SENTENZA N. 99 ANNO 2020

Sentenza 99/2020 (ECLI:IT:COST:2020:99)
Giudizio:  GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: CARTABIA - Redattore:  MORELLI
Udienza Pubblica del 05/05/2020;    Decisione  del 06/05/2020
Deposito del 27/05/2020;   Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:  Art. 120, c. 2° e 3°, del decreto legislativo 30/04/1992, n. 285 (Nuovo Codice della strada).
Massime: 
Atti decisi: ordd. 144, 243/2019; 30 e 31/2020
  

Pronuncia

SENTENZA N. 99

ANNO 2020


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Marta CARTABIA; Giudici : Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,


ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 120, commi 2 e 3, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come sostituito dall’art. 3, comma 52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica) e come modificato dall’art. 19, comma 2, lettere a) e b), della legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale) e dall’art. 8, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59 (Attuazione delle direttive 2006/126/CE e 2009/113/CE concernenti la patente di guida), promossi dal Tribunale amministrativo regionale per le Marche con ordinanza del 27 maggio 2019, dal Tribunale ordinario di Cagliari con ordinanza del 15 maggio 2019 e dal Tribunale ordinario di Reggio Calabria con due ordinanze del 12 e del 15 novembre 2019, iscritte, rispettivamente, ai numeri 144 e 243 del registro ordinanze 2019 e ai numeri 30 e 31 del registro ordinanze 2020 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2019 e numeri 3 e 10, prima serie speciale, dell’anno 2020.

Visto l’atto di costituzione di R. B.;

uditi il Giudice relatore Mario Rosario Morelli, l’avvocato Alessandro Lucchetti per R. B., nell’udienza pubblica del 5 maggio 2020, svolta, ai sensi del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettera d), in collegamento da remoto, su richiesta dell’avvocato Alessandro Lucchetti pervenuta in data 24 aprile 2020 e nella camera di consiglio del 6 maggio 2020, svolta, ai sensi del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettera a);

deliberato nella camera di consiglio del 6 maggio 2020.


Ritenuto in fatto

1.– Nel corso di un giudizio promosso avverso un provvedimento prefettizio di revoca della patente di guida, adottato in conseguenza della irrogazione al ricorrente della misura di prevenzione della sorveglianza speciale, l’adito Tribunale amministrativo regionale per le Marche ha sollevato, con l’ordinanza iscritta al n. 144 del reg. ord. 2019, questione di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), per contrasto con gli artt. 3, 4, 16 e 35 della Costituzione, nella parte in cui dispone che il prefetto «provvede» – invece che «può provvedere» – alla revoca della patente nei confronti dei soggetti che sono o sono stati sottoposti a misure di prevenzione ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136).

Secondo il rimettente, l’automatismo della revoca prefettizia del titolo di abilitazione alla guida nei confronti dei soggetti sottoposti a misure di prevenzione, contrasterebbe con i parametri evocati, potendo «impedire di fatto all’interessato di svolgere attività lavorativa lecita per tutto il periodo in cui egli è sottoposto alla sorveglianza speciale (il che rende la misura ancora più gravosa di quanto abbia inteso configurarla il giudice penale)».

2.– In altro giudizio, di analogo contenuto, il Tribunale ordinario di Cagliari, con l’ordinanza iscritta al n. 243 del reg. ord. 2019, ha sollevato, a sua volta, sostanzialmente identica questione di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2, cod. strada, per «contrasto con i principi di eguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., nella parte in cui stabilisce che la misura di prevenzione comporta in automatico, per qualsiasi soggetto e per qualsiasi ipotesi, il venir meno dei “requisiti morali” richiesti dalla legge per il possesso del titolo di guida» e per «sproporzionalità ed irragionevolezza, nonché […] disparità di trattamento, comportando una forte limitazione della libertà di circolazione, con conseguente lesione del diritto al lavoro dei destinatari delle misure di prevenzione, in contrasto con gli artt. 3, 4, 16 e 35 della Costituzione».

3.– Anche il Tribunale ordinario di Reggio Calabria, con due successive ordinanze, di identico contenuto (iscritte ai numeri 30 e 31 del reg. ord. 2020) – emesse in altrettanti procedimenti di opposizione a provvedimenti prefettizi di revoca della patente di guida, adottati nei confronti dei rispettivi ricorrenti in ragione della loro sottoposizione alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale – ha sollevato la medesima questione di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2, cod. strada, «per contrasto con l’art. 3 della Costituzione, nella parte in cui dispone che il prefetto “provvede” – invece che “può provvedere” – alla revoca della patente di guida nei confronti di coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di prevenzione ai sensi del D.Lgs. n. 159/2011».

3.1.‒ Nelle due ultime citate ordinanze, il Tribunale ordinario di Reggio Calabria revoca in dubbio la legittimità costituzionale anche del comma 3 del predetto art. 120 «nella parte in cui prevede […] che “La persona destinataria del provvedimento di revoca non può conseguire una nuova patente di guida prima che siano decorsi almeno tre anni” anche nel caso in cui sopravvenga, prima dello scadere dei tre anni, un provvedimento giurisdizionale dichiarativo della cessazione dello stato di pericolosità del medesimo soggetto», per contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost.

4.‒ In nessuno dei giudizi costituzionali relativi alle quattro riferite ordinanze è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.

Solo nel primo giudizio si è costituita la parte ricorrente nel processo a quo, per svolgere argomentazioni adesive alla prospettazione del Tribunale amministrativo regionale rimettente, ad ulteriore conforto della quale ha richiamato – in memoria – la recente sentenza di questa Corte n. 57 del 2020, nella parte in cui (al punto 7.2 del Considerato in diritto) fa riferimento alla «impossibilità di esercitare in sede amministrativa i poteri previsti nel caso di adozione delle misure di prevenzione dall’art. 67, comma 5, del d.lgs. n. 159 del 2011, e cioè l’esclusione da parte del giudice delle decadenze e dei divieti previsti, nel caso in cui per effetto degli stessi verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento all’interessato e alla famiglia».

La difesa di detta parte ha chiesto di decidere la causa in udienza pubblica con le modalità “da remoto” previste dal decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, recante misure per l’emergenza da Covid-19.


Considerato in diritto

1.– Il Tribunale amministrativo regionale per le Marche, il Tribunale ordinario di Cagliari e il Tribunale ordinario di Reggio Calabria – con le quattro ordinanze indicate in epigrafe che, per l’identità del petitum, in parte qua, possono riunirsi per essere congiuntamente esaminate e decise – sollevano, in riferimento all’art. 3 e (i primi due rimettenti anche) agli artt. 4, 16 e 35 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come sostituito dall’art. 3, comma 52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), e come modificato dell’art. 19, comma 2, lettere a) e b), della legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale) e dall’art. 8, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59 (Attuazione delle direttive 2006/126/CE e 2009/113/CE concernenti la patente di guida), nella parte in cui dispone che il prefetto «provvede» ‒ invece che «può provvedere» ‒ alla revoca della patente di guida nei confronti dei soggetti che sono o sono stati sottoposti a misure di prevenzione ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136).

1.1.‒ Il Tribunale ordinario di Reggio Calabria solleva ulteriore questione di legittimità costituzionale del comma 3, del predetto art. 120, cod. strada, prospettandone il contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost., «nella parte in cui prevede […] che “La persona destinataria del provvedimento di revoca non può conseguire una nuova patente di guida prima che siano decorsi almeno tre anni” anche nel caso in cui sopravvenga, prima dello scadere dei tre anni, un provvedimento giurisdizionale dichiarativo della cessazione dello stato di pericolosità del medesimo soggetto».

2.– Preliminarmente va riconosciuta l’ammissibilità della questione sollevata dal Tribunale amministrativo regionale per le Marche.

Detto giudice non ignora la consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione – citata anche da questa Corte nella sentenza n. 22 del 2018 – per cui i provvedimenti adottati ai sensi dell’art. 120 cod. strada, in quanto incidenti su diritti soggettivi e non inerenti a materia di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, sono riservati alla cognizione del giudice ordinario.

Ma – richiamando quanto al riguardo già rilevato nella precedente ordinanza dello stesso TAR Marche (che ha dato luogo alla sentenza di questa Corte n. 24 del 2020: su cui infra, punto 4.2.), nella quale si prospetta che l’auspicata discrezionalità del provvedimento di revoca della patente possa rendere la posizione soggettiva, da esso incisa, di interesse legittimo ‒ il rimettente fornisce, con ciò, una non implausibile, ancorché opinabile, motivazione, idonea ad escludere che nella specie la giurisdizione del giudice amministrativo possa ritenersi ictu oculi manifestamente insussistente.

3.– In via ancora preliminare, va dichiarata la manifesta inammissibilità, per irrilevanza, della (seconda) questione sollevata dal Tribunale di Reggio Calabria, avente ad oggetto il comma 3 dell’art. 120 cod. strada.

E ciò in quanto i giudizi a quibus hanno ad oggetto non un provvedimento di diniego del rilascio di «una nuova patente di guida» prima del decorso del triennio da detta norma previsto, bensì, a monte, un provvedimento di revoca della patente adottato nei confronti del soggetto che ne era in precedenza titolare, in ragione della sua sottoposizione a misura di prevenzione. Fattispecie, quest’ultima, cui unicamente, appunto, si rivolgono le censure dei ricorrenti per il profilo dell’automatismo di detta revoca.

4.‒ Ciò premesso, la questione è fondata.

4.1.‒ Il novellato art. 120 cod. strada, sotto la rubrica «Requisiti morali per ottenere il rilascio dei titoli abilitativi di cui all’articolo 116», nel suo comma 1, menziona, tra i soggetti che «[n]on possono conseguire la patente di guida» anche «coloro che sono o sono stati sottoposti […] alle misure di prevenzione previste dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423», recante «Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità» (legge poi abrogata dall’art. 120, comma 1, lettera a) del già citato d.lgs. n. 159 del 2011, che ha disciplinato ex novo le misure di prevenzione).

E dispone, al comma 2, che «se le condizioni soggettive indicate al primo periodo del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida».

4.2.– Il comma 2 della suddetta disposizione è già stato dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza n. 22 del 2018, «nella parte in cui – con riguardo all’ipotesi di condanna per reati di cui agli artt. 73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), che intervenga in data successiva a quella di rilascio della patente di guida – dispone che il prefetto “provvede” – invece che “può provvedere” – alla revoca della patente».

Ciò in base alla considerazione che «[l]a disposizione denunciata – sul presupposto di una indifferenziata valutazione di sopravvenienza di una condizione ostativa al mantenimento del titolo di abilitazione alla guida – ricollega, infatti, in via automatica, il medesimo effetto, la revoca di quel titolo, ad una varietà di fattispecie, non sussumibili in termini di omogeneità, atteso che la condanna, cui la norma fa riferimento, può riguardare reati di diversa, se non addirittura di lieve, entità». E anche in considerazione della contraddizione insita nel fatto che «– agli effetti dell’adozione delle misure di loro rispettiva competenza (che pur si ricollegano al medesimo fatto-reato e, sul piano pratico, incidono in senso identicamente negativo sulla titolarità della patente) – mentre il giudice penale ha la “facoltà” di disporre, ove lo ritenga opportuno, il ritiro della patente, il prefetto invece ha il “dovere” di disporne la revoca».

4.3.– Con la successiva sentenza n. 24 del 2020, lo stesso comma 2 dell’art. 120 cod. strada è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo «nella parte in cui dispone che il prefetto “provvede” – invece che “può provvedere” – alla revoca della patente di guida nei confronti di coloro che sono sottoposti a misura di sicurezza personale».

Anche in questo caso l’automatismo della revoca della patente, da parte del prefetto, è stato, infatti, ritenuto contrario a principi di eguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza, attesa la varietà (per contenuto, durata e prescrizioni) delle misure di sicurezza irrogabili, oltreché contradditorio rispetto al potere riconosciuto al magistrato di sorveglianza, il quale, nel disporre la misura di sicurezza, “può” consentire al soggetto che vi è sottoposto di continuare – in presenza di determinate condizioni ‒ a fare uso della patente di guida.

5.– Ragioni analoghe a quelle poste a base delle sentenze n. 22 del 2018 e n. 24 del 2020 ricorrono con riguardo all’automatismo della revoca, in via amministrativa, della patente di guida, prevista, dal medesimo comma 2 dell’art. 120 cod. strada, a seguito della sottoposizione del suo titolare a misura di prevenzione.

Anche dopo la sentenza di questa Corte n. 24 del 2019 – che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 159 del 2011, nella parte in cui stabiliva l’applicabilità delle misure di prevenzione a «coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi» ‒ le categorie dei destinatari delle misure in questione, elencate nello stesso art. 4 (e progressivamente incrementate dalla legislazione successiva), restano assai variegate ed eterogenee, al punto che non è agevole identificarne un denominatore comune.

Possono essere, infatti, sottoposti a misure di prevenzione soggetti condannati o indiziati per ipotesi delittuose di differenti gravità – che vanno dai reati di elevato allarme sociale (come quelli di terrorismo e associativi di stampo mafioso) a reati di meno intenso pericolo sociale – ovvero anche «coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose» (art. 1, lettera b, del d.lgs. n. 159 del 2011).

E tale diversità delle fattispecie, che rilevano come indice di pericolosità sociale, coerentemente si riflette, sul piano giudiziario, nella diversa durata (da uno a cinque anni) e nella differente modulabilità della misura di prevenzione adottata dal Tribunale (artt. 6 e 8 del d.lgs. n. 159 del 2011).

Dal che, anche riguardo a tali misure, l’irragionevolezza del meccanismo, previsto dal censurato art. 120, comma 2, cod. strada, che ricollega in via automatica a tale varietà e diversa gravità di ipotesi di pericolosità sociale, l’identico effetto di revoca prefettizia della patente di guida. Effetto, quest’ultimo, suscettibile, per di più, di innescare un corto circuito all’interno dell’ordinamento, nel caso in cui l’utilizzo della patente sia funzionale alla «ricerca di un lavoro» che al destinatario della misura di prevenzione sia prescritta dal Tribunale ai sensi dell’art. 8, comma 3, del d.lgs. n. 159 del 2011.

Per il vulnus che ne deriva all’art. 3 Cost. (assorbita restando ogni altra censura), la disposizione denunciata va, pertanto, dichiarata costituzionalmente illegittima, nella parte in cui dispone che il prefetto «provvede» – invece che «può provvedere» – alla revoca della patente di guida nei confronti dei soggetti sottoposti alle misure di prevenzione personale di cui al d.lgs. n. 159 del 2011.

Il carattere non più automatico e vincolato del provvedimento prefettizio, che ne consegue, è destinato a dispiegarsi non già, ovviamente, sul piano di un riesame della pericolosità del soggetto destinatario della misura di prevenzione, bensì su quello di una verifica di necessità/opportunità, o meno, della revoca della patente di guida in via amministrativa a fronte della specifica misura di prevenzione cui nel caso concreto è sottoposto il suo titolare. E ciò, come detto, anche al fine di non contraddire l’eventuale finalità, di inserimento del soggetto nel circuito lavorativo, che la misura stessa si proponga.


Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come sostituito dall’art. 3, comma 52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), e come modificato dall’art. 19, comma 2, lettere a) e b), della legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale) e dall’art. 8, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59 (Attuazione delle direttive 2006/126/CE e 2009/113/CE concernenti la patente di guida), nella parte in cui dispone che il prefetto «provvede» – invece che «può provvedere» – alla revoca della patente di guida nei confronti dei soggetti che sono o sono stati sottoposti a misure di prevenzione ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136);

2) dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 3, del d.lgs. n. 285 del 1992, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., dal Tribunale ordinario di Reggio Calabria, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 maggio 2020.

F.to:

Marta CARTABIA, Presidente

Mario Rosario MORELLI, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 27 maggio 2020.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA