Sentenza 39/2012

Sentenza  39/2012
Giudizio GIUDIZIO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE TRA POTERI DELLO STATO

Presidente QUARANTA - Redattore LATTANZI

Udienza Pubblica del 10/01/2012    Decisione  del 15/02/2012
Deposito del 23/02/2012   Pubblicazione in G. U. 29/02/2012
Norme impugnate: Conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati 19/12/2008.
Massime: 36115  36116  
Atti decisi: confl. pot. mer. 11/2009
 
SENTENZA N. 39
ANNO 2012
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,
 
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 19 dicembre 2008 (Doc. IV-quater, n. 3), relativa all’insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dal senatore Maurizio Gasparri, deputato all’epoca dei fatti, nei confronti del dott. Henry John Woodcock, promosso dal Tribunale ordinario di Roma con ricorso notificato il 22 marzo 2010, depositato in cancelleria il 16 aprile 2010 ed iscritto al n. 11 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2009, fase di merito.
Visto l’atto di costituzione della Camera dei deputati;
udito nell’udienza pubblica del 10 gennaio 2012 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi;
udito l’avvocato Beniamino Caravita di Toritto per la Camera dei deputati.
 
Ritenuto in fatto
1.− Con ricorso depositato presso la cancelleria il 25 giugno 2009 (confl. pot. amm. n. 11 del 2009) il Tribunale di Roma, seconda sezione penale, ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato e ha chiesto a questa Corte di dichiarare che non spettava alla Camera dei deputati di affermare che i fatti per i quali è in corso un procedimento penale nei confronti di Maurizio Gasparri, per il delitto di cui agli artt. 595 del codice penale e 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa) nei confronti di Henry John Woodcock, concernono opinioni espresse da un parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni, e di annullare conseguentemente la deliberazione (doc. IV-quater, n. 3) che la medesima Camera aveva adottato il 19 dicembre 2008 recependo la proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere di «dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento concernono opinioni espresse dal senatore Maurizio Gasparri, deputato all’epoca dei fatti, nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell’art. 68 della Costituzione».
Il ricorrente rileva che la condotta ascritta all’on. Gasparri consiste nell’aver rilasciato un’intervista, pubblicata il 17 giugno 2006 sul quotidiano “Il Messaggero”, in relazione a un’indagine penale condotta dal dott. Woodcock, sostituto procuratore presso il Tribunale di Potenza, a carico di persone note, tra le quali il figlio dell’ultimo sovrano di casa Savoia. Nel corso dell’intervista, facendo riferimento a un episodio in cui egli stesso era stato iscritto nel registro degli indagati, l’on. Gasparri aveva offeso l’onore e la reputazione del dott. Woodcock, affermando: «Io quello lo conosco bene», «Woodcock? Si. É un bizzarro pm, che spara a vanvera accuse ridicole», «Quando ero ministro, incontrai il cantante Masini», «Due ore dopo averlo incontrato, leggo sulle agenzie che mi è arrivato un avviso di garanzia da parte di Woodcock», «Di aver detto una persona che il suo telefono era controllato», «Macché! Woodcock spara nomi a casaccio: Maradona e Arsenio Lupin, Gatto Silvestro e Cucciolo, Briatore e il Papa. Quello legge i giornali, pesca qualche nome famoso e via. Io sono finito nel frullatore Woodcock insieme a Franco Marini», «Il tribunale dei ministri ha archiviato in poche settimane la risibile accusa contro di me. Scrivendo poche righe ma nettissime: a mia totale difesa e sua totale condanna», «il Csm, da anni, sa che tipo è. Perché non trovano cinque minuti per occuparsi di lui?», «É così poco attendibile che, il giorno che dovesse arrestare un colpevole, lo vedrà finire assolto. Ma la sa questa?...», «É anche un personaggio boccaccesco», «Si narra che a Potenza ci fosse una liaison fra lui e una magistrata donna, adibita ad altra funzione», «Che Vittorio Emanuele, visto che in Italia esistono tipi alla Woodcock, chiederà il ripristino della disposizione transitoria e finale della Costituzione. Che prevede l’esilio per i maschi Savoia».
Ciò posto, richiamata la giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti dell’uomo sulle prerogative di insindacabilità parlamentare, il tribunale ricorrente rileva che né dalla relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere, né dalla deliberazione della Camera dei deputati emerge alcun atto tipico della funzione parlamentare cui ricondurre l’intervista che si assume diffamatoria e ritiene perciò che le dichiarazioni oggetto del procedimento penale non siano riferibili alla funzione parlamentare dell’on. Gasparri.
2.− Il conflitto è stato dichiarato ammissibile con l’ordinanza n. 86 del 24 febbraio 2010. A seguito di essa il Tribunale di Roma il 22 marzo 2010 ha notificato il ricorso e l’ordinanza alla Camera dei deputati e il 16 aprile 2010 ha depositato tali atti con la prova dell’avvenuta notificazione.
3.− La Camera dei deputati si è costituita in giudizio con memoria depositata il 10 maggio 2010 e ha chiesto che sia dichiarata l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza del conflitto.
La Camera rileva che «la prerogativa sancita dall’art. 68, primo comma, Cost. è volta ad assicurare il pieno e libero esplicarsi della funzione parlamentare, intesa quale apporto essenziale ed irrinunciabile (…) al processo di formazione della decisione politica» e che la funzione parlamentare, che ha natura generale ed è libera nel fine, deve «essere considerata come funzione complessa non limitata alla sola sede parlamentare, ma esercitabile anche e soprattutto nelle sedi di diretto ed immediato contatto con i cittadini».
L’interpretazione dell’istituto della insindacabilità dei parlamentari, pertanto, «[dovrebbe] necessariamente tener conto della evoluzione delle forme della rappresentanza politica che, in una democrazia pluralistica, si connota per una dimensione pubblica e comunicativa che trascende le sedi e gli atti formali delle Camere». Sarebbe necessario, insomma, addivenire a «una concezione della funzione parlamentare maggiormente sensibile alla contestualizzazione all’interno del tessuto politico sociale attuale», che tenga conto delle «diversità di struttura, dimensione e modi di funzionamento che sono esclusivi e tipici del processo politico dei nostri giorni».
Alla luce di queste considerazioni, secondo la Camera, le dichiarazioni dell’on. Gasparri «non possono che essere interpretate quali espressione della funzione parlamentare intesa nella sua accezione più moderna di strumento che prima concorre alla formazione dell’opinione pubblica e, poi, si preoccupa di trasporla nel processo decisionale politico».
Del tutto inconferente sarebbe, invece, il richiamo effettuato dal tribunale ricorrente alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, essendo «il piano di intervento della Corte di Strasburgo completamente distinto rispetto a quello che invece è proprio [della Corte costituzionale]»: alla prima compete solamente verificare, con riferimento al caso concreto, la compatibilità dell’insindacabilità parlamentare con la tutela dei diritti fondamentali previsti dalla Convenzione; la seconda deve risolvere il conflitto di attribuzioni tra potere giudiziario e potere legislativo, verificando «la sussistenza del nesso funzionale tra opinioni contestate e precedente attività parlamentare».
La Camera osserva inoltre che, nel conflitto in esame, le dichiarazioni dell’on. Gasparri sono riconducibili all’attività politica svolta dal suo gruppo parlamentare, che ha attribuito rilevanza centrale al rapporto tra magistratura e politica, anche in considerazione della riforma dell’ordinamento giudiziario. Nel caso di specie, nonostante la mancanza di una corrispondenza tra le dichiarazioni rese dal deputato e la sua precedente attività parlamentare – dovuta, peraltro, alla circostanza che queste sono state rese a poca distanza dall’inizio della legislatura e che, nella legislatura precedente, il parlamentare ricopriva la carica di Ministro, cui è preclusa «l’effettuazione di attività di sindacato ispettivo che rientrerebbe invece a buon diritto nelle prerogative proprie del mandato parlamentare» – sussisterebbe comunque il nesso funzionale, in quanto vi sarebbe corrispondenza tra le dichiarazioni del parlamentare e l’attività del gruppo di Alleanza Nazionale. D’altra parte, secondo la Camera, un’eccessiva «“personalizzazione” del nesso funzionale» potrebbe dare luogo a «conseguenze discriminatorie» nei confronti di quei parlamentari che, una volta chiamati a ricoprire incarichi di governo, sarebbero esclusi dalle garanzie previste dal citato art. 68, primo comma, Cost.
A questo riguardo, la Camera osserva che l’attività inquirente del Sostituto Procuratore di Potenza è stata oggetto di attività parlamentare di sindacato ispettivo da parte di deputati e senatori di Alleanza Nazionale. In particolare, diversi atti di sindacato ispettivo (citati a titolo esemplificativo) sarebbero stati predisposti dal gruppo di Alleanza Nazionale al fine di stigmatizzare iniziative giudiziarie coinvolgenti parlamentari ed esponenti politici, «guidate da magistrati non nuovi ad inchieste di grande impatto mediatico».
Le dichiarazioni dell’on. Gasparri presenterebbero, inoltre, un’immediata connessione con le numerose proposte di legge riguardanti la riforma dell’ordinamento giudiziario, e in particolare la separazione delle carriere tra magistratura giudicante e requirente, presentate da deputati appartenenti al gruppo parlamentare di Alleanza Nazionale.
La Camera conclude chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile e infondato, essendo sussistente il nesso funzionale tra le dichiarazioni rese dal parlamentare e l’attività svolta ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost.
4.− Con memoria depositata il 20 dicembre 2011, la Camera dei deputati – ribadita la necessità di «una riconsiderazione delle forme concrete in cui [la funzione parlamentare] viene effettivamente esercitata ai fini anche e soprattutto (…) dell’applicabilità della prerogativa ex art. 68, comma 1» – sottolinea che «l’autorità giudiziaria che sollev[a] il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato contro la delibera di insindacabilità adottata dalla Camera di appartenenza del parlamentare» debba, previamente e sommariamente, valutare la «reale portata lesiva delle dichiarazioni esternate dal parlamentare».
Anche al fine di ridurre il numero dei conflitti proposti innanzi alla Corte costituzionale, insomma, sarebbe opportuno, secondo la difesa della Camera, che l’autorità giudiziaria compisse «una, pur sempre parziale e sommaria, valutazione in ordine alla possibilità reale di concretizzazione della fattispecie di reato (di diffamazione) ovvero di sussistenza o meno delle condizioni per un risarcimento in sede civile».
 
Considerato in diritto
1.− Il Tribunale di Roma, seconda sezione penale, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, contestando che spettasse ad essa dichiarare, con deliberazione del 19 dicembre 2008, che le opinioni espresse dal sen. Maurizio Gasparri (deputato all’epoca dei fatti), per le quali pende procedimento penale nei confronti del medesimo parlamentare per il delitto di cui agli artt. 595 del codice penale e 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa), asseritamente commesso in danno di Henry John Woodcock, siano insindacabili ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.
2.− Deve, preliminarmente, essere ribadita l’ammissibilità del conflitto, sussistendone i presupposti soggettivi ed oggettivi, come ha già ritenuto questa Corte con l’ordinanza n. 86 del 24 febbraio 2010.
3.− La difesa della Camera dei deputati nella seconda memoria illustrativa ha eccepito l’inammissibilità del ricorso perché il giudice ricorrente non ha effettuato «una previa, e certamente sommaria, prima valutazione in ordine alla reale portata lesiva delle dichiarazioni esternate dal parlamentare».
L’eccezione è priva di fondamento.
Come è stato di recente chiarito da questa Corte, «l’ipotizzato onere di anticipazione degli esiti del giudizio da cui il conflitto trae origine (…) si pone, a tacer d’altro, in contrasto con l’effetto inibente che, alla luce della disciplina recata dall’art. 3 della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), la delibera di insindacabilità produce sulle attività giurisdizionali. Impugnando detta delibera, il giudice mira propriamente a “riappropriarsi” del potere (pieno) di giudicare – in un senso o nell’altro – sul merito della domanda, al quale attiene la valutazione della reale lesività delle esternazioni (valutazione che potrebbe, tra l’altro, richiedere – segnatamente quando venga in rilievo il diritto di critica o di cronaca e si verta nell’ambito di giudizi di merito – opportuni approfondimenti istruttori)» (sentenze n. 333 e n. 334 del 2011).
Nella memoria, la difesa della Camera ha preso atto di questo orientamento ma ha aggiunto di «non potersi esimere dall’evidenziare come il piano valutativo del giudice cui si vuole fare riferimento debba necessariamente collocarsi prima che intervenga eventualmente la delibera di insindacabilità della Camera, proprio perché quest’ultima produce un effetto inibitorio sulla prosecuzione del giudizio, superabile, come noto, solo con la sollevazione del conflitto».
La Camera però non chiarisce in quale momento il giudice dovrebbe effettuare tale valutazione quando, come nel caso in esame, la questione sull’applicabilità dell’art. 68, primo comma, della Costituzione le viene sottoposta direttamente dall’imputato, e non considera che in questo caso non sarebbe individuabile neppure un momento processuale in cui il giudice si potrebbe pronunciare sulla «reale portata lesiva delle dichiarazioni esternate dal parlamentare».
È da aggiungere che anche quando, in applicazione dell’art. 3, comma 4, della legge 20 giugno 2003, n. 140, è il giudice a sottoporre alla Camera la questione dell’applicabilità dell’art. 68, primo comma, Cost. una valutazione prognostica delle prospettive dell’accusa non è prevista, né si potrebbe pretendere che il giudice si pronunci, a norma dell’art. 129 del codice di procedura penale, sulla mancanza delle condizioni per un immediato proscioglimento nel merito dato che un siffatto proscioglimento presuppone di regola il compimento dell’istruzione dibattimentale.
Resta, infine, da dire che in ogni caso l’eccezione sarebbe infondata perché dopo la delibera di insindacabilità, ai fini dell’ammissibilità del conflitto, è sufficiente e necessario che l’autorità giudiziaria venga privata della propria prerogativa di definire la fattispecie a giudizio e non abbia altro rimedio che il ricorso a questa Corte per riappropriarsene.
Ogni ulteriore profilo concernente i poteri che il giudice esercita nel processo, ivi compreso quello di definire l’ordine logico delle questioni da affrontare, esula del tutto dai requisiti di ammissibilità di un conflitto teso alla riespansione della potestas iudicandi.
4.− Nel merito, il ricorso è fondato.
Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, per l’esistenza di un nesso funzionale tra le dichiarazioni rese extra moenia da un parlamentare e l’espletamento delle sue funzioni di membro del Parlamento – al quale è subordinata la prerogativa dell’insindacabilità di cui all’art. 68, primo comma, Cost. – è necessario che tali dichiarazioni possano essere identificate come espressione dell’esercizio di attività parlamentare (ex multis, sentenze n. 98 e n. 96 del 2011, n. 330 e n. 135 del 2008).
Nel conflitto in esame, né la relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere, né la deliberazione della Camera dei deputati indica atti parlamentari tipici, anteriori o contestuali alle dichiarazioni rese dall’allora deputato Maurizio Gasparri, compiuti dallo stesso, ai quali, per il loro contenuto, possano essere riferite le opinioni oggetto di conflitto. In particolare, la Giunta per le autorizzazioni a procedere si limita a rilevare che «le affermazioni del senatore Gasparri rappresentano una legittima reazione ad un attacco della sua funzione di parlamentare» e che «i temi della giustizia e delle condotte di taluni magistrati sono da sempre elementi che animano il dibattito politico e i lavori parlamentari». Anche il riferimento, fatto dal parlamentare, ad una presunta relazione tra il querelante e una sua collega, secondo la Giunta, sarebbe riconducibile all’iter legislativo di riforma dell’ordinamento giudiziario, volto ad affrontare e risolvere il «problema dell’esistenza di rapporti a volte non limpidissimi tra funzione requirente e giudicante e, quindi, alla necessità di un intervento legislativo in tema di separazione delle carriere».
Secondo la difesa della Camera l’istituto dell’insindacabilità parlamentare «[dovrebbe] necessariamente tener conto della evoluzione delle forme della rappresentanza politica che, in una democrazia pluralistica, si connota per una dimensione pubblica e comunicativa che trascende le sedi e gli atti formali delle Camere». L’esercizio del mandato parlamentare non potrebbe ritenersi limitato alle attività parlamentari tipiche o a quelle meramente riproduttive di queste ultime, dovendo al contrario ricomprendere tutte quelle attività politiche, svolte a contatto con la società civile, che sono pur sempre espressione della funzione rappresentativa. Alla luce di queste considerazioni, secondo la Camera, le dichiarazioni dell’on. Gasparri «non possono che essere interpretate quali espressione della funzione parlamentare intesa nella sua accezione più moderna di strumento che prima concorre alla formazione dell’opinione pubblica e, poi, si preoccupa di trasporla nel processo decisionale politico».
Al riguardo, è sufficiente ricordare che, «ai fini della garanzia di insindacabilità di cui al primo comma dell’art. 68 Cost., non basta una generica identità di argomento o di contesto politico, ma è necessario un legame specifico tra l’atto parlamentare e la dichiarazione esterna, volta a renderlo noto ai cittadini» (sentenza n. 98 del 2011). Il riferimento all’attività parlamentare o comunque l’inerenza a temi di rilievo generale (pur anche dibattuti in Parlamento), entro cui le dichiarazioni si possano collocare, non vale in sé a connotarle quali espressive della funzione. Esse infatti, non costituendo la sostanziale riproduzione di specifiche opinioni manifestate dal parlamentare nell’esercizio delle proprie attribuzioni, sono non già il riflesso del peculiare contributo che ciascun deputato e ciascun senatore apportano alla vita parlamentare mediante le proprie opinioni e i propri voti (come tale coperto dall’insindacabilità, a garanzia delle prerogative delle Camere e non di un «privilegio personale [...] conseguente alla mera “qualità” di parlamentare»: sentenza n. 120 del 2004), bensì un’ulteriore e diversa articolazione di siffatto contributo, elaborata e offerta alla pubblica opinione nell’esercizio della libera manifestazione del pensiero assicurata a tutti dall’art. 21 Cost. (ex multis, sentenze n. 98, n. 96 e n. 82 del 2011, sentenza n. 330 del 2008, sentenza n. 320 del 2007).
La difesa della Camera sostiene inoltre che le dichiarazioni in questione ricadono nell’ambito di efficacia dell’art. 68, primo comma, Cost. perché sarebbero riconducibili all’attività politica svolta dal medesimo gruppo parlamentare cui apparteneva l’on. Maurizio Gasparri. Esse riproducono, infatti, posizioni espresse in più riprese da atti di sindacato ispettivo, finalizzati a stigmatizzare le iniziative giudiziarie del Sostituto Procuratore di Potenza, e da proposte di legge, riguardanti la riforma dell’ordinamento giudiziario, presentate e firmate da altri parlamentari appartenenti al gruppo di Alleanza Nazionale.
La tesi difensiva è priva di fondamento perché, secondo la costante giurisprudenza costituzionale, tali atti non giustificano di per sé il riconoscimento della prerogativa costituzionale prevista dall’art. 68, primo comma, Cost. per il parlamentare cui non siano direttamente riferibili. La verifica del nesso funzionale deve essere effettuata con riferimento agli atti della stessa persona, non potendosi configurare una sorta di insindacabilità di gruppo (sentenze n. 98, n. 82 e n. 81 del 2011, sentenze n. 134 e n. 28 del 2008); se è vero, infatti, che «le guarentigie previste dall’art. 68 Cost. sono poste a tutela delle istituzioni parlamentari nel loro complesso e non si risolvono in privilegi personali dei deputati e dei senatori, non si può trarre, tuttavia, la conseguenza che esista una tale fungibilità tra i parlamentari da produrre effetti giuridici sostanziali nel campo della loro responsabilità civile e penale per le opinioni espresse al di fuori delle Camere» (sentenze n. 304 e n. 302 del 2007; nello stesso senso, tra le molte, sentenze n. 151 e n. 97 del 2007).
Ne consegue che la divulgazione di atti o lavori parlamentari non inerenti alle proprie, dirette funzioni, può inquadrarsi «nella normale attività di critica politica che il parlamentare è libero di svolgere al pari di qualunque cittadino, senza fruire, peraltro, di specifiche clausole di immunità che finirebbero per coinvolgere e compromettere – senza una specifica relazione con la logica di garanzia sottesa all’art. 68, primo comma, Cost. – i diritti dei terzi a veder tutelata in sede giurisdizionale la propria immagine e la propria onorabilità» (sentenza n. 82 del 2011).
Nel caso di specie, inoltre, gli atti tipici che fungerebbero da “copertura” per l’insindacabilità delle affermazioni dell’on. Gasparri, oltre ad essere propri di altri parlamentari, sono privi di quel “legame temporale” tra attività parlamentare e attività esterna, richiesto dalla costante giurisprudenza costituzionale ai fini dell’operatività della garanzia di insindacabilità di cui all’art. 68 Cost. (ex multis, sentenza n. 82 del 2011, sentenze n. 480, n. 410 e n. 135 del 2008). In particolare, alcuni degli atti parlamentari indicati dalla difesa della Camera, pur avendo specificamente ad oggetto la condotta del dott. Woodcock, sono successivi alle dichiarazioni extra moenia del parlamentare (si veda, ad esempio, l’atto n. 3-00041 del 4 luglio 2006) e di conseguenza, secondo la giurisprudenza di questa Corte, non possono fungere da elementi di riferimento agli effetti della garanzia della insindacabilità di cui all’art. 68, primo comma, Cost., in quanto «risulterebbe davvero eccentrico evocare il concetto di divulgazione (…) ove la relativa attività, espletata anche fuori del Parlamento, si realizzasse in un momento antecedente alla opinione espressa dal parlamentare nell’esercizio delle funzioni tipiche» (sentenza n. 82 del 2011). Altri atti tipici, pur sempre relativi alle “iniziative giudiziarie della Procura di Potenza”, sono collocati a una distanza temporale talmente ampia da escluderne il carattere divulgativo (si veda, ad esempio, l’interpellanza n. 2/01393 che risale al 1° dicembre 2004 e la discussione alla Camera del 1° dicembre 2004) (sentenze n. 410 e n. 135 del 2008).
La restante attività parlamentare indicata dalla difesa della Camera è connotata dall’assoluta inconferenza dei temi trattati rispetto alle dichiarazioni contenute nella pubblicazione oggetto del procedimento penale per diffamazione; in particolare il riferimento a “una liaison” con «una magistrata donna, adibita ad altra funzione» non può in alcun modo ricollegarsi all’oggetto delle proposte di legge concernenti la riforma dell’ordinamento giudiziario.
In conclusione, le dichiarazioni dell’on. Gasparri non rientrano nell’esercizio della funzione parlamentare. Di conseguenza, l’impugnata deliberazione della Camera dei deputati, violando l’art. 68, primo comma, Cost., ha leso le attribuzioni dell’autorità giudiziaria ricorrente e pertanto deve essere annullata.
 
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara che non spettava alla Camera dei deputati affermare che le dichiarazioni rese dall’onorevole Maurizio Gasparri, per le quali pende il procedimento penale davanti al Tribunale di Roma, seconda sezione penale, di cui al ricorso indicato in epigrafe, costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;
2) annulla, per l’effetto, la delibera di insindacabilità adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 19 dicembre 2008 (doc. IV-quater, n. 3).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 febbraio 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Giorgio LATTANZI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 23 febbraio 2012.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: MELATTI