribuisce alla potestà legislativa residuale delle Regioni la materia della caccia (sentenze n. 332 del 2006, n. 226 del 2003, n. 536 del 2002), osserva come non sia ragionevole concludere che, nell’ambito di tale potestà, rientri il potere di disciplinare tutti gli aspetti della caccia in deroga, eccetto la sua attivazione in un determinato arco temporale;

che da tale premessa discenderebbe, per la Regione Veneto, l’infondatezza dell’asserita violazione dell’art. 9 della direttiva 9/409/CEE, in quanto detta disposizione non precisa in alcun modo le modalità del controllo;

che la stessa giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 8 giugno 2006, causa C-60/05, punto 41 del considerato in diritto; ed anche, sentenze 9 dicembre 2004, causa C-79/03, e 15 dicembre 2005, causa C-344/05) ha chiarito che gli Stati membri – per rispettare il diritto comunitario – devono garantire che non venga superato il limite delle «piccole quantità», «indipendentemente dal numero e dall’identità delle autorità incaricate di dare attuazione alla direttiva 79/409/CEE»;

che ugualmente infondate, per il Veneto, sarebbero le censure mosse dal TAR in riferimento agli artt. 117, primo comma, e 3 Cost., relative al superamento del limite comunitario della «piccola quantità» cacciabile, individuato nella misura dell’1%, in quanto né la direttiva 79/409/CEE, né la giurisprudenza della Corte di giustizia UE, ivi compresa la sentenza 8 giugno 2006, causa C-60/05, prevederebbero espressamente tale limite;

che, in via pregiudiziale, la resistente chiede il rinvio da parte della Corte costituzionale alla Corte di giustizia UE, ai sensi dell’art. 234 del trattato UE, della questione relativa all’interpretazione dell’art. 9, numero 1, lettera c), della direttiva 79/409/CEE, al fine di chiarire «qual è la portata vincolante delle percentuali (pari all’1%) individuate dal comitato ORNIS come espressive della “piccola quantità”, e al fine di precisare come questi limiti devono concretamente essere applicati all’interno degli Stati membri»;

che, in prossimità dell’udienza, la Regione Veneto ha presentato una memoria in cui ribadisce le argomentazioni che dovrebbero indurre a non accogliere le questioni sollevate e reitera la richiesta di un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia CE per chiarire la portata dell’art. 9 della più volte citata direttiva 79/409/CEE.

Considerato che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione I, dubita, in riferimento agli artt. 3, 117, commi primo e secondo, lettera s), e 137, terzo comma, della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1 e 2, della legge della Regione Lombardia 30 luglio 2008, n. 24, recante «Disciplina del regime di deroga previsto dall’art. 9 della direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, in attuazione della legge 3 ottobre 2002, n. 221 (Integrazioni alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio, in attuazione dell’art. 9 della direttiva 79/409/CEE)», e, in riferimento ai soli artt. 3 e 117, commi primo e secondo, lettera s), della Costituzione, dell’art. 1, comma 1, e dell’Allegato A della legge della Regione Veneto 14 agosto 2008, n. 13 (Stagione venatoria 2008-2009: applicazione del regime di deroga previsto dall’articolo 9, comma 1, lettera c, della direttiva 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici);

che, ad avviso del rimettente, le disposizioni regionali attuative della caccia in deroga in oggetto, sarebbero in contrasto con gli artt. 3, 117, commi primo e secondo, lettera s), della Costituzione, in quanto le Regioni avrebbero esercitato la loro potestà legislativa non rispettando «i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario» e «la riserva alla legislazione statale della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema», ed altresì avrebbero violato l’art. 9, comma 1, lettera c), della direttiva comunitaria 79/409/CEE e l’art. 19-bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), non motivando «in modo congruo la scelta di attivare le deroghe»;

che, inoltre, l’art. 4, commi 1 e 2, della citata legge della Regione Lombardia avrebbe violato anche l’art. 137, terzo comma, della Costituzione, poichè il legislatore regionale avrebbe approvato «una norma in contrasto con il giudicato sostanziale formatosi a seguito della […] sentenza n. 150 (recte: 250) del 2008 [della Corte costituzionale], il cui dictum consiste nella preclusione alla potestà legislativa regionale di azionare il regime derogatorio attraverso leggi-provvedimento»;

che, successivamente all’ordinanza di rimessione, la Regione Lombardia – con l’art. 1 della legge regionale 16 settembre 2009, n. 21, recante «Stagione venatoria 2009-2010: disciplina del regime di deroga previsto dall’articolo 9 della Direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, in attuazione dell’articolo 19-bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio). Modifica di leggi regionali» – ha apportato modifiche al testo del comma 1 ed ha abrogato il comma 2 dell’art. 4 della legge regionale n. 24 del 2008;

che, in seguito, anche il comma 1 del citato art. 4 è stato abrogato dall’art. 1 della legge regionale della Lombardia 22 dicembre 2009, n. 29, recante «Modifica della legge regionale 30 luglio 2008, n. 24. Disciplina del regime di deroga previsto dall’art. 9 della direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, in attuazione della legge 3 ottobre 2002, n. 221, (Integrazioni alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio, in attuazione dell’art. 9 della direttiva 79/409/CEE)»;

che, tuttavia, preliminare ad ogni pronuncia sull’insieme delle questioni, procedurali e di merito, sollevate nel presente giudizio è la decisione in ordine all’ammissibilità delle questioni prospettate dal giudice rimettente;

che, come dedotto dalla Regione Lombardia, tali questioni sono manifestamente inammissibili, risultando prive del necessario requisito della rilevanza, poiché nel giudizio a quo il TAR rimettente non deve fare applicazione della normativa sospettata di incostituzionalità;

che, infatti, oggetto del giudizio principale è, secondo quanto riferisce lo stesso rimettente, «l’annullamento della nota in data 4 aprile 2008, con cui la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano […] avrebbe fatto propria la ripartizione tra le regioni interessate, effettuata in sede di Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, della “piccola quantità” ex art. 9, par. 1, lettera c), dir. 79/409/CEE, ai fini del prelievo in deroga per la stagione venatoria 2008/2009»;

che su tale questione non vengono quindi ad incidere le disposizioni, contenute nelle leggi regionali successive, posto che queste ultime né hanno conferito valore legislativo alla suddetta nota né hanno avuto l’effetto di sanare eventuali illegittimità da cui fosse affetta;

che, conseguentemente, il rimettente non deve fare applicazione delle disposizioni legislative che sottopone al vaglio di questa Corte;

che, del resto, lo stesso rimettente, nella sua ordinanza, non chiarisce in che modo il giudizio principale sia inciso dall’esito di quello incidentale di costituzionalità, dato che non può condividersi l’affermazione che «in presenza di leggi-provvedimento» «assume, invece, connotazione decisamente depotenziata la (preliminare) valutazione in ordine alla rilevanza della questione», in quanto essa sarebbe «affatto intrinseca nell’esclusiva attribuzione alla Corte costituzionale dello scrutinio di legittimità della disposizione (formalmente) legislativa ma avente sostanza di atto amministrativo», né trova fondamento il convincimento che sussista «la possibilità di accedere al sindacato incidentale della Corte attraverso l’instaurazione di una lis ficta», dato che in questo modo si consentirebbe un sindacato di costituzionalità in via principale;

che, invece, anche recentemente (sentenza n. 241 del 2008), questa Corte ha affermato che il requisito necessario per l’ammissibilità dello scrutinio di costituzionalità di una legge è da ravvisarsi (oltre, ovviamente, alla non manifesta infondatezza della questione sollevata) nella circostanza «che la norma di cui si dubita si ponga come necessaria ai fini della definizione del giudizio, essendo, poi, irrilevante questione di fatto se le parti del giudizio a quo si possano o meno giovare degli effetti della decisione con la quale si è chiuso il giudizio medesimo»;

che, pertanto, non ricorrendo tale circostanza nel caso di specie, le questioni sollevate devono essere dichiarate manifestamente inammissibili per difetto di rilevanza.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1 e 2, della legge della Regione Lombardia 30 luglio 2008, n. 24, recante «Disciplina del regime di deroga previsto dall’art. 9 della direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, in attuazione della legge 3 ottobre 2002, n. 221 (Integrazioni alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio, in attuazione dell’art. 9 della direttiva 79/409/CEE», sollevata – in riferimento agli artt. 3, 117, commi primo e secondo, lettera s), e 137 della Costituzione – dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione I, con l’ordinanza di cui in epigrafe;

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, e dell’Allegato A della legge della Regione Veneto 14 agosto 2008, n. 13 (Stagione venatoria 2008-2009: applicazione del regime di deroga previsto dall’articolo 9, comma 1, lettera c, della direttiva 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici), sollevata – in riferimento agli artt. 3 e 117, commi primo e secondo, lettera s), della Costituzione – dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione I, con l’ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 febbraio 2010.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 18 febbraio 2010.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: DI PAOLA