Ordinanza 9/2011

Ordinanza 9/2011
Giudizio

Presidente DE SIERVO - Redattore MAZZELLA

Udienza Pubblica del 16/11/2010 Decisione del 10/01/2011
Deposito del 12/01/2011 Pubblicazione in G. U. 19/01/2011
Norme impugnate: Art. 20, c. 1°, secondo capoverso, del decreto legge 25/06/2008, n. 112, convertito in legge 06/08/2008, n. 133.
Massime:
Atti decisi: ord. 263/2009


ORDINANZA N. 9

ANNO 2011



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Ugo DE SIERVO; Giudici : Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,



ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 20, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 promosso dalla Corte d’appello di Torino nel procedimento vertente tra la Compagnia Valdostana delle Acque s.p.a. e l’I.N.P.S. con ordinanza del 15 luglio 2009, iscritta al n. 263 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell’anno 2009.

Visti gli atti di costituzione della Compagnia Valdostana delle Acque s.p.a. e dell’ I.N.P.S. nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 16 novembre 2010 il Giudice relatore Luigi Mazzella;

uditi gli avvocati Marino Bin e Luigi Manzi per la Compagnia Valdostana delle Acque s.p.a., Antonino Sgroi per l’ I.N.P.S. e l’avvocato dello Stato Paola Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.



Ritenuto che nel corso di un giudizio civile promosso dalla Compagnia Valdostana delle Acque S.p.A. - Compagnie Valdotaine des Eaux S.p.A. contro l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), la Corte d’appello di Torino ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24, primo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 20, comma 1, «secondo capoverso» [rectius: secondo periodo], del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

che la Corte rimettente premette che la società appellante ha chiesto all’INPS la restituzione delle contribuzioni per malattia e maternità versate nel periodo 1° giugno 2001-31 dicembre 2006, affermando di aver erogato direttamente ai propri lavoratori – già dipendenti dell’Ente nazionale per l’energia elettrica (ENEL) – le relative prestazioni;

che il giudice a quo afferma che, in virtù dell’art. 18 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, la Compagnia Valdostana delle Acque gestisce nella Valle d’Aosta il servizio in precedenza gestito dall’ENEL e che la società rivendica a suo favore il medesimo esonero dal pagamento dei contributi di malattia spettante all’ENEL ai sensi del d.P.R. 17 marzo 1965, n. 145 (Disciplina dell’assicurazione obbligatoria contro le malattie e del trattamento economico di maternità per il personale dipendente dall’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica - ENEL), normativa che ricalcava l’art. 6 della legge 11 gennaio 1943, n. 138 (Costituzione dell’Ente «Mutualità fascista - Istituto per l’assistenza di malattia ai lavoratori»);

che l’esonero era collegato al fatto che l’ENEL corrispondeva direttamente ai propri dipendenti il trattamento di malattia e, secondo la società, l’ultrattività di tali disposizioni deriverebbe dall’art. 18 del decreto-legge n. 333 del 1992, il quale ha esteso alle società per azioni nate dalla privatizzazione di enti pubblici l’applicazione dell’art. 3, comma 2, della legge 30 luglio 1990, n. 218 (Disposizioni in materia di ristrutturazione e integrazione patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubblico), il quale faceva salvi «i diritti quesiti, gli effetti di leggi speciali e quelli rivenienti dalla originaria natura pubblica dell’ente di appartenenza»;

che la Corte rimettente richiama la sentenza n. 10232 del 2003 resa dalle sezioni unite della Corte di cassazione, la quale ha statuito che l’art. 6, secondo comma, della legge n. 138 del 1943, che esonera l’INPS dal pagamento dell’indennità quando il trattamento economico di malattia venga corrisposto per legge o per contratto collettivo dal datore di lavoro non vale ad escludere l’obbligo di contribuzione previdenziale a favore dello stesso istituto previdenziale;

che, ad avviso della Corte d’appello di Torino, tale pronuncia «riguarda dunque tutti i datori di lavoro che corrispondono direttamente il trattamento di malattia e non solo quelli che lo fanno in base alla contrattazione collettiva»;

che il giudice a quo aggiunge che, nelle more del giudizio, è sopravvenuto l’art. 20, comma 1, decreto-legge n. 112 del 2008, a norma del quale «Il secondo comma dell’art. 6, della legge 11 gennaio 1943, n. 138, si interpreta nel senso che i datori di lavoro che hanno corrisposto per legge o per contratto collettivo, anche di diritto comune, il trattamento economico di malattia, con conseguente esonero dell’Istituto nazionale della previdenza sociale dall’erogazione della predetta indennità, non sono tenuti al versamento della relativa contribuzione all’Istituto medesimo. Restano acquisite alla gestione e conservano la loro efficacia le contribuzioni comunque versate per i periodi anteriori alla data del 1° gennaio 2009»;

che, secondo la Corte rimettente, tale norma, riguardando anche i datori di lavoro, quale la Compagnia Valdostana delle Acque, che corrispondono direttamente l’indennità di malattia ai propri dipendenti in base a disposizione di legge, si applica anche alla fattispecie oggetto del giudizio a quo, impedendo la ripetizione delle contribuzioni già versate dall’appellante che si riferiscono a periodi anteriori alla data del 1° gennaio 2009 e non potrebbe giustificare una diversa conclusione il fatto che la società eseguì a suo tempo i versamenti dei contributi con riserva di ripetizione, poiché il secondo periodo dell’art. 20, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008, con l’utilizzo dell’avverbio «comunque», si riferisce a tutti i versamenti già eseguiti, ivi compresi quelli effettuati con riserva di ripetizione;

che la Corte d’appello di Torino ritiene che la norma, laddove dispone che le contribuzioni «comunque versate» per i periodi anteriori al 1° gennaio 2009 restano acquisite alla gestione, violi in primo luogo l’art. 3 Cost., poiché introduce una disparità di trattamento fortemente lesiva del principio di uguaglianza tra soggetti che nulla hanno versato e soggetti che, come la società appellante, hanno preferito pagare i contributi, pur con riserva di ripetizione, tra l’altro favorendo i soggetti meno meritevoli di tutela;

che, ad avviso della rimettente, sarebbe violato anche l’art. 24, primo comma, Cost., e, in particolare, il principio secondo cui tutti possono agire per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi;

che nel giudizio di costituzionalità si è costituita la Compagnia Valdostana delle Acque - Compagnie Valdotaine des Eaux S.p.A., la quale ha concluso per l’accoglimento della questione di illegittimità costituzionale, richiamando, relativamente alla rilevanza della questione, le argomentazioni contenute nell’ordinanza di rimessione;

che, per quel che riguarda la violazione dell’art. 3 Cost., la Compagnia Valdostana delle Acque afferma che la norma censurata contrasta con il principio di eguaglianza e di ragionevolezza, sia perché tratta alla stessa maniera situazioni diverse – quelle in cui versano chi ha corrisposto i contributi di malattia con riserva di ripetizione e chi li ha invece pagati volontariamente e senza condizioni – sia perché tratta in maniera diversa situazioni uguali – quella di chi ha pagato con riserva di ripetizione e quella di chi non ha versato affatto i contributi in oggetto –;

che l’art. 24 Cost. sarebbe invece violato perché la disposizione censurata sottrarrebbe irragionevolmente al datore di lavoro un’azione (quella di ripetizione) che gli spetta in base al diritto vivente rappresentato dalla giurisprudenza di legittimità che consente al datore di lavoro, che ha eseguito il pagamento dei contributi con riserva, di agire per la loro restituzione;

che si è costituito anche l’INPS, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata «irrilevante, inammissibile e comunque infondata»;

che, circa l’irrilevanza della questione, l’ente previdenziale sostiene che l’obbligo di pagare ai propri dipendenti l’indennità di malattia grava sulla Compagnia Valdostana delle Acque, non in virtù di un contratto collettivo, bensì in forza della normativa speciale rappresentata dagli artt. 1 e 2 del d.P.R. n. 145 del 1965, i quali contestualmente prevedono l’obbligo di versare la contribuzione di malattia;

che la questione sarebbe inammissibile anche perché relativa ad una norma (l’art. 20, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008) che riguarda i versamenti dei contributi di malattia non più dovuti in virtù dell’interpretazione che il legislatore ha dato dell’art. 6 della legge n. 138 del 1943, mentre la fattispecie oggetto del giudizio a quo è disciplinata dal d. P. R. n. 145 del 1965;

che, nel merito, la questione sarebbe infondata perché il legislatore ha semplicemente inserito, in una norma di interpretazione autentica, una disposizione che fa salvi i pagamenti eseguiti antecedentemente alla sua entrata in vigore, analogamente a quanto lo stesso legislatore aveva disposto in precedenti occasioni;

che nel giudizio di costituzionalità è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale chiede che la questione sia dichiarata infondata;

che, in riferimento alla denunciata lesione dell’art. 3 Cost., la difesa dello Stato sostiene che la norma censurata tempera gli effetti derivanti dalla cancellazione retroattiva dell’obbligo contributivo, la quale altrimenti avrebbe esposto l’INPS ad un numero indeterminato di azioni di ripetizione con conseguente rischio di compromissione della possibilità per l’ente previdenziale di erogare le provvidenze previste in caso di malattia dei lavoratori subordinati;

che, ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, non sussisterebbe violazione dell’art. 24 Cost., poiché la norma oggetto della questione di legittimità costituzionale concerne profili di diritto sostanziale, in riferimento ai quali, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, non può essere denunciata la lesione del predetto parametro costituzionale.

Considerato che la Corte d’appello di Torino dubita, in riferimento agli artt. 3 e 24, primo comma, della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 20, comma 1, «secondo capoverso» [rectius: secondo periodo], del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

che tale norma dispone che «Il secondo comma dell’art. 6 della legge 11 gennaio 1943, n. 138, si interpreta nel senso che i datori di lavoro che hanno corrisposto per legge o per contratto collettivo, anche di diritto comune, il trattamento economico di malattia, con conseguente esonero dell’Istituto nazionale della previdenza sociale dall’erogazione della predetta indennità, non sono tenuti al versamento della relativa contribuzione all’Istituto medesimo. Restano acquisite alla gestione e conservano la loro efficacia le contribuzioni comunque versate per i periodi anteriori alla data del 1° gennaio 2009»;

che la Corte rimettente dà atto che la domanda di rimborso dei contributi di malattia è stata proposta dalla Compagnia Valdostana delle Acque sostenendo che, in base alla disciplina speciale valevole per l’ENEL – d.P.R. 17 marzo 1965, n. 145 (Disciplina dell’assicurazione obbligatoria contro le malattie e del trattamento economico di maternità per il personale dipendente dall’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica - ENEL) – questo ente era, da un lato, tenuto a pagare ai propri dipendenti il trattamento economico di malattia (art. 1) e, dall’altro, esonerato dal versare all’INPS la relativa contribuzione (art. 2) e che essa Compagnia è nata a seguito della privatizzazione dell’ENEL e pertanto si applica ad essa l’art. 18 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, il quale ha esteso alle società per azioni sorte dalla privatizzazione di enti pubblici l’applicazione dell’art. 3, comma 2, della legge 30 luglio 1990, n. 218 (Disposizioni in materia di ristrutturazione e integrazione patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubblico), che faceva salvi «i diritti quesiti, gli effetti di leggi speciali e quelli rivenienti dalla originaria natura pubblica dell’ente di appartenenza», tra i quali deve essere ricompreso anche quello dell’esonero dall’obbligo di versamento della contribuzione di malattia di cui al d.P.R. n. 145 del 1965;

che, dunque, nel giudizio a quo non si fa questione dell’applicazione o dell’interpretazione dell’art. 6 della legge n. 138 del 1943, poiché la società datrice di lavoro non chiede la restituzione dei contributi assumendo che da tale norma discende il diritto dei datori di lavoro che erogano il trattamento di malattia ai propri dipendenti a non versare la relativa contribuzione, bensì sostiene di essere beneficiaria di una normativa speciale rispetto a quella generale rappresentata dal citato art. 6 della legge n. 138 del 1943;

che la definizione del giudizio principale richiede che si stabilisca se l’art. 3, comma 2, della legge n. 218 del 1990 produca o no l’effetto di estendere alla Compagnia Valdostana delle Acque la speciale normativa originariamente prevista per l’ENEL, la quale testualmente esclude l’obbligo di versamento della contribuzione di malattia;

che, posto che la norma censurata contiene l’interpretazione autentica, non del d.P.R. n. 145 del 1965, né dell’art. 3 della legge n. 218 del 1990, bensì dell’art. 6 della legge n. 138 del 1943, la Corte remittente avrebbe dovuto spiegare per quale motivo la sollevata questione di legittimità costituzionale sarebbe rilevante nel giudizio principale, poiché, quale che possa essere il giudizio di questa Corte in ordine alla legittimità costituzionale dell’art. 20 del decreto-legge n. 112 del 2008, se il giudice a quo dovesse ritenere che le prescrizioni del d.P.R. n. 145 del 1965 si applicano alla società ricorrente nel giudizio principale, la conclusione sarebbe, in ogni caso, l’accoglimento della pretesa restitutoria avanzata da quest’ultima senza necessità di fare applicazione dell’art. 6 della legge n. 138 del 1943 o dell’art. 20 del decreto-legge n. 112 del 2008;

che la Corte d’appello di Torino si limita ad affermare che l’orientamento della giurisprudenza di legittimità (secondo cui l’art. 6 della legge n. 138 del 1943 si interpreta nel senso che l’erogazione del trattamento di malattia da parte dei datori di lavoro non esonera questi ultimi dall’obbligazione contributiva) si applica anche ai datori di lavoro che corrispondono ai propri dipendenti il trattamento di malattia in virtù di disposizioni legislative, ma una simile affermazione non spiega per quale motivo il d.P.R. n. 145 del 1965 non sarebbe applicabile alla Compagnia Valdostana delle Acque nella parte in cui esclude l’obbligo del datore di lavoro di versare la contribuzione di malattia;

che le questioni di legittimità costituzionale sono dunque manifestamente inammissibili per insufficiente motivazione sulla rilevanza.



per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 20, comma 1, «secondo capoverso» [rectius: secondo periodo], del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24, primo comma, della Costituzione, dalla Corte d’appello di Torino con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 gennaio 2011.

F.to:

Ugo DE SIERVO, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 12 gennaio 2011.

Il Cancelliere

F.to: FRUSCELLA