Sentenza 7/2011

Sentenza 7/2011
Giudizio

Presidente DE SIERVO - Redattore MAZZELLA

Udienza Pubblica del 03/11/2010 Decisione del 16/12/2010
Deposito del 05/01/2011 Pubblicazione in G. U. 12/01/2011
Norme impugnate: Artt. 1, c. 6°, da 4 a 8 e 28, c. 10°, della legge della Regione Liguria 28/12/2009, n. 63.
Massime:
Atti decisi: ric. 38/2010


SENTENZA N. 7

ANNO 2011



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Ugo DE SIERVO; Giudici : Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,



ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 6, da 4 a 8 e 28, comma 10, della legge della Regione Liguria 28 dicembre 2009, n. 63 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2010), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 26 febbraio - 3 marzo 2010, depositato in cancelleria l’8 marzo 2010 ed iscritto al n. 38 del registro ricorsi 2010.

Visto l’atto di costituzione della Regione Liguria;

udito nell’udienza pubblica del 3 novembre 2010 il Giudice relatore Luigi Mazzella;

uditi l’avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Orlando Sivieri per la Regione Liguria.



Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso depositato in cancelleria l’8 marzo 2010, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato, con riferimento agli artt. 3, 97, 117, commi primo e secondo, lettere e), l) e m), e terzo, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 6, e 4, 5, 6, 7, 8 e 28, comma 10, della legge della Regione Liguria 28 dicembre 2009, n. 63 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2010).

1.1. – Quanto all’art. 1, comma 6, il Presidente del Consiglio riferisce che la norma censurata ha modificato la legge regionale 11 marzo 2008, n. 5, recante «Disciplina delle attività contrattuali regionali in attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture) e successive modificazioni ed integrazioni», inserendo, dopo l’art. 27, l’art. 27-bis, intitolato “Finanza di progetto”. La nuova disposizione autorizza i soggetti privati, che intendano promuovere interventi realizzabili con capitale privato, quand’anche non previsti negli strumenti di programmazione, a presentare uno studio di “pre-fattibilità”, senza alcun diritto al compenso per la prestazione eseguita o alla realizzazione dell’intervento proposto; stabilisce che l’Amministrazione, qualora ritenga di pubblico interesse l’intervento, abbia facoltà di ricercare, mediante procedura ad evidenza pubblica, i soggetti che intendano concorrere al ruolo di promotore; e dispone che la Giunta regionale adotti con proprio provvedimento linee guida in tema di finanza di progetto relativamente ad opere di interesse dell’Amministrazione regionale.

Secondo il Presidente del Consiglio, tale disposizione disciplina la materia della finanza di progetto in modo parzialmente difforme rispetto a quanto disposto dagli artt. 4 e 153 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture), in quanto, in luogo dello studio di fattibilità, previsto dalla disciplina statale quale momento iniziale del procedimento, introduce uno studio di pre-fattibilità il cui significato non è ben delineato, e soprattutto in quanto, a differenza della corrispondente norma statale, non contempla un obbligo per l’amministrazione di provvedere su tali proposte. In tal modo, la norma regionale violerebbe l’art. 117, primo comma, Cost. (vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario) e l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. (tutela della concorrenza), poiché inciderebbe su una procedura di evidenza pubblica, la cui disciplina riflette quella operante in ambito comunitario.

In particolare, poi, il comma 4 dello stesso art. 27-bis, nell’autorizzare la Giunta ad adottare, con proprio provvedimento, linee guida in tema di finanza di progetto, relativamente ad opere di interesse dell’Amministrazione regionale, invaderebbe la competenza esclusiva dello Stato, cui solo spetta l’indicazione di linee-guida in una materia di sua esclusiva pertinenza.

La disposizione, infine, violerebbe anche l’art. 117, secondo comma, lettere l) (ordinamento civile) e m) (livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili), Cost.

1.2. – Il ricorrente censura, poi, l’art. 4 della legge regionale in parola. Secondo il Presidente del Consiglio tale norma – nel disporre che il compenso per l’esercizio di compiti che comportano specifiche responsabilità, previsto dall’art. 17, secondo comma, lettera f) del contratto collettivo nazionale di lavoro, può essere corrisposto alla generalità dei dipendenti di categoria B e C a cui è attribuita la responsabilità del procedimento ai sensi della vigente normativa, e che i criteri e le condizioni per l’erogazione del compenso sono definiti tenendo presenti le specifiche condizioni organizzative dell’ente, nell’ambito delle risorse per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività previste dal predetto contratto collettivo e sulla base della contrattazione decentrata – si pone in contrasto con le disposizioni contenute nel titolo terzo del d.lgs. 20 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni), che complessivamente individua le procedure da seguire in sede di contrattazione e sancisce l’obbligo del rispetto della normativa contrattuale. La norma in esame, in tal modo, contrasterebbe con l’art. 117, secondo comma, lettera 1), Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia dell’ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile, tra i quali certamente la materia del rapporto di impiego privatizzato e dei contratti collettivi.

1.3. – Il successivo art. 5 della legge regionale, disponendo che, per la copertura di posti vacanti nella dotazione in organico, siano banditi concorsi pubblici riservati per titoli ed esami per soggetti che siano in possesso di taluni requisiti (almeno un anno di attività maturato nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge presso la Regione Liguria, presenza in servizio presso la Regione Liguria alla data di entrata in vigore della presente legge, titolarità di uno dei seguenti rapporti con la Regione Liguria: contratto di somministrazione di lavoro; contratto di collaborazione coordinata e continuativa; contratto di lavoro subordinato a tempo determinato) e disponendo che, in tale fattispecie non operino i divieti previsti dall’art. 3, comma 94, lettera b), ultimo periodo della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2008) e successive modificazioni e integrazioni, contrasterebbe con quanto disposto dall’art. 17, comma 10, del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 102.

Secondo quanto previsto dal comma 10 di tale articolo, infatti, «nel triennio 2010-2012, le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nel rispetto della programmazione triennale del fabbisogno nonché dei vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente in materia di assunzioni e di contenimento della spesa di personale secondo i rispettivi regimi limitativi fissati dai documenti di finanza pubblica, e per le amministrazioni interessate, previo espletamento della procedura di cui all’art. 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono bandire concorsi per le assunzioni a tempo indeterminato con una riserva di posti, non superiore al 40 per cento dei posti messi a concorso, per il personale non dirigenziale in possesso dei requisiti di cui all’art. 1, commi 519 e 558, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e all’art. 3, comma 90, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Tale percentuale può essere innalzata fino al 50 per cento dei posti messi a concorso per i comuni che, allo scopo di assicurare un efficace esercizio delle funzioni e di tutti i servizi generali comunali in ambiti territoriali adeguati, si costituiscono in un’unione ai sensi dell’art. 32 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, fino al raggiungimento di ventimila abitanti».

Secondo il Presidente del Consiglio, la disposizione regionale che si impugna incide illegittimamente sulla competenza esclusiva statale, prevedendo un regime sostanzialmente difforme rispetto a quanto stabilito dalla norma interposta ora richiamata, violando la competenza legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile e livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili (art. 117, secondo comma, lettere l) e m), Cost.).

Per altro verso, disponendo diversamente rispetto alla norma statale, la norma regionale configurerebbe una modalità di assunzione riservata, in contrasto con i principi di accesso ai pubblici uffici di cui all’art. 97 Cost.

Sotto ulteriore profilo, la norma in esame, nella parte in cui prevede la possibilità di stabilizzazione del personale con contratto di somministrazione di lavoro nonché con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, contempla la possibilità di espletare concorsi riservati a personale già titolare di altre forme di rapporto di lavoro flessibile escluse dalla normativa statale di riferimento, ossia l’art. 1, commi 557 e 558, legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2007); l’art. 3, commi 90 e 94, legge n. 244 del 2007, nonché dalla circolare del dipartimento della funzione pubblica n. 5 del 2008, disposizioni che non ammettono la stabilizzazione del personale in servizio con forme contrattuali di lavoro differenti dal tempo determinato; e, per altro verso, contrasterebbe anche con i principi di ragionevolezza, buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione, di cui agli artt. 3 e 97 Cost.

Da ultimo, la generalizzata previsione di copertura dei posti vacanti nella dotazione organica, secondo il Presidente del Consiglio, non è in linea con gli indirizzi generali posti dallo Stato, e da intendere quali principi fondamentali, con la normativa in materia di progressivo contenimento delle spese per il personale dipendente. Da ciò conseguirebbe, pertanto, anche una violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., che contempla tra quelle di legislazione concorrente la materia del coordinamento della finanza pubblica.

1.4. – Il Presidente del Consiglio censura, poi, l’art. 6 della legge regionale ligure n. 63 del 2009, recante la disciplina delle procedure selettive per la progressione verticale nel sistema di classificazione, la quale dispone che le procedure già bandite entro il 31 gennaio 2010 sono portate a conclusione, i candidati vincitori sono riclassificati e le relative graduatorie sono utilizzabili per tutto il periodo di validità delle stesse previsto dalla legge regionale 30 novembre 2001, n. 40 (Norme straordinarie sulla copertura dei posti vacanti) e, cioè, per tre anni. Tale previsione, che considera tanto le progressioni economiche quanto quelle di carriera, appare al ricorrente in contrasto con quanto previsto dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni), e in particolare dall’art. 23 che prevede che le progressioni di carriera siano «attribuite in modo selettivo, ad una quota limitata di dipendenti, in relazione allo sviluppo delle competenze professionali ed ai risultati individuali e collettivi rilevati dal sistema di valutazione», e il successivo art. 2, che contempla la possibilità di coprire i posti disponibili nella dotazione organica con il personale interno limitatamente ad una «riserva non superiore al cinquanta per cento».

L’articolo censurato, in tal modo, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., in riferimento alla materia del coordinamento della finanza pubblica tra quelle di legislazione concorrente, e si porrebbe in contrasto con i principi di ragionevolezza e di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 Cost.

1.5. – Il Presidente del Consiglio censura, poi, l’art. 7 della legge regionale, che détta disposizioni in materia di trasferte, stabilendo che per il personale in trasferta il tempo occorrente per il viaggio è utile ai fini del completamento dell’orario di lavoro e per il calcolo del lavoro straordinario per il personale cui può essere corrisposto il relativo compenso.

Secondo il Presidente del Consiglio, la norma censurata contrasta con le disposizioni contenute nel titolo III (Contrattazione collettiva e rappresentatività sindacale) del citato d.lgs. n. 165 del 2001, che indica le procedure da seguire in sede di contrattazione e l’obbligo del rispetto della normativa contrattuale, l’orario di lavoro, ordinario e straordinario sarebbe materia riservata alla contrattazione collettiva. La norma in esame, pertanto, contrasterebbe con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l’ordinamento civile e, quindi i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile (contratti collettivi).

1.6. – Anche l’art. 8 della legge impugnata, accordando al personale dipendente dalla Giunta regionale con rapporto di lavoro subordinato in servizio presso la sede di Bruxelles un’indennità di servizio di euro tredicimila lordi annui per tredici mensilità, si porrebbe in contrasto con le disposizioni contenute nel titolo III (Contrattazione collettiva e rappresentatività sindacale) del d.lgs. n. 165 del 2001 che indica le procedure da seguire in sede di contrattazione e l’obbligo del rispetto della normativa contrattuale e con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l’ordinamento civile e, quindi i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile (contratti collettivi).

1.7. – Il Presidente del Consiglio, infine, censura l’art. 28 della legge n. 63 del 2009 della Regione Liguria, il cui comma 10 sostituisce l’art. 5-bis della legge regionale 19 dicembre 1990, n. 38 (Testo unico della norma in materia di funzionamento e di assegnazione di personale ai Gruppi Consiliari), e dunque, lo stesso art. 5-bis, nel testo così innovato, disponendo che per le esigenze degli uffici di segreteria politica della Giunta regionale e del presidente della stessa possono essere stipulati contratti a termine e instaurati rapporti di collaborazione, consulenza o di cui all’art. 409, n. 3, del codice di procedura civile, anche in deroga agli artt. 7 e 36 del decreto legislativo n. 165 del 2008, e allo stesso art. 26, commi 1 e 2, della legge regionale n. 5.

Secondo il Presidente del Consiglio, tale disposizione viola i principi di eguaglianza, nonché di accesso mediante concorso ai pubblici uffici e di buon andamento della Pubblica Amministrazione, di cui agli artt. 3 e 97 Cost., e l’art. 117, secondo comma, lettera 1), Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia dell’ordinamento civile.

2. – Si è costituita nel giudizio di costituzionalità la Regione Liguria, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o sia respinto nel merito, ma affermando al contempo di limitarsi a contrastare le sole questioni relative agli artt. 5 e 28 della legge impugnata.

In relazione all’art. 5 della legge regionale impugnata, la Regione contesta la possibilità di ascrivere la disciplina del lavoro regionale nell’ambito materiale dell’ordinamento civile, sostenendo che, ove si aderisse al predetto inquadramento, non residuerebbe alcuno spazio di intervento per la Regione. In ogni caso, secondo la difesa regionale, tutti gli aspetti di disciplina che attengono direttamente alla struttura organizzativa della Amministrazione della Regione devono considerarsi estranei alla predetta materia. Quanto alla dedotta violazione dell’art. 97 Cost., poi, la Regione afferma che si tratta di eccezioni non irragionevoli al predetto principio, come tali ritenute ammissibili dalla stessa giurisprudenza della Corte.

Quanto all’art. 28, la Regione resistente contesta la dedotta lesione degli artt. 7 e 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, affermando che l’uso di strumenti contrattuali flessibili da parte della Regione troverebbe giustificazione nelle particolari esigenze degli uffici di segreteria politica.

3. – Con memoria depositata in data 13 ottobre 2010, la Regione ha illustrato ulteriormente le proprie conclusioni, aggiungendo alcune considerazioni difensive anche in relazione all’art. 1, comma 6 e all’art. 4 della legge regionale impugnata.



Considerato in diritto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri dubita, con riferimento agli articoli 3, 97, 117, commi primo, secondo, lettere e), l) e m), e terzo, della Costituzione, della legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 6, 4, 5, 6, 7, 8 e 28, comma 10, della legge della Regione Liguria 28 dicembre 2009 n. 63 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2010).

1.1. – L’art. 1, comma 6, modifica la legge regionale 11 marzo 2008, n. 5 (Disciplina delle attività contrattuali regionali in attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 ), introducendo l’art. 27-bis, intitolato «Finanza di Progetto». Tale ultima norma autorizza i soggetti privati che intendano promuovere interventi non previsti dagli strumenti di programmazione triennale adottati dalla Regione a presentare “studi di pre-fattibilità”, senza alcun diritto a compenso o alla realizzazione dell’opera e neppure ad una tempestiva decisione della Regione, prevedendo in tal modo una disciplina difforme da quella dettata dall’art. 153, comma 19, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture), che consente ai privati, in analoghe circostanze, la presentazione di studi di fattibilità e, pur escludendo il diritto a un compenso e alla realizzazione dell’opera, prevede l’obbligo dell’amministrazione di provvedere sulla proposta nel termine di sei mesi.

La disciplina della finanza di progetto, a livello statale, si inserisce nell’ambito della disciplina generale dei contratti pubblici, caratterizzandosi come un particolare metodo di affidamento dell’opera pubblica, alternativo rispetto a quello della concessione (disciplinata dall’art. 143 del Codice dei contratti pubblici), nel quale la gara pubblica è basata su uno studio di fattibilità dell’opera e prevede la pubblicazione di un bando finalizzato alla presentazione di offerte che contemplino l’utilizzo di risorse totalmente o parzialmente a carico dei soggetti proponenti.

La peculiarità di tale sistema, pertanto, risiede nella sua idoneità a stimolare, per i lavori pubblici o di pubblica utilità finanziabili in tutto o in parte con capitali privati, un contributo di idee da parte dell’imprenditoria privata, nell’individuazione delle modalità di realizzazione tecnica dell’opera pubblica, sia attraverso la predisposizione, da parte del promotore, dello studio di fattibilità, sia nel corso del procedimento, attraverso le eventuali modifiche.

La procedura, disciplinata dal legislatore statale, modificata recentemente dal d.lgs. 11 settembre 2008, n. 152, recante «Ulteriori disposizioni correttive e integrative del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante il Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, a norma dell’articolo 25, comma 3, della legge 18 aprile 2005, n. 62» (cd. terzo decreto correttivo), si articola in tre possibili varianti: una procedura a iniziativa pubblica, con gara unica previo bando e senza prelazione per il promotore (art. 153, commi da 1 a 14); una procedura ad iniziativa pubblica, con gara doppia previo bando e con prelazione, detta “bifase” (art. 153, comma 15); una procedura ad iniziativa privata, con gara doppia previo avviso, ad esito alternativo (art. 153, comma 16).

Tutte le predette modalità di individuazione del contraente, ivi compresa quella ad iniziativa privata, presuppongono che la valutazione di pubblica utilità dell’opera sia già stata previamente effettuata dall’amministrazione aggiudicatrice a monte, in sede di programmazione triennale di cui all’art. 128 dello stesso codice dei contratti. Tale norma, infatti, prevede esplicitamente che l’attività di realizzazione dei lavori di cui al codice dei contratti, il cui importo sia superiore a 100.000 euro, debba svolgersi sulla base di un programma triennale e che questo costituisce momento attuativo di studi di fattibilità e di identificazione e quantificazione dei bisogni che possono essere soddisfatti, in particolare, tramite la realizzazione di lavori finanziabili con capitali privati, in quanto suscettibili di gestione economica. La norma, inoltre, predispone un sistema di pubblicità di tale attività di programmazione, mediante affissione dello schema di programma triennale e dei suoi aggiornamenti nella sede delle amministrazioni aggiudicatrici per almeno sessanta giorni consecutivi ed eventualmente mediante pubblicazione sul profilo di committente della stazione appaltante.

Al contrario, la fattispecie disciplinata dal comma 19 dell’art. 153, che la norma regionale censurata sostanzialmente ricalca, comporta una alternativa al suddetto procedimento, caratterizzandosi per il fatto di prevedere un meccanismo di affidamento di opere e lavori la cui corrispondenza ai bisogni dell’amministrazione, e la cui finanziabilità con capitale privato, non sia stata ancora valutata dall’amministrazione. Si tratta, dunque, di un’iniziativa privata non solo nella fase progettuale ma addirittura nella sua genesi, nella quale il soggetto privato si fa promotore, prima ancora che di una possibile soluzione tecnica ad un problema, della stessa valutazione di pubblica utilità delle opere.

Il Presidente del Consiglio afferma che la norma regionale, disciplinando una delle possibili modalità di instaurazione di una procedura ad evidenza pubblica (quella disciplinata dall’art. 153 del codice dei contratti), peraltro in modo difforme dalla disciplina statale, incide illegittimamente sulla materia, di competenza legislativa esclusiva statale, della tutela della concorrenza, di cui all’art. 117, comma secondo, lettera e), Cost.

La Regione Liguria, per contro, afferma che, sia nella fattispecie regolata dal comma 19 dell’art. 153, sia in quella prevista dalla norma regionale, la disciplina incide su una fase antecedente alle procedura ad evidenza pubblica e non mette in questione la tutela della concorrenza, contribuendo a integrare l’attività pubblica di programmazione. Essa sottolinea che l’eventuale valutazione positiva, da parte dell’amministrazione, della pubblica utilità dell’opera, lascia impregiudicato il ricorso alle procedure ad evidenza pubblica ed anzi determina proprio l’inizio di una delle procedure previste dalla normativa vigente per la finanza di progetto, come testualmente dispongono l’art. 153, comma 19, ultimo periodo e lo stesso art. 27-bis della legge regionale.

1.2. – Il Presidente del Consiglio dubita, altresì, della legittimità costituzionale degli artt. 4, 7 ed 8 della legge regionale ligure n. 63 del 2009: il primo, in materia di trattamento economico dei dipendenti regionali, prevede la corresponsione, a coloro che svolgano compiti che importano una particolare responsabilità, di un’indennità prevista dalla stessa contrattazione collettiva (CCNL del comparto Regioni – Enti Locali), da prelevarsi da un fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività; l’art. 7, in materia di trasferte, stabilisce che, per il personale in trasferta, il tempo occorrente per il viaggio è utile ai fini del completamento dell’orario di lavoro e per il calcolo del lavoro straordinario per il personale cui può essere corrisposto il relativo compenso; il successivo art. 8, infine, dispone che, al personale dipendente dalla Giunta regionale con rapporto di lavoro subordinato in servizio presso la sede di Bruxelles, sia corrisposta un’indennità di servizio di euro tredicimila lordi annui per tredici mensilità.

Il Presidente del Consiglio reputa tali norme tutte lesive della competenza legislativa statale esclusiva in materia di ordinamento civile, nel cui ambito rientrerebbe la disciplina del pubblico impiego “privatizzato” (cd. riserva di contrattazione collettiva).

1.3. – Il ricorrente censura poi l’art. 5 della legge regionale ligure n. 63 del 2009. Tale norma prevede, per la copertura di posti vacanti nella dotazione in organico, che siano banditi concorsi pubblici riservati, per titoli ed esami, per soggetti in possesso di determinati requisiti di professionalità e di anzianità, stabilendo che in tali casi non operino i divieti previsti dall’art. 3, comma 94, lettera b), ultimo periodo della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2008).

Il Presidente del Consiglio muove diverse censure alla norma in esame. In primo luogo, afferma che essa, ponendosi in contrasto con la normativa statale di riferimento, e in particolare con la disciplina dettata dall’art. 17, comma 10 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), che prevede, tra l’altro, un tetto massimo del 40% alle stabilizzazioni mediante concorsi interni (elevabile al 50%), assente dalla previsione impugnata, lederebbe la competenza statale esclusiva in materia di ordinamento civile e di livelli essenziali delle prestazioni; in secondo luogo, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 97 Cost., perché la norma regionale prevederebbe una modalità di assunzione riservata, in contrasto con la normativa statale sopra citata e, dunque, con il principio del necessario carattere pubblico dell’accesso ai pubblici uffici. In terzo luogo, la norma sarebbe illegittima, perché riserverebbe tale concorso a personale titolare di rapporti di lavoro flessibile escluso dalla normativa statale “di riferimento”. In quarto luogo, essa sarebbe lesiva dei criteri di ragionevolezza, di buon andamento e imparzialità della P.A. nella parte in cui esclude l’applicabilità dell’art. 3, comma 94, lettera b) ultima parte – che vieta l’utilizzazione delle stabilizzazioni per il personale di diretta collaborazione degli organi politici presso le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), e successive modificazioni, nonché il personale a contratto che svolge compiti di insegnamento e di ricerca nelle università e negli enti di ricerca e, dunque, in tal modo, consente la stabilizzazione di tale tipologia di personale. Infine, viene denunciata la lesione della competenza legislativa statale concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica.

1.4. – Il Presidente del Consiglio dei ministri censura, poi, l’art. 6 della medesima legge regionale ligure. Tale disposizione, in tema di progressione economica e di carriera, prevede che i soggetti risultanti vincitori nelle prove selettive bandite entro il gennaio 2010 siano “riclassificati” e che le relative graduatorie siano utilizzabili, ai fini della loro progressione, per un triennio.

In tal modo, sostiene il ricorrente, sarebbe violato il principio, introdotto dall’art. 23 del d.lgs. 150 del 2009, che dispone che le progressioni economiche siano attribuite in modo selettivo a un numero limitato di dipendenti e in relazione a competenze professionali e risultati, individuali e collettivi; sarebbe, altresì, violato l’art. 24 dello stesso decreto, che limita la possibilità di coprire posti disponibili mediante personale interno in progressione al 50 %.

Tale deroga determinerebbe, da un lato, l’invasione della competenza legislativa statale in materia di coordinamento della finanza pubblica (e dei sopra riportati principi di coordinamento della finanza pubblica) e, dall’altro, una lesione del principio di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione, di cui agli artt. 3 e 97 Cost.

1.5. – Il Presidente del Consiglio censura, infine, l’art. 28 della legge regionale n. 63 del 2009.

Tale norma autorizza la Giunta e il suo presidente a dotarsi di personale assunto con forme di collaborazione flessibile, anche in deroga dei principi dettati dagli artt. 7 e 36 del d.lgs. 165 del 2001. In base a tali norme statali, di carattere generale, le amministrazioni pubbliche e le Regioni possono assumere personale con forme contrattuali flessibili soltanto per sopperire ad esigenze eccezionali e temporanee.

Secondo il ricorrente, la deroga disposta dalla norma impugnata viola il principio dell’accesso ai pubblici uffici mediante pubblico concorso e quello di buon andamento della pubblica amministrazione, di cui all’art. 97 Cost., oltre che la competenza legislativa statale esclusiva in materia di ordinamento civile, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

2. – La questione, relativa all’art. 1, comma 6, della legge regionale ligure n. 63 del 2009 è fondata.

L’iniziativa disciplinata dall’art. 153, comma 19, del d.lgs. n. 163 del 2006 si caratterizza, rispetto alle altre tre forme di realizzazione della finanza di progetto, per la sua idoneità ad integrare e coadiuvare l’attività di programmazione dell’amministrazione aggiudicatrice. L’ente pubblico si avvale dell’iniziativa privata e del contributo di idee e di capitali privati non solo per la realizzazione delle sue finalità, ma anche per la loro stessa individuazione. Lo studio di fattibilità presentato ai sensi del comma 19, al pari delle altre procedure per la realizzazione della finanza di progetto, in caso di valutazione positiva, da parte dell’amministrazione, della pubblica utilità dell’opera, finisce con il costituire l’unica base della gara successiva e il solo termine di confronto delle eventuali altre offerte.

Questa Corte (sentenza n. 411 del 2008), nel dichiarare l’illegittimità costituzionale di una disposizione regionale analoga a quella oggi censurata, ha già avuto occasione di affermare che le norme relative alle procedure di gara ed all’esecuzione del rapporto contrattuale, ivi comprese quelle in tema di programmazione di lavori pubblici, sono di competenza legislativa statale perché poste a tutela della concorrenza.

Tale incidenza è evidente anche nel caso della disposizione oggi censurata. La presentazione di uno studio di fattibilità non compreso nella programmazione triennale attribuisce al proponente un indiscutibile vantaggio nella successiva gara per l’affidamento dell’opera stessa, dal momento che egli è il primo ad aver approfondito gli aspetti tecnici, amministrativi e finanziari del problema; ed anzi, proprio per effetto della mancata previsione della pubblica utilità dell’opera, può dirsi che egli acquisisce un vantaggio verosimilmente ancora maggiore rispetto agli eventuali concorrenti.

Pertanto, si deve ritenere che la presentazione dello studio di fattibilità, di cui all’art. 153, comma 19, pur cadendo in un momento antecedente alla fase dell’evidenza pubblica, costituisce parte integrante di quest’ultima. La norma regionale censurata, dunque, incidendo direttamente sulla materia, di competenza esclusiva statale, della tutela della concorrenza, è illegittima.

2.1. – La questione relativa all’art. 4 della legge regionale impugnata è fondata.

La norma censurata, pur limitandosi a recepire il contenuto del contratto collettivo nazionale di lavoro del personale del comparto delle Regioni e delle autonomie locali del 1999 e a ricalcarne pedissequamente la previsione, è lesiva della competenza legislativa statale in materia di ordinamento civile e della cd. riserva di contrattazione collettiva. Infatti, essa, attraverso il richiamo ad una norma contrattuale, pur adottata nella sede competente, fissa in maniera definitiva una fonte necessariamente fluida e mutevole, qual è la contrattazione collettiva, determinando, per la sola Regione Liguria, l’ultrattività di tale regime; che, peraltro, è stato sopravanzato, a livello nazionale, da una nuova disciplina contrattuale più rigorosa.

2.2. – Anche le questioni relative ai successivi artt. 7 ed 8 sono fondate. In riferimento al personale contrattualizzato, invero, tali norme dettano una disciplina eccentrica in materia, rispettivamente, di orario di lavoro e di trattamenti economici, incidendo su aspetti privatistici del contratto con la Regione, con lesione della competenza legislativa statale esclusiva in materia di ordinamento civile (sentenze n. 189 del 2007, n. 308 del 2006 e n. 507 del 2000).

2.3. – La questione relativa all’art. 5 della legge regionale ligure, sollevata con riferimento all’asserita lesione della competenza legislativa statale esclusiva in materia di ordinamento civile e livelli essenziali delle prestazioni (art. 117, secondo comma, lettere l) e m), Cost.) deve essere dichiarata inammissibile, dal momento che nella deliberazione del Consiglio dei ministri non è fatto alcun cenno ai predetti parametri. Pertanto, considerato il carattere dispositivo dei giudizi di legittimità costituzionale in via principale, la mancata indicazione di tale doglianza nella determinazione dell’organo chiamato ad esprimere la volontà dell’ente preclude a questa Corte l’esame nel merito della questione.

2.3.1. – La questione, ammissibile relativamente alle altre censure, nel merito è fondata con riguardo alla denunciata lesione del principio dell’accesso agli uffici pubblici mediante pubblico concorso.

Questa Corte ha più volte avuto occasione di ribadire il principio in base al quale la natura comparativa e aperta della procedura è elemento essenziale del concorso pubblico, sicché procedure selettive riservate, che escludano o riducano irragionevolmente la possibilità di accesso dall’esterno, violano il carattere pubblico del concorso.

Ne consegue che quando, come nell’ipotesi in esame, sia riscontrabile una riserva integrale di posti al personale interno, deve ritenersi violata quella natura “aperta” della procedura, che costituisce elemento essenziale del concorso pubblico (sentenza n. 100 del 2010).

La questione va, pertanto, accolta con riferimento al principio del necessario carattere aperto delle procedure selettive concorsuali per l’accesso ai pubblici uffici; principio, peraltro, consacrato non soltanto nell’art. 97 Cost., indicato dal ricorrente, ma anche nell’art. 51 Cost.

L’accoglimento della questione, con riferimento ai predetti parametri, determina l’assorbimento delle altre censure attinenti all’art. 5 della legge regionale ligure n. 63 del 2009.

2.4. – La questione relativa all’art. 6 della legge regionale impugnata è fondata, con riferimento ai principi espressi dall’art. 97 Cost.

Questa Corte, nel dichiarare l’illegittimità di una legge della Regione Lombardia che introduceva procedure di mobilità verticale per i dipendenti regionali, prevedendo il reinquadramento nella qualifica superiore di categorie di personale senza una specifica verifica attitudinale in relazione alla qualifica e alle funzioni da conferire, ha da tempo avuto modo di affermare il principio in base al quale la progressione nei pubblici uffici deve avvenire per concorso e previa rideterminazione della dotazione organica complessiva (sentenza n. 478 del 1995 e, in senso analogo, sentenze n. 159 del 2005, n. 274 del 2003, n. 218 del 2002 e n. 1 del 1999).

La norma regionale censurata, prevedendo una modalità di progressione verticale nel sistema di classificazione, basata sui risultati di un concorso già espletato e non già sull’indizione di nuovi concorsi ad hoc, nella quale i candidati vincitori sono riclassificati e le relative graduatorie sono utilizzabili per i successivi tre anni, si pone, pertanto, in contrasto con il principio di accesso ai pubblici uffici mediante concorso, che deve ritenersi operante anche per le progressioni di carriera.

Restano assorbite le ulteriori censure.

2.5. – La questione relativa all’art. 28 della legge regionale ligure n. 63 del 2009 non è fondata.

2.5.1. – Questa Corte ha già avuto modo di chiarire (sentenza n. 235 del 2010) che le norme regionali dirette a disciplinare la possibilità di ricorrere a contratti a tempo determinato per far fronte alle esigenze lavorative della Regione devono ritenersi inquadrabili, facendo applicazione dei criteri da essa dettati per la identificazione della materia in cui si colloca la disposizione impugnata, nella materia dell’organizzazione degli uffici regionali, attribuita dall’art. 117, quarto comma, Cost., alla competenza legislativa residuale delle Regioni stesse.

2.5.2. – Questa Corte ha affermato altresì che, per gli incarichi di collaborazione con organi elettivi e politici, richiedenti un particolare rapporto di fiducia con il personale scelto, le Regioni possono derogare ai criteri statali di cui al d.lgs. n. 165 del 2001, prevedendo, in alternativa, altri criteri di valutazione ugualmente idonei a garantire la competenza e la professionalità dei soggetti di cui si avvale (sentenze n. 293 e n. 252 del 2009, n. 27 del 2008) e sempre che non ne sia prevista la successiva stabilizzazione (sentenza n. 293 del 2009).

La disposizione censurata può ritenersi rispettosa di tali principi, perché essa, nella prospettiva di garantire il necessario grado di fiduciarietà del personale di diretta collaborazione, prevede, in caso di assunzione di personale in deroga ai principi dettati dalla citata legislazione statale, alcuni criteri selettivi che, valorizzando il possesso di esperienze professionali specifiche (dalla particolare competenza derivante da pregresse esperienze istituzionali e politiche, alla professionalità maturata in incarichi di responsabilità o consulenza, di durata triennale, in uffici pubblici o, per le segreterie particolari, alla circostanza che gli aspiranti collaboratori abbiano avuto pregresse esperienze triennali dello stesso tipo) devono ritenersi idonei a compensare adeguatamente – in vista dello specifico impegno richiesto – la deroga a quelli, più rigorosi, dettati dal d.lgs. n. 165 del 2001.

La norma, pertanto, deve ritenersi immune dalla prospettata censura di legittimità.



per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale degli articoli 1, comma 6, 4, 5, 6, 7, 8, comma 10, della legge della Regione Liguria 28 dicembre 2009, n. 63 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2010);

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge della Regione Liguria n. 63 del 2009, sollevata con riferimento all’art. 117, comma secondo, lettere l) e m), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 28 della legge della Regione Liguria n. 63 del 2009, sollevate in riferimento all’art. 97 e all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 2010.

F.to:

Ugo DE SIERVO, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 5 gennaio 2011.

Il Cancelliere

F.to: FRUSCELLA