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SENTENZA N. 32  
ANNO 2012  
 
REPUBBLICA ITALIANA  
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO  
LA CORTE COSTITUZIONALE  
composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco 
GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, 
Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, 
Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario 
MORELLI, 
 
ha pronunciato la seguente  
SENTENZA  
nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 11, 16, 36, 
47, 55, 63, 75 e 76 della legge della Regione Abruzzo 10 gennaio 2011, n. 1 
(Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2011 e 
pluriennale 2011-2013 della Regione Abruzzo – Legge Finanziaria Regionale 2011), 
promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 
14-18 marzo 2011, depositato in cancelleria il 21 marzo 2011 ed iscritto al n. 
26 del registro ricorsi 2011.  
Udito nell’udienza pubblica del 10 gennaio 2012 il Giudice relatore 
Luigi Mazzella;  
udito l’avvocato dello Stato Alessandro De Stefano per il Presidente 
del Consiglio dei ministri.  
 
Ritenuto in fatto  
1.– Con ricorso notificato il 14-18 marzo 2011 e depositato il 
successivo 21 marzo (reg. ric. n. 26 del 2011), il Presidente del Consiglio dei 
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha 
promosso questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 
3, 18, 23, 97, 117 e 120 della Costituzione, degli articoli 11, 16, 36, 47, 55, 
63, 75 e 76 della legge della Regione Abruzzo 10 gennaio 2011, n. 1 
(Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2011 e 
pluriennale 2011-2013 della Regione Abruzzo – Legge Finanziaria Regionale 2011). 
 
1.1.– L’art. 11 della citata legge regionale prevede disposizioni in 
materia di erogazione di compensi per lavoro straordinario effettuati 
nell’ambito dell’emergenza terremoto. In particolare, il comma 1 dispone che al 
personale con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, 
appartenente alla Protezione Civile della Regione Abruzzo e agli Enti 
strumentali della Regione, impegnato, nell’anno 2009, presso le Strutture del 
Dipartimento Nazionale della Protezione Civile e, nell’anno 2010, presso la 
Struttura per la Gestione dell’Emergenza, è riconosciuto il compenso previsto 
per le prestazioni aggiuntive rese nell’àmbito delle disposizioni speciali per 
la gestione dell’emergenza post sisma. Il comma 2 prevede che i suddetti 
compensi sono rimborsati alla Regione dalla Struttura per la Gestione 
dell’Emergenza e sono erogati dalla Direzione regionale competente in materia di 
Risorse umane e strumentali della Giunta regionale, d’intesa con la stessa 
Struttura per la Gestione dell’Emergenza. Infine, il comma 3 autorizza la Giunta 
regionale a disporre con provvedimento amministrativo le variazioni di bilancio 
ai sensi dell’art. 25 della legge della Regione Abruzzo 25 marzo 2002, n. 3 
(Ordinamento contabile della Regione Abruzzo), per l’iscrizione degli 
stanziamenti di entrata e di spesa destinati a dare attuazione alle disposizioni 
del presente articolo.  
Così disponendo, però, il legislatore regionale travalicherebbe i 
limiti della propria competenza, invadendo quella esclusiva dello Stato in 
materia.  
Premette la difesa dello Stato che all’esito del sisma verificatosi nel 
territorio abruzzese il 6 aprile 2009 è stato deliberato lo stato di emergenza 
(vigente fino al 31 dicembre 2011) ai sensi dell’art. 5, comma 1, della legge 24 
febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione 
civile), e sono state emanate, d’intesa con l’Amministrazione regionale, le 
correlate ordinanze di protezione civile ai sensi dell’art. 5, comma 2, della 
medesima legge, prevedenti le attività del Commissario delegato e le relative 
risorse finanziarie; che in relazione al suddetto evento calamitoso è stato poi 
emanato anche il decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39 (Interventi urgenti in 
favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel 
mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile), 
convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 
giugno 2009, n. 77, recante le misure per fronteggiare gli esiti del sisma e gli 
stanziamenti di risorse statali esclusivamente destinate al soddisfacimento 
delle esigenze previste e disciplinate dal richiamato provvedimento di legge, 
nonché disponente, sub art. l, comma 1, che le ordinanze di protezione civile 
intese a governare l’emergenza sismica in questione sono emanate di concerto con 
il Ministro dell’economia e delle finanze per quanto riguarda gli aspetti di 
carattere fiscale e finanziario.  
La norma regionale in esame stabilisce la corresponsione di compensi 
per lavoro straordinario per gli anni 2009 e 2010 al personale titolare di 
contratto di collaborazione coordinata e continuativa stipulato dalla Regione o 
dai suoi Enti strumentali ed inoltre che gli oneri derivanti dal pagamento di 
tali compensi «sono rimborsati alla Regione dalla Struttura per la Gestione 
dell’Emergenza».  
Il Presidente del Consiglio dei ministri, dopo aver rilevato che la 
Struttura per la gestione dell’emergenza sarebbe identificabile con la struttura 
commissariale istituita ai sensi delle ordinanze di protezione civile vigenti, 
rappresenta che i compensi al personale assunto con contratti di collaborazione 
coordinata e continuativa sono posti espressamente a carico dei fondi della 
Regione Abruzzo sia per l’anno 2009 che per l’anno 2010, ai sensi dell’art. 7, 
comma 2 dell’ordinanza di protezione civile del 22 dicembre 2009, n. 3833 
(Ulteriori interventi urgenti diretti a fronteggiare gli eventi sismici 
verificatisi nella regione Abruzzo il giorno 6 aprile 2009 e altre disposizioni 
di protezione civile). Ciò nondimeno, il rimborso in questione verrebbe ad 
incidere su fondi di pertinenza statale vincolati alla realizzazione di 
interventi per l’emergenza in Abruzzo, realizzando una distrazione di tali 
risorse (aventi una destinazione fatta oggetto di intesa da parte 
dell’Amministrazione regionale) mediante atto unilaterale della Regione e per 
scopi diversi rispetto a quelli definiti dalla legge e dalle ordinanze di 
protezione civile. In tal modo, secondo il ricorrente, vi sarebbe violazione non 
solo dei principi di leale collaborazione, di non contraddittorietà e di 
ragionevolezza (art. 120 Cost.), ma anche dell’art. 117, terzo comma, Cost.  
1.2.– Per quanto attiene ai primi tre aspetti, l’intervento regionale 
sarebbe viziato sotto il profilo della congruenza tra il fine perseguendo con lo 
schema normativo adottato dalla Regione (corresponsione di compensi per lavoro 
straordinario) ed i mezzi apprestati per il suo soddisfacimento (fondi statali 
vincolati alla salvaguardia ed al ripristino di beni ed interessi della 
collettività colpita dal sisma), cosicché la legge regionale risulterebbe priva 
della necessaria intima coerenza atta ad assicurare per i provvedimenti 
legislativi, anche regionali, la conformità al principio costituzionale della 
necessità di esercitare il potere legislativo secondo un coerente apprezzamento 
del fine da perseguire e del mezzo idoneo al suo raggiungimento. Infatti, con 
specifico riferimento alle ordinanze di protezione civile emanate di concerto 
con il Ministro dell’economia e delle finanze, quanto agli aspetti fiscali e 
finanziari, per disciplinare l’emergenza in questione, la Regione, che aveva 
prestato un esplicito assenso alla ripartizione dei relativi oneri finanziari 
tra Stato e Regione, sarebbe caduta in contraddizione con il varo successivo di 
una normativa, peraltro ascrivibile alla categoria delle leggi-provvedimento, 
incidente negativamente sulle risorse finanziarie a tale scopo concordemente 
destinate.  
Talché, in conclusione, sarebbe da ritenere che «l’immotivata, 
irrazionale e contraddittoria determinazione regionale (peraltro neanche 
quantificata nell’ammontare degli oneri di cui si chiederà il rimborso a valere 
sulle risorse statali) vìoli i princìpi in materia di potestà legislativa 
regionale, appropriandosi di fondi statali, e si sostanzi in un rovesciamento di 
priorità sviando l’esercizio della potestà legislativa regionale dal fine suo 
proprio di salvaguardia delle preminenti esigenze della collettività».  
1.3.– Inoltre, l’esercizio della prerogativa regionale di cui trattasi 
violerebbe il principio di leale collaborazione, tanto più in considerazione del 
fatto che la vigente normativa di protezione civile dispone che le ordinanze di 
protezione civile debbano essere emanate d’intesa tra il Governo e la Regione 
interessata, proprio allo scopo di evitare che disposizioni, pur se eccezionali, 
possano porre in essere una indebita invasione delle competenze regionali. Di 
guisa che l’utilizzo del potere legislativo regionale malgrado la possibilità di 
un apprezzamento condiviso Stato-Regione manifesterebbe una volontà contraria ad 
ogni paritario confronto con il livello statuale (sentenza n. 284 del 2006). 
 
1.4.– Sarebbe leso, altresì, l’art. 117, secondo comma, Cost., che 
riserva alla legislazione esclusiva statale il compito di dettare norme nelle 
materie sistema tributario e contabile dello Stato (lettera e), nonché 
ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici 
nazionali (lettera g), atteso che la Regione non può distrarre risorse statali 
mediante un intervento non rientrante nelle prerogative legislative regionali. 
 
1.5.– Per quanto concerne, invece, la violazione dell’art. 117, terzo 
comma, Cost., nell’àmbito del complessivo giudizio di conformità alla 
Costituzione delle leggi regionali di protezione civile, rileverebbero, ai fini 
dell’individuazione dei princìpi fondamentali della materia entro i quali le 
Regioni sono tenute a legiferare in ambito concorrente, le disposizioni 
contenute nella legislazione statale di protezione civile e, segnatamente, nella 
legge n. 225 del 1992, laddove – sub art. 12, comma 4 – si dispone espressamente 
che le norme in questione costituiscono princìpi della legislazione statale cui 
dovranno conformarsi le leggi regionali. In particolare, ad avviso del 
ricorrente, le norme regionali in parola si pongono in netta antitesi con uno 
dei princìpi fondamentali codificati dalla legge n. 225 del 1992, ossia quello, 
sancito dall’art. 5, comma 2, secondo cui per l’attuazione degli interventi di 
emergenza si provvede con ordinanze di protezione civile, le quali disciplinano 
uno straordinario (seppur temporaneo perché limitato alla durata dello stato di 
emergenza) assetto sovrastrutturale di poteri, allo scopo di tutelare 
l’integrità della vita, dei beni e degli insediamenti. In buona sostanza, 
l’applicazione dell’art. 5 della legge n. 225 del 1992 implicherebbe un’azione 
statuale di natura latamente sostitutiva delle competenze regionali, per cui la 
Regione non potrebbe disciplinare ulteriormente, tanto meno con disposizioni 
normative contrastanti rispetto a quelle dettate dalle ordinanze di protezione 
civile, il medesimo settore già normato, seppure in via straordinaria, a livello 
statale. Perché laddove la funzione di protezione civile sia esercitata dallo 
Stato, tale esercizio – oltre tutto posto in essere d’intesa con la Regione – 
determinerebbe una compressione, ancorché temporanea, della relativa potestà 
legislativa regionale.  
2.– L’art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 attribuisce alla 
Giunta regionale il potere di predisporre «un provvedimento legislativo per la 
revisione complessiva delle tasse, dei canoni e delle imposte regionali» e, in 
caso di inadempienza da parte della Giunta, ne prevede un adeguamento su base 
ISTAT.  
Secondo il ricorrente, la disposizione normativa in esame sarebbe 
illegittima perché, nel prevedere genericamente una “revisione complessiva” di 
tasse, canoni ed imposte regionali, non ne escluderebbe l’aumento. Mentre la 
Regione, al momento, non avrebbe la potestà di deliberare aumenti delle entrate 
tributarie, stante la sospensione, disposta dal legislatore statale sino 
all’attuazione del c.d. federalismo fiscale, del potere delle Regioni e degli 
enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote 
ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge 
dello Stato, ai sensi dell’art. 1, comma 123, della legge 13 dicembre 2010, n. 
220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello 
Stato – legge di stabilità 2011). Donde la lesione dell’art. 117, secondo comma, 
lettera e), Cost., che riserva al legislatore statale la competenza esclusiva in 
materia di tutela del sistema tributario.  
2.1.– Inoltre, la disposizione contenuta nel comma 2 dell’art. 16, che 
prevede un adeguamento di tasse, canoni e imposte, ancorato agli indici ISTAT, 
in caso di inerzia della Giunta, contrasterebbe con l’art. 2 della legge 27 
luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del 
contribuente), che pone il principio generale dell’ordinamento tributario di 
chiarezza e trasparenza delle relative disposizioni, sì da invadere la 
competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela del sistema tributario e 
da violare la riserva di legge in subiecta materia ex art. 23 Cost.  
3.– L’art. 36 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2001, concernente 
«Norme in materia di servizio idrico integrato della Regione Abruzzo», dispone 
al comma 1 che «[...] le peculiari caratteristiche economiche, sociali, 
ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale, specie quello montano, 
nelle condizioni date non permettono in linea generale un efficace ed utile 
ricorso al mercato tra concorrenti per l’affidamento delle gestioni. Queste, 
pertanto, restano affidate agli attuali gestori».  
3.1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri deduce che la predetta 
norma, nel disporre che le gestioni del servizio idrico restano affidate agli 
attuali gestori, impedisce l’affidamento secondo le procedure di evidenza 
pubblica previste dalla legislazione statale, attuativa di quella comunitaria, 
ponendosi in contrasto, segnatamente, con l’art. 23-bis, comma 2, del 
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo 
economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della 
finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito in legge, con 
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133, e con 
l’art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 168 
(Regolamento in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, a 
norma dell’articolo 23-bis, comma 10, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, 
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), nonché con i 
princìpi comunitari a tutela della concorrenza e del mercato.  
3.2.– Anche se in base al comma 2 del medesimo art. 36 gli effetti 
della disposizione in oggetto sono limitati al termine del 31 dicembre 2011, al 
comma 1 la norma regionale pone una presunzione assoluta, in via legislativa, di 
insussistenza delle «caratteristiche economiche, sociali, ambientali e 
geomorfologiche del contesto territoriale» idonee per il ricorso al mercato per 
gli affidamenti delle gestioni di servizio idrico. Di qui il prospettato 
contrasto con i commi 3 e 4 del succitato art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008, 
i quali disciplinano un procedimento complesso in caso di ipotizzata 
insussistenza delle condizioni economiche, sociali e ambientali, richiedendo – 
tra l’altro – il parere dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. 
 
Pertanto, l’art. 36, dettando disposizioni difformi dalla normativa 
statale di riferimento, lederebbe la competenza esclusiva dello Stato nella 
materia tutela dell’ambiente e dell’ecosistema di cui all’art. 117, secondo 
comma, lettera s), Cost., nonché la competenza del legislatore statale nella 
materia tutela della concorrenza di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), 
Cost.  
4.– L’art. 47, nel prevedere disposizioni in materia di personale, 
dispone che la Giunta regionale, entro 90 giorni dall’approvazione della legge, 
attua i piani di cui all’art. 3, comma 94, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – 
legge finanziaria 2008).  
Ciò significa che il legislatore regionale avrebbe esteso al 2011 
l’efficacia della normativa statale sulla progressiva stabilizzazione del 
personale non dirigenziale in servizio con contratto a tempo determinato e del 
personale con contratti di collaborazione coordinata e continuativa in essere 
alla data di entrata in vigore della legge succitata, ancorché limitatamente 
all’ambito della programmazione triennale dei fabbisogni per gli anni 2008, 2009 
e 2010.  
Così disponendo ulteriori stabilizzazioni di personale precario al di 
fuori delle procedure ordinarie e concorsuali di accesso al pubblico impiego, il 
legislatore regionale violerebbe i princìpi di ragionevolezza, imparzialità e 
buon andamento della pubblica amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 Cost. 
 
Inoltre, la norma in esame impingerebbe nella materia di legislazione 
concorrente – ex art. 117, terzo comma, Cost. – del coordinamento della finanza 
pubblica, vulnerandone i princìpi di attuazione, in quanto introduttiva, senza 
alcuna intesa con lo Stato, di una disciplina che, prevedendo un piano di 
stabilizzazione del personale precario anche per l’anno 2011, incide sul sistema 
generale della finanza pubblica.  
5.– L’art. 55 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 riguarda la lotta 
all’abusivismo nell’edilizia residenziale pubblica e dispone, al comma 1, che al 
fine di eliminare il fenomeno delle occupazioni senza titolo degli alloggi di 
edilizia residenziale pubblica, le Aziende Territoriali per l’Edilizia 
Residenziale Pubblica (di seguito ATER), presentano entro trenta giorni dalla 
data di entrata in vigore della legge, un piano redatto d’intesa con i Comuni 
interessati e le autorità di pubblica sicurezza competenti.  
In tal modo, ad avviso del ricorrente, il legislatore regionale 
eccederebbe dalla propria competenza ed invaderebbe la competenza esclusiva 
dello Stato in materia di organizzazione amministrativa dello Stato stesso di 
cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost.  
Infatti, anche alla luce di quanto affermato dalla Corte costituzionale 
(sentenza n. 134 del 2004), il legislatore regionale non può prevedere 
unilateralmente la possibilità di redigere un piano d’intesa con le autorità di 
pubblica sicurezza.  
Poiché la forma di collaborazione con le autorità statali di pubblica 
sicurezza, prevista dalla norma in esame, non trova fondamento in leggi statali 
che la regolino o la consentano, né in un accordo tra gli enti interessati, ma è 
disposta unilateralmente, l’impugnato art. 55 si porrebbe in contrasto con 
l’art. 160 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di 
funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli enti locali, 
in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), il quale, nel 
disciplinare le competenze dello Stato, dispone, al comma 2, che l’ordinamento 
dell’Amministrazione della pubblica sicurezza resta disciplinato dalla legge 1° 
aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica 
sicurezza), che a sua volta individua, ai fini della tutela dell’ordine e della 
sicurezza pubblica, le forze di polizia.  
6.– L’art. 63 prevede, al comma 1, che le concessioni regionali e 
comunali in essere alla data di entrata in vigore della legge sono prorogate 
fino al 30 giugno 2011.  
Così disponendo, la norma regionale in esame urterebbe contro l’art. 
23-bis, comma 8, lettera e), del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito in 
legge, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, come modificato dall’art. 
1, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (Proroga di termini 
previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia 
tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), convertito in legge, con 
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 febbraio 2011, n. 10, il 
quale prevede che il termine per la proroga delle concessioni è fissato al 31 
marzo 2011.  
Inoltre, l’art. 63 violerebbe gli artt. 49 e 56 del Trattato sul 
funzionamento dell’Unione europea (già artt. 43 e 49 del Trattato CE) a tutela 
della libertà di stabilimento e della concorrenza e colliderebbe con il decreto 
legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a 
lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 
2004/18/CE) che recepisce, appunto, le direttive menzionate nel titolo in 
materia di coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti 
pubblici di lavori, di forniture e di servizi.  
Difatti, la materia delle proroghe delle concessioni in tema di 
servizio pubblico locale, come più volte ribadito dalla Corte costituzionale (da 
ultimo, con sentenza n. 325 del 2010), rientra nella tutela della concorrenza, 
di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, 
lettera e), Cost.  
Pertanto, il legislatore regionale, ponendosi in contrasto con la 
normativa statale e comunitaria di riferimento, lederebbe l’art. 117, primo 
comma, Cost., in quanto fonte di possibile alterazione del regime di libero 
mercato delle prestazioni e dei servizi, in violazione degli obblighi comunitari 
in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici derivanti dagli 
artt. 56 e seguenti del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (già 
artt. 49 e seguenti del Trattato CE), come pure della competenza esclusiva 
statale in materia di tutela della concorrenza, di cui all’art. 117, secondo 
comma, lettera e), Cost.  
7.– L’ art. 75 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 dispone al comma 
1 che gli interventi di soccorso ed elisoccorso di carattere sanitario, 
comprensivi di recupero e trasporto, devono considerarsi come prestazioni a 
carico del Servizio sanitario nazionale se effettuati nei limiti di quanto 
disposto dall’art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992 
(Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni per la determinazione dei 
livelli di assistenza sanitaria di emergenza). Il comma 3, poi, prevede che la 
Giunta regionale, sentito il SASA - CNAS, entro centoventi giorni dall’entrata 
in vigore della legge, integra e aggiorna il proprio tariffario per i servizi di 
soccorso sanitario e non sanitario; per i residenti nella regione Abruzzo è 
disposta una riduzione della tariffa la cui misura verrà concordata tra la 
Regione Abruzzo e le Aziende sanitarie locali, sedi di SUEM (Servizio di urgenza 
ed emergenza medica). Il minor introito derivante dalla concordata riduzione 
della tariffa trova copertura finanziaria in quota parte delle risorse assegnate 
dal fondo sanitario per il funzionamento del SUEM 118.  
Ad avviso del ricorrente le disposizioni oggetto di censura sarebbero 
illegittime, per il fatto che la Regione Abruzzo è impegnata nel Piano di 
rientro di cui all’Accordo tra il Ministro della salute, il Ministro 
dell’economia e delle finanze e il Presidente della Regione in data 6 marzo 
2007, poi recepito con deliberazione della Giunta regionale del 13 marzo 2007, 
n. 224. Mentre in forza degli obblighi assunti con il suddetto piano sanitario, 
la Regione Abruzzo non può erogare prestazioni ulteriori rispetto ai Livelli 
Essenziali di Assistenza (LEA), con l’art. 75 in esame il legislatore regionale 
eroga ulteriori livelli di assistenza non previsti, cioè gli interventi di 
soccorso ed elisoccorso. Lo stesso dicasi per la concessione dell’agevolazione 
di cui al comma 3 dell’art. 75, coperta con le risorse del fondo del servizio 
sanitario nazionale, che configura il riconoscimento di LEA aggiuntivi, in 
contrasto con l’impegno assunto con il citato Piano di rientro di assicurare 
l’equilibrio di bilancio e, conseguentemente, in violazione unilaterale degli 
impegni assunti in funzione di coordinamento della finanza pubblica.  
Sicché, il legislatore regionale, prevedendo una disciplina non 
conforme a quanto stabilito nel succitato Accordo, avrebbe arrecato un vulnus 
all’art. 117, terzo comma, Cost. in materia di tutela della salute e 
coordinamento della finanza pubblica.  
8.– L’art. 76 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, contenente 
disposizioni in materia di segni distintivi, dispone che «il SASA - CNSAS 
(Soccorso Alpino Speleologico Abruzzo del Corpo nazionale del Soccorso Alpino 
Speleologico) adotta sulle proprie divise di ordinanza e sui mezzi in dotazione 
il logo della Protezione Civile regionale».  
Il Presidente del Consiglio dei ministri sostiene che il legislatore 
regionale si sia discostato dalla disciplina nazionale di riferimento, secondo 
cui: 1) il Corpo nazionale del soccorso alpino rientra tra le strutture 
operative nazionali della protezione (art. 11 della legge n. 225 del 1992); 2) 
la disciplina dell’ordinamento, del funzionamento e della natura del suddetto 
Corpo è stabilita a livello nazionale dalla legge 21 marzo 2001, n. 74 
(Disposizioni per favorire l’attività svolta dal Corpo nazionale soccorso alpino 
e speleologico); 3) l’attività di volontariato è espressione di partecipazione, 
solidarietà e pluralismo, tant’è che la legge 11 agosto 1991, n. 266 
(Legge–quadro sul volontariato) ne riconosce il valore sociale e la funzione, ne 
promuove lo sviluppo, salvaguardandone l’autonomia, e ne favorisce l’apporto 
originale per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e 
culturale (art. 1, commi 1 e 2), imponendo alle leggi regionali di preservarne 
l’autonomia di organizzazione e di iniziativa e di favorire lo sviluppo 
dell’associazionismo (art. 10, comma 1).  
Secondo il ricorrente, il legislatore regionale, dettando norme non 
coordinate e sostanzialmente contrastanti con le suddette disposizioni e nel 
prevedere di adottare sulle divise di ordinanza e sui mezzi del SASA - CNSAS il 
logo regionale, lederebbe i princìpi costituzionali sul libero associazionismo 
di cui all’art. 18 Cost., nonché la competenza esclusiva dello Stato in materia 
di ordinamento, organizzazione e amministrazione dello Stato e degli enti 
pubblici nazionali di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost. ed i 
princìpi della legislazione concorrente di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. 
in riferimento all’attività di protezione civile.  
9.– Con atto depositato il 16 dicembre 2011 Presidente del Consiglio 
dei ministri ha, in primo luogo, rappresentato che nelle more del presente 
giudizio la Regione Abruzzo si è conformata ai rilievi formulati in ricorso, 
l’art. 9 della legge reg. 3 agosto 2011, n. 24 (Intervento di adeguamento 
normativo in materia di personale) così disponendo: «L’art. 47 della L.R. 10 
gennaio 2011, n. 1 (Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio 
annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Regione Abruzzo (Legge Finanziaria 
Regionale 2011) è abrogato». Conseguentemente, il Consiglio dei ministri – dato 
atto della sopravvenienza normativa della legge reg. n. 24 del 2011 e 
dell’effetto abrogativo dell’art. 47 della legge sub iudice e considerato il 
venire meno delle ragioni giustificative dell’impugnazione di siffatta norma – 
nella seduta del 13 ottobre 2011, con provvedimento in pari data, ha deliberato 
la rinunzia parziale al ricorso n. 26 del 2011 con riguardo alle censure 
relative all’art. 47 della legge della Regione Abruzzo n. 1 del 2011.  
9.1.– Il ricorrente ha motivatamente insistito, invece, affinché la 
Corte costituzionale adìta voglia dichiarare l’illegittimità costituzionale 
degli artt. 11, 16, 36, 55, 63, 75 e 76 della legge Regione Abruzzo n. 1 del 
2011, per violazione degli artt. 3, 18, 23, 97, 117 e 120 della Costituzione, 
ripercorrendo gli ulteriori profili di incostituzionalità già illustrati 
nell’atto introduttivo del giudizio, pressoché integralmente riprodotto.  
10.– Con memoria integrativa depositata il 20 dicembre 2011 
l’Avvocatura generale dello Stato si è soffermata su taluni interventi normativi 
sopravvenuti all’incardinazione del presente giudizio di legittimità 
costituzionale.  
10.1.– In primo luogo, ha rilevato che la legge della Regione Abruzzo 
12 aprile 2011, n. 9 (Norme in materia di Servizio Idrico Integrato della 
Regione Abruzzo) ha previsto l’istituzione e l’organizzazione del sistema idrico 
integrato costituito dall’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione 
e distribuzione di acqua ad usi civili ed industriali di fognatura e di 
depurazione delle acque reflue da istituire in un Ambito territoriale unico 
regionale (ATUR), coincidente con l’intero territorio regionale ed attuato da un 
ente pubblico di nuova costituzione denominato ERSI (Ente regionale per il 
servizio idrico integrato).  
Ne ha desunto che la predetta novella regionale, disciplinando 
l’organizzazione integrata del servizio idrico, onde pervenire all’uniformità di 
indirizzo ed azione dei servizi idrici offerti all’utenza, ma non incidendo in 
materia di conferimento, non riguarda affatto gli aspetti disciplinati dall’art. 
36 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, attinenti alla proroga delle gestioni 
esistenti.  
Quanto poi alla sopravvenuta abrogazione dell’articolo 23-bis del 
decreto-legge n. 112 del 2008 con decreto del Presidente della Repubblica 18 
luglio 2011, n. 113 (Abrogazione, a seguito di referendum popolare, 
dell’articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con 
modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, e successive modificazioni, nel 
testo risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 325 del 
2010, in materia di modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici 
locali di rilevanza economica), la difesa dello Stato ne ha tratto «il venir 
meno del presupposto fondante della norma regionale in parola, ossia la 
presunzione di esistenza delle “peculiari caratteristiche economiche, sociali, 
ambientali e geormorfologiche del contesto territoriale” che, “tenuto conto di 
quanto disposto dai commi 3 e 4 dell’art. 23-bis, aggiunto dalla legge 6 agosto 
2008, n. 133, di conversione del d.l. 25 giugno 2008, n. 112” giustificherebbe 
(secondo l’assetto sospettato di incostituzionalità, delineato del legislatore 
regionale) il permanere delle gestioni correnti in capo agli attuali soggetti – 
ed, insieme ad esso, delle censure di incostituzionalità dell’art. 36 L.R. 
Abruzzo n. 1 del 2011 che assumono a parametro la disciplina statale caducata 
per effetto del referendum […]». Ma a suo avviso – nel perdurare del vuoto 
legislativo seguito alla caducazione, all’esito referendario, della disciplina 
statale – il legislatore regionale sarebbe comunque tenuto ad osservare, anche 
in una prospettiva de iure condendo, il rispetto dei fondamentali principi di 
cui all’art. 117, secondo comma, Cost.: 1) lettera e), in tema di tutela della 
concorrenza; 2) lettera l) in tema di ordinamento civile; 3) lettera s) in 
materia della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema. Ha, dunque, ritenuto che 
rimangano valide le censure mosse dal Presidente del Consiglio dei ministri con 
l’atto introduttivo del giudizio, con riferimento alla violazione dell’art. 117, 
secondo comma, lettere e), l) e s), Cost.  
10.2.– Per quanto attiene invece i rilievi di incostituzionalità mossi 
avverso l’art. 55, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, laddove – al 
fine di eliminare il fenomeno delle occupazioni senza titolo degli alloggi di 
edilizia residenziale pubblica – dispone che le ATER presentano entro trenta 
giorni dalla data di entrata in vigore della legge, un piano redatto d’intesa 
con i Comuni interessati e le autorità di pubblica sicurezza competenti, la 
difesa dello Stato ne ha segnalato l’abrogazione parziale ad opera del 
legislatore regionale. Segnatamente, con legge della Regione Abruzzo 6 luglio 
2011, n. 19 (Norme per l’alienazione degli alloggi di edilizia residenziale 
pubblica da parte dei Comuni e modifica delle LL.RR. nn. 43/2000, 34/2007, 
1/2010 e 1/2011), all’art. 3, comma 3, si dispone la soppressione delle parole 
«e le autorità di pubblica sicurezza competenti» di cui al comma 1 dell’art. 55 
sopracitato, con l’eliminazione, in tal guisa, della forma di collaborazione con 
le autorità statali di pubblica sicurezza sospettata di incostituzionalità.  
Con la conseguenza che, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, la 
legge sopravvenuta n. 19 del 2011 (art. 3, comma 3) di fatto sancisce – pure in 
assenza della formalizzazione di apposita rinunzia – il venir meno delle ragioni 
dell’impugnazione dell’impugnato art. 55, determinando, di fatto, la cessazione 
della materia del contendere.  
10.3.– Circa i motivi d’impugnazione dell’art. 63, la difesa dello 
Stato ha esposto che per effetto dell’entrata in vigore – lo scorso 6 agosto 
2011 – dell’art. 1 della legge della Regione Abruzzo 19 luglio 2011, n. 21, 
recante modifiche (tra le altre) alla legge reg. Abruzzo 10 gennaio 2011, n. 1, 
la proroga originariamente disposta fino al 30 giugno 2011 è stata ulteriormente 
differita fino al 30 settembre 2011, mentre – dopo il comma 1 dell’art. 63 della 
legge reg. n. 1 del 2011 – è stato aggiunto il seguente comma: «1-bis. A seguito 
della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana 
dell’esito del referendum abrogativo relativo all’articolo 23-bis del 
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per Io sviluppo 
economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della 
finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, 
dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 e successivamente modificato e integrato con 
le disposizioni di cui all’art. 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135 
(Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione 
di sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità europee), convertito, con 
modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, la Giunta regionale è 
autorizzata a porre in essere, ai sensi dell’art. 5, paragrafo 5 del regolamento 
(CE) n. 1370/2007 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007, 
relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia 
e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70, 
del 23 ottobre 2007, un provvedimento di proroga delle concessioni regionali. 
Allo stesso modo, procedono i Comuni titolari di concessioni di trasporto 
urbano. I provvedimenti sono formulati nel rispetto delle condizioni previste 
dal presente Capo VI e in ogni caso non possono superare la durata di un anno». 
 
Alla stregua del summenzionato regolamento europeo, condizione 
presupposta e necessaria per il ricorso alla disciplina derogatoria in discorso 
è la dimostrazione dello stato emergenziale enucleato nel c.d. «rischio di 
interruzione del servizio o di pericolo imminente di interruzione». E ciò – ha 
sottolineato la difesa dello Stato – fa difetto nell’art. 63, comma 1, sia nella 
formulazione originaria, sia in quella nuova assunta a seguito dell’innesto 
normativo del 2011, che si limita semplicemente a richiamare il riferimento al 
regolamento comunitario. Di contro, resta fermo il rispetto degli obblighi 
comunitari in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici 
derivanti dagli artt. 56 e seguenti del Trattato sul funzionamento dell’Unione 
europea (già art. 49 e seguenti del Trattato CE), siccome attuati dal d.lgs. n. 
163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e 
forniture), che recepisce le direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE in materia di 
coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di 
lavori, di forniture e di servizi. Come pure resta fermo che – anche all’esito 
del referendum summenzionato e dei conseguenti vuoti normativi derivati dalla 
caducazione dell’art. 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla 
legge n. 133 del 2008 – la materia delle proroghe delle concessioni in tema di 
servizio pubblico locale, come più volte ribadito dalla Corte costituzionale (da 
ultimo, con sentenza n. 325 del 2010), rientra nella tutela della concorrenza, 
che è materia di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, 
secondo comma, lettera e), Cost.  
Da tutto quanto sopra esposto la difesa dello Stato ha desunto che 
rimangono validi i motivi d’impugnazione dell’art. 63 della legge reg. Abruzzo 
n. 1 del 2011, come formulati negli scritti già depositati in atti.  
10.4.– Pertanto, dopo aver chiesto all’adìta Corte costituzionale – con 
atto di rinunzia parziale al ricorso notificato a controparte il 15 dicembre 
2011 – di voler dichiarare, in via principale, l’estinzione parziale del 
giudizio ovvero la cessazione della materia del contendere relativamente alla 
censura d’illegittimità costituzionale dell’art. 47 della legge della Regione 
Abruzzo n. 1 del 2011 in ragione della intervenuta abrogazione della stessa ad 
opera dell’art. 9 della legge regionale n. 24 del 2011, sulla base delle 
argomentazioni sopra svolte, la difesa dello Stato ha concluso, chiedendo, 
altresì, che la Corte costituzionale voglia dichiarare la cessazione della 
materia del contendere relativamente alla censura dell’art. 55 della legge reg. 
Abruzzo n. 1 del 2011, in ragione dell’intervenuta abrogazione parziale dello 
stesso ad opera dell’art. 3 della legge reg. Abruzzo n. 19 del 2011, nonché 
insistendo, affinché la Corte adìta voglia dichiarare l’illegittimità 
costituzionale degli artt. 11, 16, 36, 63, 75 e 76 della legge reg. Abruzzo n. 1 
del 2011, per violazione degli artt. 3, 18, 23, 97, 117 e 120 Cost.  
 
Considerato in diritto  
1.– Con ricorso notificato il 14-18 marzo 2011 e depositato il 
successivo 21 marzo, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e 
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di 
legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 18, 23, 97, 117 e 120 
della Costituzione, degli articoli 11, 16, 36, 47, 55, 63, 75 e 76 della legge 
della Regione Abruzzo 10 gennaio 2011, n. 1 (Disposizioni finanziarie per la 
redazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Regione 
Abruzzo – Legge Finanziaria Regionale 2011).  
Successivamente al ricorso, la suddetta legge regionale è stata oggetto 
di numerose modifiche. Parimenti è mutato il quadro normativo in relazione ad 
alcune delle disposizioni di legge statale evocate dal Governo come parametro 
interposto.  
1.1.– L’art. 11 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 prevede 
disposizioni in materia di erogazione di compensi per lavoro straordinario 
effettuati nell’ambito della notoria emergenza terremoto. In particolare, il 
comma 1 dispone che al personale con contratto di collaborazione coordinata e 
continuativa appartenente alla Protezione Civile della Regione Abruzzo e agli 
Enti strumentali della Regione impegnato, nell’anno 2009, presso le Strutture 
del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile e, nell’anno 2010, presso la 
Struttura per la Gestione dell’Emergenza, è riconosciuto il compenso previsto 
per le prestazioni aggiuntive rese nell’àmbito delle disposizioni speciali per 
la gestione dell’emergenza post sisma. Il comma 2 prevede che i suddetti 
compensi sono rimborsati alla Regione dalla Struttura per la Gestione 
dell’Emergenza e sono erogati dalla Direzione regionale competente in materia di 
Risorse umane e strumentali della Giunta regionale, d’intesa con la stessa 
Struttura per la Gestione dell’Emergenza. Infine, il comma 3 autorizza la Giunta 
regionale a disporre con provvedimento amministrativo le variazioni di bilancio 
ai sensi dell’art. 25 della legge della Regione Abruzzo 25 marzo 2002, n. 3 
(Ordinamento contabile della Regione Abruzzo), per l’iscrizione degli 
stanziamenti di entrata e di spesa destinati a dare attuazione alle disposizioni 
del presente articolo.  
1.1.1.– Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, il rimborso 
in questione verrebbe ad incidere su fondi di pertinenza statale vincolati alla 
realizzazione di interventi per l’emergenza in Abruzzo, realizzando una 
distrazione di tali risorse (aventi una destinazione fatta oggetto d’intesa da 
parte dell’Amministrazione regionale) mediante atto unilaterale della Regione e 
per scopi diversi rispetto a quelli definiti dalla legge e dalle ordinanze di 
protezione civile. In tal modo, sarebbero violati: a) i princìpi di leale 
collaborazione, di non contraddittorietà e di ragionevolezza (art. 120 Cost.); 
b) l’art. 117, secondo comma, lettere e) (sistema tributario e contabile dello 
Stato) e g) (ordinamento e organizzazione amministrativa degli enti pubblici 
nazionali), Cost.; c) l’art. 117, terzo comma, Cost. in materia di protezione 
civile e, segnatamente, il principio fondamentale dell’art. 5, comma 2, della 
legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale della 
protezione civile), che demanda alle ordinanze di protezione civile, «in deroga 
ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali 
dell’ordinamento giuridico», la disciplina per l’attuazione degli interventi 
conseguenti alla deliberazione dello stato di emergenza. Più specificamente, il 
ricorrente richiama l’art. 7, comma 2, dell’ordinanza del Presidente del 
Consiglio dei ministri 22 dicembre 2009, n. 3833 (Ulteriori interventi urgenti 
diretti a fronteggiare gli eventi sismici verificatisi nella regione Abruzzo il 
giorno 6 aprile 2009 e altre disposizioni di protezione civile), che pone a suo 
dire i compensi del personale assunto con contratti di collaborazione coordinata 
e continuativa a carico della Regione Abruzzo sia per l’anno 2009 che per l’anno 
2010. Ma tale previsione è contenuta, invero, nell’art. 5, comma 2-bis, 
dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 9 aprile 2009, n. 3754 
(Ulteriori disposizioni urgenti conseguenti agli eventi sismici che hanno 
colpito la provincia dell’Aquila ed altri comuni della regione Abruzzo il giorno 
6 aprile 2009).  
1.1.2.– Dopo la proposizione del ricorso, sia l’art. 7, comma 2, 
dell’ordinanza invocata in ricorso, sia l’art. 5, comma 2-bis, dell’ordinanza n. 
3754 del 2009, sono stati modificati dall’art. 12 dell’ordinanza del Presidente 
del Consiglio dei ministri 30 giugno 2011, n. 3950 (Ulteriori interventi urgenti 
diretti a fronteggiare gli eventi sismici verificatisi nella regione Abruzzo il 
giorno 6 aprile 2009), nel senso di veicolare l’onere degli straordinari in 
oggetto a valere sulle risorse del fondo (statale) per la compensazione degli 
effetti finanziari non previsti di cui all’art. 14, comma 5, del decreto-legge 
28 aprile 2009, n. 39 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite 
dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori 
interventi urgenti di protezione civile), convertito in legge, con 
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 giugno 2009, n. 77.  
1.2.– L’art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 attribuisce alla 
Giunta regionale il potere di predisporre «un provvedimento legislativo per la 
revisione complessiva delle tasse, dei canoni e delle imposte regionali» e, in 
caso di inadempienza da parte della Giunta, ne prevede un adeguamento su base 
ISTAT.  
1.2.1.– Secondo il ricorrente, la disposizione normativa in esame è 
illegittima perché, nel prevedere genericamente una «revisione complessiva» di 
tasse, canoni ed imposte regionali, non ne escluderebbe l’aumento. Di contro, la 
Regione non avrebbe allo stato la potestà di deliberare aumenti delle entrate 
tributarie, a causa della sospensione, disposta dal legislatore statale sino 
all’attuazione del federalismo fiscale, del potere delle Regioni e degli enti 
locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote 
ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge 
dello Stato, ai sensi dell’art. 1, comma 123, della legge 13 dicembre 2010, n. 
220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello 
Stato – legge di stabilità 2011). Donde la lesione dell’art. 117, secondo comma, 
lettera e), Cost., che riserva al legislatore statale la competenza esclusiva in 
materia di tutela del sistema tributario.  
Inoltre, la disposizione contenuta nel comma 2 dell’art. 16, laddove 
prevede un adeguamento di tasse, canoni e imposte regionali ancorato agli indici 
ISTAT, in caso di inerzia della Giunta, striderebbe con l’art. 2 della legge 27 
luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del 
contribuente), che pone il principio generale dell’ordinamento tributario di 
chiarezza e trasparenza delle relative disposizioni. Ne discenderebbero 
l’invasione della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela del 
sistema tributario e la violazione della riserva di legge in subiecta materia ex 
art. 23 Cost.  
1.3.– L’art. 36 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, concernente 
«Norme in materia di servizio idrico integrato della Regione Abruzzo», prevede 
che «1. [...] le peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e 
geomorfologiche del contesto territoriale, specie quello montano, nelle 
condizioni date non permettono in linea generale un efficace ed utile ricorso al 
mercato tra concorrenti per l’affidamento delle gestioni. Queste, pertanto, 
restano affidate agli attuali gestori. 2. I soggetti gestori del Servizio alla 
data di entrata in vigore della presente legge continuano a operare fino al 
verificarsi delle condizioni previste dal presente articolo […] e comunque entro 
e non oltre il 31 dicembre 2011».  
1.3.1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri denuncia che l’art. 
36, nel disporre che le gestioni del Servizio idrico integrato abruzzese restano 
affidate agli attuali gestori, impedisce l’affidamento secondo le procedure di 
evidenza pubblica previste dalla legislazione statale, attuativa di quella 
comunitaria, ponendosi in contrasto, segnatamente, con l’art. 23-bis, comma 2, 
del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo 
economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della 
finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito in legge, con 
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133, e con 
l’art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 168 
(Regolamento in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, a 
norma dell’articolo 23-bis, comma 10, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, 
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), nonché con i 
princìpi comunitari a tutela della concorrenza e del mercato.  
Il ricorrente riconosce che in base al comma 2 del medesimo art. 36 gli 
effetti della disposizione in oggetto sono limitati al termine del 31 dicembre 
2011, ma stigmatizza che al comma 1 la norma regionale ponga una presunzione 
assoluta, in via legislativa, d’insussistenza delle «caratteristiche economiche, 
sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale» idonee per il 
ricorso al mercato per gli affidamenti delle gestioni di servizio idrico. Di qui 
il prospettato contrasto con i commi 3 e 4 del succitato art. 23-bis del d.l. n. 
112 del 2008, i quali disciplinano un procedimento complesso in caso di 
ipotizzata insussistenza delle condizioni economiche, sociali e ambientali, 
richiedendo – tra l’altro – il parere dell’Autorità garante della concorrenza e 
del mercato.  
Pertanto, l’art. 36 citato, dettando disposizioni difformi dalla 
normativa statale di riferimento, lederebbe la competenza esclusiva dello Stato 
nella materia della “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” di cui all’art. 
117, secondo comma, lettera s), Cost., nonché nella materia della tutela della 
concorrenza di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., con cui fanno 
corpo i princìpi posti dal diritto europeo a presidio del mercato, ed inoltre – 
come chiaramente dedotto soltanto nelle memorie depositate in prossimità 
dell’udienza – anche in tema di ordinamento civile ex art. 117, secondo comma, 
lettera l), Cost.  
1.3.2.– Successivamente al ricorso, il quadro normativo è profondamente 
mutato.  
A partire dal 21 luglio 2011, in esito a referendum, l’intero art. 
23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 è stato abrogato dall’art. 1 del 
decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 2011, n. 113 (Abrogazione, a 
seguito di referendum popolare, dell’articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 
del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, e 
successive modificazioni, nel testo risultante a seguito della sentenza della 
Corte costituzionale n. 325 del 2010, in materia di modalità di affidamento e 
gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica). Quindi, l’art. 4, 
comma 34, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per 
la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito in legge, con 
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148 – 
articolo significativamente rubricato come «Adeguamento della disciplina dei 
servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dall’Unione 
europea» – ha escluso l’applicazione del regime di gestione concorrenziale dei 
servizi pubblici di rilevanza locale da esso introdotto al servizio idrico 
integrato.  
1.4.– L’art. 47 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, nel prevedere 
disposizioni in materia di personale, dispone che «La Giunta regionale 
predispone, entro 90 giorni dall’approvazione della presente legge, i piani di 
cui all’articolo 3, comma 94, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 recante 
“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato 
(legge finanziaria 2008)”».  
1.4.1.– Il ricorrente censura la suddetta disposizione per avere il 
legislatore regionale voluto con essa estendere al 2011 l’efficacia della 
normativa statale sulla progressiva stabilizzazione del personale non 
dirigenziale in servizio con contratto a tempo determinato o di collaborazione 
coordinata e continuativa in essere alla data di entrata in vigore della legge 
succitata, invero limitatamente all’ambito della programmazione triennale dei 
fabbisogni per gli anni 2008, 2009 e 2010. In particolare, l’impugnato art. 47, 
disponendo ulteriori stabilizzazioni di personale precario al di fuori delle 
procedure ordinarie e concorsuali di accesso al pubblico impiego, lederebbe i 
princìpi di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento della pubblica 
amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 Cost. Inoltre, la norma regionale in 
esame eccederebbe la competenza regionale nella materia di legislazione 
concorrente – ex art. 117, terzo comma, Cost. – del coordinamento della finanza 
pubblica, vulnerandone i princìpi di attuazione. Essa, infatti, senza alcuna 
intesa con lo Stato, contempla un piano di stabilizzazione del personale 
precario anche per l’anno 2011, sì da incidere sul sistema generale della 
finanza pubblica.  
1.4.2.– Successivamente al ricorso, l’art. 47 in questione è stato 
abrogato dall’art. 9 della legge della Regione Abruzzo 3 agosto 2011, n. 24 
(Intervento di adeguamento normativo in materia di personale).  
1.4.3.– A seguito di ciò, il Presidente del Consiglio dei ministri, in 
data 13 ottobre 2011, ha rinunciato parzialmente al ricorso in relazione alle 
censure concernenti la disposizione regionale in oggetto.  
1.5.– L’art. 55 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, riguardante la 
lotta all’abusivismo nell’edilizia residenziale pubblica, dispone, al comma 1, 
che al fine di eliminare il fenomeno delle occupazioni senza titolo degli 
alloggi di edilizia residenziale pubblica, le Aziende Territoriali per 
l’Edilizia Residenziale Pubblica (ATER) presentano, entro trenta giorni dalla 
data di entrata in vigore della legge, un piano redatto d’intesa con i Comuni 
interessati e le autorità di pubblica sicurezza competenti.  
1.5.1.– Il ricorrente denuncia l’occupazione in tal modo, da parte del 
legislatore regionale, dell’àmbito di competenza esclusiva dello Stato in 
materia di organizzazione amministrativa dello Stato stesso di cui all’art. 117, 
secondo comma, lettera g), Cost.  
A suo avviso, infatti, il legislatore regionale, anche alla luce di 
quanto affermato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 134 del 2004), non può 
unilateralmente prevedere la possibilità di redigere un piano d’intesa con le 
autorità di pubblica sicurezza.  
1.5.2.– Nelle more del giudizio il censurato art. 55 è stato modificato 
dall’art. 3, comma 3, della legge della Regione Abruzzo 6 luglio 2011, n. 19 
(Norme per l’alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica da 
parte dei Comuni e modifica delle LL.RR. nn. 43/2000, 34/2007, 1/2010 e 1/2011), 
che ha soppresso al comma 1 della norma impugnata le parole «e le autorità di 
pubblica sicurezza competenti».  
1.5.3.– Nella memoria depositata il 20 dicembre 2011 la difesa dello 
Stato ha chiesto, pertanto, alla Corte di voler ritenere cessata la materia del 
contendere in relazione alla questione di legittimità in oggetto, essendo venute 
meno, con l’intervenuta abrogazione parziale di cui sopra, le ragioni 
dell’impugnazione della disposizione regionale in esame.  
1.6.– L’art. 63 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, dettato in 
materia di trasporto pubblico regionale e locale, prevede, al comma 1, che le 
concessioni regionali e comunali in essere alla data di entrata in vigore della 
legge sono prorogate fino al 30 giugno 2011.  
1.6.1.– Ad avviso del Governo, la norma regionale in esame urta contro 
l’art. 23-bis, comma 8, lettera e), del decreto-legge n. 112 del 2008, 
convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, come 
modificato dall’art. 1, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 
(Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti 
in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), a sua volta 
convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 
febbraio 2011, n. 10, il quale prevede che il termine per la proroga delle 
concessioni è fissato al 31 marzo 2011. Ne conseguirebbe l’invasione, da parte 
del legislatore regionale, della materia della tutela della concorrenza, di 
competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera 
e), Cost., poiché nella stessa rientra, altresì, la disciplina delle proroghe 
delle concessioni in tema di servizio pubblico locale, come più volte ribadito 
dalla giurisprudenza costituzionale (da ultimo, con sentenza n. 325 del 2010). 
 
Inoltre, l’impugnato art. 63 violerebbe gli artt. 49 e 56 del Trattato 
sul funzionamento dell’Unione europea (già artt. 43 e 49 del Trattato CE), posti 
a tutela della libertà di stabilimento e della concorrenza, e colliderebbe con 
il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici 
relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE 
e 2004/18/CE) che recepisce, appunto, le direttive menzionate nel titolo in 
materia di coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti 
pubblici di lavori, di forniture e di servizi.  
1.6.2.– Dopo la data di proposizione del ricorso, il quadro normativo 
statale di riferimento, nonché la stessa disposizione regionale censurata, hanno 
subìto rilevanti modifiche.  
Innanzitutto, prima che la maggiore durata del termine previsto dalla 
legge regionale potesse dispiegarsi, la scadenza fissata dalla legge statale è 
stata (ulteriormente) differita al 30 settembre 2011, ai sensi del combinato 
disposto dell’art. 1, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei 
ministri 25 marzo 2011 (Ulteriore proroga di termini relativa alla Presidenza 
del Consiglio dei Ministri), in combinato disposto con l’art. 1, comma 2, del 
succitato decreto-legge n. 225 del 2010.  
Indi, come si è visto (punto 1.3.2.), l’intero art. 23-bis del 
decreto-legge n. 112 del 2008, a seguito di referendum, è stato abrogato 
dall’art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 113 del 2011, con la 
decorrenza del 21 luglio 2011.  
Conseguentemente, il legislatore regionale ha modificato e integrato 
l’impugnato art. 63 in modo tale da allineare la scadenza ivi prevista al 
termine ultimo già stabilito dalla norma statale interposta di cui all’art. 
23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008. In tal senso, l’art. 1 della legge 
della Regione Abruzzo 19 luglio 2011, n. 21, intitolata «Modifiche all’art. 56 e 
al Capo VI (Interventi urgenti e indifferibili in materia di trasporto pubblico 
regionale e locale) della L.R. 10 gennaio 2011, n. 1 “Disposizioni finanziarie 
per la redazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Regione 
Abruzzo (Legge finanziaria regionale 2011)”», vi ha aggiunto un comma 1-bis, 
uniformandosi espressamente al regime di prorogabilità delle concessioni di cui 
all’art. 5, paragrafo 5, del regolamento (CE) 23 ottobre 2007, n. 1370/2007, 
regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai servizi pubblici 
di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti 
del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70.  
Successivamente, l’art. 4, comma 32, lettera a), del decreto-legge n. 
138 del 2011 ha introdotto un nuovo regime transitorio degli affidamenti diretti 
non conformi ai princìpi comunitari di gestione cosiddetta in house, 
prevedendone la cessazione alla data del 31 marzo 2012. Tale termine è stato 
prorogato sino al 31 dicembre 2012 dall’art. 25, lettera b), n. 5 del 
decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo 
sviluppo delle infrastrutture e la competitività).  
1.6.3.– Con la memoria depositata il 20 dicembre 2011, la difesa dello 
Stato ha sostenuto che il ius superveniens non consenta di ritenere superati i 
motivi di censura già dedotti in ricorso. Ciò, in quanto il richiamo della 
disposizione regionale come sopra novellata (sub comma 1-bis) al regolamento 
comunitario n. 1370/2007 non sarebbe sufficiente ad uniformare l’impugnato art. 
63 ai princìpi di aggiudicazione competitiva di derivazione europea ivi 
contenuti, contemplanti (per quanto qui rileva) l’eccezionale derogabilità – 
nella forma, tra le altre, della proroga consensuale del contratto di servizio 
–, nei soli casi «di interruzione del servizio o di pericolo imminente di 
interruzione». Con la conseguenza che permarrebbero l’inosservanza degli 
obblighi comunitari in materia di affidamento della gestione dei servizi 
pubblici derivanti dagli artt. 56 e seguenti del TCE, siccome attuati dal d.lgs. 
n. 163 del 2006, nonché, sul piano del diritto interno, la lesione della 
competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza.  
1.7.– L’art. 75 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 dispone al comma 
1 che gli interventi di soccorso ed elisoccorso di carattere sanitario, 
comprensivi di recupero e trasporto, devono considerarsi come prestazioni a 
carico del Servizio sanitario nazionale se effettuati nei limiti di quanto 
disposto dall’art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992 
(Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni per la determinazione dei 
livelli di assistenza sanitaria di emergenza). Il comma 3, poi, prevede che la 
Giunta regionale, sentito il SASA (Soccorso alpino e speleologico abruzzese) - 
CNAS (Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico), entro centoventi giorni 
dall’entrata in vigore della legge, integra e aggiorna il proprio tariffario per 
i servizi di soccorso sanitario e non sanitario; per i residenti nella Regione 
Abruzzo è disposta una riduzione della tariffa, in misura da concordarsi tra la 
Regione Abruzzo e le Aziende sanitarie locali, sedi di SUEM (Servizio di urgenza 
ed emergenza medica) ed il minor introito dovuto alla divisata riduzione 
tariffaria è coperto con una quota parte delle risorse assegnate dal fondo 
sanitario per il funzionamento del SUEM 118.  
1.7.1.– Secondo il Governo, le predette disposizioni non sono conformi 
a Costituzione, per il fatto che la Regione Abruzzo è impegnata nel Piano di 
rientro di cui all’Accordo tra il Ministro della salute, il Ministro 
dell’economia e delle finanze e il Presidente della Regione in data 6 marzo 
2007, poi recepito con deliberazione della Giunta regionale 13 marzo 2007, n. 
224. In forza degli obblighi assunti con il suddetto piano sanitario, la Regione 
non può erogare livelli di assistenza ulteriori rispetto a quelli essenziali, 
mentre con l’art. 75 in esame essa assicurerebbe interventi di soccorso ed 
elisoccorso non previsti su tutto il territorio nazionale e la misura aggiuntiva 
dell’agevolazione di cui al comma 3 dell’art. 75, coperta con le risorse del 
fondo del servizio sanitario nazionale.  
Sicché, il legislatore regionale, prevedendo una disciplina non 
conforme a quanto stabilito nel succitato Accordo, arrecherebbe un vulnus 
all’art. 117, terzo comma, Cost. in materia di tutela della salute e 
coordinamento della finanza pubblica.  
1.8.– L’art. 76 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, dispone che «il 
SASA - CNSAS adotta sulle proprie divise di ordinanza e sui mezzi in dotazione 
il logo della Protezione Civile regionale».  
1.8.1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri denuncia 
l’illegittimità costituzionale della disposizione regionale in esame per 
contrasto con la disciplina nazionale di riferimento, secondo cui: a) il Corpo 
nazionale del soccorso alpino rientra tra le strutture operative nazionali della 
protezione civile (art. 11 della legge n. 225 del 1992); b) la disciplina 
dell’ordinamento, del funzionamento e della natura del suddetto Corpo è 
stabilita a livello nazionale dalla legge 21 marzo 2001, n. 74 (Disposizioni per 
favorire l’attività svolta dal Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico); 
c) l’attività di volontariato è espressione di partecipazione, solidarietà e 
pluralismo, tant’è che la legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge–quadro sul 
volontariato) ne riconosce il valore sociale e la funzione, ne promuove lo 
sviluppo, salvaguardandone l’autonomia, e ne favorisce l’apporto originale per 
il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e culturale (art. 
1, commi 1 e 2), imponendo alle leggi regionali di preservarne l’autonomia di 
organizzazione e di iniziativa e di favorire lo sviluppo dell’associazionismo 
(art. 10, comma 1).  
In buona sostanza, ad avviso del ricorrente, il legislatore regionale, 
con il richiedere il logo della protezione civile regionale sulle divise di 
ordinanza e sui mezzi del SASA - CNSAS, lede la competenza esclusiva dello Stato 
in materia di ordinamento, organizzazione e amministrazione dello Stato e degli 
enti pubblici nazionali di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost. ed 
i princìpi della legislazione concorrente ai sensi dell’art. 117, terzo comma, 
Cost. in riferimento all’attività di protezione civile, nonché i princìpi 
costituzionali sul libero associazionismo di cui all’art. 18 Cost.  
2.– Vanno preliminarmente esaminate le questioni relative alle norme 
regionali censurate che sono state interessate, direttamente o indirettamente, 
dal ius superveniens.  
3.– In primo luogo, dev’essere dichiarata l’estinzione del giudizio 
relativamente all’art. 47 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, in quanto 
abrogato, nelle more del giudizio, dall’art. 9 della legge reg. Abruzzo n. 24 
del 2011. Difatti, a seguito di ciò, il Presidente del Consiglio dei ministri, 
in data 13 ottobre 2011, ha rinunciato parzialmente al ricorso con riguardo alle 
censure relative ad esso. E tale rinuncia, unitamente alla mancata costituzione 
della Regione Abruzzo, comporta, appunto, l’estinzione parziale del giudizio 
(sentenze n. 217 e n. 123 del 2011).  
4.– Quanto alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 55 
della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, la materia del contendere, riguardo ad 
essa, è cessata. L’abrogazione parziale della predetta disposizione regionale, 
sopravvenuta nel corso del giudizio, è, infatti, pienamente satisfattiva delle 
pretese del ricorrente, essendo stata eliminata dal testo iniziale proprio la 
censurata intesa con le autorità di pubblica sicurezza competenti. Tant’è che la 
stessa difesa dello Stato ha riconosciuto il venir meno delle ragioni 
dell’impugnazione.  
4.1.– Ne deriva che, per effetto del ius superveniens, dev’essere 
dichiarata la cessazione della materia del contendere in parte qua, anche perché 
non consta che la norma regionale in oggetto abbia potuto trovare applicazione 
medio tempore nella versione originaria (sentenze n. 192, n. 153 e n. 89 del 
2011; ordinanze n. 238 del 2011 e n. 136 del 2010).  
5.– La questione di legittimità dell’art. 36 della legge reg. Abruzzo 
n. 1 del 2011 – disatteso, in limine, l’assunto della difesa dello Stato, 
secondo cui il legislatore regionale, malgrado la sopravvenuta abrogazione per 
via referendaria della norma statale interposta di cui all’art. 23-bis del 
decreto-legge n. 112 del 2008, sarebbe nondimeno tenuto ad osservare, anche in 
un’ottica de iure condendo, le sfere di competenza statale esclusiva di cui 
all’art. 117, secondo comma, lettere e), l) e s), Cost. – è inammissibile sotto 
molteplici aspetti.  
5.1.– È evidente, infatti, che la presunzione assoluta d’insussistenza 
delle condizioni per il ricorso al mercato di cui alla disposizione regionale 
censurata – valutata alla luce dell’assetto normativo conseguito al referendum 
abrogativo della norma statale interposta – non può più configurare la 
violazione della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della 
concorrenza denunciata in ricorso, neppure nella prospettiva futura adombrata 
nella memoria conclusionale. Ciò, in quanto è stato proprio il legislatore 
statale, nel solco del referendum abrogativo dell’art. 23-bis citato, a sancire 
inequivocabilmente l’esclusione del servizio idrico integrato dalla normativa 
pro-concorrenziale di cui all’art. 4 del decreto-legge n. 138 del 2011.  
Tale rilievo è sufficiente a dimostrare il sopravvenuto difetto 
d’interesse del Presidente del Consiglio dei ministri a coltivare il ricorso sul 
punto. Con la conseguenza dell’inammissibilità della questione di legittimità 
dell’art. 36 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 promossa in relazione 
all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. ed ai princìpi di diritto europeo 
a tutela della concorrenza e del mercato.  
5.2.– Parimenti inammissibili sono gli altri profili di lesione 
denunciati dal ricorrente.  
5.2.1.– La competenza statale in materia di ordinamento civile ex art. 
117, secondo comma, lettera l), Cost., è stata espressamente evocata 
dall’Avvocatura generale dello Stato solo genericamente, e soltanto nelle 
memorie depositate in prossimità dell’udienza.  
5.2.2.– Circa la tutela ambientale, egualmente rimessa in via esclusiva 
alla legislazione dello Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., 
la censura, sostanzialmente immotivata, è rimasta assolutamente oscura.  
6.– Anche la questione di legittimità dell’impugnato art. 63, nei 
termini enunciati in ricorso, è inammissibile per sopravvenuta carenza 
d’interesse del Governo.  
6.1.– Il nucleo della censura risiede nel denunciato sfalsamento del 
termine finale della proroga: 31 marzo 2011 secondo la norma interposta di legge 
statale (art. 23-bis, comma 8, lettera e, del decreto-legge n. 112 del 2008, 
come modificato dall’art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 225 del 2010), 30 
giugno 2011 secondo l’impugnato art. 63.  
Orbene, prima della scadenza fissata dalla legge regionale (30 giugno 
2011), la legge statale ha prorogato il termine da essa stabilito fino al 30 
settembre 2011 e il legislatore abruzzese, con la modifica sopra riportata della 
disposizione in esame, si è adeguato a tale termine, così facendo venir meno la 
discrasia temporale stigmatizzata dal ricorrente.  
6.2.– L’Avvocatura generale dello Stato ha sostenuto nelle memorie 
conclusive che le sopravvenienze normative sopra richiamate (punto 1.6.2.) non 
abbiano privato di fondamento i motivi d’impugnazione già dedotti in ricorso ed 
ha focalizzato la denuncia dell’illegittimità della proroga, disposta dall’art. 
63 in questione, sul mancato rispetto dei princìpi di diritto europeo e della 
sfera (di esclusiva competenza statale) della tutela della concorrenza, che il 
mero rinvio al regolamento comunitario n. 1370/2007 di cui al comma 1-bis 
aggiunto alla disposizione regionale impugnata non sarebbe sufficiente a 
garantire.  
È di tutta evidenza, però, che si tratta di una censura completamente 
diversa, in quanto mossa contro una disposizione della legge regionale dal 
contenuto normativo radicalmente innovato. Con l’effetto che la questione di 
legittimità non può essere trasferita sulla nuova norma, nella parte in cui – 
con l’inserimento del comma 1-bis – ha modificato quella originaria a seguito 
del referendum abrogativo relativo all’art. 23-bis citato. Difatti, la lesività 
di una disposizione che ha assunto nelle more del giudizio un nuovo e diverso 
contenuto avrebbe potuto essere denunciata dal Governo solo adempiendo all’onere 
di tempestiva impugnazione (tra le altre, sentenza n. 40 del 2010).  
6.3.– Quindi, la questione in oggetto dev’essere ritenuta inammissibile 
anche sotto quest’ultimo profilo.  
7.– Nel merito, le ulteriori censure prospettate dal Presidente del 
Consiglio dei ministri possono essere divise in quattro gruppi, ciascuno 
riferito ad un diverso articolo della legge impugnata.  
8.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 11 della legge 
reg. Abruzzo n. 1 del 2011 è fondata nei seguenti termini.  
8.1.– La Regione, nel disporre di risorse statali, non può intervenire 
con una propria disciplina in un àmbito di competenza dello Stato. Essa 
certamente non può interferire in materie di esclusiva competenza statale, né 
può farlo, per le materie di legislazione concorrente, nella sfera, pure 
afferente allo Stato, dell’emanazione dei princìpi fondamentali. Ciò, 
indipendentemente dal contenuto della norma regionale emanata e, quindi, a 
fortiori in caso di contrasto della stessa con i predetti princìpi fondamentali. 
 
8.1.1.– Ciò chiarito, l’impugnato art. 11 vìola, innanzitutto, l’art. 
117, secondo comma, lettere e) e g), Cost., perché, per il suo tramite, il 
legislatore regionale ha disposto unilateralmente a favore della Regione Abruzzo 
di somme già precedentemente attribuite per il perseguimento di determinate 
finalità ad un’autorità statale, qual è il Commissario delegato per la 
ricostruzione successiva al terremoto. La norma regionale in esame finisce, 
così, per incidere illegittimamente nel sistema contabile dello Stato e nella 
disciplina della dotazione di un organo della sua amministrazione.  
8.1.2.– D’altra parte, la disposizione regionale censurata invade il 
campo dei princìpi fondamentali fissati dallo Stato nella materia di 
legislazione concorrente della protezione civile, poiché è evidente che il 
legislatore regionale ha sovrapposto la propria disciplina a quella dettata, 
secondo le regole, dalle ordinanze di protezione civile, in guisa da ledere il 
principio fondamentale desumibile dall’art. 5, comma 2, della legge n. 225 del 
1992.  
Alla stregua di esso, per l’attuazione degli interventi di emergenza si 
provvede, appunto, con le ordinanze di protezione civile, che servono a regolare 
temporaneamente, per tutta la durata dello stato di emergenza, uno straordinario 
assetto di poteri, allo scopo di tutelare l’integrità della vita, dei beni e 
degli insediamenti.  
Nella fattispecie in esame, i compensi straordinari dovuti ai 
lavoratori utilizzati per l’emergenza erano stati posti «a carico del bilancio 
della regione Abruzzo» sia dall’ordinanza del Presidente del Consiglio dei 
ministri n. 3833 del 2009, richiamata in ricorso, sia dall’ordinanza n. 3754 del 
2009, quest’ultima espressamente riferita al corrispettivo del lavoro 
straordinario autorizzato in capo al personale con contratti di collaborazione 
coordinata e continuativa, appartenente alla protezione civile della Regione 
Abruzzo, direttamente impegnato in attività emergenziali e post-emergenziali. 
 
Di contro, l’impugnato art. 11 è venuto a gravare la Struttura 
(nazionale) per la gestione dell’emergenza del rimborso delle somme erogate 
dalla Regione a titolo di remunerazione delle prestazioni aggiuntive, rese in 
conseguenza del terremoto dai suddetti collaboratori coordinati e continuativi. 
In tal modo, il legislatore regionale ha regolato, in senso oltre tutto 
difforme, una materia già disciplinata dalle ordinanze di protezione civile. 
 
È, poi, irrilevante che le norme delle succitate ordinanze siano state 
modificate dall’art. 12 della successiva ordinanza del Presidente del Consiglio 
dei ministri n. 3950 del 2011, che ha posto l’onere degli straordinari in 
oggetto a carico del fondo statale per la compensazione degli effetti finanziari 
non previsti di cui all’art. 14, comma 5, del decreto-legge n. 39 del 2009, 
convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 77 
del 2009.  
La norma regionale impugnata risulta non in linea rispetto alle 
disposizioni delle richiamate ordinanze, ancorché modificate, perché queste, 
nella versione novellata, imputano gli stanziamenti in discorso ad uno specifico 
fondo statale (peraltro incrementato proprio per provvedere all’emergenza 
creatasi dopo il terremoto in Abruzzo), mentre la disposizione regionale in 
oggetto prevede che i compensi straordinari erogati dalla Regione siano 
rimborsati alla stessa da parte della Struttura per la gestione dell’emergenza, 
senza specificazioni di sorta.  
In definitiva, l’art. 11 in questione, facendo gravare gli oneri 
finanziari dell’utilizzo straordinario del personale in regime di collaborazione 
coordinata e continuativa sui fondi statali specificamente destinati a fare 
fronte all’emergenza sismica, si discosta dalla normativa dettata dalle 
ordinanze sopra menzionate, sia nella versione originaria (che poneva tali oneri 
a carico del bilancio regionale), sia in quella derivante dalla ridetta modifica 
(che attinge alle risorse del fondo speciale per il finanziamento delle spese 
impreviste).  
Sussiste, dunque, anche la denunciata lesione del principio 
fondamentale della materia della protezione civile posto dall’art. 5 della legge 
n. 225 del 1992, atteso che la Regione, perdurando la situazione di emergenza, 
non può incidere sugli effetti prodotti dalle ordinanze emanate dal Commissario 
delegato (sentenze n. 277 del 2008 e n. 284 del 2006).  
8.2.– Conclusivamente, alla stregua delle considerazioni che precedono, 
dev’essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’impugnato art. 11. 
 
Ogni altra censura del ricorrente resta assorbita.  
9.– Anche la questione di legittimità dell’art. 16 della legge reg. 
Abruzzo n. 1 del 2011 è fondata.  
9.1.– Le entrate tributarie delle Regioni ordinarie, come noto, 
derivano essenzialmente da addizionali a tributi statali, da quote di 
partecipazione al gettito di tributi statali e dall’intero gettito di tributi 
disciplinati dalla legge statale, con la possibilità di determinazione delle 
aliquote – entro limiti prefissati – da parte della Regione.  
Difatti non consta, allo stato attuale della normativa regionale, la 
sussistenza di tributi regionali «propri» (nel senso di tributi istituiti e 
disciplinati dalla Regione Abruzzo) che possano essere considerati ai fini della 
«revisione» in oggetto.  
La disposizione regionale in esame, dunque, non può che essere riferita 
ai tributi regionali c.d. «derivati», vale a dire istituiti e disciplinati con 
legge statale, il cui gettito sia attribuito alle Regioni (sentenza n. 123 del 
2010).  
Conseguentemente, il censurato art. 16 vìola l’art. 117, secondo comma, 
lettera e), Cost.  
Ciò, in primo luogo, in punto di «revisione complessiva» di tasse, 
canoni e imposte regionali (comma 1), perché tale espressione sottintende, in 
effetti, anche la possibilità d’incremento dei predetti tributi, così da 
contravvenire al principio, sancito da questa Corte, secondo cui è vietato alle 
Regioni di istituire e disciplinare tributi propri con gli stessi presupposti 
dei tributi dello Stato ovvero di legiferare sui tributi esistenti istituiti e 
regolati da leggi statali (sentenza n. 102 del 2008). Tale principio è stato 
confermato dall’art. 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in 
materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della 
Costituzione).  
Per le medesime ragioni, anche l’adeguamento indifferenziato su base 
ISTAT di tasse, canoni ed imposte regionali, destinato ad operare in caso 
d’inerzia della Giunta regionale (comma 2), è lesivo della competenza esclusiva 
statale in materia tributaria, come pure della riserva di legge ex art. 23 
Cost., intermediata dalle previsioni dello Statuto dei diritti del contribuente 
sulla chiarezza e trasparenza delle disposizioni fiscali (art. 2 della legge n. 
212 del 2000).  
9.2.– Ne consegue la dichiarazione d’illegittimità costituzionale 
dell’art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011.  
10.– La questione di legittimità dell’art. 75 della legge reg. Abruzzo 
n. 1 del 2011 è fondata limitatamente alla riduzione tariffaria di cui al comma 
3.  
10.1.– L’agevolazione ai residenti nella Regione Abruzzo per i servizi 
di soccorso (sanitario e non), finanziata, oltre tutto, con risorse del fondo 
sanitario, configura, infatti, una misura di assistenza supplementare che si 
pone chiaramente in contrasto con l’obiettivo dichiarato del Piano di rientro di 
riequilibrare il profilo erogativo dei livelli essenziali di assistenza e la 
gestione corrente per il perseguimento del pareggio economico nel rispetto dei 
livelli essenziali di assistenza.  
Sussiste, dunque, la lesione di un principio fondamentale della materia 
del coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, 
Cost., secondo quanto già affermato da questa Corte in altri casi analoghi di 
incoerenza della legislazione regionale rispetto agli obiettivi fissati dal 
Piano di rientro del deficit sanitario, segnatamente con l’introduzione di 
livelli essenziali di assistenza aggiuntivi (tra le altre, da ultimo, sentenza 
n. 163 del 2011).  
10.2.– Pertanto, va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 
75, comma 3, della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, relativamente alla 
riduzione tariffaria riservata ai residenti e alla relativa copertura con una 
quota delle risorse del fondo sanitario destinate al funzionamento del SUEM 118. 
 
10.3.– Per converso, il comma 1 dell’art. 75 citato si sottrae alle 
censure d’illegittimità costituzionale prospettate dal ricorrente, perché, 
stando alla formulazione letterale di esso, gli interventi di soccorso ed 
elisoccorso ivi previsti «devono considerarsi come prestazioni a carico del 
Servizio Sanitario Nazionale se effettuati nei limiti di quanto disposto 
dall’art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992» e, 
dunque, senza alcuna “eccedenza” rispetto a quanto disciplinato con legge 
statale.  
10.4.– È, quindi, non fondata la questione di legittimità promossa in 
ordine all’art. 75, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011.  
11.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 76 della 
legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 è, invece, fondata sotto tutti i profili 
enunciati dal ricorrente.  
11.1.– Innanzitutto, l’appartenenza del Corpo nazionale del soccorso 
alpino al servizio nazionale della protezione civile (ai sensi del combinato 
disposto dell’art. 11 della legge n. 225 del 1992 e successive modifiche e 
dell’art. 1, comma 4, della legge n. 74 del 2001) ne esige una disciplina 
organizzativa di livello nazionale, non a caso positivamente dettata con la 
citata legge n. 74 del 2011.  
D’altro canto, l’utilizzazione delle articolazioni territoriali del 
suddetto Corpo per interventi volti a fronteggiare eventi calamitosi, sia 
ordinari (gestibili dalla Regione), sia straordinari (di competenza dello Stato) 
– in sintonia con il modello policentrico ricostruito da questa Corte (sentenza 
n. 323 del 2006) – non si concilia con l’adozione di un segno distintivo di 
matrice marcatamente regionale.  
Sicché, la norma regionale, prescrivendo l’adozione del logo della 
Protezione civile regionale, interferisce con la materia organizzativa degli 
apparati di pubblico servizio di rilevanza nazionale, di competenza esclusiva 
dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera g, Cost.) e, sotto l’aspetto 
funzionale, con l’àmbito dei princìpi fondamentali in materia di protezione 
civile, del pari ascrivibile alla legislazione statale (art. 117, terzo comma, 
Cost.).  
11.2.– Inoltre, la natura volontaria del Corpo nazionale del soccorso 
alpino, titolare per sua libera scelta di un proprio logo, urta contro 
l’imposizione, in forza dell’impugnata disposizione regionale, di un nuovo segno 
di riconoscimento non espressamente concordato o assentito. Donde la ulteriore 
lesione dei princìpi costituzionali sulla libertà di associazione di cui 
all’art. 18 Cost.  
11.3.– In conclusione, dev’essere dichiarata l’illegittimità 
costituzionale anche dell’art. 76, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 1 del 
2011.  
 
per questi motivi  
LA CORTE COSTITUZIONALE  
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 11 della 
legge della Regione Abruzzo 10 gennaio 2011, n. 1 (Disposizioni finanziarie per 
la redazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Regione 
Abruzzo – Legge Finanziaria Regionale 2011);  
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 16 della legge 
reg. Abruzzo n. 1 del 2011;  
3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 75, comma 3, 
della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, relativamente alla disposizione di una 
riduzione della tariffa per i servizi di soccorso sanitario e non sanitario in 
favore dei residenti nella Regione Abruzzo ed alla copertura finanziaria del 
conseguente minor introito in quota parte delle risorse assegnate dal fondo 
sanitario per il funzionamento del SUEM 118;  
4) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 76, comma 1, 
della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011;  
5) dichiara estinto il giudizio relativo alle questioni di legittimità 
costituzionale dell’art. 47 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 promosse, in 
riferimento agli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, Cost., dal Presidente del 
Consiglio dei ministri con il ricorso n. 26 del 2011;  
6) dichiara cessata la materia del contendere limitatamente alla 
questione di legittimità costituzionale dell’art. 55 della legge reg. Abruzzo n. 
1 del 2011 promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera g), 
Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 26 del 2011; 
 
7) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale 
dell’art. 36 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 promosse, in riferimento 
all’art. 117, secondo comma, lettere e), l) e s), Cost., dal Presidente del 
Consiglio dei ministri con il ricorso n. 26 del 2011;  
8) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale 
dell’art. 63 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 promosse, in riferimento 
all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., nonché all’art. 117, primo 
comma, Cost. e agli artt. 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione 
europea, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 26 del 
2011;  
9) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale 
dell’art. 75, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 promossa, in 
riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei 
ministri con il ricorso n. 26 del 2011.  
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo 
della Consulta, il 15 febbraio 2012.  
F.to:  
Alfonso QUARANTA, Presidente  
Luigi MAZZELLA, Redattore  
Gabriella MELATTI, Cancelliere  
Depositata in Cancelleria il 23 febbraio 2012.  
Il Direttore della Cancelleria  
F.to: MELATTI  |