Ordinanza 56/2014

Ordinanza  56/2014
Giudizio
Presidente SILVESTRI - Redattore CASSESE
Camera di Consiglio del 26/02/2014    Decisione  del 24/03/2014
Deposito del 27/03/2014   Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate: Art. 1, c. 2°, del decreto legislativo 15/12/1997, n. 446, come modificato dall'art. 6 del decreto legge 29/11/2008, n. 185, convertito con modificazioni in legge 28/01/2009, n. 2.
Massime:
Atti decisi:ord. 105/2012

ORDINANZA N. 56
ANNO 2014

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Gaetano SILVESTRI; Giudici : Luigi MAZZELLA, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma. 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), come modificato dall’art. 6 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, promosso dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia nel procedimento vertente tra la Meliorfactor s.p.a. e l’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale 1 di Milano, con ordinanza del 21 dicembre 2011, iscritta al n. 105 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell’anno 2012.
Visti l’atto di costituzione della Emilia Romagna Factor s.p.a., quale incorporante della Meliorfactor s.p.a., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 26 febbraio 2014 il Giudice relatore Sabino Cassese.

Ritenuto che, con ordinanza del 7 ottobre 2011, depositata in cancelleria il 21 dicembre 2011 e iscritta al n. 105 del registro ordinanze dell’anno 2012, la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 6 del decreto-legge 28 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, in relazione agli artt. 3, 35 e 53 della Costituzione;
che l’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997 stabilisce che l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) «ha carattere reale e non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi», mentre l’ art. 6 del decreto-legge n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009, ha dettato norme sulla deduzione dall’IRES e dall’IRPEF della quota di IRAP relativa al costo del lavoro e degli interessi, prevedendo che «1. A decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2008, è ammesso in deduzione ai sensi dell’articolo 99, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni, un importo pari al 10 per cento dell’imposta regionale sulle attività produttive determinata ai sensi degli articoli 5, 5-bis, 6, 7 e 8 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, forfetariamente riferita all’imposta dovuta sulla quota imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati al netto degli interessi attivi e proventi assimilati. 2. In relazione ai periodi d’imposta anteriori a quello in corso al 31 dicembre 2008, per i quali è stata comunque presentata, entro il termine di cui all’articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, istanza per il rimborso della quota delle imposte sui redditi corrispondente alla quota dell’IRAP riferita agli interessi passivi ed oneri assimilati ovvero alle spese per il personale dipendente e assimilato, i contribuenti hanno diritto, con le modalità e nei limiti stabiliti al comma 4, al rimborso per una somma fino ad un massimo del 10 per cento dell’IRAP dell’anno di competenza, riferita forfetariamente ai suddetti interessi e spese per il personale, come determinata ai sensi del comma 1»;
che il giudizio principale, secondo quanto riferisce il giudice rimettente, trae origine dal silenzio-rifiuto opposto dall’Agenzia delle entrate di Milano alla domanda di rimborso dell’IRES, pagata negli anni di imposta 2004, 2005 e 2006, presentata dalla Meliorfactor s.p.a., in quanto essa, prima, aveva dedotto interamente il costo del lavoro dal reddito d’impresa costo che l’Agenzia ha poi dovuto riprendere a tassazione nella misura del 5,25 per cento a causa dell’indeducibilità dell’IRAP, disposta dall’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997;
che il giudice rimettente fa propri i dubbi di costituzionalità sollevati dalla Meliorfactor s.p.a., la quale nel giudizio principale ha proposto sia in primo grado, sia in appello questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997 perché in contrasto con i principi di uguaglianza, di capacità contributiva e di tutela del lavoro e, quindi, con gli artt. 3, 53 e 35 Cost.;
che, quanto alla non manifesta infondatezza, la Commissione tributaria regionale della Lombardia, in primo luogo, osserva che il presupposto dell’IRES, ossia il possesso di un reddito netto (art. 75, comma 1, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante «Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi»), verrebbe meno a causa dell’indeducibilità dell’IRAP, in quanto il reddito è aumentato del 5,25 per cento (4,9 per cento dal 2008), calcolato sulle spese per prestazioni di lavoro, talché l’aumento della base imponibile del reddito d’impresa, in misura pari all’IRAP non deducibile sulle spese per prestazione di lavoro, determinerebbe «l’imposizione di una novella ricchezza parzialmente inesistente per l’aggiunta dell’imposta calcolata sul suddetto componente negativo di reddito», con violazione dell’art. 53 Cost. con riguardo al principio di capacità contributiva;
che, in secondo luogo, con riferimento al principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), il giudice rimettente rileva che, in conseguenza dell’indeducibilità dell’IRAP, un’impresa, a parità di reddito imponibile con altre imprese, se, nella composizione del suo reddito, le spese per prestazioni di lavoro (oltre ai capitali presi a mutuo) concorrono in misura maggiore che in altre, sarebbe più colpita dall’IRES;
che, in terzo luogo, con riguardo al principio di tutela del lavoro, la Commissione tributaria regionale della Lombardia osserva che l’indeducibilità dell’IRAP si traduce nella deducibilità del costo del lavoro limitata al 95,75 per cento (successivamente al 96,1 per cento) e, quindi, in una penalizzazione nel ricorso al «lavoro» quale fattore di produzione;
che, in ordine alla rilevanza, il giudice rimettente osserva che lo scioglimento dei dubbi di costituzionalità sarebbe pregiudiziale per l’accoglimento del ricorso perché, secondo quanto indicato dalla Meliorfactor s.p.a., e non contestato dall’Agenzia resistente nel giudizio principale, «in caso di rimborso analitico del 33 per cento del 5,25 per cento delle spese per prestazioni di lavoro, pagato negli anni 2004-2006, l’importo da rimborsare ascende a 51.544 euro, mentre in caso di rimborso forfettario ai sensi del menzionato art. 6 del d.l. n. 185 del 2008 a 23.504 euro»;
che, con atto depositato in cancelleria il 26 giugno 2012, si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, sostenendo l’inammissibilità e, comunque, la non fondatezza della questione;
che, quanto all’ammissibilità, la difesa dello Stato osserva che l’art. 2, comma 1, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, avrebbe introdotto una fondamentale deroga al principio generale d’indeducibilità dell’IRAP dalle imposte statali, sicché la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Commissione tributaria regionale sarebbe inammissibile, e comunque meriterebbe «eventuali ulteriori approfondimenti da parte del giudice a quo alla luce del mutato quadro normativo di riferimento»;
che, nel merito, la difesa dello Stato rileva l’infondatezza della questione perché, in primo luogo, l’IRAP ha carattere reale e «riguarda non il soggetto d’imposta, bensì le tipologie di attività esercitate dal medesimo, mentre la capacità contributiva è data dal valore del bene tassato (l’esercizio dell’attività organizzata) e non dal patrimonio del soggetto al quale appartiene il bene»; in secondo luogo, rientrerebbe nella discrezionalità del legislatore individuare i singoli fatti espressivi della capacità contributiva, che può desumersi da qualsiasi indice rivelatore di ricchezza (dal reddito, dal patrimonio, dal consumo, dalle altre manifestazioni di potenzialità economica già assunte a fondamento dei tributi vigenti nell’attuale sistema); in terzo luogo, sarebbe legittimo tassare l’attività in sé e non la produzione di reddito effettivo, quale risultato finale dell’attività stessa; infine, la disposizione censurata, conclude la difesa dello Stato, sarebbe «frutto di una legittima scelta discrezionale del legislatore caratterizzata da ragionevolezza e non arbitrarietà perché tramite di essa si intende raggiungere capacità contributive che, altrimenti, sfuggirebbero alle imposizioni “personali”»;
che, con atto depositato in cancelleria in data 26 giugno 2012, si è costituita in giudizio la Emilia Romagna Factor s.p.a., quale incorporante la Meliorfactor s.p.a., ricorrente nel giudizio principale, sottolineando l’illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 35 e 53 Cost., dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997 e dell’art. 6 del decreto-legge n. 185 del 2008;
che la ricorrente ritiene, innanzitutto, che la disposizione censurata violerebbe il principio di eguaglianza, perché l’indeducibilità dall’IRES della quota di IRAP che colpisce il costo del lavoro e gli interessi passivi si risolverebbe in un aggravio dell’imposta diretta per coloro che ricorrono all’impiego, come fattori di produzione, del lavoro dipendente e dal capitale di prestito rispetto a coloro che sostengono un pari costo per fattori della produzione diversi;
che, inoltre, la ricorrente rileva che tale indeducibilità, colpendo il costo del lavoro, si risolverebbe in un maggior costo del lavoro stesso per l’impresa, con conseguente violazione dell’art. 35 Cost.;
che, poi, la ricorrente dubita della legittimità della disposizione censurata con riferimento al principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., in quanto la indeducibilità dall’IRES della quota di IRAP prelevata sul costo del lavoro e sugli interessi passivi determinerebbe, per l’impresa, un diretto aumento del costo di questi fattori della produzione in misura corrispondente all’IRAP che li grava; né la deduzione forfetaria ammessa dall’art. 6 del decreto-legge n. 185 del 2008 risolverebbe il problema, ma, anzi, confermerebbe l’illegittimità costituzionale della disposizione censurata;
che, infine, la ricorrente sottolinea la rilevanza della questione, perché da una eventuale declaratoria di fondatezza discenderebbe il suo diritto al rimborso delle imposte oggetto della domanda rivolta al giudice rimettente;
che, con atto depositato in cancelleria il 5 febbraio 2014, la Emilia Romagna Factor s.p.a., ha depositato memoria illustrativa;
che la società innanzitutto, richiamando l’ordinanza n. 232 del 2012, chiede la restituzione degli atti al giudice rimettente, perché la sopravvenuta disciplina introdotta dall’art. 2 del d.l. n. 201 del 2011 sarebbe pertinente alla questione;
che, qualora la Corte non decidesse di restituire gli atti alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, la suddetta società chiede dichiararsi l’illegittimità dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 446 del 1997, anche dopo le modifiche introdotte dal decreto-legge n. 165 del 2008, per violazione degli art. 3, 35 e 53 Cost.
Considerato che, con ordinanza del 7 ottobre 2011, depositata in cancelleria il 21 dicembre 2011 e iscritta al n. 105 del registro ordinanze dell’anno 2012, la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 6 del decreto-legge 28 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, in relazione agli artt. 3, 35 e 53 della Costituzione;
che l’indeducibilità dell’IRAP, ad avviso del giudice rimettente, in primo luogo, determinerebbe l’aumento della base imponibile del reddito d’impresa in misura pari all’IRAP non deducibile sulle spese per prestazione di lavoro, con violazione dell’art. 53 Cost. con riguardo al principio di capacità contributiva;
che, in secondo luogo, la medesima Commissione tributaria regionale rileva che, a causa dell’indeducibilità dell’IRAP, un’impresa, a parità di reddito imponibile con altre imprese, se, nella composizione del suo reddito, le spese per prestazioni di lavoro (oltre ai capitali presi a mutuo) concorrono in misura maggiore che in altre, risulterebbe più colpita dall’IRES, con conseguente violazione del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.);
che, in terzo luogo, il giudice rimettente osserva che l’indeducibilità dell’IRAP si traduce nella deducibilità del costo del lavoro limitata al 95,75 per cento (dal 2008 al 96,1 per cento) e quindi in una penalizzazione nel ricorso al «lavoro» quale fattore di produzione, con violazione dell’art. 35 Cost.;
che, successivamente alla proposizione della questione, è entrato in vigore l’art. 2 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, che ha dettato norme in materia di «Agevolazioni fiscali riferite al costo del lavoro nonché per donne e giovani»;
che, in particolare, il comma 1 di tale articolo ha previsto che «[a] decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012 è ammesso in deduzione ai sensi dell’articolo 99, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, un importo pari all’imposta regionale sulle attività produttive determinata ai sensi degli articoli 5, 5-bis, 6, 7 e 8 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato al netto delle deduzioni spettanti ai sensi dell’articolo 11, commi 1, lettera a), 1-bis, 4-bis, 4-bis.1 del medesimo decreto legislativo n. 446 del 1997»;
che l’art. 4, comma 12, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, ha poi inserito un comma 1-quater nell’art. 2 del decreto-legge n. 201 del 2011, prevedendo che «[i]n relazione a quanto disposto dal comma 1 e tenuto conto di quanto previsto dai commi da 2 a 4 dell’articolo 6 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabilite le modalità di presentazione delle istanze di rimborso relative ai periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2012, per i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sia ancora pendente il termine di cui all’articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, nonché ogni altra disposizione di attuazione del presente articolo»;
che tale ius superveniens è intervenuto, con efficacia retroattiva, in materia di deducibilità dell’IRAP, con espresso riferimento alle disposizioni censurate dall’ordinanza di remissione;
che questa modifica, quindi, riguarda direttamente le norme oggetto della questione sollevata dalla Commissione rimettente e a questa ultima spetta valutare la misura e gli esatti termini di tale effetto normativo;
che, pertanto, la modifica delle disposizioni censurate impone la restituzione degli atti al giudice rimettente perché operi una nuova valutazione della perdurante rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione (ex multis, ordinanze n. 232, n. 190, n. 182 e n. 180 del 2012).

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti alla Commissione tributaria regionale della Lombardia.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 marzo 2014.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Sabino CASSESE, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 27 marzo 2014.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI