Ordinanza 95/2011

Ordinanza 95/2011
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE

Presidente DE SIERVO - Redattore CRISCUOLO

Camera di Consiglio del 09/02/2011 Decisione del 09/03/2011
Deposito del 21/03/2011 Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate: Art. 10 bis del decreto legislativo 25/07/1998, n. 286, aggiunto dall'art. 1, c. 16°, lett. a), della legge 15/07/2009, n. 94.
Massime:
Atti decisi: ord. 283, 284, 285, 286, 287 e 288/2010


ORDINANZA N. 95

ANNO 2011



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Ugo DE SIERVO; Giudici : Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI,



ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 10-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, aggiunto dall’art. 1, comma 16, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), promossi dal Giudice di pace di Pistoia con sei ordinanze del 15 febbraio 2010, rispettivamente iscritte ai nn. da 283 a 288 del registro ordinanze 2010 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell’anno 2010.

Udito nella camera di consiglio del 9 febbraio 2011 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo.



Ritenuto che, con sei ordinanze di analogo tenore, tutte in data 15 febbraio 2010, il Giudice di pace di Pistoia ha sollevato, in riferimento agli articoli 2, 3, 25, secondo comma, e 27 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 10-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall’articolo 1, comma 16, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica);

che il rimettente, premesso di doversi pronunciare «nel procedimento penale a carico dell’imputato» (non meglio individuato), ritiene la questione «sicuramente rilevante poiché l’imputato è chiamato a rispondere del reato di ingresso/soggiorno illegale nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 10 bis D. L.vo 286/98. Non solo ma nel caso di specie va sottolineato che sussiste in concreto la ricorrenza della causa di giustificazione del “giustificato motivo” così come descritta dalla giurisprudenza che si è consolidata in materia di applicazione del delitto sub art. 14 comma ter»;

che, passando a trattare della non manifesta infondatezza, il giudice a quo ritiene violato, in primo luogo, l’art. 3 Cost. «sotto il profilo della irragionevolezza della scelta legislativa di criminalizzare l’ingresso e la permanenza dei clandestini nel territorio dello Stato pur in presenza di altri rimedi normativi»;

che, a suo avviso, criminalizzare una condotta dovrebbe essere l’ultima ratio in tutti i casi in cui non sia possibile individuare altri strumenti idonei a raggiungere lo scopo, mentre l’obiettivo perseguito dalla nuova fattispecie penale, costituito dall’allontanamento dello straniero irregolare dal territorio dello Stato, sarebbe stato già previsto in varie ipotesi, accessorie alla fattispecie penale, aventi ad oggetto proprio l’espulsione dello straniero (sono richiamate la sanzione sostitutiva irrogabile dal giudice di pace e le misure stabilite in via amministrativa);

che, inoltre, sarebbero violati gli artt. 3 e 27 Cost., per la irragionevole disparità di trattamento tra la fattispecie disciplinata dal citato art. 10-bis e quella di cui all’art.14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998;

che, infatti, come rilevato dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, la clausola “senza giustificato motivo” coprirebbe tutte le ipotesi di impossibilità o grave difficoltà, a causa delle quali l’ordine non sia eseguibile per impedimento soggettivo ed oggettivo senza colpa del migrante irregolare (ad esempio, mancato rilascio dei documenti, assenza di validi documenti per l’espatrio, indigenza tale da non consentire di acquistare un biglietto aereo), cioè circostanze che, pur non integrando cause di giustificazione in senso tecnico, impedirebbero allo straniero di osservare l’ordine di allontanamento nei termini prescritti;

che tale interpretazione non consentirebbe di ritenere che il legislatore abbia inteso imporre un precetto penale a condotte inesigibili;

che, pertanto, sussisterebbe la denunziata disparità di trattamento, poiché mentre per l’ipotesi della contravvenzione (art. 10-bis) non sarebbe contemplato il “giustificato motivo”, per l’ipotesi del delitto (art. 14, comma 5-ter) detta clausola sarebbe invece prevista, e ciò ad onta del fatto che il primo reato sia senza dubbio meno grave del secondo;

che, in presenza del tenore della norma censurata, non sarebbe possibile operare una interpretazione costituzionalmente orientata;

che «la mancata attribuzione di rilevanza nella nuova fattispecie ad eventuali motivi che possano giustificare il trattamento illegale è del tutto in contrasto con quanto scritto dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 5 del 2004 e nella successiva n. 22 del 2007 dalla cui lettura emerge la necessità di ritenere la causa di giustificazione un elemento (negativo) del fatto, essenziale della fattispecie penale, perché solo la sua previsione consente di superare ogni obiezione e ritenere costituzionalmente orientata (ai sensi dell’art. 27 Cost.) l’incriminazione della condotta omissiva» (sono richiamati alcuni passi della sentenza n. 22 del 2007);

che, nel caso di specie, non sarebbe neppure invocabile il rispetto per la discrezionalità del legislatore, in quanto sarebbe evidente la violazione del canone di ragionevolezza, che determinerebbe un trattamento più rigoroso per una ipotesi di reato di minor gravità;

che sussisterebbe, altresì, violazione degli artt. 2, 3 e 25, secondo comma, Cost., «avuto riguardo alla configurazione di una fattispecie penale discriminatoria perché fondata su particolari condizioni personali e sociali anziché su fatti e comportamenti riconducibili alla volontà del soggetto attivo»;

che, invero, oggetto dell’incriminazione sarebbe la mera condizione personale dello straniero, costituita dal mancato possesso di un titolo abilitativo all’ingresso e alla successiva permanenza sul territorio dello Stato, condizione tipica, questa, del migrante economico e, perciò, integrante una condizione sociale propria di una determinata categoria di persone;

che tale condizione sarebbe priva di rilevanza penale, come ritenuto anche da questa Corte con la sentenza n. 22 del 2007, sicché la criminalizzazione del migrante si porrebbe in contrasto con l’art. 3 Cost., che vieta ogni discriminazione fondata su condizioni personali e sociali, nonché con l’art. 25, comma secondo, Cost., «secondo cui si può essere puniti solo per fatti materiali e non per questioni attinenti al proprio status» (è richiamata anche la sentenza n. 78 del 2007);

che, infine, la norma censurata sarebbe in contrasto con l’art. 2 Cost., il quale «sancisce il riconoscimento della garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».

Considerato che il Giudice di pace di Pistoia, con le sei ordinanze di analogo tenore indicate in epigrafe, dubita della legittimità costituzionale dell’articolo 10-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall’articolo 1, comma 16, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), in riferimento agli articoli 2, 3, 25, comma secondo, e 27 della Costituzione;

che le ordinanze di rimessione sollevano questioni identiche, onde i relativi giudizi vanno riuniti per essere definiti con unica decisione;

che il rimettente trascura in toto la descrizione delle fattispecie sulle quali è stato chiamato a pronunciarsi, omettendo d’indicare, in violazione del principio di autosufficienza dell’ordinanza di rimessione, non soltanto il nome e la data di nascita degli imputati, ma anche la data in cui il presunto illecito sarebbe stato accertato ed ogni altra concreta circostanza sulle vicende oggetto dei giudizi a quibus e sulla loro effettiva riconducibilità al paradigma punitivo considerato;

che, con particolare riguardo alla mancata previsione, nella norma censurata, di “giustificati motivi” che impedirebbero allo straniero di osservare l’ordine di allontanamento dal territorio dello Stato, il giudice a quo, pur sostenendo nella premessa del provvedimento di rimessione «che sussiste in concreto la ricorrenza della causa di giustificazione», in effetti si limita a svolgere un discorso astratto e ipotetico, affidato ad elementi individuati a mero titolo esemplificativo, senza però chiarire quali sarebbero nei casi sottoposti al suo esame gli eventi idonei ad integrare la suddetta causa giustificativa;

che, per costante giurisprudenza di questa Corte, l’omessa o insufficiente descrizione della fattispecie, precludendo il necessario controllo in punto di rilevanza, rendono la questione manifestamente inammissibile (ex plurimis: ordinanze nn. 6 e 3 del 2011; nn. 343, 318, 85 del 2010; nn. 211, 201 e n. 191 del 2009).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.



per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi;

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 10-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall’art. 1, comma 16, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica) sollevate, in riferimento agli articoli 2, 3, 25, secondo comma, e 27 della Costituzione, dal Giudice di pace di Pistoia con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 marzo 2011.

F.to:

Ugo DE SIERVO, Presidente

Alessandro CRISCUOLO, Redattore

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 21 marzo 2011.

Il Cancelliere

F.to: FRUSCELLA