SENTENZA N. 72 ANNO 2020

Sentenza 72/2020 (ECLI:IT:COST:2020:72)
Giudizio:  GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA PRINCIPALE
Presidente: CARTABIA - Redattore:  CAROSI
Udienza Pubblica del 26/02/2020;    Decisione  del 26/02/2020
Deposito del 24/04/2020;   Pubblicazione in G. U. 29/04/2020  n. 18
Norme impugnate:  Art. 1, c. 1° e 2°, della legge della Regione Puglia 28/03/2019, n. 6.
Massime: 
Atti decisi: ric. 65/2019
  

Pronuncia

SENTENZA N. 72

ANNO 2020


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Marta CARTABIA; Giudici : Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,


ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione Puglia 28 marzo 2019, n. 6, recante «Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502) - LEA sociosanitari - Quote di compartecipazione», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 30 maggio-4 giugno 2019, depositato in cancelleria il 5 giugno 2019, iscritto al n. 65 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Udito nell’udienza pubblica del 26 febbraio 2020 il Giudice relatore Aldo Carosi;

udito l’avvocato dello Stato Giancarlo Pampanelli per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio del 26 febbraio 2020.


Ritenuto in fatto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso iscritto al n. 65 del registro ricorsi del 2019, ha impugnato l’art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione Puglia 28 marzo 2019, n. 6, recante «Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502) - LEA sociosanitari - Quote di compartecipazione», in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e in relazione all’art. 1, commi 2 e 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), all’art. 1, comma 554, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502).

1.1.– Espone il ricorrente che l’art. 1, comma 1, della legge reg. Puglia n. 6 del 2019 dispone in materia di livelli essenziali di assistenza (LEA) prevedendo che: «[a]l fine di recepire le previsioni del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502), viene approvato il prospetto, di seguito riportato, contenente il quadro dei Livelli essenziali di assistenza (LEA) sociosanitari in riferimento alle persone non autosufficienti, alle persone con disabilità e alle persone con disturbi mentali con le relative compartecipazioni».

In detto prospetto le prestazioni per i trattamenti residenziali e semiresidenziali sono limitate a particolari categorie di persone non autosufficienti: «anziani e soggetti affetti da demenza».

Il comma 2 del medesimo articolo stabilisce che: «[l]e quote di compartecipazione di cui innanzi, laddove difformi da quelle attuali, si applicano a decorrere dalla data di sottoscrizione degli accordi contrattuali con le strutture accreditate: a) ai sensi del Reg. reg. 16 aprile 2015, n. 12 (Presidi territoriali di recupero e riabilitazione funzionale dei soggetti portatori di disabilità fisiche, psichiche, sensoriali o miste: fabbisogno, autorizzazione alla realizzazione, autorizzazione all’esercizio, accreditamento, requisiti strutturali, organizzativi e tecnologici); b) ai sensi del regolamento regionale di cui all’articolo 29, comma 6, della legge regionale 2 maggio 2017, n. 9 (Nuova disciplina in materia di autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio, all’accreditamento istituzionale e accordi contrattuali delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private); c) ai sensi del regolamento regionale di modifica del Reg. reg. 13 gennaio 2005, n. 3 (Requisiti per autorizzazione ed accreditamento delle strutture sanitarie) – sezione D.05».

1.2.– Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri i menzionati commi 1 e 2 dell’art. 1 della legge reg. Puglia n. 6 del 2019 violerebbero la competenza legislativa esclusiva riservata allo Stato dall’art. 117, comma 2, lettera m) Cost. in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.

Il ricorrente richiama il quadro normativo di riferimento e rammenta che l’art. 1, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 502 del 1992 ha disposto che: «[i]l Servizio sanitario nazionale assicura, attraverso le risorse finanziarie pubbliche individuate ai sensi del comma 3, e in coerenza con i principi e gli obiettivi indicati dagli articoli 1 e 2 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario nazionale nel rispetto dei principi della dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell’equità nell’accesso all’assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, nonché dell’economicità nell’impiego delle risorse. L’individuazione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza assicurati dal Servizio sanitario nazionale, per il periodo di validità del Piano sanitario nazionale, è effettuata contestualmente all’individuazione delle risorse finanziarie destinate al Servizio sanitario nazionale, nel rispetto delle compatibilità finanziarie definite per l’intero sistema di finanza pubblica nel Documento di programmazione economico-finanziaria. Le prestazioni sanitarie comprese nei livelli essenziali di assistenza sono garantite dal Servizio nazionale a titolo gratuito o con partecipazione alla spesa, nelle forme e secondo le modalità previste dalla legislazione vigente».

Inoltre, il comma 7 del medesimo art. 1 ha stabilito, tra l’altro, che «[s]ono posti a carico del Servizio sanitario le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano, per specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate».

Successivamente, con l’art. 1, comma 554, della legge n. 208 del 2015, è stato disposto che la definizione e l’aggiornamento dei LEA di cui al citato art. 1, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992, «sono effettuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari». A tale previsione è stata data attuazione con il d.P.C.m. 12 gennaio 2017.

Ad avviso del ricorrente, l’art. 30 (Assistenza sociosanitaria residenziale e semiresidenziale alle persone non autosufficienti) di tale decreto prevede – quali livelli essenziali di assistenza – i «trattamenti estensivi di cure e recupero funzionale» di norma non superiori a sessanta giorni (comma 1, lettera a) e i «trattamenti di lungoassistenza, recupero e mantenimento funzionale» (comma 1, lettera b).

2.– Tanto premesso, espone il ricorrente che l’art. 1, comma 1, della legge reg. Puglia n. 6 del 2019, al fine di recepire le previsioni del citato d.P.C.m. 12 gennaio 2017, approva il prospetto contenente il quadro dei trattamenti sanitari che costituiscono i LEA sociosanitari per la cura delle persone non autosufficienti o con disabilità o con disturbi mentali, indicando anche la quota di compartecipazione della Regione alle spese per tali trattamenti.

Osserva il Presidente del Consiglio dei ministri che detta disposizione regionale, pur essendo coerente, dal punto di vista dei trattamenti, con quelli previsti dal Capo IV del d.P.C.m. 12 gennaio 2017, limiterebbe però, al primo riquadro del prospetto, i trattamenti residenziali e semiresidenziali in questione a particolari categorie di soggetti non autosufficienti: «anziani e soggetti affetti da demenza».

Tale limitazione, si prosegue, non troverebbe riscontro nell’art. 30 del citato d.P.C.m. Infatti, detta disposizione, avendo riguardo in particolare all’assistenza sociosanitaria, residenziale e semiresidenziale alle persone non autosufficienti, farebbe genericamente riferimento alla condizione di non autosufficienza dei soggetti assistiti, senza prevedere alcun vincolo di età o la ricorrenza di alcuna specifica patologia per l’erogazione dei menzionati trattamenti.

Pertanto, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, l’art. 1, comma 1 della legge reg. Puglia n. 6 del 2019, limitando e circoscrivendo l’ambito dell’intervento assistenziale regionale a favore unicamente di particolari categorie di persone non autosufficienti («anziani e soggetti affetti da demenza»), contrasterebbe con quanto inderogabilmente disposto dallo Stato nell’esercizio della propria competenza legislativa esclusiva di cui all’art. 117, comma 2, lettera m) Cost., competenza di cui sarebbe espressione e declinazione il menzionato d.P.C.m. 12 gennaio 2017.

3.– Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna poi l’art. 1, comma 2, della medesima legge reg. Puglia n. 6 del 2019 in riferimento ai medesimi parametri.

Espone il ricorrente che detto comma prevede che le nuove quote di compartecipazione regionale ai menzionati trattamenti, stabilite dal comma 1, laddove difformi da quelle attuali, si applicano a decorrere dalla data di sottoscrizione degli accordi contrattuali con le strutture accreditate.

Osserva in proposito il Presidente del Consiglio dei ministri che detta norma, oltre a mostrarsi eccessivamente generica, non individuando un termine certo a partire dal quale le quote di compartecipazione, stabilite a livello regionale, dovranno essere attuate, comporterebbe, di fatto, la mancata (temporanea) applicazione – ovvero il differimento dell’inizio dell’efficacia – dell’art. 30 del d.P.C.m. 12 gennaio 2017 che, nello stabilire le quote di compartecipazione del Servizio sanitario per i trattamenti in questione, ne prevederebbe al contrario l’entrata in vigore dal giorno successivo alla sua data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

La disposizione impugnata comporterebbe inoltre disparità e disomogeneità nell’applicazione delle quote di compartecipazione a livello regionale, considerato che la decorrenza degli accordi contrattuali differirebbe da struttura a struttura, essendo l’efficacia condizionata dalla data della relativa stipula con la Regione.

4.– Il Presidente del Consiglio dei ministri precisa che non verrebbe in contestazione in questa sede il potere delle Regioni di emanare norme di dettaglio, una volta che lo Stato abbia esercitato la propria competenza nella definizione dei LEA, ma sarebbe oggetto di doglianza la violazione e il depauperamento del contenuto degli specifici livelli minimi delle prestazioni sopraindicati operati dalle norme regionali impugnate, livelli che la normativa statale ha inteso garantire in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale e, altresì, all’interno di ogni singola Regione (sono richiamate le sentenze n. 222 del 2013 e n. 10 del 2010). In tal modo, la violazione dell’art. 117, comma 2, lettera m) Cost. si risolverebbe altresì, e di riflesso, nella lesione della tutela della salute e nell’introduzione di non ammissibili disparità di trattamento a livello nazionale e regionale.

5.– La Regione Puglia non si è costituita.


Considerato in diritto

1.– Con il ricorso in epigrafe il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione Puglia 28 marzo 2019 n. 6, recante «Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502) - LEA sociosanitari - Quote di compartecipazione», in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e in relazione all’art. 1, commi 2 e 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), all’art. 1, comma 554, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502).

In particolare, l’impugnato comma 1 stabilirebbe un sistema di erogazione dei LEA su base regionale difforme da quello generale previsto dal d.P.C.m del 12 gennaio 2017 con riguardo alle persone non autosufficienti, alle persone con disabilità e alle persone con disturbi mentali. Infatti, nel prospetto inerente a dette prestazioni, i trattamenti residenziali e semiresidenziali sarebbero limitati a specifiche categorie di soggetti non autosufficienti: «anziani e soggetti affetti da demenza». Tale limitazione non troverebbe riscontro nell’art. 30 del citato d.P.C.m., che farebbe generale riferimento alla condizione di non autosufficienza dei soggetti assistiti, senza prevedere alcun vincolo di età o la ricorrenza di alcuna specifica patologia per l’erogazione dei menzionati trattamenti.

D’altra parte, il successivo comma 2 del medesimo art. 1 della legge reg. Puglia n. 6 del 2019 non individuerebbe un termine certo a partire dal quale le quote di compartecipazione, stabilite a livello regionale, dovranno essere attuate, in tal modo impedendo la (temporanea) applicazione o, comunque, determinando il differimento dell’efficacia dell’art. 30 del citato d.P.C.m. Quest’ultimo, nello stabilire le quote di compartecipazione del Servizio sanitario per i trattamenti in questione, ne prevederebbe, al contrario, l’entrata in vigore dal giorno successivo alla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto stesso. Inoltre, l’art. 1 comma 2 della legge regionale impugnata, subordinando l’applicazione delle nuove quote a decorrere dalla data di sottoscrizione degli accordi contrattuali con le strutture accreditate, comporterebbe disparità e disomogeneità nella loro applicazione a livello regionale, in quanto la decorrenza degli accordi contrattuali potrebbe differire da struttura a struttura, in dipendenza del diverso momento di stipulazione con la Regione.

2.– Deve essere preliminarmente riconosciuta l’ammissibilità delle censure formulate dal ricorrente in relazione al d.P.C.m. del 12 gennaio 2017. Dalla prospettazione del Presidente del Consiglio dei ministri viene anzitutto in rilievo l’intrinseco collegamento del decreto con la competenza statale esclusiva in materia di «livelli essenziali delle prestazioni» (art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.), come risulta dal petitum del ricorso ispirato alla chiara finalità di assicurare la continuità, la completezza e la tempestività nell’erogazione dei servizi sanitari essenziali.

Pur dovendosi riconoscere che il d.P.C.m. non costituisce norma interposta nella accezione formale desumibile dalla giurisprudenza di questa Corte, esso è comunque indispensabile per conformare la disciplina “sostanziale” dei procedimenti legislativi di attuazione dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. in tema di programmazione, finanziamento ed erogazione dei servizi in ambito regionale e di quelli riguardanti i conseguenti procedimenti amministrativi.

3.– Tanto premesso, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge reg. Puglia n. 6 del 2019 è fondata.

La disposizione impugnata prescrive che, «[a]l fine di recepire le previsioni del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502), viene approvato il prospetto, di seguito riportato, contenente il quadro dei Livelli essenziali di assistenza (LEA) sociosanitari in riferimento alle persone non autosufficienti, alle persone con disabilità e alle persone con disturbi mentali con le relative compartecipazioni».

Il prospetto del comma contiene un’elencazione dei LEA relativi alle persone non autosufficienti, alle persone con disabilità e alle persone con disturbi mentali, stabilendo che i trattamenti residenziali e semiresidenziali siano limitati a particolari categorie di persone non autosufficienti (anziani e soggetti affetti da demenza) e non all’intera categoria di tali soggetti come conformata dal d.P.C.m. del 12 gennaio 2017.

Al contrario, l’art. 30 di detto decreto, invocato dal ricorrente, prescrive che «1. Nell’ambito dell’assistenza residenziale, il Servizio sanitario nazionale garantisce alle persone non autosufficienti, previa valutazione multidimensionale e presa in carico: a) trattamenti estensivi di cura e recupero funzionale a persone non autosufficienti con patologie che, pur non presentando particolari criticità e sintomi complessi, richiedono elevata tutela sanitaria con continuità assistenziale e presenza infermieristica sulle 24 ore. I trattamenti, erogati mediante l’impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche, sono costituiti da prestazioni professionali di tipo medico, infermieristico, riabilitativo e di riorientamento in ambiente protesico, e tutelare, accertamenti diagnostici, assistenza farmaceutica, fornitura dei preparati per nutrizione artificiale e dei dispositivi medici di cui agli articoli 11 e 17, educazione terapeutica al paziente e al caregiver. La durata del trattamento estensivo, di norma non superiore a sessanta giorni, è fissata in base alle condizioni dell’assistito che sono oggetto di specifica valutazione multidimensionale, da effettuarsi secondo le modalità definite dalle regioni e dalle province autonome; b) trattamenti di lungoassistenza, recupero e mantenimento funzionale, ivi compresi interventi di sollievo per chi assicura le cure, a persone non autosufficienti. I trattamenti sono costituiti da prestazioni professionali di tipo medico, infermieristico, riabilitativo e di riorientamento in ambiente protesico, e tutelare, accertamenti diagnostici, assistenza farmaceutica e fornitura dei preparati per nutrizione artificiale e dei dispositivi medici di cui agli articoli 11 e 17, educazione terapeutica al paziente e al caregiver, con garanzia di continuità assistenziale, e da attività di socializzazione e animazione. 2. I trattamenti estensivi di cui al comma 1, lettera a) sono a carico del Servizio sanitario nazionale. I trattamenti di lungoassistenza di cui al comma 1, lettera b) sono a carico del Servizio sanitario nazionale per una quota pari al 50 per cento della tariffa giornaliera. 3. Nell’ambito dell’assistenza semiresidenziale, il Servizio sanitario nazionale garantisce trattamenti di lungoassistenza, di recupero, di mantenimento funzionale e di riorientamento in ambiente protesico, ivi compresi interventi di sollievo, a persone non autosufficienti con bassa necessità di tutela sanitaria. 4. I trattamenti di lungoassistenza di cui al comma 3 sono a carico del Servizio sanitario nazionale per una quota pari al 50 per cento della tariffa giornaliera».

3.1.– La normativa censurata muove dall’erroneo presupposto che, senza recezione in una legge regionale, le prescrizioni afferenti ai LEA non vigano nell’ambito dell’ordinamento regionale.

I LEA rappresentano “standard minimi” (sentenza n. 115 del 2012) da assicurare in modo uniforme su tutto il territorio nazionale affinché sia evitato che, in parti del territorio nazionale, gli utenti debbano assoggettarsi ad un regime di assistenza sanitaria inferiore, per quantità e qualità, a quello ritenuto intangibile dallo Stato essendo limitata la possibilità delle singole Regioni, nell’ambito della loro competenza concorrente in materia di diritto alla salute, a migliorare eventualmente i suddetti livelli di prestazioni (sentenza n. 125 del 2015).

L’indefettibilità e la generalità di una disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale sono collegate a specifiche prestazioni delle quali la normativa statale definisce il livello essenziale di erogazione, pur in un sistema caratterizzato da autonomia regionale e locale costituzionalmente garantite. Tale profilo riguarda una competenza del legislatore statale «idonea ad investire tutte le materie, rispetto alle quali il legislatore stesso deve poter porre le norme necessarie per assicurare a tutti, sull’intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle» (sentenza n. 231 del 2017).

Il riferimento ai «soli anziani e soggetti affetti da demenza», presente nel prospetto di cui al comma 1, costituisce un’indebita restrizione e limitazione delle prestazioni essenziali, in quanto, escludendo gli altri soggetti non autosufficienti, riduce il novero dei destinatari delle prestazioni socio-sanitarie, legandole alla presenza di un requisito di età o alla sussistenza di una determinata patologia che non trovano riscontro nel d.P.C.m. del 2017. Tale decreto costituisce il provvedimento finale del procedimento di individuazione dei LEA previsto sin dalla legge n. 502 del 1992 e quindi attua e specifica l’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. Da ciò consegue la violazione di detto parametro e la fondatezza della proposta questione di legittimità.

È stato in proposito precisato che la determinazione, il finanziamento e l’erogazione dei LEA compongono un sistema articolato il cui equilibrio deve essere assicurato «dalla sinergica coerenza dei comportamenti di tutti i soggetti coinvolti nella sua attuazione» (sentenza n. 62 del 2020). In tale prospettiva, in sede di programmazione finanziaria, i costi unitari fissati dal d.P.C.m. del 12 gennaio 2017 sono funzionali alla determinazione quantitativa e qualitativa in sede previsionale «sulla base del fabbisogno storico delle singole realtà regionali e sulle altre circostanze, normative e fattuali, che incidono sulla dinamica della spesa per le prestazioni sanitarie. Successivamente tale proiezione estimatoria [viene] aggiornata in corso di esercizio sulla base delle risultanze del monitoraggio del Tavolo tecnico di verifica» (ancora sentenza n. 62 del 2020).

La sottrazione a tale meccanismo di garanzia delle prestazioni afferenti ai LEA della Regione Puglia ha dunque una notevole ricaduta, in termini di effettività, sull’attuazione dell’art. 117, secondo comma, lettera m) Cost.

4.– Analoghe ragioni inducono a dichiarare costituzionalmente illegittimo anche il comma 2 del medesimo art. 1 della legge reg. Puglia n. 6 del 2019 per contrasto con gli stessi parametri violati dal comma 1.

La disposizione prescrive che «[l]e quote di compartecipazione di cui innanzi, laddove difformi da quelle attuali, si applicano a decorrere dalla data di sottoscrizione degli accordi contrattuali con le strutture accreditate: a) ai sensi del regolamento regionale 16 aprile 2015, n. 12 (Presidi territoriali di recupero e riabilitazione funzionale dei soggetti portatori di disabilità fisiche, psichiche, sensoriali o miste: fabbisogno, autorizzazione alla realizzazione, autorizzazione all’esercizio, accreditamento, requisiti strutturali, organizzativi e tecnologici); b) ai sensi del regolamento regionale di cui all’articolo 29, comma 6, della legge regionale 2 maggio 2017, n. 9 (Nuova disciplina in materia di autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio, all’accreditamento istituzionale e accordi contrattuali delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private); c) ai sensi del regolamento regionale di modifica del regolamento regionale 13 gennaio 2005, n. 3 (Requisiti per autorizzazione ed accreditamento delle strutture sanitarie) – sezione D.05».

4.1.– Non vi è dubbio che, così disponendo, il comma impugnato renda temporaneamente inapplicabile in parte qua il d.P.C.m. del 12 gennaio 2017, continuando a far riferimento alla disciplina previgente.

Anche se la diversità di impostazione tra il citato d.P.C.m. e il Piano regionale di salute adottato con la legge della Regione Puglia 19 settembre 2008, n. 23 (Piano regionale di salute 2008-2010) rende difficile un confronto omogeneo tra i due contesti normativi così diversamente articolati (peraltro il richiamato d.P.C.m. ha generalmente ampliato il ventaglio delle prestazioni in modo sensibile, proprio in ragione del consistente lasso temporale che divideva l’emanazione dell’ultimo decreto rispetto al precedente), tale confronto non si rende affatto necessario in ragione dell’attribuzione allo Stato della competenza esclusiva in materia di determinazione dei LEA.

Come si è già precisato nel precedente punto 3.1., il legislatore regionale non ha il potere di interferire nella determinazione dei LEA, la cui articolata disciplina entra automaticamente nell’ordinamento regionale afferente alla cura della salute, né tantomeno di differirne in blocco l’efficacia. Infatti i costi, i tempi e le caratteristiche qualitative delle prestazioni indicate nel decreto e nelle altre disposizioni statali che si occupano di prescrizioni indefettibili in materia sanitaria comportano nei diversi ambiti regionali – attraverso una dialettica sinergia tra Stato e Regione (sentenza n. 169 del 2017) – un coerente sviluppo in termini finanziari e di programmazione degli interventi costituzionalmente necessari.


Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione Puglia 28 marzo 2019, n. 6, recante «Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502) - LEA sociosanitari - Quote di compartecipazione».

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 febbraio 2020.

F.to:

Marta CARTABIA, Presidente

Aldo CAROSI, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 24 aprile 2020.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA