Ordinanza 66/2011

Ordinanza 66/2011
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE

Presidente DE SIERVO - Redattore CASSESE

Camera di Consiglio del 09/02/2011 Decisione del 21/02/2011
Deposito del 25/02/2011 Pubblicazione in G. U. 02/03/2011
Norme impugnate: Art. 4, c. 1°, della legge 27/07/2005, n. 154.
Massime:
Atti decisi: ord. 299/2010


ORDINANZA N. 66

ANNO 2011



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Ugo DE SIERVO; Giudici : Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI,



ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge 27 luglio 2005, n. 154 (Delega al Governo per la disciplina dell’ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria), promosso dal Tribunale di Reggio Calabria nel procedimento vertente tra M.G.G. e il Ministero della giustizia, con ordinanza del 29 aprile 2010 iscritta al n. 299 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2010.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 febbraio 2011 il Giudice relatore Sabino Cassese.



Ritenuto che il Tribunale di Reggio Calabria, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 29 aprile 2010, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge 27 luglio 2005, n. 154 (Delega al Governo per la disciplina dell’ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria);

che la disposizione censurata stabilisce quanto segue: «Fermo restando quanto previsto dall’articolo 1, comma 1, in fase di prima attuazione e per le immediate esigenze di funzionamento dell’Amministrazione penitenziaria, il personale che alla data di entrata in vigore della presente legge è inquadrato nella posizione economica C3, già appartenente ai profili professionali di direttore coordinatore di istituto penitenziario, di direttore medico coordinatore e di direttore coordinatore di servizio sociale dell’Amministrazione penitenziaria, ai quali hanno avuto accesso mediante concorso pubblico, nonché gli ispettori generali del ruolo ad esaurimento, sono nominati dirigenti secondo la posizione occupata da ciascuno nel rispettivo ruolo, in considerazione della esperienza professionale maturata nel settore avendo già svolto funzioni riconosciute di livello dirigenziale»;

che, ad avviso del giudice a quo, tale disposizione sarebbe illegittima «nella parte in cui limita ai profili professionali di direttore coordinatore di istituto penitenziario, di direttore medico coordinatore e di direttore coordinatore di servizio sociale l’automatico inquadramento come dirigenti» e non garantisce, invece, il passaggio alla posizione dirigenziale «a tutti coloro che ricoprivano [alla data di entrata in vigore della legge] profili del livello C3, conseguiti per concorso»;

che il Tribunale rimettente riferisce che il soggetto ricorrente nel giudizio principale, il quale lamenta il mancato inquadramento nel ruolo dirigenziale in applicazione della disposizione censurata, è stato inquadrato nei ruoli del Dipartimento per la giustizia minorile dapprima, a seguito di concorso, con la qualifica di direttore coordinatore di area pedagogica (IX qualifica, area funzionale C, posizione economica C3) e poi, a seguito di cambio profilo, con la qualifica, rivestita al momento dell’entrata in vigore della disposizione censurata, di direttore coordinatore di servizio sociale;

che il giudice a quo preliminarmente esclude che la disciplina censurata possa essere interpretata nel senso di riconoscere l’inquadramento automatico nella carriera dirigenziale a tutti i dipendenti inquadrati in un profilo professionale C3, atteso che l’indicazione dei profili cui è riservato l’inquadramento automatico nella carriera dirigenziale deve ritenersi «tassativa», anche in considerazione della «natura eccezionale, e pertanto di stretta interpretazione», della norma censurata, la quale «introduce una deroga alla regola dell’accesso alla dirigenza per pubblico concorso»;

che, ciò posto, il Tribunale rimettente ritiene che il beneficio previsto dalla norma censurata non possa riconoscersi al ricorrente nel giudizio principale, non già in ragione della sua appartenenza ai ruoli del Dipartimento per la giustizia minorile anziché a quelli del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (profilo considerato superabile dal giudice a quo attraverso una «interpretazione costituzionalmente orientata» della norma censurata), bensì a causa del fatto che la disposizione censurata escluderebbe volutamente dalla riqualificazione tutti coloro che abbiano conseguito i profili da essa indicati «per effetto di meccanismi ultronei rispetto al concorso», sia che essi siano rappresentati da progressioni di carriera verticali, sia che essi consistano, come nel caso della ricorrente nel giudizio a quo, in mutamenti di profilo nell’ambito della medesima categoria;

che, tuttavia, la limitazione dell’inquadramento automatico nell’area dirigenziale ad alcuni soltanto dei profili della categoria C3, con esclusione degli altri, appare illegittima al Tribunale rimettente, per violazione dell’art. 3 Cost., in quanto la disposizione censurata introdurrebbe una «disparità di trattamento» fra diverse categorie di personale che risultano incluse «nel medesimo livello della classificazione contrattuale» (C3) e devono pertanto in via presuntiva ritenersi avere «il medesimo grado di professionalità», ciò che del resto risulterebbe altresì confermato – ad avviso del giudice rimettente – dal contenuto delle declaratorie del contratto collettivo integrativo del Ministero della giustizia;

che è intervenuto in giudizio, con atto depositato in data 2 novembre 2010, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che questa Corte dichiari l’inammissibilità o, in subordine, l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata;

che, in particolare, l’Avvocatura generale dello Stato eccepisce che il soggetto ricorrente nel giudizio principale appartiene ai ruoli del Dipartimento per la giustizia minorile e non a quelli del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, cui espressamente la disposizione censurata si riferisce, con conseguente inammissibilità della questione per difetto di rilevanza, atteso che la disciplina censurata non sarebbe comunque applicabile al ricorrente nel giudizio a quo, a prescindere dall’«ulteriore (e logicamente subordinato) profilo delle declaratorie professionali […] in ordine al quale è stata sollevata questione di costituzionalità»;

che, nel merito, l’Avvocatura generale dello Stato ritiene che la disciplina censurata sia pienamente conforme all’art. 3 Cost., risultando ragionevole «limitare, nel periodo transitorio ed in sede di prima applicazione dell’intervenuto riordino del settore, l’inquadramento dirigenziale di alcuni soltanto dei profili professionali inclusi nella categoria C3, limitazione che trova evidentemente la sua ratio nella afferenza delle mansioni svolte con le funzioni dirigenziali da assumere nell’ambito del settore penitenziario».

Considerato che il Tribunale di Reggio Calabria, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge 27 luglio 2005, n. 154 (Delega al Governo per la disciplina dell’ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria), nella parte in cui tale disposizione «limita ai profili professionali di direttore coordinatore di istituto penitenziario, di direttore medico coordinatore e di direttore coordinatore di servizio sociale l’automatico inquadramento come dirigenti», senza estendere tale beneficio «a tutti coloro che ricoprivano [alla data di entrata in vigore della legge] profili del livello C3, conseguiti per concorso», in tal modo introducendo una «disparità di trattamento» fra categorie di personale che risultano incluse «nel medesimo livello della classificazione contrattuale»;

che la disposizione censurata dispone l’accesso automatico alla dirigenza del personale «inquadrato nella posizione economica C3, già appartenente ai profili professionali di direttore coordinatore di istituto penitenziario, di direttore medico coordinatore e di direttore coordinatore di servizio sociale dell’amministrazione penitenziaria»;

che, pertanto, la norma oggetto di censura riguarda i soli dipendenti del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e non si applica al personale del Dipartimento per la giustizia minorile, ai cui ruoli appartiene il soggetto ricorrente nel giudizio a quo, a prescindere dal profilo professionale rivestito e dal modo in cui esso è stato conseguito;

che, inoltre, l’ambito di applicazione della disposizione censurata non può essere ampliato in via ermeneutica, fino a includervi categorie di personale non espressamente previste, per ragioni che ha chiarito lo stesso giudice a quo, il quale ha affermato che una norma che deroga al principio costituzionale del concorso pubblico, quale è quella oggetto di censura, ha natura eccezionale ed è di stretta interpretazione;

che, pertanto, la questione di legittimità costituzionale sollevata è inammissibile per difetto di rilevanza, atteso che l’accoglimento della stessa, con conseguente estensione dell’inquadramento automatico nei ruoli dirigenziali a tutti i profili del livello C3 del personale dell’Amministrazione penitenziaria previsto dalla disposizione censurata, non potrebbe comunque soddisfare la pretesa del soggetto ricorrente nel giudizio principale, in quanto quest’ultimo non appartiene alla «amministrazione penitenziaria»;



per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge 27 luglio 2005, n. 154 (Delega al Governo per la disciplina dell’ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria) sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Reggio Calabria, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 febbraio 2011.

F.to:

Ugo DE SIERVO, Presidente

Sabino CASSESE, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 25 febbraio 2011.

Il Cancelliere

F.to: MELATTI