Ordinanza 198/2011

Ordinanza 198/2011
Giudizio GIUDIZIO SULL'AMMISSIBILITÀ DI RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE TRA POTERI DELLO STATO

Presidente QUARANTA - Redattore GROSSI

Camera di Consiglio del 07/06/2011 Decisione del 20/06/2011
Deposito del 24/06/2011 Pubblicazione in G. U. 29/06/2011
Norme impugnate: Ammissibilità di conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato sorto a seguito della approvazione, in parte qua, da parte della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, della legge 26/05/2011, n. 75 e della presentazione da parte del Governo, in sede di conversione, dell'emendamento n. 5800 (testo corretto), che sostituisce l'art. 5 del decreto legge 31/03/2011, n. 34.
Massime: 35714
Atti decisi: confl. pot. amm. 8/2011


ORDINANZA N. 198

ANNO 2011



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI,



ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della approvazione, in parte qua, da parte della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, della legge 26 maggio 2011, n. 75 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, recante disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo) e della presentazione da parte del Governo, in sede di conversione, dell’emendamento n. 5800 (testo corretto), che sostituisce l’art. 5 del decreto legge 31 marzo 2011, n. 34, promosso da Antonio Di Pietro ed altri nella qualità di promotori e presentatori della richiesta di referendum abrogativo di alcune norme in materia di nuove centrali per la produzione di energia nucleare, con ricorso depositato in cancelleria il 31 maggio 2011 ed iscritto al n. 8 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2011, fase di ammissibilità.

udito nella camera di consiglio del 7 giugno 2011 il Giudice relatore Paolo Grossi.



Ritenuto che, con ricorso depositato il 31 maggio 2011, Antonio Di Pietro, Vincenzo Maruccio, Benedetta Parenti e Gianluca De Filio, nella loro qualità di promotori e presentatori della richiesta di referendum abrogativo delle «Norme in materia di nuove centrali per la produzione di energia nucleare», hanno proposto conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato contro la Camera dei deputati, il Senato della Repubblica, in riferimento all’art. 5, commi 1 e 8, del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34 (Disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di moratoria nucleare, di partecipazione della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo), convertito con modificazioni dalla legge 26 maggio 2011, n. 75 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, recante disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo), e contro il Governo per la presentazione, in sede di conversione, dell’emendamento aggiuntivo n. 5800 (testo corretto) che ha sostituito l’art. 5 del presente decreto-legge;

che i ricorrenti – rammentate le ragioni che (a seguito del disastro della centrale nucleare giapponese di Fukushima) hanno portato il Governo ad inserire nel decreto-legge n. 34 del 2011 l’art. 5, intitolato «Sospensione dell’efficacia di disposizioni del decreto legislativo n. 31 del 2010», e ricostruito il relativo iter di conversione in legge della norma medesima, oggetto di un emendamento governativo che ne ha modificato radicalmente il contenuto – deducono che nella normativa risultante dalla legge di conversione convivono contraddittoriamente due anime, di cui una contraria al nucleare, in quanto i commi da 2 a 7 abrogano o comunque modificano radicalmente le disposizioni del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, nel senso auspicato dai promotori del referendum, e, l’altra, favorevole al ritorno al nucleare entro un anno, a seguito di ulteriori evidenze scientifiche (commi 1 e 8); sicché, nonostante le norme sottoposte a referendum siano state abrogate, il nucleare non è di per sé vietato dalla legge n. 75 del 2011;

che, data per pacifica la sussistenza dei presupposti soggettivi del conflitto ed affermata la possibilità di contestare la menomazione alle attribuzioni costituzionali di un potere dello Stato che siano provocate da una legge o da un atto con forza di legge, quanto ai presupposti oggettivi i ricorrenti osservano che, nella specie, è stato posto in essere un vero e proprio eccesso di potere legislativo dal Governo e dalle Camere a danno dei promotori del referendum in oggetto, in quanto il motivo determinante l’abrogazione legislativa – come chiaramente espresso nel corso dei lavori parlamentari dal Ministro dello Sviluppo economico e ribadito dal Presidente del Consiglio – non è stato quello di dare una nuova disciplina della materia, ma solo quello di impedire lo svolgimento della consultazione referendaria sul nucleare;

che, se è vero che questa Corte (nella sentenza n. 68 del 1978) ha affermato che le Camere, pur conservando la loro potestà legislativa, non possono “bloccare” il procedimento referendario qualora i principi ispiratori della nuova disciplina non divergano da quelli della normativa sottoposta a referendum, e che il giudizio per l’accertamento di tale divergenza è attribuito all’Ufficio Centrale per il Referendum al fine di consentire o meno il prosieguo delle operazioni referendaria, ciò tuttavia non esclude che la Corte «possa conoscere in via incidentale dell’eventuale incostituzionalità delle disposizioni della legge abrogatrice e in sede di conflitto di attribuzione tra poteri delle eventuali menomazioni arrecate alle attribuzioni costituzionali dei promotori e dei sottoscrittori della richiesta referendaria», che comunque sono interessati a tale accertamento;

che, nel merito, i promotori denunciano innanzitutto la «violazione degli artt. 3 e 75 Cost., posta in essere dal Governo con la presentazione dell’emendamento aggiuntivo all’art. 5 del d.1. n. 34 del 2011 e dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica con l’approvazione, in parte qua, della legge di conversione 26 maggio 2011, n. 75», derivante dal fatto che la (pur legittima) scelta di proseguire nella politica favorevole al ritorno al nucleare «sia stata perseguita in maniera ambigua anticipando l’abrogazione legislativa delle norme già sottoposte alla richiesta abrogativa referendaria al preciso scopo di evitare il pronunciamento dei cittadini»; laddove «i promotori, una volta ammessa la richiesta e convocato il referendum per una certa data, hanno diritto a che sul referendum si voti in quel dato giorno, a meno che il Parlamento: a) con una legge non incostituzionale non detti una disciplina che si ispiri a principi diversi da quelli sottesi alla richiesta referendaria; oppure b) abroghi puramente e semplicemente le norme sottoposte a referendum»;

che i ricorrenti deducono, altresì, la violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost. e dell’art. 97 del regolamento del Senato della Repubblica posta in essere dal Governo con la presentazione dell’emendamento aggiuntivo all’art 5 del d.d.l. di conversione del d.l. n. 34 del 2011 e dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica con l’approvazione, in parte qua, della legge di conversione 26 maggio 2011, n. 75, in quanto risulterebbe evidente, da un lato, che la proposta abrogazione legislativa mira soltanto ad evitare che sulle norme vigenti si pronuncino i cittadini; e, dall’altro lato, che l’adeguamento degli impianti ai nuovi parametri di sicurezza non giustifica la necessità e l’urgenza di abrogare le norme contenute nel d.lgs. n. 31 del 2010 (essendo tali norme già sospese nella loro efficacia dal decreto-legge n. 34 del 2011), e che l’emendamento in contestazione sarebbe stato estraneo «all’oggetto della discussione» e, come tale, improponibile;

che, d’altra parte, i promotori osservano che la illegittimità può derivare anche dagli emendamenti inseriti in sede di conversione, come sottolineato dalla giurisprudenza costituzionale e come rammentato dal Capo dello Stato in messaggi motivati tesi a richiamare l’osservanza da parte delle Camere dei princìpi sanciti dalla Costituzione in tema di decretazione di urgenza;

che, con atto depositato il 6 giugno del 2011, i promotori e i presentatori della richiesta di referendum abrogativo delle «Norme in materia di nuove centrali per la produzione di energia nucleare» hanno dichiarato di rinunciare al ricorso.

Considerato che la rinuncia, in questa fase, determina la necessità di dichiarare, con assoluta precedenza, l’estinzione del processo.



per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara estinto il processo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2011.

F.to:

Alfonso QUARANTA, Presidente

Paolo GROSSI, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 24 giugno 2011.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: MELATTI