SENTENZA N. 40 ANNO 2020

Sentenza 40/2020 (ECLI:IT:COST:2020:40)
Giudizio:  GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: CARTABIA - Redattore:  ANTONINI
Udienza Pubblica del 29/01/2020;    Decisione  del 29/01/2020
Deposito del 06/03/2020;   Pubblicazione in G. U. 11/03/2020  n. 11
Norme impugnate:  Artt. 34, c. 7° bis, ultimo periodo, e 38, c. 8°, della legge della Regione Liguria 01/07/1994, n. 29.
Massime: 
Atti decisi: ord. 57/2019
  

Pronuncia

SENTENZA N. 40

ANNO 2020


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Marta CARTABIA; Giudici : Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,


ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 34, comma 7-bis, ultimo periodo, e 38, comma 8, della legge della Regione Liguria 1° luglio 1994, n. 29 (Norme regionali per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria nel procedimento vertente tra l’Associazione Lega per l’abolizione della caccia Onlus e altri e la Regione Liguria e altri, con ordinanza dell’11 ottobre 2018, iscritta al n. 57 del registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visti l’atto di costituzione dell’Associazione Lega per l’abolizione della caccia Onlus e dell’Ente nazionale protezione animali, nonché quello, fuori termine, della Regione Liguria;

udito nell’udienza pubblica del 29 gennaio 2020 il Giudice relatore Luca Antonini;

udito l’avvocato Paola Ramadori per l’Associazione Lega per l’abolizione della caccia Onlus e per l’Ente nazionale protezione animali;

deliberato nella camera di consiglio del 29 gennaio 2020.


Ritenuto in fatto

1.– Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria ha sollevato, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 34, comma 7-bis, ultimo periodo, e 38, comma 8, della legge della Regione Liguria 1° luglio 1994, n. 29 (Norme regionali per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio).

L’art. 34, comma 7-bis, ultimo periodo, appena citato dispone che «[l]a caccia da appostamento fisso o temporaneo alla selvaggina migratoria è consentita fino a mezz’ora dopo il tramonto».

L’art. 38, comma 8, della legge reg. Liguria n. 29 del 1994 prevede invece che il cacciatore «deve […] indicare, negli appositi spazi [del tesserino venatorio regionale] relativi alla fauna stanziale e migratoria, la sigla del capo abbattuto subito dopo l’abbattimento accertato».

2.– Il rimettente – chiamato a decidere un ricorso diretto all’annullamento della deliberazione della Giunta della Regione Liguria 23 maggio 2018, n. 355 (Calendario venatorio regionale stagione 2018/19. Art. 34, comma 4, L.R. 29/1994), con la quale è stato approvato il calendario venatorio per la stagione 2018-2019 – premette che l’impugnazione è articolata in dieci motivi, su otto dei quali egli si è già pronunciato con sentenza non definitiva.

Quindi, ritiene rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle parti, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., con le altre due censure mosse nei confronti del calendario venatorio.

2.1.– Al riguardo, il TAR Liguria osserva, in primo luogo, che tali doglianze investono le disposizioni della menzionata deliberazione regionale che – nel disciplinare l’orario giornaliero della caccia e le modalità di annotazione sul tesserino venatorio dei capi di fauna selvatica abbattuti – recepiscono le norme denunciate.

A parere delle parti ricorrenti nel giudizio a quo, infatti, tali norme violerebbero l’evocato parametro costituzionale, in quanto, da un lato, l’art. 34, comma 7-bis, ultimo periodo, della legge reg. Liguria n. 29 del 1994 non rispetterebbe il limite orario giornaliero della caccia dettato dall’art. 18, comma 7, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio); dall’altro, l’art. 38, comma 8, della legge reg. Liguria n. 29 del 1994 contrasterebbe con l’art. 12, comma 12-bis, della medesima legge statale.

Il rimettente precisa, inoltre, che l’art. 34, comma 7-bis, ultimo periodo, della legge reg. Liguria n. 29 del 1994 sarebbe ancora vigente, benché questa Corte abbia già avuto occasione di esaminarne il contenuto precettivo nella sentenza n. 191 del 2011, giudicandolo lesivo dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. Ciò in quanto in tale frangente il vaglio della suddetta norma regionale sarebbe avvenuto in virtù del rinvio a essa operato dall’art. 1, comma unico, della legge della Regione Liguria 29 settembre 2010, n. 15, recante «Modifica della legge regionale 6 giugno 2008, n. 12: Calendario venatorio regionale triennale e modifiche alla legge regionale 1° luglio 1994, n. 29 (Norme regionali per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio) e sue modificazioni e integrazioni», allora impugnato dal Presidente del Consiglio dei ministri. Pertanto, nella menzionata sentenza sarebbe stata dichiarata l’illegittimità costituzionale esclusivamente di quest’ultima disposizione.

2.2.– In ordine alla non manifesta infondatezza, il giudice rimettente ritiene innanzitutto che l’art. 34, comma 7-bis, della legge reg. Liguria n. 29 del 1994 violi l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., invadendo la competenza legislativa esclusiva statale nella materia «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema».

È censurato, segnatamente, l’ultimo periodo della norma regionale – che consente la caccia da appostamento fisso o temporaneo alla selvaggina migratoria «fino a mezz’ora dopo il tramonto» – in quanto ritenuto contrastante con l’art. 18, comma 7, della legge n. 157 del 1992, il quale dispone invece che il prelievo venatorio è consentito soltanto «fino al tramonto».

La disciplina dettata dall’art. 18, comma 7, appena citato – traducendosi in una misura indispensabile per la sopravvivenza e la riproduzione della fauna selvatica – sarebbe espressione della potestà legislativa esclusiva dello Stato riguardante la «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema», con la conseguenza che non sarebbe derogabile in peius dalle Regioni.

Di qui il dedotto vulnus all’evocato parametro costituzionale, che, con riguardo alla regola contenuta nella disposizione sospettata, sarebbe stato, del resto, già accertato da questa Corte nella sopra menzionata sentenza n. 191 del 2011.

2.2.1.– Secondo il TAR Liguria, anche l’art. 38, comma 8, della legge reg. Liguria n. 29 del 1994 lederebbe l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., sempre in riferimento alla «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema».

La disposizione denunciata prevede che il cacciatore debba annotare sul tesserino venatorio regionale «la sigla del capo abbattuto subito dopo l’abbattimento accertato».

Essa – subordinando l’obbligo di annotazione all’accertamento dell’abbattimento – contrasterebbe con l’art. 12, comma 12-bis, della legge n. 157 del 1992, il quale invece dispone che la fauna selvatica stanziale e migratoria deve essere annotata «subito dopo l’abbattimento», indipendentemente dunque dal suo accertamento.

A parere del giudice a quo, la disciplina statale appena descritta avrebbe finalità «statistiche» e di «monitoraggio delle quote massime di esemplari cacciati» e, in questa prospettiva, sarebbe preordinata alla tutela della fauna e dell’ecosistema. Essa integrerebbe, pertanto, quel nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica il cui rispetto deve essere assicurato sull’intero territorio nazionale e che non può essere ridotto dalle Regioni nell’esercizio della loro potestà legislativa nella materia della caccia.

Ciò sarebbe, tuttavia, avvenuto nella specie, in quanto l’art. 38, comma 8, della legge reg. Liguria n. 29 del 1994, prevedendo che l’abbattimento sia accertato, procrastinerebbe il momento dell’annotazione rispetto a quello dell’abbattimento stesso e, per altro verso, consentirebbe ai cacciatori di omettere la registrazione degli animali «uccisi ma non rintracciati e/o recuperati» a causa di particolari condizioni ambientali o per errore: risulterebbe così frustrata la ratio di «massima tempestività ed accuratezza» dell’obbligo di annotazione posta a fondamento della norma statale.

3.– Si sono costituite l’Associazione Lega per l’abolizione della caccia Onlus e l’Ente nazionale protezione animali – parti ricorrenti nel giudizio principale – chiedendo che le questioni siano accolte sulla scorta di argomentazioni sostanzialmente riproduttive di quelle addotte dal giudice rimettente.

4.– Con memoria depositata il 10 gennaio 2020, si è costituita la Regione Liguria, parte resistente nel giudizio a quo, eccependo l’inammissibilità, per difetto di rilevanza, della questione avente ad oggetto l’art. 34, comma 7-bis, ultimo periodo, della legge reg. Liguria n. 29 del 1994 e sostenendo la manifesta infondatezza della questione afferente all’art. 38, comma 8, della legge appena citata.

5.– Non si sono costituite nel presente giudizio l’Associazione Lega antivivisezione e l’Associazione WWF Italia Onlus, parti ricorrenti nel processo principale; l’Unione Enalcaccia, controinteressato; né, infine, la Federcaccia della Regione Liguria e l’Associazione dei migratoristi italiani per la conservazione dell’ambiente naturale (sede regionale Liguria), intervenute del processo principale.


Considerato in diritto

1.– Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria dubita, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, della legittimità costituzionale degli artt. 34, comma 7-bis, ultimo periodo, e 38, comma 8, della legge della Regione Liguria 1° luglio 1994, n. 29 (Norme regionali per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio).

La prima delle due norme censurate prevede che «[l]a caccia da appostamento fisso o temporaneo alla selvaggina migratoria è consentita fino a mezz’ora dopo il tramonto».

L’altra disposizione denunciata stabilisce che il cacciatore «deve […] indicare, negli appositi spazi [del tesserino venatorio regionale] relativi alla fauna stanziale e migratoria, la sigla del capo abbattuto subito dopo l’abbattimento accertato».

2.– Preliminarmente, va rilevato che la Regione Liguria, parte resistente nel giudizio a quo, si è costituita con atto depositato il 10 gennaio 2020, dunque ben oltre il termine di venti giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza di rimessione nella Gazzetta Ufficiale (art. 3 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale), nella specie avvenuta il 24 aprile 2019.

Da tanto deriva l’inammissibilità della costituzione, giacché, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il suddetto termine deve ritenersi perentorio (ex plurimis, sentenze n. 132, n. 126 e n. 6 del 2018).

Né rileva, in senso contrario, la circostanza che l’odierno scrutinio verta su una disposizione legislativa adottata dalla Regione, con la conseguenza che il Presidente della Giunta regionale aveva anche facoltà d’intervenire nel presente incidente di costituzionalità: ai sensi dell’art. 4, comma 4, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, difatti, anche il deposito dell’atto di intervento deve essere effettuato non oltre venti giorni dalla pubblicazione nella G.U. dell’atto introduttivo del giudizio e la giurisprudenza costituzionale è costantemente orientata a ritenere la natura perentoria pure di siffatto termine (ex plurimis, sentenze n. 254, n. 239 e n. 106 del 2019).

3.– Le questioni sono rilevanti.

3.1.– Secondo quanto riferito dal rimettente, infatti, da un lato, nel giudizio a quo è stato chiesto l’annullamento anche delle determinazioni contenute nella deliberazione della Giunta della Regione Liguria 23 maggio 2018, n. 355 (Calendario venatorio regionale stagione 2018/19. Art. 34, comma 4, L.R. 29/1994), che, nel disciplinare le modalità di annotazione sul tesserino venatorio dei capi di fauna abbattuti e l’orario giornaliero della caccia, recepiscono i precetti dettati dalle disposizioni regionali denunciate.

Dall’altro, le censure mosse al riguardo dai ricorrenti si incentrano proprio su questo aspetto, giacché la disciplina recata da tali disposizioni contrasterebbe con quella statale.

Emerge dunque chiaramente che le questioni sollevate investono norme recepite nel provvedimento amministrativo impugnato, in particolare autorizzando, in riferimento agli orari, l’esercizio della caccia «secondo quanto stabilito dalla normativa regionale» – e quindi anche dal denunciato art. 34, comma 7-bis – e disponendo, riguardo all’annotazione sul tesserino venatorio, che questa avvenga secondo quanto previsto dal censurato art. 38.

Esse, pertanto, dovendo essere applicate dal TAR Liguria per decidere la controversia della quale è investito, sono rilevanti, alla luce del costante orientamento di questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 45 del 2019 e n. 20 del 2018).

3.2.– In proposito, mette conto precisare che la vigenza, e quindi l’applicabilità, in particolare, dell’art. 34, comma 7-bis, ultimo periodo, della legge reg. Liguria n. 29 del 1994 non può essere messa in dubbio sulla scorta della sentenza n. 191 del 2011.

In tale occasione, infatti, il contenuto della norma oggetto dell’odierno scrutinio è stato esaminato solo perché richiamato dall’art. 1, comma unico, della legge della Regione Liguria 29 settembre 2010, n. 15, recante «Modifica della legge regionale 6 giugno 2008, n. 12: Calendario venatorio regionale triennale e modifiche alla legge regionale 1° luglio 1994, n. 29 (Norme regionali per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio) e sue modificazioni e integrazioni»: disposizione, questa, che, nel dettare l’orario giornaliero della caccia afferente al calendario venatorio per le stagioni dal 2008-2009 al 2010-2011, faceva salvo, appunto, il suddetto disposto dell’art. 34, comma 7-bis.

Tuttavia, la questione, promossa in via principale, aveva ad oggetto soltanto l’art. 1, comma unico, della legge reg. Liguria n. 15 del 2010 ed esclusivamente di tale disposizione è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale. Allora, infatti, questa Corte non si è avvalsa del potere di estendere la dichiarazione medesima in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), anche al comma 7-bis dell’art. 34 della legge reg. Liguria n. 29 del 1994.

Quest’ultima disposizione regionale non è stata quindi, per effetto della sentenza n. 191 del 2011, rimossa dall’ordinamento (nello stesso senso, in fattispecie analoga, sentenza n. 436 del 1992).

4.– Ad avviso del TAR rimettente, l’art. 34, comma 7-bis, ultimo periodo, della legge reg. Liguria n. 29 del 1994, consentendo il prelievo venatorio dei capi di fauna migratoria fino a mezz’ora dopo il tramonto nel caso di caccia da appostamento fisso o temporaneo, recherebbe un vulnus all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione alla materia «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema», ponendosi in contrasto con lo standard minimo di tutela previsto dall’art. 18, comma 7, della legge n. 157 del 1992, che ammette l’esercizio della caccia soltanto fino al tramonto.

4.1.– La questione è fondata.

4.2.– Questa Corte nella già ricordata sentenza n. 191 del 2011 ha ribadito, in conformità alla propria giurisprudenza, che la disciplina statale che delimita il periodo entro il quale è consentita l’attività venatoria «è ascrivibile al novero delle misure indispensabili per assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili, rientrando nella materia della tutela dell’ambiente, vincolante per il legislatore regionale». Ha quindi precisato che a tale disciplina sono riconducibili anche «i limiti orari nei quali quotidianamente detta attività è lecitamente svolta in relazione a determinate specie cacciabili», affermando conseguentemente che l’art. 1, comma unico, della legge reg. Liguria n. 15 del 2010, che consentiva, proprio in virtù del rinvio all’art. 34, comma 7-bis, della legge reg. Liguria n. 29 del 1994, la caccia sino a mezz’ora dopo il tramonto, violava il limite fissato dall’art. 18, comma 7, della legge n. 157 del 1992.

Si tratta di conclusioni che vanno qui interamente confermate: i precipui livelli di protezione fissati dalla legge n. 157 del 1992 a salvaguardia dell’ambiente e dell’ecosistema non sono, infatti, derogabili in peius nell’esercizio della competenza legislativa residuale regionale in materia di caccia (ex plurimis, sentenza n. 7 del 2019).

Ne deriva che l’art. 34, comma 7-bis, della legge reg. Liguria n. 29 del 1994 lede l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. in riferimento alla «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema».

5.– A diversa soluzione si perviene con riguardo alla questione che investe l’art. 38, comma 8, della legge reg. Liguria n. 29 del 1994, il quale dispone che il cacciatore deve annotare sul tesserino venatorio i capi di fauna stanziale e migratoria «subito dopo l’abbattimento accertato».

Secondo il giudice a quo, siffatta previsione contrasterebbe con l’art. 12, comma 12-bis, della legge n. 157 del 1992, secondo cui la fauna selvatica stanziale e migratoria deve essere annotata «subito dopo l’abbattimento», indipendentemente dunque dal suo accertamento. La norma regionale, invece, determinerebbe l’effetto di differire l’annotazione, consentendo, peraltro, ai cacciatori di omettere la registrazione degli animali «uccisi ma non rintracciati e/o recuperati» a causa di particolari condizioni ambientali o per errore.

Di qui, a parere del TAR rimettente, la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione alla materia «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema».

5.1.– Le censure non sono fondate.

Questa Corte, nella sentenza n. 249 del 2019, ha chiarito che il comma 12-bis dell’art. 12 della legge n. 157 del 1992 mira a garantire, attraverso la prescritta tempestività dell’annotazione degli abbattimenti, «l’efficacia dei controlli sugli abbattimenti [stessi] e, per tale via, la rilevazione di dati attendibili al riguardo, quale necessaria premessa di una consapevole programmazione venatoria e dell’adozione di misure di protezione della selvaggina appropriate in quanto basate sulla conoscenza della consistenza effettiva della popolazione faunistica: in quest’ottica, la portata precettiva della norma statale concorre a definire il nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica, stabilendo una soglia uniforme di protezione da osservare su tutto il territorio nazionale».

Nel contempo, però, ha altresì precisato che la specificazione in una norma regionale dell’abbattimento come «accertato» non procrastina in alcun modo l’obbligo d’immediata registrazione: il concetto di abbattimento di cui al comma 12-bis dell’art. 12 della legge n. 157 del 1992 ha riguardo, infatti, solo «all’avvenuta uccisione del capo di fauna selvatica», essendo questo l’unico significato coerente con la sopra evidenziata esigenza di conseguire dati certi sulla effettiva entità della popolazione faunistica.

L’obbligo di annotazione presuppone, quindi, che l’animale sia stato realmente abbattuto (nello stesso senso, sentenza n. 291 del 2019), poiché l’esigenza della «massima tempestività dell’annotazione» deve essere sempre correlata «a un evento effettivamente realizzatosi»: ciò in armonia con la finalità stessa dello standard di tutela, che, come dianzi detto, è funzionale a consentire un monitoraggio basato su dati genuini circa la consistenza della popolazione faunistica.

Si deve pertanto escludere che la precisazione, da parte dell’art. 38, comma 8, della legge reg. Liguria n. 29 del 1994, dell’abbattimento come «accertato» determini una diminuzione del livello di protezione stabilito dal legislatore statale, concorrendo, al contrario, a conseguirlo in modo coerente con lo scopo cui è esso preordinato.

Peraltro, la norma regionale denunciata prevede espressamente che l’annotazione debba essere effettuata «subito dopo» l’abbattimento, escludendo così ogni possibilità di differimento dell’obbligo di annotazione rispetto a tale evento, la cui verifica – anche qualora dovesse richiedere uno specifico accertamento dell’effettiva uccisione del capo di fauna – deve, in ogni caso, essere effettuata dal cacciatore immediatamente dopo avere sparato.

5.1.1.– Sulla scorta delle considerazioni che precedono, anche l’ulteriore profilo di censura – che il giudice a quo articola con particolare riferimento alle ipotesi in cui, a causa di proibitive condizioni ambientali o per errore, la norma regionale sospettata consentirebbe di omettere l’annotazione degli animali «uccisi ma non rintracciati e/o recuperati» – è infondato.

Lo stesso rimettente, infatti, assume l’uccisione della preda, evento della cui realizzazione si ha, quindi, certezza: proprio l’avvenuto abbattimento postulato dal TAR Liguria rende palese come l’obbligo dell’immediata annotazione «debba considerarsi già sorto, così che non sono idonee a farlo venir meno le particolari condizioni di tempo, luce e sparo che impediscano il recupero» (sentenza n. 249 del 2019).

Diversamente da quanto ritenuto dal giudice a quo, dunque, l’evidenza, da lui stesso prospettata con riguardo a entrambe le ipotesi formulate, della effettiva uccisione, comporta, in forza della norma regionale, l’obbligo di immediata registrazione sul tesserino venatorio anche nel caso in cui l’esemplare abbattuto non sia stato rinvenuto o recuperato.


Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, comma 7-bis, ultimo periodo, della legge della Regione Liguria 1° luglio 1994, n. 29 (Norme regionali per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio);

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 38, comma 8, della legge reg. Liguria n. 29 del 1994, sollevata, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 gennaio 2020.

F.to:

Marta CARTABIA, Presidente

Luca ANTONINI, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 6 marzo 2020.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA