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ORDINANZA N. 37  
ANNO 2012  
 
REPUBBLICA ITALIANA  
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO  
LA CORTE COSTITUZIONALE  
composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco 
GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, 
Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, 
Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario 
MORELLI, 
 
ha pronunciato la seguente  
ORDINANZA  
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 85, comma 1, del 
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni 
sulla riscossione delle imposte sul reddito), promosso dal Giudice 
dell’esecuzione del Tribunale di Reggio Emilia nel procedimento vertente tra la 
s.p.a. Equitalia Emilia Nord e Contini Contino, con ordinanza del 24 febbraio 
2011, iscritta al n. 192 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta 
Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2011.  
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
 
udito nella camera di consiglio del 25 gennaio 2012 il Giudice relatore 
Franco Gallo.  
 
Ritenuto che, nel corso di una procedura di riscossione coattiva di 
crediti, anche tributari, effettuata mediante espropriazione immobiliare e 
promossa, nei confronti di un debitore, dall’agente della riscossione, cioè 
dalla s.p.a. Equitalia Emilia Nord, il Giudice dell’esecuzione del Tribunale 
ordinario di Reggio Emilia, con ordinanza depositata il 24 febbraio 2011, ha 
sollevato, in riferimento agli artt. 3, 42 e 53 della Costituzione, questioni di 
legittimità dell’art. 85, comma 1, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 
(Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) – a norma del quale: 
«Se il terzo incanto ha esito negativo, il concessionario, nei dieci giorni 
successivi, chiede al giudice dell’esecuzione l’assegnazione dell’immobile allo 
Stato per il minor prezzo tra il prezzo base del terzo incanto e la somma per la 
quale si procede, depositando nella cancelleria del giudice dell’esecuzione gli 
atti del procedimento» −, «nella parte in cui prevede che l’assegnazione allo 
Stato abbia luogo “per il minor prezzo tra il prezzo base del terzo incanto e la 
somma per la quale si procede”, anziché “per […] il prezzo base del terzo 
incanto”»;  
che il Giudice rimettente riferisce, in punto di fatto, che: a) la 
s.p.a. Equitalia Emilia Nord aveva promosso «procedura esecutiva esattoriale» 
immobiliare per un credito di € 38.611,20 − di cui € 479,60 per «”tributo 
erariale”» −, comprensivi di mora, compensi e spese di procedura, come risulta 
dall’istanza depositata in data 25 marzo 2010; b) nel corso della procedura di 
riscossione esattoriale erano stati effettuati tre incanti dell’immobile 
esecutato – in data, rispettivamente, 18 novembre 2009, 9 dicembre 2009 e 13 
gennaio 2010 – andati tutti deserti; c) la base d’asta del terzo incanto era 
stata di € 72.275,00; d) con istanza del 25 marzo 2010, l’agente della 
riscossione aveva chiesto, ai sensi dell’art. 85 del d.P.R. n. 602 del 1973, 
l’assegnazione dell’immobile pignorato allo Stato per il minor prezzo tra detta 
base d’asta del terzo incanto e la somma per la quale si procede e quindi, 
«seppure implicitamente, l’assegnazione al prezzo corrispondente alla “minor […] 
somma per la quale si procede” e cioè per il credito tributario di Euro 479,60»; 
e) la causa era stata trattenuta a riserva, per provvedere sull’istanza di 
assegnazione;  
che il medesimo Giudice premette poi, in punto di diritto, che: a) in 
base al comma 2 dell’art. 85 del d.P.R. n. 602 del 1973 (secondo cui, a séguito 
dell’istanza dell’agente della riscossione di assegnazione dell’immobile allo 
Stato, il giudice dell’esecuzione, in caso di esito negativo del terzo incanto, 
«dispone l’assegnazione»), il giudice dell’esecuzione non ha il potere 
discrezionale di non far luogo all’assegnazione allo Stato né può rifiutare 
l’emissione del decreto di trasferimento quando lo Stato abbia versato il prezzo 
nel termine assegnatogli; b) tale assegnazione ha natura “sostitutiva” della 
vendita forzata ed il prezzo versato dallo Stato, pari alla minor misura tra la 
base d’asta del terzo incanto ed il credito tributario per il quale si procede, 
è acquisito alla massa attiva di cui all’art. 509 del codice di procedura civile 
ed assegnato all’esattore ovvero distribuito tra l’esattore e gli eventuali 
concorrenti, in ragione delle rispettive cause di prelazione (art. 84 del d.P.R. 
n. 602 del 1973; art. 596 cod. proc. civ.); c) l’indicata disciplina esclude sia 
la corresponsione di conguagli a carico dello Stato sia l’incremento del prezzo 
di assegnazione nel caso di differenza tra il minore importo del credito 
tributario e la maggiore base d’asta del terzo incanto; d) il «credito per cui 
si procede», menzionato dalla disposizione denunciata, è esclusivamente quello 
tributario, senza che rilevino i diversi crediti eventualmente concorrenti al 
riparto ed aventi prelazione anteriore a quelli dell’esattore, considerato che 
l’art. 85 del d.P.R. n. 602 del 1973 non rinvia né all’art. 589 cod. proc. civ. 
(secondo cui «l’istanza di assegnazione deve contenere l’offerta di pagamento di 
una somma non inferiore a quella prevista nell’art. 506») né all’art. 506 cod. 
proc. civ. (il quale indica, per l’assegnazione, «un valore non inferiore alle 
spese di esecuzione e ai crediti aventi diritto a prelazione anteriore a quello 
dell’offerente»); e) siffatta interpretazione del menzionato quadro normativo e, 
in particolare, della disposizione denunciata, è «l’unica possibile, utilizzando 
gli ordinari strumenti ermeneutici di cui dispone il giudice ordinario», non 
essendo prospettabile un’interpretazione costituzionalmente orientata della 
stessa;  
che, sulla base di tali premesse, il giudice a quo afferma, in punto di 
non manifesta infondatezza, che la disposizione denunciata, «nella parte in cui 
prevede che l’assegnazione allo Stato abbia luogo “per il minor prezzo tra il 
prezzo base del terzo incanto e la somma per la quale si procede”, anziché “per 
[…] il prezzo base del terzo incanto”», si pone in contrasto: a) con gli artt. 3 
e 53 Cost., per «violazione dei principi di ragionevolezza rispetto ai mezzi e 
allo scopo e di eguaglianza in sé e in relazione al principio di capacità 
contributiva»; b) con gli artt. 3 e 42 Cost., per l’«irragionevole 
determinazione del prezzo per l’assegnazione coattiva»;  
che, con riferimento alla dedotta violazione degli artt. 3 e 53 Cost., 
il rimettente osserva che la disciplina denunciata presenta tre diversi profili 
di contrasto con la Costituzione, in quanto: a) il parametro del credito non è 
idoneo a stabilire un ragionevole prezzo di acquisto coattivo di un immobile; b) 
irragionevolmente, «ceteris paribus, premia l’accumulazione del debito» 
tributario; c) non trova giustificazione nell’adempimento dell’obbligazione 
tributaria e, quindi, víola il principio di capacità contributiva;  
che, sotto il primo profilo, il Giudice a quo assume che, secondo 
ragione, l’assegnazione dell’immobile allo Stato, in quanto sostitutiva della 
vendita, potrebbe avvenire solo con il versamento del prezzo ribassato che funge 
da base d’asta del terzo incanto (anche a tener conto delle esigenze 
pubblicistiche sottostanti all’esecuzione esattoriale) e non certo del prezzo 
pari alla misura del credito tributario per il quale si procede: ammontare, 
questo, che costituisce una «variabile indipendente dal valore dell’immobile […] 
neppure indirettamente collegata» con esso;  
che, sotto il secondo profilo, sempre per il medesimo Giudice, la 
disciplina denunciata è irragionevole, perché «premia» il contribuente che ha un 
debito tributario di ammontare superiore alla base d’asta, mentre sfavorisce il 
contribuente debitore di tributi per un ammontare complessivo inferiore a detta 
base, il quale, a séguito dell’assegnazione del suo immobile allo Stato, 
subisce, «oltre alla perdita dell’immobile, anche l’ulteriore falcidia 
rappresentata dalla differenza tra base d’asta e tributo insoluto»;  
che, sotto il terzo profilo, sempre ad avviso del rimettente, la 
fissazione del prezzo di assegnazione dell’immobile in base al criterio della 
minor somma tra base d’asta e credito tributario per cui si procede, pur non 
avendo la funzione di sanzionare l’inadempienza del contribuente, tuttavia 
impone a quest’ultimo – nell’evenienza, meramente casuale, che il debito 
tributario sia inferiore al prezzo base del terzo incanto – di subire un 
sacrificio patrimoniale superiore (per l’entità della differenza tra la base 
d’asta ed il debito tributario) a quello commisurato alla sua capacità 
contributiva e, quindi, a quello corrispondente all’obbligazione tributaria (e 
relativi accessori), come accertata e risultante dall’estratto di ruolo;  
che, sempre con riguardo a tale profilo, il Giudice a quo sottolinea 
che il principio di capacità contributiva è applicabile anche nella fase della 
riscossione dei tributi, perché il citato «art. 53 comma 1° Cost. non distingue 
il momento fisiologico dell’adempimento dalle patologie del rapporto di imposta» 
e perché «il concorso alle spese pubbliche si attua […] con l’adempimento, 
spontaneo o coattivo, della pretesa tributaria»;  
che, con riferimento alla dedotta violazione degli artt. 3 e 42 Cost., 
il rimettente osserva che l’assegnazione dell’immobile allo Stato ad un prezzo 
pari all’ammontare del credito tributario e, quindi, inferiore al prezzo base 
del terzo incanto, non costituisce il «serio ristoro» che la giurisprudenza 
costituzionale richiede per l’indennizzo da corrispondersi in caso di 
espropriazione per pubblica utilità ai sensi del terzo comma dell’art. 42 Cost. 
(Corte costituzionale, sentenze n. 348 del 2007 e n. 5 del 1980);  
che, secondo il Giudice a quo, il principio «del serio ristoro», pur se 
previsto per l’indennizzo a séguito di espropriazione per pubblica utilità o di 
altri atti ablatori disposti dalla pubblica amministrazione, è applicabile anche 
nell’ipotesi di altri trasferimenti coattivi della proprietà privata, quale 
quello di specie, perché «quando lo Stato esercita la potestà, con 
determinazione ex uno latere e fuori da un contesto negoziale, di acquistare un 
bene privato, il corrispettivo dello scambio deve essere “congruo, serio ed 
adeguato” ossia deve assumere a parametro – pur potendo discostarsene al ribasso 
per contemperare interessi pubblici e privati – “il valore del bene in relazione 
alle sue caratteristiche essenziali fatte palesi dalla potenziale utilizzazione 
economica di esso” (Corte Cost. 30/1/1980 n. 5) e non può legittimamente basarsi 
su “elementi del tutto sganciati da tale dato” (Corte Cost. 24/10/2007 n. 348)»; 
 
che, quanto alla rilevanza, il Giudice dell’esecuzione del Tribunale di 
Reggio Emilia, dopo avere ribadito che l’interpretazione della disposizione 
denunciata sopra indicata è «l’unica possibile» e che non è prospettabile 
un’interpretazione costituzionalmente orientata della stessa, afferma che, nella 
specie: a) sussistono tutte le condizioni per far luogo all’assegnazione allo 
Stato dell’immobile per un prezzo pari alla «somma per la quale si procede», 
invece che per il maggior importo del prezzo base del terzo incanto andato 
deserto; b) solo la richiesta pronuncia di illegittimità costituzionale 
«comporterebbe il rigetto dell’istanza di assegnazione oppure il suo 
accoglimento ma al “prezzo base del terzo incanto”»;  
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei 
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo 
che le questioni sollevate siano dichiarate non fondate;  
che, quanto al dubbio prospettato dal rimettente in ordine alla 
ragionevolezza del denunciato art. 85, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973, 
«rispetto allo scopo e al principio di uguaglianza», l’Avvocatura generale dello 
Stato ritiene che la scelta del legislatore di prevedere l’assegnazione 
dell’immobile allo Stato per il minor prezzo tra il prezzo base del terzo 
incanto e la somma per la quale si procede «non risulta irragionevole», tenuto 
conto che: a) le argomentazioni utilizzate dalla Corte costituzionale, 
nell’ordinanza n. 383 del 1988, per dichiarare la manifesta infondatezza della 
questione di legittimità degli artt. 87 e 51 del d.P.R. n. 602 del 1973, nella 
formulazione vigente prima della riforma attuata con il d.lgs. 26 febbraio 1999, 
n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma 
dell’articolo 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337), sono valide anche 
nell’«attuale contesto normativo, in parte mutato», e nonostante la «diversa 
prospettazione della questione» da parte del giudice a quo; b) il rimettente non 
ha considerato né che il prezzo base del terzo incanto non può costituire un 
«utile parametro di riferimento», considerato che per quel prezzo l’immobile 
«non è risultato “appetibile” sul mercato», né che, «per lo Stato la devoluzione 
rappresenta un “acquisto coattivo”» di detto immobile, con la conseguenza che 
«L’accoglimento della questione […] comporterebbe […] per lo Stato l’acquisto 
(coattivo) di un immobile […] ad un valore risultato non appetibile sul mercato, 
ossia un esito che non potrebbe ritenersi congruo e ragionevole»; c) l’istituto 
censurato è «preordinato a fronteggiare la invendibilità del bene esecutato 
evitando che la procedura esecutiva si estingua per mancanza di offerte e non è 
pregiudizievole per i creditori, che partecipano comunque alla distribuzione del 
ricavato dall’assegnazione, potendo essi stessi partecipare agli incanti»;  
che, quanto al parametro di cui all’art. 53 Cost., la difesa del 
Presidente del Consiglio dei ministri afferma che esso non è, nella specie, 
conferente, atteso che il principio di capacità contributiva «attiene alla 
genesi dell’obbligazione tributaria, ovvero al momento in cui si verifica il 
presupposto dell’imposizione» (cita, in proposito, l’ordinanza della Corte 
costituzionale n. 181 del 2007) e non riguarda la «fase patologica 
dell’obbligazione tributaria», ossia la «fase della riscossione di somme già 
resesi definitive», nella quale invece si inserisce la disposizione denunciata; 
 
che priva di fondamento è, infine, secondo la medesima Avvocatura, 
anche la questione sollevata in riferimento all’art. 42 Cost., perché detto 
parametro costituzionale riguarda l’istituto dell’espropriazione per motivi di 
interesse generale, che fa sorgere, in capo all’espropriato, un interesse 
legittimo all’indennizzo e non quello, ad essa estraneo, della espropriazione 
forzata (sono richiamate le sentenze della Corte costituzionale n. 13 del 1971; 
n. 93 del 1964; n. 42 del 1964).  
Considerato che il Giudice dell’esecuzione del Tribunale ordinario di 
Reggio Emilia dubita della legittimità dell’art. 85, comma 1, del d.P.R. 29 
settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul 
reddito), il quale, nel contesto della disciplina della riscossione coattiva 
delle imposte sul reddito effettuata mediante espropriazione immobiliare, 
dispone che: «Se il terzo incanto ha esito negativo, il concessionario, nei 
dieci giorni successivi, chiede al giudice dell’esecuzione l’assegnazione 
dell’immobile allo Stato per il minor prezzo tra il prezzo base del terzo 
incanto e la somma per la quale si procede, depositando nella cancelleria del 
giudice dell’esecuzione gli atti del procedimento»;  
che la disposizione − applicabile solo «se si procede per entrate 
tributarie dello Stato» (art. 30, comma 1, del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, 
recante «Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma 
dell’art. 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337») − è denunciata «nella parte 
in cui prevede che l’assegnazione allo Stato abbia luogo “per il minor prezzo 
tra il prezzo base del terzo incanto e la somma per la quale si procede”, 
anziché “per […] il prezzo base del terzo incanto”»;  
che, secondo il Giudice rimettente, la disposizione denunciata 
contrasta con: a) gli artt. 3 e 53 della Costituzione, per «violazione dei 
principi di ragionevolezza rispetto ai mezzi e allo scopo e di eguaglianza in sé 
e in relazione al principio di capacità contributiva»; b) gli artt. 3 e 42 
Cost., per l’«irragionevole determinazione del prezzo per l’assegnazione 
coattiva»;  
che questa Corte, con la sentenza n. 281 del 2011, successiva alla 
pronuncia dell’ordinanza di rimessione, ha affermato che l’art. 85, comma 1, del 
d.P.R. n. 602 del 1973, víola l’art. 3 Cost., perché, prevedendo che l’immobile 
sia assegnato allo Stato per il prezzo costituito dalla somma per la quale si 
procede, stabilisce il prezzo del trasferimento in un ammontare che, 
irragionevolmente, «prescinde da qualsiasi collegamento con il valore del bene e 
che può anche essere irrisorio» e ha pertanto dichiarato l’illegittimità 
costituzionale della norma denunciata «nella parte in cui prevede che, se il 
terzo incanto ha esito negativo, l’assegnazione dell’immobile allo Stato ha 
luogo “per il minor prezzo tra il prezzo base del terzo incanto e la somma per 
la quale si procede”, anziché per il prezzo base del terzo incanto»;  
che, a séguito della suddetta sentenza, le questioni di legittimità 
costituzionale del medesimo art. 85, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973, 
sollevate dal Giudice dell’esecuzione del Tribunale ordinario di Reggio Emilia, 
sono divenute prive di oggetto;  
che la norma censurata è stata espunta dall’ordinamento con efficacia 
ex tunc e, pertanto, il Giudice a quo non deve valutare la perdurante rilevanza 
delle questioni sollevate, valutazione questa che, sola, potrebbe giustificare 
la restituzione degli atti al rimettente;  
che le questioni sollevate devono, per tali ragioni, essere dichiarate 
manifestamente inammissibili (ex multis, ordinanze n. 225, n. 215, n. 85, n. 55, 
n. 19 e n. 5 del 2011; n. 298 e n. 11 del 2010).  
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 
9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte 
costituzionale.  
 
per questi motivi  
LA CORTE COSTITUZIONALE  
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità 
costituzionale dell’art. 85, comma 1, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 
(Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), sollevate, in 
riferimento agli artt. 3, 42 e 53 della Costituzione, dal Giudice 
dell’esecuzione del Tribunale ordinario di Reggio Emilia con l’ordinanza 
indicata in epigrafe.  
Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo 
della Consulta, il 15 febbraio 2012.  
F.to:  
Alfonso QUARANTA, Presidente  
Franco GALLO, Redattore  
Gabriella MELATTI, Cancelliere  
Depositata in Cancelleria il 23 febbraio 2012.  
Il Direttore della Cancelleria  
F.to: MELATTI  |