Sentenza 182/2010

S. 182/2010 del 12/05/2010 depositata il 20/05/2010
Udienza Pubblica del 28/04/2010, Presidente: AMIRANTE, Redattore: GALLO

Oggetto: Bilancio e contabilità pubblica - Finanza regionale - Regioni a statuto speciale - Rimpatrio di attività finanziarie e patrimoniali detenute fuori del territorio dello Stato - Affluenza delle maggiori entrate ad un'apposita contabilità speciale per essere destinate all'attuazione della manovra di bilancio per gli anni 2010 e seguenti.
Dispositivo: non fondatezza

Sentenza 182/2010
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA PRINCIPALE

Presidente AMIRANTE - Redattore GALLO

Udienza Pubblica del 28/04/2010 Decisione del 12/05/2010
Deposito del 20/05/2010 Pubblicazione in G. U. 26/05/2010
Norme impugnate: Decreto legge 01/07/2009, n. 78, convertito con modificazioni in legge 03/08/2009, n. 102; discussione limitata all'art. 13 bis, c. 8°.
Massime: 34676 34677 34678

Titoli:
Atti decisi: ric. 80/2009


SENTENZA N. 182

ANNO 2010




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici : Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 13-bis, comma 8, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, promosso dalla Provincia autonoma di Trento con ricorso notificato il 3 ottobre 2009, depositato in cancelleria il 7 ottobre 2009 ed iscritto al n. 80 del registro ricorsi 2009.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 28 aprile 2010 il Giudice relatore Franco Gallo;

uditi gli avvocati Giandomenico Falcon e Luigi Manzi per la Provincia autonoma di Trento e l'avvocato dello Stato Antonio Palatiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.



Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 3 ottobre 2009, la Provincia autonoma di Trento ha impugnato, tra altre disposizioni dello stesso decreto-legge, l’art. 13-bis, comma 8, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, per violazione dell’art. 75, comma 1, lettera g), del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), e degli artt. 9 e 10, commi 6 e 7, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale), attuativo del Titolo VI dello statuto speciale.

La ricorrente premette che il menzionato art. 13-bis, introdotto dalla legge di conversione, detta «Disposizioni concernenti il rimpatrio di attività finanziarie e patrimoniali detenute fuori del territorio dello Stato», istituendo, al comma 1, «un’imposta straordinaria sulle attività finanziarie e patrimoniali: a) detenute fuori del territorio dello Stato senza l’osservanza delle disposizioni del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167 [...]; b) a condizione che le stesse siano rimpatriate in Italia da Stati non appartenenti all’Unione europea, ovvero regolarizzate o rimpatriate perché detenute in Stati dell’Unione europea e in Stati aderenti allo Spazio economico europeo che garantiscono un effettivo scambio di informazioni fiscali in via amministrativa».

Il censurato comma 8 – prosegue la ricorrente – prevede che «le maggiori entrate derivanti dal presente articolo affluiscono ad un’apposita contabilità speciale per essere destinate alle finalità indicate all’articolo 16, comma 3», e cioè, «in conformità alle indicazioni contenute nel Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2010-2013, all’attuazione della manovra di bilancio per gli anni 2010 e seguenti».

La ricorrente sostiene che, qualora la norma denunciata, nel disporre delle maggiori entrate, si riferisse anche a quelle riscosse nell’àmbito della Provincia autonoma di Trento, essa lederebbe l’autonomia finanziaria di tale Provincia, regolata dal Titolo VI dello statuto speciale, dalla legge 30 novembre 1989, n. 386 (Norme per il coordinamento della finanza della regione Trentino-Alto Adige e delle province autonome di Trento e di Bolzano con la riforma tributaria), e dal d.lgs. n. 268 del 1992.

La Provincia propone la sua impugnazione per l’ipotesi che la disposizione censurata vada intesa nel senso di riservare al bilancio statale anche la quota delle entrate di sua competenza. Osserva, infatti, che l’art. 13-bis non menziona specificamente le Province autonome, «per cui non è chiaro se realmente tale disposizione intenda sottrarre alla Provincia le entrate tributarie derivanti dall’applicazione dell’art. l3-bis e relative a soggetti residenti (o aventi sede) nel territorio provinciale», in quanto «in tale situazione di non chiarezza» dovrebbe prevalere l’interpretazione che fa salva l’autonomia finanziaria della Provincia come definita dallo statuto.

In caso contrario – osserva la ricorrente – la disposizione censurata violerebbe l’art. 75, comma 1, lettera g), dello statuto di autonomia, secondo cui spettano alle Province autonome «i nove decimi di tutte le altre entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate», e gli artt. 9 e 10, commi 6 e 7, del d.lgs. n. 268 del 1992, in quanto essa riserverebbe allo Stato la quota di spettanza della Provincia in assenza dei presupposti indicati da tali disposizioni.

L’art. 9, in particolare, stabilisce che «il gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o dall’istituzione di nuovi tributi» è riservato allo Stato se destinato per legge – per finalità diverse da quelle di cui al comma 6 dell’art. 10 e al comma 1, lettera b), dell’art. 10-bis – alla copertura, ai sensi dell’art. 81 Cost., di nuove specifiche spese di carattere non continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della Regione o delle Province, ivi comprese quelle relative a calamità naturali, e «purché risulti temporalmente delimitato, nonché contabilizzato distintamente nel bilancio statale e quindi quantificabile».

L’art. 10 prevede, al comma 6, che una quota del previsto incremento del gettito tributario, con alcune esclusioni, «può essere destinata», limitatamente agli esercizi previsti dall’accordo relativo alla determinazione della quota variabile di cui all’art. 78 dello statuto, «al raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica previsti dai precedenti provvedimenti». Al successivo comma 7 prevede, poi, che «Nella determinazione della quota di cui al comma 6 si tiene conto altresí: a) dei gettiti derivanti da maggiorazioni di aliquote o dall’istituzione di nuovi tributi se destinati per legge alla copertura, ai sensi dell’art. 81 della Costituzione, delle spese di cui all’art. 9, nel caso in cui i predetti gettiti non risultino contabilizzati distintamente nel bilancio dello Stato, o non risultino temporalmente delimitati; b) delle spese relative a nuove competenze trasferite o delegate dallo Stato alle province».

La ricorrente lamenta, in conclusione, che la destinazione delle nuove entrate tributarie – stabilita dall’art. 16, comma 3, richiamato dalla disposizione censurata –, «in conformità alle indicazioni contenute nel Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2010-2013, all’attuazione della manovra di bilancio per gli anni 2010 e seguenti», non concreta alcuno dei presupposti di cui all’art. 9 del d.lgs. n. 268 del 1992, non essendo previsti né le «spese specifiche», né il «carattere non continuativo», né l’estraneità alle materie regionali.

2. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, rilevando l’infondatezza della questione prospettata.

A detta della difesa dello Stato, l’eccezionalità del prelievo, la sua natura peculiare – data dal fatto che esso surroga l’applicazione delle sanzioni nei confronti di chi violò le norme amministrative, tributarie e previdenziali riguardanti l’esportazione di capitali – e la limitatezza nel tempo dell’operatività della disposizione escludono che essa possa violare gli evocati parametri.

Osserva la stessa difesa che l’art. 117, secondo comma, Cost. riserva alla competenza esclusiva dello Stato il sistema tributario e contabile statale e l’ordinamento civile e penale, materie alle quali il prelievo in questione deve essere ricondotto, perché esso sostituisce «le sanzioni (anche) pecuniarie per gli illeciti commessi, ora, appunto, regolarizzati, le cui sanzioni pecuniarie non furono mai destinate al bilancio provinciale».

3. – Con memoria depositata in prossimità dell’udienza, la Provincia autonoma di Trento ha insistito nell’accoglimento della questione prospettata, rilevando che: a) la legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), ha inserito nello statuto speciale l’art. 75-bis, il quale conferma che, a prescindere dall’ufficio al quale pervengono le somme pagate ai sensi dell’art. 13-bis censurato, quelle provenienti da soggetti residenti o aventi sede nella provincia di Trento spettano per i nove decimi alla Provincia; b) l’osservazione della difesa erariale secondo la quale le entrate tributarie di cui all’art. 75, comma 1, lettera g), dello statuto speciale non comprendono le sanzioni amministrative non si attaglia alla fattispecie in esame, perché le somme di cui si tratta non sono riscosse a titolo di sanzione, bensí a titolo di imposta straordinaria, con l’esclusione di sanzioni; c) trova applicazione, nel caso di specie, la disposizione di cui all’art. 75, comma 1, lettera g), dello statuto speciale, perché l’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 268 del 1992 precisa che «ai fini dell’art. 75, comma 1, lettera g), dello statuto per entrate tributarie si intendono le entrate qualificate come tali nel bilancio dello Stato»; d) la corresponsione alla Provincia di quanto le compete ai sensi dello statuto risulta pienamente giustificata dalla considerazione che l’imposta straordinaria tiene luogo di quelle non pagate dai soggetti residenti o aventi sede nella provincia «sulle attività finanziarie e patrimoniali detenute fuori del territorio dello Stato senza l’osservanza delle disposizioni del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, imposte che sarebbero affluite alla Provincia secondo le norme dello Statuto»; e) il fatto che, in caso di applicazione di sanzioni, queste sarebbero affluite al bilancio statale non può condurre a disapplicare il regime delle entrate tributarie, perché «l’’acquisizione al bilancio statale delle sanzioni si spiega con la considerazione che l’attività amministrativa sanzionatoria è svolta dagli uffici statali, mentre la norma impugnata […] vorrebbe distrarre dal bilancio provinciale somme che i privati pagano a titolo di imposta, in sostituzione delle imposte non pagate, senza neppure che vi sia un’attività amministrativa statale volta a scoprire gli illeciti o a far “emergere” le attività»; f) non si contesta la competenza statale in materia di «sistema tributario e contabile dello Stato», che consente a quest’ultimo di istituire e regolare l’imposta, «ma solo la norma che, secondo l’interpretazione prospettata nel ricorso a titolo cautelativo, sottrarrebbe alla Provincia le entrate di sua spettanza»; g) non si contesta neanche la competenza statale nella materia dell’ordinamento civile e penale, in base alla quale possono legittimamente essere disciplinate le conseguenze del rimpatrio o della regolarizzazione dei capitali, ma si contesta soltanto la destinazione delle somme riscosse a titolo di imposta straordinaria.

4. – Con memoria depositata in prossimità dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri ha ribadito quanto già dedotto, insistendo per il rigetto del ricorso e sostenendo, in primo luogo, che l’imposta straordinaria di cui si tratta non è una vera imposta, ma è «un pagamento stabilito in cambio di un rimpatrio non rischioso di capitali illecitamente esportati», che si concretizza nel «prezzo di un “perdono” che cancella le conseguenze penali, fiscali, amministrative e civili dell’illecita condotta». La difesa dello Stato rileva, in particolare, che il prelievo in questione si paga «a condizione che si compia una certa attività e che si chieda di pagarlo» e che, nel caso di specie, la somma corrisposta non è altro che il “riscatto” dell’illecito, «la sostituzione (favorevole per il colpevole) delle sanzioni penali ed amministrative altrimenti irrogabili, alle quali lo Stato rinuncia» e che non sarebbero comunque spettate alla Provincia autonoma.

L’Avvocatura generale dello Stato sostiene, in secondo luogo, che la norma denunciata afferisce alle competenze legislative statali nelle materie del coordinamento della finanza pubblica e dell’ordinamento civile e penale, perché ha l’effetto di “decriminalizzare” e “desanzionare” un certo comportamento in cambio di un ravvedimento operoso accompagnato dal pagamento di una determinata somma.

In terzo luogo – sempre per la difesa statale – il prelievo in questione sarebbe di spettanza dello Stato anche se fosse considerato di carattere tributario, perché ha i requisiti richiesti a tal fine dall’art. 9 del d.lgs. n. 268 del 1992, evocato dalla ricorrente quale parametro di costituzionalità, essendo diretto «alla copertura, ai sensi dell’art. 81 della Costituzione, di nuove specifiche spese di carattere non continuativo» ed essendo temporaneo. In particolare: «la destinazione legale del rientro dei capitali e del pagamento della sanatoria è data dall’art. 16, c. 3, D.L. n. 78/09, e cioè la destinazione è l’attuazione della manovra di bilancio per gli anni 2010-2013»; mentre «la “temporaneità” è data dal termine di scadenza della regolarizzazione al 30 aprile 2010 (termine cosí prorogato dall’art. 1 D.L. 30 dicembre 2009, n. 194)».



Considerato in diritto

1. – La Provincia autonoma di Trento censura l’art. 13-bis, comma 8, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, il quale prevede che «le maggiori entrate derivanti dal presente articolo affluiscono ad un’apposita contabilità speciale per essere destinate alle finalità indicate all’articolo 16, comma 3», e cioè «all’attuazione della manovra di bilancio per gli anni 2010 e seguenti», «in conformità alle indicazioni contenute nel Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2010-2013».

Sono evocati quali parametri di legittimità costituzionale: a) l’art. 75, comma 1, lettera g), del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), il quale prevede che spettano alle Province autonome «i nove decimi di tutte le altre entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate»; b) gli artt. 9 e 10, commi 6 e 7, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale). In particolare, le evocate disposizioni del d.lgs. n. 268 del 1992 prevedono, rispettivamente, che: (b.1.) «Il gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o dall’istituzione di nuovi tributi, se destinato per legge, per finalità diverse da quelle di cui al comma 6 dell’art. 10 e al comma 1, lettera b), dell’art. 10-bis, alla copertura, ai sensi dell’art. 81 della Costituzione, di nuove specifiche spese di carattere non continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della regione o delle province, ivi comprese quelle relative a calamità naturali, è riservato allo Stato, purché risulti temporalmente delimitato, nonché contabilizzato distintamente nel bilancio statale e quindi quantificabile. Fuori dei casi contemplati nel presente articolo si applica quanto disposto dagli articoli 10 e 10-bis» (art. 9); (b.2.) una quota del previsto incremento del gettito tributario, con alcune esclusioni, «può essere destinata», limitatamente agli esercizi previsti dall’accordo relativo alla determinazione della quota variabile di cui all’art. 78 dello statuto, «al raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica previsti dai precedenti provvedimenti» (art. 10, comma 6); (b.3.) «Nella determinazione della quota di cui al comma 6 si tiene conto altresí: a) dei gettiti derivanti da maggiorazioni di aliquote o dall’istituzione di nuovi tributi se destinati per legge alla copertura, ai sensi dell’art. 81 della Costituzione, delle spese di cui all’art. 9, nel caso in cui i predetti gettiti non risultino contabilizzati distintamente nel bilancio dello Stato, o non risultino temporalmente delimitati; b) delle spese relative a nuove competenze trasferite o delegate dallo Stato alle province» (art. 10, comma 7).

Secondo la Provincia ricorrente, la disposizione impugnata, se interpretata – come lo Stato l’interpreta – nel senso che essa riserva al bilancio statale anche la quota dell’imposta straordinaria sulle attività finanziarie e patrimoniali disciplinata dai precedenti commi dello stesso art. 13-bis, víola gli evocati parametri, perché dispone una tale riserva per un’entrata tributaria erariale destinata, invece, alla Provincia stessa; e ciò, senza che sussista la condizione prevista dall’art. 9 del d.lgs. n. 268 del 1992, e cioè la destinazione del gettito alla copertura di «spese specifiche», aventi «carattere non continuativo» ed estranee «alle materie regionali».

2. – La trattazione della questione di legittimità costituzionale relativa alla suddetta disposizione viene qui separata da quella delle altre questioni, promosse con il medesimo ricorso, per le quali è opportuno procedere ad un esame distinto.

3. – La difesa dello Stato eccepisce, in primo luogo, che la riserva al bilancio statale della suddetta imposta straordinaria esula dall’àmbito di applicazione degli evocati parametri, perché essi si riferiscono ad entrate tributarie, mentre il prelievo in questione non ha natura tributaria.

L’eccezione non è fondata.

Il prelievo di cui al citato art. 13-bis ha la seguente disciplina: a) è dovuto, in via straordinaria, in relazione al rimpatrio o alla regolarizzazione, limitatamente al periodo indicato dal comma 6, delle attività finanziarie e patrimoniali «detenute fuori del territorio dello Stato senza l’osservanza delle disposizioni del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni» (comma 1, lettera a); b) si applica «su un rendimento lordo presunto in ragione del 2 per cento annuo per i cinque anni precedenti il rimpatrio o la regolarizzazione» e con «un’aliquota sintetica del 50 per cento per anno, comprensiva di interessi e sanzioni» (comma 2); c) è corrisposto per il tramite di intermediari (banche e altri soggetti individuati dall’art. 11, comma 1, lettera b, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 350) e previa presentazione agli stessi intermediari di una dichiarazione riservata delle attività finanziarie rimpatriate o regolarizzate (art. 13 del d.l. n. 350 del 2001); d) il suo gettito è destinato a finanziare la manovra di bilancio per gli anni 2010 e seguenti, «in conformità alle indicazioni contenute nel Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2010-2013».

La suesposta disciplina conferma la qualificazione di «imposta straordinaria» data dallo stesso legislatore al menzionato prelievo. Quest’ultimo – secondo la ricostruzione appena delineata nelle lettere da a) a d) – risponde, infatti, a tutti i criteri elaborati dalla giurisprudenza costituzionale (ex plurimis: sentenze n. 141 del 2009, n. 335 e n. 64 del 2008, n. 334 del 2006 e n. 73 del 2005) per qualificare come tributarie alcune entrate. Esso costituisce, in particolare, una prestazione obbligatoria straordinaria stabilita per legge (lettere a, b, c), collegata ad una pubblica spesa (lettera d), in relazione ad un presupposto economicamente rilevante (lettera a).

Dalla natura tributaria di detto prelievo – desumibile dai criteri sostanziali sopra indicati e non certo dalle modalità di contabilizzazione del gettito – consegue la pertinenza degli evocati parametri, i quali si riferiscono, appunto, alle entrate tributarie.

4. – Nel merito, la questione non è fondata.

Per valutare se la riserva al bilancio statale dell’imposta straordinaria sulle attività finanziarie e patrimoniali disposta dalla norma censurata sia legittima, occorre verificare se essa soddisfi le condizioni previste dall’evocato art. 9 del d.lgs. n. 268 del 1992. In particolare, tale articolo richiede, per la legittimità della riserva statale, che: a) detta riserva sia giustificata da «finalità diverse da quelle di cui al comma 6 dell’art. 10 e al comma 1, lettera b), dell’art. 10-bis» dello stesso d.lgs. n. 268 del 1992, e cioè da finalità diverse tanto dal «raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica» (art. 10, comma 6) quanto dalla copertura di «spese derivanti dall’esercizio delle funzioni statali delegate alla regione» (art. 10-bis, comma 1, lettera b); b) il gettito sia destinato per legge «alla copertura, ai sensi dell’art. 81 della Costituzione, di nuove specifiche spese di carattere non continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della regione o delle province, ivi comprese quelle relative a calamità naturali»; c) il gettito sia «temporalmente delimitato, nonché contabilizzato distintamente nel bilancio statale e quindi quantificabile».

Il denunciato ultimo comma dell’art. 13-bis del d.l. n. 78 del 2009 soddisfa tali condizioni.

4.1. – Quanto alla condizione sub a), è agevole rilevare che la norma censurata, disponendo, attraverso il richiamo del comma 3 del successivo art. 16, che il gettito dell’imposta sia destinato «all’attuazione della manovra di bilancio per gli anni 2010 e seguenti», persegue in concreto finalità diverse, in quanto piú articolate e complesse, da quella del puro e semplice riequilibrio della finanza pubblica di cui al comma 6 dell’art. 10.

4.2. – Quanto alla condizione sub b) della copertura «di nuove specifiche spese di carattere non continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della regione o delle province», deve essere preliminarmente preso in considerazione quanto previsto dallo stesso art. 16, comma 3, richiamato dalla disposizione censurata, il quale stabilisce – come visto – che la destinazione del gettito dell’imposta «all’attuazione della manovra di bilancio per gli anni 2010 e seguenti» deve avvenire «in conformità alle indicazioni contenute nel Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2010-2013» (DPEF). È perciò necessario accertare se dal suddetto DPEF siano desumibili finalità di copertura di spese che abbiano i caratteri della novità, della specificità, della non continuatività e della non riconducibilità alle competenze legislative regionali o provinciali.

A tal fine va osservato che, ai punti I e II del citato DPEF, la programmazione economico-finanziaria per il triennio è posta in stretta relazione con l’esigenza di contrastare gli effetti sull’economia nazionale dell’attuale crisi economica internazionale. Vi si legge, infatti, che «il Governo intende agire per trasformare l’attuale crisi in un’opportunità di sviluppo e di rilancio per l’economia italiana» (punto I, pagina 2). In tale quadro congiunturale, l’azione del Governo è quindi volta (secondo quanto indicato al successivo punto III) a «fronteggiare la recessione sia con misure a supporto del settore finanziario sia di stimolo fiscale» (pagina 15). Tali misure consistono, per lo piú, in spese dirette al finanziamento della ripresa economica, quali: il sostegno alle imprese, anche attraverso il finanziamento del fondo di garanzia e l’alleggerimento del carico fiscale (pagine 17 e 25); gli interventi sul mercato del lavoro, anche attraverso il finanziamento del fondo per l’occupazione (pagine 18 e 25); il finanziamento degli investimenti pubblici, con particolare riguardo alle infrastrutture e alle attività di ricerca e sviluppo (pagina 18); il supporto alle famiglie, con misure di salvaguardia del potere d’acquisto, di tutela dei piccoli risparmiatori, di risposta all’emergenza abitativa (pagine 18 e 26); il finanziamento della cooperazione internazionale allo sviluppo (pagina 26); il finanziamento delle opere di ricostruzione dell’Abruzzo (pagina 26).

Dall’analisi dei contenuti e delle finalità del DPEF emerge con chiarezza che le spese alla cui copertura esso fa riferimento soddisfano la condizione sub b), perché possiedono sia il carattere della novità e non continuatività, in quanto sono strettamente connesse all’insorgenza di una contingente crisi economica, sia quello della specificità, in quanto si risolvono nel finanziamento di misure sufficientemente individuate dallo stesso DPEF, sia, infine, quello della non riconducibilità alle competenze legislative regionali o provinciali, in quanto attengono all’assetto economico nazionale nel suo complesso.

A tali considerazioni deve aggiungersi che la norma censurata è inserita nel decreto-legge n. 78 del 2009, che ha anch’esso la finalità di fronteggiare, con un’ampia gamma di misure economiche, l’attuale congiuntura internazionale, recando appunto, come appare evidente dalla sua stessa intitolazione, «provvedimenti anticrisi».

4.3. – Quanto, infine, alla condizione sub c) richiesta dall’evocato art. 9 del d.lgs. n. 268 del 1992, secondo la quale il gettito deve essere «temporalmente delimitato, nonché contabilizzato distintamente nel bilancio statale e quindi quantificabile», è agevole rilevare che anch’essa è soddisfatta dalla disposizione impugnata.

Il gettito dell’imposta straordinaria sulle attività finanziarie e patrimoniali è, infatti, «temporalmente delimitato», perché il prelievo ha per oggetto le «attività finanziarie e patrimoniali detenute a partire da una data non successiva al 31 dicembre 2008 e rimpatriate ovvero regolarizzate a partire dal 15 settembre 2009 e fino al 30 aprile 2010» (art. 13-bis, comma 6, nel testo attualmente vigente). Il gettito stesso è, inoltre, «contabilizzato distintamente», perché – come espressamente disposto dalla norma censurata – affluisce «ad un’apposita contabilità speciale», comunque imputabile allo Stato.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse, nei confronti del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, dalla Provincia autonoma di Trento;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 13-bis, comma 8, del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, promossa, in riferimento all’art. 75, comma 1, lettera g), del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) e agli artt. 9 e 10, commi 6 e 7, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale), dalla Provincia autonoma di Trento, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 maggio 2010.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Franco GALLO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 20 maggio 2010.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: DI PAOLA