Sentenza 68/2011

Sentenza 68/2011
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA PRINCIPALE

Presidente DE SIERVO - Redattore CASSESE

Udienza Pubblica del 08/02/2011 Decisione del 23/02/2011
Deposito del 03/03/2011 Pubblicazione in G. U. 09/03/2011
Norme impugnate: Artt. 2, c. 1°, 2° e 4°, 13, 15, 16, c. 1°, 2° e 3°, 17, 18, 19, c. 1°, 6° e 8°, 20, 21, c. 1°, 4°, 5° e 6°, 22, c. 1°, 24, c. 1° e 3°, 26 e 30 della legge della Regione Puglia 25/02/2010, n. 4.
Massime:
Atti decisi: ric. 77/2010


SENTENZA N. 68

ANNO 2011



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Ugo DE SIERVO; Giudici : Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI,



ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, commi 1, 2 e 4, 13, 15, 16, commi 1, 2 e 3, 17, 18, 19, commi 1, 6 e 8, 20, 21, commi 1, 4, 5 e 6, 22, comma 1, 24, commi 1 e 3, 26 e 30 della legge della Regione Puglia 25 febbraio 2010, n. 4 (Norme urgenti in materia di sanità e servizi sociali) promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 7-10 maggio 2010, depositato in cancelleria il 14 maggio 2010 ed iscritto al n. 77 del registro ricorsi 2010.

Visto l’atto di costituzione della Regione Puglia;

udito nell’udienza pubblica dell’8 febbraio 2011 il Giudice relatore Sabino Cassese;

uditi l’avvocato dello Stato Diana Ranucci per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Massimo Luciani, Luigi Volpe e Luca Alberto Clarizio per la Regione Puglia.



Ritenuto in fatto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato il 7 maggio 2010 e depositato il 14 maggio 2010 (reg. ric. n. 77 del 2010), ha promosso questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, commi 1, 2 e 4, 13, 15, 16, commi 1, 2 e 3, 17, 18, 19, commi 1, 6 e 8, 20, 21, commi 1, 4, 5 e 6, 22, comma 1, 24, commi 1 e 3, 26 e 30 della legge della Regione Puglia 25 febbraio 2010, n. 4 (Norme urgenti in materia di sanità e servizi sociali), per violazione degli articoli 3, 24, 31, 33, 51, 81, 97, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, e 118 della Costituzione.

2. – Le disposizioni impugnate contengono misure riguardanti interventi in materia di sanità nella Regione Puglia, con specifico riguardo al personale.

2.1. – In particolare, l’art. 2 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 sostituisce l’art. 4 della legge regionale 23 dicembre 2008, n. 45 (Norme in materia sanitaria), dettando previsioni in materia di servizio presso le direzioni sanitarie. La disposizione stabilisce, al comma 1, che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge citata, «il personale appartenente alla dirigenza medica del servizio sanitario regionale (SSR) che alla stessa data, con formale atto di data certa, emanato dal legale rappresentante dell’ente, risulti in servizio da almeno cinque anni in un posto di disciplina diversa da quella per la quale è stato assunto è inquadrato, a domanda, nella disciplina nella quale ha esercitato le funzioni, qualora in possesso dei requisiti previsti dal regolamento recante la disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del servizio sanitario nazionale emanato con decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 483». Il comma 2 prevede, poi, che, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge n. 45 del 2008, i direttori generali delle aziende sanitarie e degli istituti del SSR, da un lato, sono tenuti a «verificare la permanenza dei fabbisogni che avevano determinato l’impiego del personale nella disciplina diversa da quella per la quale era stato assunto»; dall’altro lato, fermo restando l’organico complessivo, «dispongono nel contempo la modifica delle piante organiche conseguenti ai passaggi di disciplina mediante incardinamento del dirigente medico nel posto vacante della disciplina acquisita, con soppressione del posto lasciato libero nella disciplina di provenienza, oppure mediante trasformazione del posto già ricoperto e lasciato libero nella disciplina di provenienza». Il comma 3 stabilisce che i dirigenti medici non in possesso dei requisiti di cui ai commi 1 e 2 sono riassegnati, ai sensi del comma 27 dell’art. 3 della legge regionale 31 dicembre 2007, n. 40 (Disposizioni per la formazione del bilancio previsione 2008 e bilancio pluriennale 2008-2010 della regione Puglia), allo svolgimento dei compiti propri del profilo professionale per il quale sono stati assunti. Infine, in base al comma 4, al personale che alla data del 31 dicembre 2010 risulti in servizio da almeno cinque anni e iscritto alle scuole di specializzazione per il conseguimento dei requisiti di cui al presente articolo non si applica la norma di cui al comma 3.

2.2. – L’art. 13 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 contiene disposizioni relative ad incarichi a tempo determinato, stabilendo che «nel limite dei posti vacanti nella dotazione organica e nel rispetto della riduzione della spesa del personale imposto dalle norme vigenti, il personale già titolare di contratto ovvero di incarico a tempo indeterminato presso aziende o enti del servizio sanitario nazionale (SSN) e in servizio a tempo determinato al 31 dicembre 2009 presso un’azienda o ente del servizio sanitario della Regione Puglia è confermato nei ruoli di quest’ultima, a tempo indeterminato, previa presentazione, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di apposita domanda di mobilità».

2.3. – L’art. 15 della legge censurata detta norme in materia di personale precedentemente addetto ai lavori socialmente utili. Tale disposizione prevede che, «agli ex lavoratori socialmente utili (LSU) già utilizzati, attraverso piani di impresa e successive proroghe, in forma continuativa, nelle ASL e negli enti del SSR da almeno cinque anni alla data di entrata in vigore della presente legge nei servizi di riabilitazione, tossicodipendenze, assistenza domiciliare integrata (ADI) e prevenzione e altri servizi, si applica il processo di stabilizzazione previsto dall’articolo 30 della L.R. n. 10/2007 e dalla L.R. n. 40/2007 nei limiti dei posti vacanti della dotazione organica, i cui oneri già gravano sul bilancio di ciascuna azienda ovvero nell’ambito di una revisione della consistenza della dotazione stessa».

2.4. – L’art. 16 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 contiene norme in materia di personale sanitario. Il comma 1 prevede che, «nel rispetto delle norme di legge relative alla spesa per il personale di cui all’articolo 2, comma 71, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato “legge finanziaria 2010”), e fermo restando quanto stabilito dall’articolo 24 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni), nelle procedure concorsuali, le ASL, le aziende ospedaliero universitarie (AOU) e gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) pubblici del SSR coprono i posti disponibili nella dotazione organica attraverso concorsi pubblici, con riserva non superiore al 50 per cento a favore del personale titolare di rapporto di lavoro a tempo determinato e in servizio presso le medesime aziende e istituti che, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbia maturato un’anzianità di servizio di almeno tre anni, anche non continuativi, negli ultimi cinque anni». In base al comma 2, tale previsione si applica anche al personale titolare di rapporto di lavoro a tempo determinato instaurato dalle ASL, dalle AOU e dagli IRCCS pubblici per lo svolgimento dei progetti finalizzati. Il comma 3, infine, prevede che «le disposizioni di cui all’articolo 3, comma 38, della L.R. n. 40/2007, come modificato dagli articoli 20 e 21 della L.R. n. 1/2008, si applicano altresì nei confronti del personale che abbia prestato servizio, anche non continuativo, per almeno tre anni negli ultimi cinque anni, entro il 31 dicembre 2010, con rapporto convenzionale e/o con incarico a tempo determinato, purché adibito al servizio di ADI, riabilitazione e integrazione scolastica di cui alla legge regionale 9 giugno 1987, n. 16 (Norme organiche per l’integrazione scolastica degli handicappati)».

2.5. – L’art. 17 della legge impugnata disciplina il «Servizio emergenza territoriale 118», prevedendo che i «medici titolari d’incarico a tempo determinato» in tale servizio «presso un’azienda sanitaria della Regione che: a) siano titolari d’incarico provvisorio nel SEU 118 con anzianità di almeno tre anni nella stessa azienda sanitaria; b) siano in possesso dell’attestato di formazione specifico nel SEU conseguito entro il 1° ottobre 2006, hanno titolo a presentare domanda di conferimento d’incarico a tempo indeterminato presso le sedi delle postazioni ove risultano in servizio sulla base dell’incarico provvisorio in corso, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge» (comma 1). Gli incarichi sono conferiti il primo giorno del mese successivo all’acquisizione delle domande (comma 2).

2.6. – L’art. 18 della legge censurata dispone che «ai fini della stabilizzazione del personale sanitario di cui al comma 38 dell’articolo 3 della L.R. n. 40/2007, il periodo di servizio continuativo di cui al succitato comma deve intendersi decorrente dalla data di sottoscrizione del contratto di lavoro presso le ASL».

2.7. – L’art. 19 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 riguarda le assunzioni e dotazioni organiche in materia sanitaria. Il comma 1 stabilisce che «nel rispetto di quanto previsto dalla legge regionale 27 novembre 2009, n. 27 (Servizio sanitario regionale - Assunzioni e dotazioni organiche), al fine di dare completa applicazione alle finalità di cui all’articolo 4 (Criteri di assunzione di personale), comma 5, della legge regionale 30 dicembre 2005, n. 20 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2006 e bilancio pluriennale 2006-2008 della Regione Puglia), e di cui al terzultimo capoverso della deliberazione della Giunta della Regione Puglia 15 ottobre 2007, n. 1657 (Legge 27 dicembre 2006, n. 296 articolo 1, comma 565. Piano di stabilizzazione del personale precario in servizio presso le Aziende sanitarie e degli IRCCS pubblici in applicazione dell’articolo 30 della L.R. n. 10/2007. Criteri applicativi), i direttori generali delle ASL BA, BAT, AOU “Policlinico” di Bari, IRCCS “Giovanni Paolo II” di Bari e IRCCS. “S. De Bellis” di Castellana Grotte destinano una percentuale pari al 10 per cento dei posti vacanti nella categoria A della propria dotazione organica in favore del reclutamento dei lavoratori collocati in mobilità dalle strutture sanitarie private della Regione Puglia».

Il comma 6, poi, inserisce quattro nuovi commi nell’articolo 1 della legge della Regione Puglia 27 novembre 2009, n. 27 (Servizio sanitario regionale – Assunzioni e dotazioni organiche), numerandoli dall’1-bis all’1-quinquies. In particolare, il comma 1-bis stabilisce che «le aziende sanitarie, gli IRCCS pubblici e le aziende ospedaliero – universitarie (AOU) provvedono alla rideterminazione delle dotazioni organiche entro il 31 dicembre 2010 sulla base dei principi di cui al comma 1» – della legge n. 27 del 2009 – «e, comunque, tenuto conto dei principi di riorganizzazione del SSR di cui alla legge regionale 3 agosto 2006, n. 25 (Principi e organizzazione del servizio sanitario regionale), così come esplicitati nel documento di indirizzo del piano regionale di salute approvato con legge regionale 19 settembre 2008, n. 23 e dai relativi piani attuativi locali (PAL) e dell’avvenuta modifica degli ambiti territoriali delle aziende sanitarie locali realizzata in applicazione dell’articolo 5 (Modifica ambiti territoriali delle ASL) della legge regionale 28 dicembre 2006, n. 39 (Norme relative all’esercizio provvisorio del bilancio di previsione per l’anno finanziario 2007), nonché di quanto previsto dall’articolo 2, comma 71, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2010)». Il comma 1-ter prevede che «sino al perfezionamento dei provvedimenti di rideterminazione di cui al comma 1-bis, le dotazioni organiche sono provvisoriamente individuate in misura pari ai posti previsti dalle vigenti dotazioni organiche approvate dalla Giunta regionale in attuazione del regolamento regionale 30 marzo 2007, n. 9 (Disposizioni regolamentari e attuative per l’applicazione dell’articolo 5 della L.R. n. 39/2006), ovvero da quelle autorizzate in applicazione di leggi regionali, decurtate nel limite di un contingente di posti complessivamente corrispondente a una spesa annua lorda del 40 per cento dei cessati nell’anno 2009, qualora i relativi posti non siano stati già coperti ovvero oggetto di procedure di reclutamento in itinere». Il comma 1-quater dispone che «le aziende sanitarie, gli IRCCS pubblici e le AOU, in forza di atti di programmazione regionali determinanti l’attivazione di nuove attività e/o servizi, fermo restando gli adempimenti di cui al comma 1-ter, possono, altresì, individuare il fabbisogno di personale finalizzato a garantire l’assolvimento di dette nuove attività». Il comma 1-quinquies stabilisce che, in sede di applicazione delle disposizioni di cui all’art. 1 della legge n. 27 del 2009, «è assicurato il principio dell’invarianza della spesa delle dotazioni organiche rideterminate dalle aziende sanitarie, dagli IRCCS pubblici e dalle AOU».

L’art. 19, comma 8, della legge censurata, infine, prevede che «le disposizioni di cui all’articolo 25 della legge reg. Puglia n. 10 del 2007 sono estese ai dirigenti medici che alla data del 31 dicembre 2009 hanno maturato almeno un anno di attività nei servizi di medicina e chirurgia d’accettazione e d’urgenza».

2.8. – L’art. 20 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 detta norma in materia di personale dell’Agenzia regionale sanitaria e di progetti di piano. In particolare, il comma 1 prevede che «al comma 3 dell’articolo 9 (Stabilizzazione del personale dell’Agenzia regionale sanitaria) della L.R. n. 1/2008 dopo le parole: “alla stessa data” sono inserite le seguenti: “oppure risultare in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge e aver prestato servizio per almeno dodici mesi alla stessa data”». Il comma 2 stabilisce che «fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente in materia di spesa del personale di cui all’articolo 2, comma 71, della L. 191/2009, per l’attuazione delle direttive di cui al documento d’intesa 20 ottobre 2008, n. 116, della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, il rapporto di lavoro del personale medico vincitore di avviso pubblico bandito dall’Agenzia regionale sanitaria (ARES) per la realizzazione di progetti previsti dalla Delib.G.R. 28 ottobre 2004, n. 1582 (Programma di utilizzo delle quote vincolate agli obiettivi del PSN 2003-2005. Relazione attività anno 2003. Progetti di piano per l’anno 2004), che sia in servizio a tempo determinato alla data di entrata in vigore della presente legge e che abbia svolto il progetto per almeno un biennio è trasformato a tempo indeterminato con l’osservanza delle procedure concorsuali di cui al comma 40 dell’articolo 3 della L.R. n. 40/2007, come da ultimo modificato dall’articolo 1 della L.R. n. 45/2008».

2.9. – L’art. 21 della legge censurata contiene norme in materia di personale sanitario degli istituti penitenziari. Al comma 1, esso dispone che, «al fine di garantire la continuità dell’assistenza sanitaria alla popolazione detenuta e di non disperdere la specifica professionalità del personale che opera negli istituti di pena, transitato al SSR, per effetto di quanto disposto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1 aprile 2008 (Modalità e criteri per il trasferimento al servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria), si autorizzano le ASL, nei pubblici concorsi da bandire per la copertura dei posti vacanti nei servizi o unità operative multiprofessionali di cui alla Delib.G.R. 27 ottobre 2009, n. 2020 (D.P.C.M. 1° aprile 2008 - Indicazioni in ordine all’individuazione di specifici modelli organizzativi differenziati con riferimento alla tipologia e consistenza degli istituti di pena), a prevedere, ai sensi della normativa vigente, una riserva di posti per consentire l’accesso nei ruoli aziendali del personale sanitario non medico le cui convenzioni sono state prorogate al 30 giugno 2010». Il successivo comma 4 stabilisce che «la spesa inerente l’inquadramento del personale di cui ai commi precedenti non rientra nei limiti prescritti dall’articolo 1, comma 565, lettera a), della L. 296/2006 trattandosi di trasferimento successivo di funzioni i cui oneri sono assicurati con le risorse finanziarie di cui all’articolo 6 del D.P.C.M. 1° aprile 2008». Il comma 5, poi, prevede che «il personale medico titolare di incarico provvisorio di cui all’articolo 50 della legge 9 ottobre 1970, n. 740 (Ordinamento delle categorie di personale sanitario addetto agli istituti di prevenzione e pena non appartenenti ai ruoli organici dell’Amministrazione penitenziaria), è equiparato al personale medico titolare di incarico definitivo di cui all’articolo 3, comma 4, del D.P.C.M. 1° aprile 2008. Tale personale è collocato in apposito elenco nominativo a esaurimento istituito presso l’ASL di competenza. Nei confronti del personale di cui al presente comma si applica lo stesso trattamento giuridico ed economico dei medici con incarico definitivo, ivi compresi i trattamenti contributivi e previdenziali». Il comma 6, infine, dispone che «i contratti di lavoro dei medici del servizio integrativo di assistenza sanitaria e dei medici specialisti di cui agli articoli 51 e 52 della L. 740/1970, come rispettivamente modificati dagli articoli 4 e 5 della legge 15 gennaio 1991, n. 26, sono disciplinati dagli accordi integrativi regionali per la medicina generale e per la specialistica ambulatoriale, da approvare a seguito della sottoscrizione degli accordi collettivi nazionali stipulati in data 27 maggio 2009, in attesa della specifica trattativa nazionale dedicata alla medicina penitenziaria».

2.10. – L’art. 22, comma 1, della legge impugnata dispone che «le ASL, le AOU e gli IRCCS del SSR, attraverso gli uffici formazione, sono tenuti a predisporre entro il 30 novembre il piano aziendale formativo (PAF) annuale o pluriennale, da attuarsi nell’anno o negli anni successivi».

2.11. – L’art. 24 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 detta norme in materia di nomina dei direttori generali sanitari. Il comma 1 istituisce «l’elenco regionale dei candidati idonei alla nomina di direttore generale delle aziende e istituti del servizio sanitario della Regione Puglia». Il comma 3 affida alla Giunta regionale il compito di disciplinare «con apposito provvedimento, le modalità di emanazione degli avvisi pubblici finalizzati all’aggiornamento annuale dell’elenco di cui al comma 1, i criteri metodologici per la verifica del possesso dei requisiti previsti dall’articolo 3-bis, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della l. 23 ottobre 1992, n. 421), come modificato dall’articolo 8 del decreto legislativo n. 254 del 2000, ai fini dell’inserimento nel suddetto elenco dei candidati idonei, sulla base dei titoli posseduti».

2.12. – L’art. 26 della legge censurata modifica l’art. 17 (Norme in materia di spesa sanitaria) della legge regionale 12 gennaio 2005, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2005 e bilancio pluriennale 2005-2007 della Regione Puglia), sostituendone i commi 6, 7 e 8 e inserendo un comma 8-bis. Il comma 6 stabilisce che «il trattamento economico annuo del direttore generale delle ASL, delle Aziende ospedaliero – universitarie (AOU) e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) pubblici è equiparato al trattamento economico massimo complessivo, esclusi la retribuzione di risultato ed eventuali assegni ad personam, previsto dalla contrattazione collettiva nazionale per le posizioni apicali della dirigenza medica, incrementato del 25 per cento, fatta salva la decurtazione del 20 per cento prevista per le nomine effettuate successivamente alla data di entrata in vigore della legge 6 agosto 2008, n. 133 (Conversione in legge, con modificazioni del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti, per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria) e successive modificazioni». Il comma 7 prevede che tale trattamento economico «può essere integrato, a fine mandato, di un ulteriore 20 per cento dello stesso, previa valutazione della realizzazione degli obiettivi di salute e dei servizi assegnati con il provvedimento di nomina e annualmente con il documento di indirizzo economico-funzionale, nonché previa verifica dei risultati di gestione ottenuti in riferimento al mantenimento del pareggio di bilancio ovvero alla riduzione di disavanzi accertati all’atto dell’insediamento, abbattuti almeno del 30 per cento in caso di mandato triennale e del 50 per cento in caso di mandato quinquennale». Il comma 8, inoltre, dispone che «il trattamento economico annuo del direttore sanitario e del direttore amministrativo delle ASL, delle AOU e degli IRCCS pubblici è definito nell’80 per cento di quello spettante al direttore generale, incrementato del 10 per cento, previa valutazione da parte del direttore generale sulla realizzazione degli obiettivi annualmente assegnati, fatta salva la decurtazione del 20 per cento per le nomine effettuate successivamente alla data di entrata in vigore della L. 133/2008 e successive modificazioni». Il comma 8-bis prevede che i trattamenti economici disciplinati dalle citate disposizioni «devono essere aggiornati con le stesse decorrenze stabilite per i contratti nazionali di lavoro della dirigenza medica».

2.13. – Infine, l’art. 30 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 sostituisce integralmente l’art. 25 della legge della Regione Puglia 3 agosto 2007, n. 25 (Assestamento e seconda variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2007), riguardante l’utilizzo del personale di imprese appaltatrici e società strumentali. Il comma 1 dispone che «fatte salve le previsioni della contrattazione collettiva, ove più favorevoli, la Regione, gli enti, le aziende e le società strumentali della Regione Puglia devono prevedere nei bandi di gara, negli avvisi e, in ogni caso, nelle condizioni di contratto per l’affidamento di servizi l’assunzione a tempo indeterminato del personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria dell’appalto nonché la garanzia delle condizioni economiche e contrattuali già in essere, ove più favorevoli». In base al comma 2, tali previsioni si applicano in misura proporzionale alla quantità di servizi appaltati. Il comma 3 stabilisce che i vincoli fissati dai commi precedenti, «a integrazione di quanto previsto dalla Delib.G.R. 15 dicembre 2009, n. 2477 (Modifiche e integrazioni alla Delib.G.R. 5 maggio 2009, n. 745 – Criteri e procedure per l’attivazione dell’istituto dell’in house providing – Linee guida per la costituzione, attivazione e gestione delle società strumentali alle attività delle aziende sanitarie ed enti pubblici del servizio sanitario regionale di Puglia), devono comprendere anche le attività che costituiscono compito diretto di tutela della salute, comprese le attività di supporto strumentale delle imprese appaltatrici». Il comma 4 stabilisce che le previsioni di cui al comma 1 «si applicano anche nel caso di affidamento dei servizi in favore di società strumentali costituite dalla Regione, dagli enti o dalle aziende della Regione Puglia e tra società strumentali della Regione, degli enti o delle aziende della Regione Puglia, nei limiti del fabbisogno di personale da adibire effettivamente allo svolgimento dei servizi affidati». Il comma 5 esclude dall’ambito di applicazione dell’articolo 25 della legge della Regione Puglia n. 25 del 2007 i dirigenti, mentre vi include i «soci di cooperative di lavoro che non abbiano funzioni direttive a condizione che abbiano espressamente rinunciato o ceduto le quote di partecipazione alla cooperativa all’atto dell’assunzione presso la nuova impresa; in ogni caso, l’assunzione dei soci di cui al presente comma avviene solo dopo l’assunzione del personale dipendente della cooperativa». Il comma 6, infine, prevede che «il servizio svolto dai volontari delle associazioni di volontariato convenzionate con le aziende sanitarie per il servizio di emergenza urgenza sanitaria 118 deve essere valutato nell’ambito delle selezioni di evidenza pubblica per il reclutamento di personale per il servizio di emergenza urgenza 118».

3. – Il Presidente del Consiglio dei ministri sostiene, innanzitutto, che le disposizioni impugnate mirino ad operare l’inquadramento e la progressiva stabilizzazione di personale precario, «adottando una procedura speciale di reclutamento del personale dirigente medico finalizzata a valorizzare l’esperienza conseguita con contratti a tempo determinato, in violazione [...] dei principi costituzionali di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, di cui sono espressione i principi normativi statali propri del regime di assunzione previsto per ciascun settore, dei vincoli finanziari in materia di spesa del personale e del principio per cui è possibile accedere all’impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni solo mediante pubblico concorso».

3.1. – In particolare, secondo la difesa dello Stato, l’art. 2, comma 1, della legge censurata, consentendo l’inquadramento e la stabilizzazione di personale dirigente precario in violazione del principio costituzionale dell’accesso agli impieghi della pubblica amministrazione e del pubblico concorso, lederebbe gli artt. 3, 51 e 97 Cost. Ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, non ricorrerebbero le peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico che, in base alla giurisprudenza costituzionale, potrebbero consentire una deroga alla regola del pubblico concorso. Inoltre, la difesa dello Stato rileva che la formulazione generica della disposizione, la quale non specifica quali categorie di soggetti che in concreto appartengono al personale dirigente medico siano beneficiarie della norma, «conduce al risultato di ricomprendere tra i suoi destinatari anche personale titolare di rapporto di lavoro non suscettibile di stabilizzazione alla luce della normativa statale di principio». Il ricorrente lamenta, quindi, che la stabilizzazione prevista dalla norma impugnata, compiuta in assenza di procedure di selezione, contrasterebbe con la necessità che alla dirigenza sanitaria si acceda per concorso pubblico per titoli ed esami, in violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione ai principi fondamentali in materia di «tutela della salute» stabiliti dall’art. 15 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421). La difesa dello Stato censura anche la violazione dei principi fondamentali in materia di coordinamento di finanza pubblica (art. 117, terzo comma, Cost.) di cui all’art. 17, commi 10, 11, 12 e 13, del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali), convertito in legge 3 agosto 2009, n. 102. Tali disposizioni statali prevedono per il solo personale non dirigente «nuove modalità di valorizzazione dell’esperienza professionale acquisita, attraverso l’espletamento di concorsi pubblici con parziale riserva dei posti»; dette norme, richiamate anche dall’art. 2, comma 74, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato “legge finanziaria 2010”), fanno però esclusivo riferimento al personale precario non dirigenziale delle amministrazioni pubbliche, ivi inclusi gli enti del servizio sanitario.

L’art. 2, comma 2, ad avviso della difesa dello Stato, violerebbe l’art. 81 Cost., in quanto la verifica da esso prevista della permanenza dei fabbisogni di personale nelle diverse discipline non costituirebbe condizione prodromica all’inquadramento dei dirigenti. Ne discende che, anche nel caso di verificata insussistenza di detti fabbisogni, conseguono comunque maggiori oneri.

Infine, l’art. 2, comma 4, violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost, dal momento che consentirebbe di procedere all’inquadramento di personale anche in assenza dei requisiti prescritti dalla disciplina concorsuale vigente, «ritenendo utile a tale fine la mera iscrizione alla scuola di specializzazione, e non il possesso del titolo di specializzazione».

3.2. – La difesa dello Stato censura, poi, l’art. 13 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 sotto diversi profili. Ad avviso del ricorrente, tale articolo, nel prevedere per il personale titolare di contratto ovvero di incarico a tempo indeterminato nel servizio sanitario nazionale e in servizio a tempo determinato al 31 dicembre 2009 nel servizio sanitario della Regione Puglia, la possibilità, alle condizioni ivi prescritte di transitare nei ruoli di quest’ultima, a tempo indeterminato, consentirebbe di fatto «l’utilizzo dell’istituto della mobilità per effettuare inquadramenti presso gli enti sanitari della Regione Puglia». Tale disposizione si porrebbe in contrasto, in primo luogo, con i principi di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, nonché con il principio del pubblico concorso, di cui agli artt. 3, 51 e 97 Cost. In secondo luogo, vi sarebbe una violazione delle «disposizioni contrattuali che regolano l’istituto della mobilità e che consentono la mobilità stessa solo nel rispetto della categoria, profilo professionale, disciplina e posizione economica di appartenenza del dipendente», con conseguente invasione della materia dell’ordinamento civile, riservata alla competenza esclusiva dello Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. In terzo luogo, secondo la difesa dello Stato la disposizione impugnata violerebbe l’art. 97 Cost anche in relazione ad alcuni principi fondamentali stabiliti dalla legislazione statale in materia di pubblico impiego: l’art. 30 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), che, nel disciplinare i passaggi di personale tra amministrazioni diverse, limita l’immissione nei ruoli delle amministrazioni in cui si presta servizio al solo personale in posizione di comando o di fuori ruolo; gli artt. 24 e 31 del d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni), per cui le amministrazioni pubbliche, a decorrere dal 1° gennaio 2010, debbono coprire i posti disponibili nella dotazione organica attraverso concorsi pubblici, con riserva non superiore al cinquanta per cento a favore del personale interno, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di assunzioni. In quarto luogo, la disposizione impugnata violerebbe il principio di leale collaborazione, di cui agli artt. 117 e 118 Cost., a cui si ispirano i rapporti tra servizio sanitario nazionale e università, e l’autonomia universitaria (art. 33 Cost.), in quanto, riferendosi al personale di tutti gli enti del servizio sanitario regionale, comprese le aziende ospedaliero-universitarie, non rinvia all’atto aziendale o ai protocolli d’intesa tra Regione ed università, di cui all’art. 3, comma 2, del d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517 (Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università, a norma dell’articolo 6 della L. 30 novembre 1998, n. 419) o ad una forma d’intesa con il rettore.

3.3. – L’art. 15 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, diretto a stabilizzare gli ex lavoratori socialmente utili in servizio da almeno cinque anni negli enti del servizio sanitario regionale, è censurato dalla difesa dello Stato in quanto formulato in modo generico e tale da ricomprendere tra i suoi destinatari anche personale titolare di rapporto di lavoro non suscettibile di stabilizzazione alla luce della normativa statale di principio. La norma, inoltre, consentendo la stabilizzazione anche in assenza di posti vacanti, determinerebbe maggiori oneri (con conseguente violazione dell’art. 81 Cost.) e non offrirebbe idonee garanzie circa il rispetto dell’art. 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009, norma di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.

3.4. – Il ricorrente, poi, censura unitariamente gli artt. 16, commi 1 e 2, 19, comma 1, e 22, comma 1, della legge impugnata, per violazione del principio di leale collaborazione (artt. 117 e 118 Cost.) a cui devono ispirarsi i rapporti tra servizio sanitario nazionale e università, nonché dell’autonomia universitaria (art. 33 Cost.), in quanto, riferendosi anche al personale delle aziende ospedialiero-universitarie, priverebbero «l’università della facoltà di procedere alla individuazione della quota di personale di eventuale propria competenza, obliterando l’atto aziendale e/o i protocolli d’intesa tra regione ed università, di cui all’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 517 del 1999, o una forma d’intesa» con il rettore. Analoghi profili di censura sono sollevati dalla difesa dello Stato con riferimento all’art. 24, commi 1 e 3, della legge impugnata, i quali prevedono sia l’istituzione di un elenco regionale dei candidati idonei alla nomina di direttore generale delle aziende del servizio sanitario della regione, sia la competenza della Giunta regionale ad emanare, con proprio provvedimento, le modalità di aggiornamento annuale dell’elenco e i criteri per la verifica dei requisiti (previsti dall’art. 3-bis, comma 4, del d.lgs. n. 502 del 1992) dei candidati idonei alla predetta nomina. Tali disposizioni sarebbero in contrasto con l’art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 517 del 1999 – secondo cui il direttore generale delle aziende ospedialiero-universitarie è nominato dalla Regione d’intesa con il rettore – in quanto «gli idonei presenti nell’elenco sono quelli scelti dalla regione, così restringendosi la scelta del rettore, poiché nell’individuazione della rosa di candidati non è prevista alcuna forma di collaborazione con l’università».

3.5. – Secondo la difesa dello Stato, inoltre, gli artt. 16, comma 3, 17, 18, 19, comma 8, e 20 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, prorogando gli effetti e ampliando i destinatari di interventi di stabilizzazione già previsti o introducendone di nuovi, lederebbero i principi del pubblico concorso e della imparzialità dell’azione amministrativa.

3.6. – L’articolo 19, comma 6, della legge impugnata è invece censurato in quanto, ad avviso del ricorrente, comporterebbe oneri tali da pregiudicare il contenimento delle spese per il personale nei limiti previsti da ultimo con l’art. 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009, con conseguente violazione dei principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.

3.7. – Il ricorrente censura poi l’art. 21 della legge impugnata sotto diversi profili. Il comma 1, prevedendo una riserva di posti nei concorsi pubblici per l’accesso ai ruoli aziendali per il personale sanitario non medico operante in regime di convenzione nelle carceri, violerebbe l’art. 97 Cost. in quanto non stabilisce la misura percentuale della riserva né ne delimita in maniera rigorosa l’area, ponendo così ostacoli per l’accesso all’impiego da parte di chi vi abbia interesse. Il comma 4, secondo la difesa dello Stato, determinerebbe oneri finanziari non coperti, in violazione dell’art. 81 Cost., dal momento che la disposizione, collegando la spesa inerente all’inquadramento del personale non medico operante in regime di convenzioni nelle carceri alle risorse previste per il trasferimento di funzioni dall’art. 6 del d.P.C.m. 1° aprile 2008 (Modalità e criteri per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria), non tiene conto del fatto che «la spesa sostenuta per detto personale è inferiore a quella conseguente all’inquadramento in considerazione del differente trattamento economico spettante alle due categorie di personale». I commi 5 e 6, nel prevedere rispettivamente l’equiparazione, anche a fini presidenziali, dei medici titolari di incarico provvisorio di cui all’art. 50 della legge 9 ottobre 1970, n. 740 (Ordinamento delle categorie di personale sanitario addetto agli istituti di prevenzione e pena non appartenenti ai ruoli organici dell’Amministrazione penitenziaria) ai medici titolari di incarico definitivo, e l’assoggettamento del predetto personale alla disciplina degli accordi integrativi per la medicina generale e la specialistica ambulatoriale, violerebbero l’art. 4, comma 3 (recte art. 3, comma 4), del d.P.C.m. 1° aprile 2008, in base al quale il personale in questione resta assoggettato, anche a seguito del trasferimento alle aziende sanitarie, alla disciplina prevista dalla legge n. 740 del 1970 fino alla scadenza del relativo rapporto che, se a tempo determinato (come nel caso in esame) e con scadenza anteriore al 31 marzo 2009, è prorogato solo per la durata di dodici mesi. Per tali ragioni, i commi 5 e 6 dell’art. 21 della legge censurata lederebbero gli artt. 117, secondo comma, lettera l), e – determinando oneri non coperti dalle risorse di cui al citato d.P.C.m. 1° aprile 2008 – 81 Cost.

3.8. – Il ricorrente impugna l’art. 26 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, per violazione dell’art. 81 Cost. La norma censurata, in particolare, interviene in materia di trattamento economico dei direttori generali, amministrativi e sanitari, senza alcun riferimento alla corrispondente disciplina statale (d.P.C.m. 19 luglio 1995, n. 502 «Regolamento recante norme sul contratto del direttore generale, del direttore amministrativo e del direttore sanitario delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere del 1999», come modificato dal d.P.C.m. 31 maggio 2001, n. 319) e al limite massimo ivi fissato, talché «la concreta applicazione della norma può dare luogo al riconoscimento di emolumenti superiori a quelli massimi previsti dalla [...] normativa statale, con conseguente disparità di trattamento rispetto alle altre regioni e maggiori oneri per la regione Puglia».

3.9. – Infine, la difesa dello Stato censura l’art. 30 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, che modifica l’art. 25 della legge regionale 3 agosto 2007, n. 25 (Assestamento e seconda variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2007). Tale disposizione consentirebbe un illegittimo inquadramento, all’interno di società, aziende o organismi della Regione, di soggetti provenienti da imprese o società cooperative, in quanto contrasterebbe con l’art. 97 Cost. e con la normativa statale – art. 18 del decreto-legge 12 luglio 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria) e art. 19 del d.l. n. 78 del 2009 – che impone «il rispetto di forme di selezione pubblica del personale anche alle società pubbliche affidatarie di servizi, nonché l’adeguamento, da parte di queste, alle misure di contenimento della spesa di personale fissate per le amministrazioni controllanti».

4. – Si è costituita in giudizio la Regione Puglia, sostenendo che le censure prospettate dal Presidente del Consiglio dei ministri sono inammissibili e, comunque, non fondate.

4.1. – La difesa regionale osserva, innanzitutto, che i motivi di gravame ruotano essenzialmente intorno alla pretesa violazione dell’art. 97 Cost. Sul punto, la Regione sottolinea che, sulla base della giurisprudenza costituzionale, la stabilizzazione del personale precario, allorquando fondata su presupposti non irragionevoli, costituisce per il legislatore un obiettivo meritevole di considerazione «al punto tale da essere ritenuta [...] istituto costituzionalmente legittimo all’interno dell’ordinamento giuridico». Deroghe al principio del pubblico concorso, pertanto, sarebbero ammissibili e legittime, purché in presenza di «peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico» idonee a giustificarle. Ad avviso della difesa regionale, pertanto, andrebbe respinta la tesi del ricorrente in base alla quale è possibile accedere all’impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni solo mediante il pubblico concorso.

4.2. – Quanto all’art. 2, comma 1, della legge impugnata, la difesa regionale sostiene che la norma non sarebbe dedicata al personale dirigente medico precario, ma sarebbe rivolta al personale con profilo professionale di dirigente medico in servizio a tempo indeterminato, vincitore di concorso pubblico, che «a causa di peculiari esigenze connesse alle funzioni riconosciute dalle leggi nazionali e regionali alle direzioni sanitarie delle Aziende sanitarie e dei Presidi ospedalieri, nonché in virtù degli accorpamenti delle Aziende sanitarie operate sulla scorta di quanto stabilito con L.R. n. 39/2006, è stato assegnato, con mobilità interna, su posti vacanti presso le direzioni sanitarie». La norma, pertanto, non genererebbe alcuna stabilizzazione e non comporterebbe la trasformazione del posto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato, atteso che il personale in questione «è già occupato a tempo indeterminato in ragione del concorso a cui aveva partecipato, superandolo». La disposizione mirerebbe quindi a consentire alle aziende sanitarie di «riequilibrare le posizioni di coloro che avevano partecipato e vinto un concorso per un impiego a tempo indeterminato per uno specifico posto e che per ragioni esterne alla loro volontà hanno occupato posti differenti». Per queste ragioni, ad avviso della difesa regionale, non possono ritenersi violati i principi di cui agli artt. 97 e 117, terzo comma, Cost., in relazione a quanto stabilito dall’art. 15 del d.lgs. n. 502 del 1992. Insussistenti sarebbe poi l’asserito contrasto della norma con l’art. 17, commi 10, 11, 12 e 13, del decreto legge n. 78 del 2009 e con l’art. 2, comma 74, della legge n. 191 del 2009, dal momento che la norma non disciplina la stabilizzazione di personale precario.

Con riferimento all’art. 2, comma 2, della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, la difesa regionale respinge le censure prospettate dal ricorrente, in quanto la verifica dei fabbisogni prevista dalla norma segue ad una operazione a «somma zero», perché dal nuovo inquadramento disposto dal comma 1 non deriverebbe alcun aumento degli oneri finanziari.

Quanto al comma 4, la censura risulterebbe generica e oscura, posto anche che la disposizione impugnate andrebbe letta congiuntamente al precedente comma 3, non impugnato dal ricorrente.

4.3. – In merito all’art. 13 della legge censurata, la Regione Puglia rileva che la norma non avrebbe modificato l’istituto della mobilità, dal momento che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, «la domanda di mobilità potrà essere avanzata soltanto dal dipendente che ricopriva nei ruoli del SSN la stessa categoria e lo stesso profilo professionale riconosciuto dal SSR, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 30 del legislativo decreto legislativo n. 165 del 2001, nonché della contrattazione collettiva». Inconferenti sarebbero poi i richiami formulati dal Presidente del Consiglio dei ministri all’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001 e agli artt. 24 e 31 del d.lgs. n. 150 del 2009, dato che tali disposizioni si riferiscono a fattispecie diverse da quella regolata dalla norma censurata.

Non vi sarebbe, inoltre, l’asserita lesione dell’art. 33 Cost., perché la norma riguarda il personale del servizio sanitario nazionale sottoposto alla disciplina nazionale e regionale e non il personale universitario il cui rapporto con il servizio sanitario nazionale è regolato mediante i protocolli d’intesa. Tale argomentazione è dedotta dalla difesa regionale anche in relazione alle censure riferite agli art. 16, commi 1 e 2, 19, comma 1, e 22, comma 1, della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010.

4.4. – Quanto all’art. 15 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, la difesa regionale lamenta la genericità e, dunque, l’inammissibilità della censura prospettata dal ricorrente. Nel merito, poi, la Regione Puglia osserva che la stabilizzazione degli ex lavoratori socialmente utili prevista dalla norma rientrerebbe nelle ipotesi ammesse dalla giurisprudenza costituzionale, dal momento che si fonda su presupposti non irragionevoli, quali la peculiarità delle funzioni che il personale da reclutare è chiamato a svolgere. La difesa regionale osserva poi che gli oneri della stabilizzazione prevista dalla norma impugnata graverebbero sul bilancio di ciascuna azienda, senza determinare alcuna lesione dei principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica (art. 117, comma terzo, Cost.) e dell’obbligo di copertura finanziaria (art. 81 Cost.). Infine, le medesime argomentazioni sono dedotte dalla Regione Puglia con riguardo agli art. 16, comma 3, 17, 18, 19, comma 8, e 20 della legge censurata.

4.5. – Con riferimento all’art. 19, comma 6, della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, la difesa regionale contesta l’asserita violazione dei principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, dal momento che la norma prevede una decurtazione nelle dotazioni organiche del 40 per cento dei cessati nell’anno 2009, riducendo così la spesa del personale sanitario.

4.6. – In relazione al censurato art. 21, commi 1, 4, 5 e 6, della legge impugnata, la Regione Puglia sottolinea innanzitutto che la norma mira ad assicurare «la continuità dell’assistenza sanitaria alla popolazione detenuta, non disperdendo, altresì, la specifica professionalità del personale che opera negli istituti di pena». Quanto ai motivi di gravame prospettati dal ricorrente, non vi sarebbe lesione dell’art. 97 Cost., in quanto l’area di riserva di posti nei concorsi pubblici per l’accesso nei ruoli aziendali del personale sanitario non medico operante in regime di convenzione sarebbe definita dalle aziende sanitarie nell’ambito del tetto fissato dal d.P.R. 27 marzo 2001, n. 220 (Regolamento recante disciplina concorsuale del personale non dirigenziale del Servizio sanitario nazionale). Né vi sarebbe lesione dell’art. 81 Cost., dato che gli oneri finanziari sarebbero garantiti dal d.P.C.m. 1° aprile 2008. Né, infine, la norma configurerebbe una illegittima equiparazione tra i medici titolari di incarico provvisorio di cui all’art. 50 della legge n. 740 del 1970 e i medici titolari di incarico definitivo di cui all’art. 3, comma 4, del d.P.C.m. 1° aprile 2008, posto che tale equiparazione si fonderebbe su pronunce della giurisprudenza di legittimità che riconoscono al medico provvisorio il diritto alla stessa posizione giuridica, retributiva ed assistenziale prevista per i medici di cui agli artt. 38 ss. della legge n. 740 del 1970. Infine, quanto all’assoggettamento di tale personale alla disciplina degli accordi integrativi per la medicina generale e specialistica ambulatoriale, la difesa regionale osserva che la stessa norma transitoria n. 1 dell’intesa sull’ipotesi di accordo per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale (MMG) – biennio economico 2008-2009 dispone che la materia sarà oggetto della successiva contrattazione nazionale per i MMG.

4.7. – Per quanto riguarda l’art. 24, commi 1 e 3, della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, la difesa regionale lamenta che il ricorrente ha omesso di considerare che la valutazione degli aspiranti alla nomina di direttore generale è effettuata da una commissione, formata da tre componenti, uno dei quali «designato dalla Conferenza dei rettori delle università degli studi di Puglia» al fine di coinvolgere le università pugliesi nelle scelte che riguardano le aziende ospedaliero-universitarie. Alla nomina, poi, provvede la Giunta regionale, previa acquisizione dei pareri previsti dalla legge, tra cui quello del rettore dell’università competente. Rileva la difesa della Regione, pertanto, che non vi sarebbe alcuna violazione dell’autonomia universitaria e del principio di leale collaborazione, perché il rettore esprime il proprio assenso alla nomina di direttore generale sulla base di valutazioni, inerenti all’idoneità degli aspiranti candidati, effettuate dalla Commissione composta anche da soggetti designati dalla Conferenza dei rettori.

4.8. – Con riferimento al censurato art. 26 della legge impugnata, la Regione Puglia contesta l’asserita lesione dell’art. 81 Cost. A norma dell’art. 2, comma 5, del d.P.C.m. n. 502 del 1995, «al direttore generale e al direttore amministrativo è attribuito un trattamento economico definito in misura non inferiore a quello previsto dalla contrattazione collettiva nazionale rispettivamente per le posizioni apicali della dirigenza medica ed amministrativa» e i trattamenti economici annui «non possono essere fissati in misura superiore all’80 per cento del trattamento base attribuito al direttore generale». Sostiene quindi la difesa regionale che, «considerato che il trattamento economico annuo previsto dalla contrattazione collettiva per le posizioni apicali della dirigenza è pari a poco più di 150 mila euro, l’applicazione di quanto stabilito dal precitato art. 2, comma 5, del d.P.C.M. n. 502 del 1995 comporta di per sé l’impossibilità di contenere il trattamento economico annuo dei direttori generali entro il limite di 300 milioni delle vecchie lire previsto dall’art. 1, comma 5, del d.P.C.M. n. 502 del 1995».

4.9. – Infine, quanto al censurato art. 30 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, la difesa regionale rileva che la norma impugnata in nessun modo intende inquadrare all’interno di società pubbliche soggetti provenienti da imprese private. La disposizione sarebbe invece finalizzata a garantire l’applicazione della cosiddetta «clausola sociale», in base alla quale «la Regione, gli enti e le società strumentali, fatte salve le previsioni della contrattazione collettiva, laddove più favorevoli, devono prevedere nei bandi di gara, negli avvisi e, in ogni caso, nelle condizioni di contratto per l’affidamento di servizi, l’assunzione a tempo indeterminato del personale già utilizzato dalla precedente impresa appaltatrice, nonché la garanzia delle condizioni economiche e contrattuali, ove più favorevoli». La Regione Puglia, inoltre, evidenzia che l’art. 30, comma 6, della legge impugnata prevede che il servizio di emergenza urgenza sanitaria 118 debba essere valutato «nell’ambito delle selezioni di evidenza pubblica per il reclutamento di personale per il servizio di emergenza urgenza 118».

5. – In data 17 gennaio 2011, la Regione Puglia ha depositato una memoria illustrativa, con la quale la difesa regionale sostiene l’infondatezza del ricorso. In generale, la Regione Puglia lamenta l’errata ricostruzione – svolta dal ricorrente – della giurisprudenza costituzionale in materia di concorso pubblico. Ad avviso della difesa regionale, pertanto, le norme di stabilizzazione dettate dalla legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 sarebbero costituzionalmente legittime in quanto rientranti nelle ipotesi in cui è ammissibile la deroga alla regola generale del concorso.

5.1. – Quanto all’art. 2 della legge censurata, la Regione Puglia rileva la non fondatezza dei motivi di gravame «per totale travisata attribuzione dei significati alla normativa denunciata, con conseguente inconferenza dei parametri costituzionali evocati». La difesa regionale ribadisce che la disposizione è finalizzata a compiere non un intervento di stabilizzazione, ma un’operazione di «regolarizzazione» orizzontale della posizione organica di personale dirigente medico già assunto a tempo indeterminato, per di più a «somma zero». La norma, inoltre, individuerebbe in modo preciso, e non generico, la categoria di personale a cui si applica. La difesa regionale precisa, poi, che una disposizione simile era già contenuta nell’art. 1 della legge 29 dicembre 2000, n. 401 (Norme sull’organizzazione e sul personale del settore sanitario), i cui contenti sono ripresi pressoché testualmente dalla norma censurata. Quanto al comma 4, poi, la Regione sottolinea che esso applicherebbe la più generale regola contenuta nell’art. 35, commi 4 e 5, del d.lgs. 17 agosto 1999, n. 368 (Attuazione della direttiva n. 93/16/CEE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CEE), secondo cui è possibile «autorizzare, per specifiche esigenze del Servizio Sanitario Nazionale, l’ammissione alle scuole [...] di personale medico di ruolo, appartenente a specifiche categorie, in servizio in strutture sanitarie diverse da quelle inserite nella rete formativa della scuola».

5.2. – Con riferimento all’art. 13 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, la difesa regionale ribadisce che la disposizione è riferita al personale già titolare di una posizione lavorativa a tempo indeterminato che, per qualche legittima ragione di dissociazione tra il rapporto di impiego e il rapporto di servizio, si sia trovato a prestare temporaneamente servizio presso azienda o ente del Servizio sanitario nazionale diverso da quello presso cui si è instaurato il rapporto di impiego. Di conseguenza, ad avviso della Regione Puglia, il richiamo al principio del pubblico concorso sarebbe del tutto fuori luogo.

5.3. – Per quanto riguarda il censurato art. 15 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, la difesa regionale sottolinea che l’operazione di stabilizzazione degli ex lavoratori socialmente utili prevista dalla norma è a «somma zero». Inappropriati e inconferenti, inoltre, sarebbero i rilievi del ricorrente relativi al personale con rapporto di lavoro a tempo determinato, dal momento che in tale categoria non rientrano i lavoratori «utilizzati» a mezzo di «piani di impresa», per i quali non può farsi riferimento a posti vacanti, bensì al costo consolidato esterno.

5.4. – In merito agli artt. 16, commi 1 e 2, 19, comma 1, e 22, comma 1, della legge censurata, la difesa regionale, oltre a ribadire che essi non configurerebbero alcuna lesione dell’autonomia universitaria, osserva che «il protocollo d’intesa altro non è, a sua volta, che un atto convenzionale-negoziale che di certo ex se non può costituire limite alla legislazione regionale, essendo piuttosto a sua volta atto di autonomia negoziata adempitivo sia della legislazione statale che della legislazione regionale, giacché, ad avverso avviso, costituirebbe una forma anomala di delegificazione concertata, laddove, tutt’al contrario, la sua natura è di atto di esecuzione concertata di normative sia statali che regionali». La medesima argomentazione è usata per contrastare le censure prospettate dal ricorrente all’art. 22, comma 1, della legge impugnata, ritenute comunque inammissibili per genericità della motivazione.

5.5. – Con riguardo agli artt. 16, comma 3, 17, 18, 19, comma 8, e 20 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, la difesa regionale eccepisce l’inammissibilità delle censure, in quanto motivate per relationem alle argomentazioni dedotte per l’art. 2, comma 1, della medesima legge. Nel merito, le censure sarebbero comunque non fondate.

5.6. – Con riferimento all’art. 19, comma 6, della legge impugnata, la Regione Puglia osserva che le disposizioni inserite nell’art. 1 della legge della Regione Puglia n. 27 del 2009, lungi dall’essere in contrasto con i principi fondamentali stabiliti dalla legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica, hanno invece assicurato consistenti risparmi di spesa, tali da consentire l’approvazione del piano di rientro dal deficit economico-finanziario nel settore sanitario ai sensi dell’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato “legge finanziaria 2005”).

5.7. – Quanto all’art. 21 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, la difesa regionale, in primo luogo, ribadisce le argomentazioni dedotte nell’atto di costituzione. In particolare, la asserita violazione dell’art. 81 Cost., riferita al comma 4 in quanto la spesa sostenuta per il personale in regime di convenzione sarebbe inferiore a quella conseguente all’inquadramento, verrebbe esclusa da una pluralità di ragioni. In primo luogo, se così fosse, l’ammontare delle risorse trasferite determinerebbe per le Regioni un vincolo di permanenza della forma convenzionale del rapporto, in violazione della potestà legislativa residuale esclusiva ex art. 117, quarto comma, Cost. In secondo luogo, il riferimento alle risorse finanziarie trasferite deve intendersi come riferimento complessivo e non come riferimento agli oneri economici relativi a ciascun singolo rapporto. In terzo luogo, il contenimento della spesa sanitaria va governato da ciascuna Regione a livello complessivo dei volumi finanziari impegnati, con le riduzioni annuali previste sui volumi finanziari globali. In quarto luogo, l’obiezione del ricorrente non terrebbe conto «del fatto che la riserva di posti nei pubblici concorsi non implica affatto che nei concorsi sia riservato il numero di posti pari al numero delle convenzioni in atto per il personale degli istituti penitenziari, sicché ben potrebbero bandirsi concorsi in numero inferiore al predetto accesso riservato, correttamente finanziabili con un plafond derivato dal d.P.C.M. 1° aprile 2008 per il maggior numero di convenzioni preesistenti». Infine, con riguardo ai commi 5 e 6 del medesimo articolo 21, la difesa regionale rileva che, da un lato, il d.P.C.m. 1° aprile 2008 non può costituire limite alla potestà legislativa regionale, non essendo un «principio fondamentale della medesima potestà legislativa regionale, quand’anche concorrente», e, dall’altro lato, il limite dell’art. 81 Cost. «non si apprezza con riferimento a singole modeste eccedenze di spesa rispetto ai trasferimenti statali [...], ma con riguardo al complessivo volume di spesa regionale (sicché, ad esempio, i modesti incrementi di che trattasi ben possono equilibrarsi con risparmi compensativi di altre voci)».

5.8. – Infine, con riferimento all’art. 30 della legge censurata, la difesa regionale lamenta che «l’impugnativa governativa abbia completamente travisato il significato della disposizione denunciata». In particolare, la norma impugnata non disporrebbe alcun inquadramento del personale dipendente dalle imprese già affidatarie di servizi, perché essa prevedrebbe solo «l’utilizzo» di detto personale. Sarebbero inappropriati, poi, i riferimenti all’art. 18 del decreto-legge n. 112 del 2008, in quanto relativo a fattispecie diverse da quella regolata dalla norma impugnata. Inoltre, ad avviso della Regione Puglia, le modalità di acquisizione delle risorse umane di in house providing – previste dalla disposizione censurata – hanno caratteristiche e vincoli propriamente specifici, sicché inconferente risulterebbe il richiamo governativo all’art. 97 Cost. Tale specificità, peraltro, troverebbe conferma in copiosa giurisprudenza amministrativa del Tar Puglia, riportata nella memoria illustrativa. In conclusione, la resistente osserva che la scelta della Regione Puglia di consentire alle aziende sanitarie da essa dipendenti di provvedere in autoproduzione a mezzo di in house providing di alcuni servizi, non discenderebbe dalla disposizione impugnata, la quale si sarebbe limitata «a consentire espressamente ciò che avrebbe potuto farsi in difetto di espressa autorizzazione normativa, e cioè l’applicazione della «clausola sociale» in caso di decisione di acquisizione di servizi a mezzo di in house providing».



Considerato in diritto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato il 7 maggio 2010 e depositato il 14 maggio 2010 (reg. ric. n. 77 del 2010), ha promosso questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, commi 1, 2 e 4, 13, 15, 16, commi 1, 2 e 3, 17, 18, 19, commi 1, 6 e 8, 20, 21, commi 1, 4, 5 e 6, 22, comma 1, 24, commi 1 e 3, 26 e 30 della legge della Regione Puglia 25 febbraio 2010, n. 4 (Norme urgenti in materia di sanità e servizi sociali), per violazione degli articoli 3, 24, 31, 33, 51, 81, 97, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, e 118 della Costituzione.

Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, le disposizioni impugnate violerebbero numerosi parametri costituzionali, in quanto introdurrebbero una «normativa diversa e più favorevole sia in punto di stabilizzazione che sotto il profilo economico valida solo in ambito regionale, con conseguente disparità di trattamento nei confronti di omologhe categorie lavorative radicate in altre regioni, nonché massimamente dell’art. 97 Cost. sotto il profilo della violazione del principio di imparzialità dell’azione amministrativa e uniformità della stessa sul territorio nazionale».

2. – Deve essere innanzitutto dichiarata la cessazione della materia del contendere con riferimento alla questione riguardante l’art. 19, comma 6, della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, relativo alle dotazioni organiche.

Tale disposizione ha inserito quattro nuovi commi nell’articolo 1 della legge della Regione Puglia 27 novembre 2009, n. 27 (Servizio sanitario regionale – Assunzioni e dotazioni organiche), numerandoli dall’1-bis all’1-quinquies. Successivamente al ricorso, questa Corte, con la sentenza n. 333 del 2010, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1, 2, 3 e 4, della legge della Regione Puglia n. 27 del 2009, talché sono venuti meno i presupposti su cui si fondano i commi da 1-bis a 1-quinquies di tale articolo, introdotti dall’art. 19, comma 6, della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010. Con l’art. 10 della legge della Regione Puglia 31 dicembre 2010, n. 19 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2011 e bilancio pluriennale 2011-2013 della Regione Puglia), la Regione ha poi abrogato l’intero art. 1 della legge regionale n. 27 del 2009, «in esecuzione della sentenza della Corte costituzionale» n. 333 del 2010. La sopravvenuta abrogazione della disposizione impugnata, conseguente alla dichiarazione di illegittimità costituzionale delle norme cui essa è strumentale, hanno determinato la cessazione della materia del contendere.

3. – Vanno preliminarmente esaminati i profili di ammissibilità delle censure prospettate dal ricorrente.

3.1. – Innanzitutto, deve essere dichiarata la manifesta inammissibilità delle censure riferite agli artt. 24 e 31 Cost. Tali parametri, infatti, sono menzionati nell’epigrafe del ricorso, senza però essere successivamente richiamati, né accompagnati da alcuna argomentazione.

Sono altresì inammissibili le censure riferite all’art. 30 della legge impugnata, nella parte in cui ha sostituito l’art. 25, commi 2, 3, 5 e 6, della legge Regione Puglia 3 agosto 2007, n. 25 (Assestamento e seconda variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2007), in quanto non sorrette da specifica motivazione. Anche se il ricorrente impugna il citato art. 30 nel suo complesso, le argomentazioni sviluppate a sostegno delle censure sono chiaramente indirizzate ai soli commi 1 e 4 della disposizione sostituita.

3.2. – Va poi respinta l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla Regione Puglia secondo cui le censure riguardanti gli artt. 15, 16, comma 3, 17, 18, 19, comma 8, e 20 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 sarebbero motivate per relationem a quelle dedotte dal ricorrente per l’art. 2, comma 1, della medesima legge e, comunque, sarebbero generiche e insufficientemente argomentate.

I motivi di gravame riferiti all’art. 2, comma 1, della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 sono illustrati dal Presidente del Consiglio dei ministri all’inizio del ricorso in modo esaustivo. Le censure prospettate non sono generiche o non sufficientemente motivate. Le violazioni lamentate e i parametri invocati – come già emerso nella descrizione del fatto – sono chiaramente individuati (ex plurimis, sentenza n. 332 del 2010).

Non è ragione di inammissibilità il fatto che il ricorrente rinvii in modo puntuale ad argomentazioni già esposte nelle pagine precedenti per motivare censure di analogo tenore. Nonostante il diverso contenuto delle disposizioni impugnate, infatti, è agevole dedurre le asserite ragioni di illegittimità costituzionale delle singole norme. Non si tratta, quindi, di motivazione per relationem. Quest’ultima presuppone che, diversamente da quanto è avvenuto nel presente giudizio, una censura sia sviluppata in atti diversi dal ricorso o dall’ordinanza in cui essa è contenuta (come nel caso di motivazione con rinvio ad altro ricorso – sentenza n. 40 del 2007 – o ad altra ordinanza di rimessione: ex plurimis, sentenze n. 197 e n. 143 del 2010).

4. – Nel merito, le censure prospettate dal Presidente del Consiglio dei ministri possono essere articolate in otto gruppi, ciascuno riferito a uno o più articoli della legge impugnata.

5. – Il primo gruppo di censure riguarda l’art. 2, quanto ai commi 1, 2 e 4 del sostituito art. 4 della legge della Regione Puglia 23 dicembre 2008, n. 45 (Norme in materia sanitaria), della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010. Il comma 1 prevede che «il personale appartenente alla dirigenza medica del servizio sanitario regionale (SSR) che alla stessa data, con formale atto di data certa, emanato dal legale rappresentante dell’ente, risulti in servizio da almeno cinque anni in un posto di disciplina diversa da quella per la quale è stato assunto è inquadrato, a domanda, nella disciplina nella quale ha esercitato le funzioni, qualora in possesso dei requisiti previsti» dalla normativa statale vigente. Il comma 2 stabilisce, da un lato, che i direttori generali delle aziende sanitarie e degli istituti del SSR verificano «la permanenza dei fabbisogni che avevano determinato l’impiego del personale nella disciplina diversa da quella per la quale era stato assunto», e, dall’altro che, «fermo restando l’organico complessivo, i direttori generali dispongono nel contempo la modifica delle piante organiche conseguenti ai passaggi di disciplina mediante incardinamento del dirigente medico nel posto vacante della disciplina acquisita, con soppressione del posto lasciato libero nella disciplina di provenienza, oppure mediante trasformazione del posto già ricoperto e lasciato libero nella disciplina di provenienza». In base al comma 3, i dirigenti medici non in possesso dei requisiti di cui ai commi 1 e 2 sono riassegnati allo svolgimento dei compiti propri del profilo professionale per il quale sono stati assunti. Ai sensi del comma 4, infine, detta riassegnazione non opera nel caso di «personale che alla data del 31 dicembre 2010 risulti in servizio da almeno cinque anni e iscritto alle scuole di specializzazione per il conseguimento dei requisiti di cui al presente articolo».

5.1. – Ad avviso del ricorrente, l’art. 2, comma 1, della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 violerebbe innanzitutto gli artt. 3, 51 e 97 Cost., in quanto consentirebbe l’inquadramento e la stabilizzazione di personale dirigente precario in assenza delle peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico che, in base alla giurisprudenza costituzionale, potrebbero consentire una deroga alla regola del pubblico concorso. La disposizione lederebbe anche l’art. 117, terzo comma, Cost., sotto un duplice profilo: in primo luogo, in relazione ai principi fondamentali in materia di tutela della salute stabiliti dall’art. 15 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della l. 23 ottobre 1992, n. 421), in quanto la stabilizzazione prevista dalla norma, compiuta in assenza di procedure di selezione, contrasterebbe con la necessità che alla dirigenza sanitaria si acceda per concorso pubblico per titoli ed esami; in secondo luogo, in relazione ai principi fondamentali in materia di coordinamento di finanza pubblica di cui all’art. 17, commi 10, 11, 12 e 13, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali), convertito in legge 3 agosto 2009, n. 102, in quanto tali disposizioni statali – richiamate anche dall’art. 2, comma 74, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato “legge finanziaria 2010”) – prevedono «nuove modalità di valorizzazione dell’esperienza professionale acquisita, attraverso l’espletamento di concorsi pubblici con parziale riserva dei posti», per il solo personale non dirigenziale.

Il comma 2 violerebbe l’art. 81 Cost., in quanto la verifica da esso prevista della permanenza dei fabbisogni di personale nelle diverse discipline non costituirebbe condizione prodromica all’inquadramento dei dirigenti, talché, anche nel caso di verificata insussistenza di detti fabbisogni, conseguirebbero comunque maggiori oneri finanziari.

Il comma 4, infine, lederebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto consentirebbe l’inquadramento di personale anche in assenza dei requisiti prescritti dalla disciplina concorsuale vigente, «ritenendo utile a tale fine la mera iscrizione alla scuola di specializzazione, e non il possesso del titolo di specializzazione».

5.2. – La questione è fondata.

L’art. 2 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 sostituisce l’art. 4 della legge regionale n. 45 del 2008. Quest’ultima disposizione prevedeva che «I dirigenti medici in servizio a tempo indeterminato presso gli uffici a staff della direzione generale funzionalmente dipendenti dalle direzioni sanitarie delle aziende sanitarie locali (ASL), delle aziende ospedaliero-universitarie e degli IRCCS pubblici ovvero in servizio presso le direzioni sanitarie di presidio ospedaliero da almeno tre anni, alla data di entrata in vigore della presente legge sono inquadrati, a domanda, nelle direzioni sanitarie con la disciplina “Direzione medica di presidio ospedaliero”».

Tale articolo è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza n. 150 del 2010, successiva alla legge della Regione Puglia n. 4 del 2010. Questa Corte ha ritenuto la norma in contrasto con gli artt. 97 e 117, terzo comma, Cost., in quanto la disposizione prevedeva ipotesi di accesso alla dirigenza sanitaria medica che, «in assenza di peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico, derogano significativamente al criterio del concorso pubblico, richiesto sia, in via generale, dall’art. 97 Cost., sia da specifiche disposizioni legislative statali che, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, costituiscono principi fondamentali in materia di tutela della salute». In particolare, «l’inquadramento, a domanda, dei dirigenti medici in servizio a tempo indeterminato nelle direzioni sanitarie [...] contravviene alla regola generale desumibile dall’art. 15, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992, come integrato dall’art. 24 del d.P.R. 10 dicembre 1997, n. 483 (Regolamento recante la disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del Servizio sanitario nazionale)».

Le argomentazioni della sentenza n. 150 del 2010 possono applicarsi anche all’art. 2 della legge impugnata con il presente ricorso. Infatti, l’espressione «è inquadrato [...] nella disciplina nella quale ha esercitato le funzioni», usata in luogo della formula «inquadrati nelle direzioni», non rappresenta una ipotesi diversa da quella già sanzionata da questa Corte con la citata sentenza n. 150 del 2010. La disposizione censurata, dunque, prevede l’accesso a posti di dirigente medico in assenza di concorso, in violazione degli artt. 97 e 117, terzo comma, Cost., in materia di tutela della salute.

5.3. – L’art. 117, terzo comma, Cost., è violato anche con riguardo alla materia del coordinamento della finanza pubblica, in quanto l’art. 2, quanto al comma 1 del sostituito art. 4 della legge della Regione Puglia n. 45 del 2008, della legge impugnata prevede l’assunzione di personale in violazione dei principi fondamentali stabiliti dalla legislazione statale. La norma censurata, infatti, contempla l’inquadramento di dirigenti medici già in servizio in una «disciplina diversa da quella per la quale» sono stati assunti, mentre l’art. 17, commi 10, 11, 12 e 13, del decreto-legge n. 78 del 2009 – richiamato dall’art. 2, comma 74, della legge n. 191 del 2009 – prevede per le amministrazioni la possibilità di stabilizzare il solo personale non dirigenziale.

5.4. – Dall’accoglimento delle censure dell’art. 2, quanto al comma 1 del sostituito art. 4 della legge della Regione Puglia n. 45 del 2008, della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, discende l’illegittimità costituzionale dei commi 2 e 4 del medesimo articolo 4, perché contengono norme applicative o strumentali al citato comma 1. Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura.

6. – Il secondo gruppo di censure riguarda l’art. 13 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010. Tale articolo stabilisce che «Nel limite dei posti vacanti nella dotazione organica e nel rispetto della riduzione della spesa del personale imposto dalle norme vigenti, il personale già titolare di contratto ovvero di incarico a tempo indeterminato presso aziende o enti del servizio sanitario nazionale (SSN) e in servizio a tempo determinato al 31 dicembre 2009 presso un’azienda o ente del servizio sanitario della Regione Puglia è confermato nei ruoli di quest’ultima, a tempo indeterminato, previa presentazione, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di apposita domanda di mobilità».

6.1. – Secondo il ricorrente, la disposizione violerebbe, in primo luogo, gli artt. 3, 51 e 97 Cost., in quanto consentirebbe di fatto «l’utilizzo dell’istituto della mobilità per effettuare inquadramenti presso gli enti sanitari della Regione Puglia», ledendo i principi di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, nonché il principio del pubblico concorso. L’art. 97 Cost. sarebbe violato anche in relazione ad alcuni principi fondamentali stabiliti dalla legislazione statale in materia di pubblico impiego: l’art. 30 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), che, nel disciplinare i passaggi di personale tra amministrazioni diverse, limita l’immissione nei ruoli delle amministrazioni in cui si presta servizio al solo personale in posizione di comando o di fuori ruolo; gli artt. 24 e 31 del d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni), per cui le amministrazioni pubbliche, a decorrere dal 1° gennaio 2010, debbono coprire i posti disponibili nella dotazione organica attraverso concorsi pubblici, con riserva non superiore al cinquanta per cento a favore del personale interno, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di assunzioni.

Inoltre, la norma regionale sarebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. in quanto lederebbe le «disposizioni contrattuali che regolano l’istituto della mobilità e che consentono la mobilità stessa solo nel rispetto della categoria, profilo professionale, disciplina e posizione economica di appartenenza del dipendente», con conseguente invasione della materia dell’ordinamento civile.

Sarebbero violati, infine, gli artt. 117 e 118 Cost. (sotto il profilo del principio di leale collaborazione a cui si ispirano i rapporti tra servizio sanitario nazionale e università) e l’art. 33 Cost. (sotto il profilo dell’autonomia universitaria), in quanto, riferendosi al personale di tutti gli enti del servizio sanitario regionale, comprese le aziende ospedaliero-universitarie, non rinvia all’atto aziendale o ai protocolli d’intesa tra Regione ed università, di cui all’art. 3, comma 2, del d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517 (Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università, a norma dell’articolo 6 della legge 30 novembre 1998, n. 419) o ad una forma d’intesa con il Rettore.

6.2. – La questione è fondata.

La disposizione impugnata, facendo ricorso all’istituto della mobilità, prevede la «ruolizzazione» – ossia l’inquadramento a tempo indeterminato nei ruoli del servizio sanitario regionale – di personale «già titolare di contratto ovvero di incarico a tempo indeterminato» presso enti del servizio sanitario nazionale. La norma consente l’inquadramento di personale e trasforma rapporti di lavoro a tempo determinato oppure rapporti di lavoro non di ruolo a tempo indeterminato in rapporti di lavoro di ruolo a tempo indeterminato. Ne discende la violazione dell’art. 97 Cost., perché la disposizione censurata non prevede il pubblico concorso per l’inquadramento, e dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in materia di ordinamento civile, perché la norma concerne l’istituto della mobilità, disciplinato dai contratti collettivi di lavoro.

Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura.

7. – Il terzo gruppo di censure concerne l’art. 15 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, ai sensi del quale «agli ex lavoratori socialmente utili (LSU) già utilizzati, attraverso piani di impresa e successive proroghe, in forma continuativa, nelle ASL e negli enti del SSR da almeno cinque anni alla data di entrata in vigore della presente legge nei servizi di riabilitazione, tossicodipendenze, assistenza domiciliare integrata (ADI) e prevenzione e altri servizi, si applica il processo di stabilizzazione previsto dall’articolo 30 della L.R. n. 10/2007 e dalla L.R. n. 40/2007 nei limiti dei posti vacanti della dotazione organica, i cui oneri già gravano sul bilancio di ciascuna azienda ovvero nell’ambito di una revisione della consistenza della dotazione stessa».

7.1. – Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, la disposizione violerebbe gli artt. 3, 51 e 97 Cost., in quanto ricomprenderebbe tra i suoi destinatari anche personale titolare di rapporto di lavoro non suscettibile di stabilizzazione alla luce della normativa statale di principio. La disposizione lederebbe altresì l’art. 81 Cost., in quanto, consentendo la stabilizzazione anche in assenza di posti vacanti, determinerebbe maggiori oneri non coperti, e l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto non offrirebbe idonee garanzie circa il rispetto dell’art. 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009, principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica.

7.2. – La questione è fondata.

La disposizione prevede la stabilizzazione di personale alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni senza fornire indicazioni circa la sussistenza dei requisiti per poter ammettere deroghe al principio del concorso pubblico, vale a dire la peculiarità delle funzioni che il personale svolge (sentenze n. 267 e n. 195 del 2010 e n. 293 del 2009) o specifiche necessità funzionali dell’amministrazione (da ultimo, sentenza n. 67 del 2011 e n. 195 del 2010), con conseguente violazione degli artt. 3, 51 e 97 Cost.

La norma, inoltre, dispone una stabilizzazione di personale che richiede una revisione della dotazione organica, in tal modo violando i limiti di spesa fissati per il personale sanitario dall’articolo 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009, con conseguente violazione dei principi fondamentali stabiliti in materia di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.

Parimenti violato è l’art. 81 Cost. L’applicazione alle Regioni dell’obbligo di copertura finanziaria delle disposizioni legislative è stata ribadita più volte da questa Corte (sentenze n. 100 del 2010 e n. 386 e n. 213 del 2008) e ha trovato ulteriore conferma nell’art. 19, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica). La sola formula «nei limiti dei posti vacanti della dotazione organica, i cui oneri già gravano sul bilancio di ciascuna azienda ovvero nell’ambito di una revisione della consistenza della dotazione stessa», usata a chiusura della disposizione impugnata, non indica una copertura delle nuove spese derivanti dalla prevista stabilizzazione tale da essere «credibile, sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale, in equilibrato rapporto con la spesa che si intende effettuare in esercizi futuri» (sentenze n. 100 del 2010 e n. 213 del 2008).

8. – Il quarto gruppo di censure riguarda gli artt. 16, commi 1 e 2, 19, comma 1, 22, comma 1, e 24, commi 1 e 3, della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010.

In particolare, l’art. 16, comma 1, prevede che «Nel rispetto delle norme di legge relative alla spesa per il personale di cui all’articolo 2, comma 71, della L. 191/2009 e fermo restando quanto stabilito dall’articolo 24 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni), nelle procedure concorsuali, le ASL, le aziende ospedaliero universitarie (AOU) e gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) pubblici del SSR coprono i posti disponibili nella dotazione organica attraverso concorsi pubblici, con riserva non superiore al 50 per cento a favore del personale titolare di rapporto di lavoro a tempo determinato e in servizio presso le medesime aziende e istituti che, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbia maturato un’anzianità di servizio di almeno tre anni, anche non continuativi, negli ultimi cinque anni». Tale previsione, in base al comma 2, si applica anche al personale titolare di rapporto di lavoro a tempo determinato instaurato dalle ASL, dalle AOU e dagli IRCCS pubblici per lo svolgimento dei progetti finalizzati.

L’art. 19 stabilisce che «nel rispetto di quanto previsto dalla legge regionale 27 novembre 2009, n. 27 (Servizio sanitario regionale – Assunzioni e dotazioni organiche), al fine di dare completa applicazione alle finalità di cui all’articolo 4 (Criteri di assunzione di personale), comma 5, della legge regionale 30 dicembre 2005, n. 20 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2006 e bilancio pluriennale 2006-2008 della Regione Puglia), e di cui al terzultimo capoverso della Delib.G.R. 15 ottobre 2007, n. 1657 (Legge 27 dicembre 2006, n. 296 articolo 1, comma 565. Piano di stabilizzazione del personale precario in servizio presso le Aziende sanitarie e degli IRCCS pubblici in applicazione dell’articolo 30 della L.R. n. 10/2007. Criteri applicativi), i direttori generali delle Asl BA, BAT, AOU “Policlinico” di Bari, IRCCS “Giovanni Paolo II” di Bari e IRCCS. “S. De Bellis” di Castellana Grotte destinano una percentuale pari al 10 per cento dei posti vacanti nella categoria A della propria dotazione organica in favore del reclutamento dei lavoratori collocati in mobilità dalle strutture sanitarie private della Regione Puglia».

L’art. 22 prevede che le Asl, le Aou e gli Irccs del Ssr, attraverso gli uffici formazione, sono tenuti a predisporre entro il 30 novembre il piano aziendale formativo (Paf) annuale o pluriennale, da attuarsi nell’anno o negli anni successivi.

L’art. 24, infine, contiene norme in materia di nomina dei direttori generali delle Asl. In particolare, il comma 1 prevede l’istituzione di un elenco regionale dei candidati idonei alla nomina di direttore generale delle aziende e istituti del servizio sanitario della Regione Puglia. In base al comma 3, «la Giunta regionale disciplina, con apposito provvedimento, le modalità di emanazione degli avvisi pubblici finalizzati all’aggiornamento annuale dell’elenco di cui al comma 1, i criteri metodologici per la verifica del possesso dei requisiti previsti dall’articolo 3-bis, comma 4, del D.Lgs. 502/1992, come modificato dall’articolo 8 del D.Lgs. 254/2000, ai fini dell’inserimento nel suddetto elenco dei candidati idonei, sulla base dei titoli posseduti».

8.1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri censura queste disposizioni in quanto esse violerebbero gli artt. 117 e 118 Cost. (sotto il profilo del principio di leale collaborazione a cui si ispirano i rapporti tra servizio sanitario nazionale e università) e l’art. 33 Cost. (sotto il profilo dell’autonomia universitaria), in quanto, riferendosi anche al personale delle aziende ospedaliero-universitarie, «priverebbero l’università della facoltà di procedere alla individuazione della quota di personale di eventuale propria competenza, obliterando l’atto aziendale e/o i protocolli d’intesa tra regione ed università, di cui all’art. 3, comma 2, del decreto legislativo n. 517 del 1999, o una forma d’intesa» con il rettore.

L’art. 24, commi 1 e 3, contrasterebbe anche con l’art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 517 del 1999 – secondo cui il direttore generale delle aziende ospedaliero-universitarie è nominato dalla Regione d’intesa con il rettore – perché «gli idonei presenti nell’elenco sono quelli scelti dalla regione, così restringendosi la scelta del rettore, poiché nell’individuazione della rosa di candidati non è prevista alcuna forma di collaborazione con l’università».

8.2. – La questione è fondata.

A prescindere da qualsiasi valutazione sulla legittimità costituzionale della riserva di posti contemplata dagli artt. 16, commi 1 e 2, e 19, comma 1, della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 (non oggetto di impugnazione), le disposizioni censurate si riferiscono anche al personale delle aziende ospedaliero-universitarie, privando così le università della facoltà di procedere alla individuazione della quota di personale di eventuale propria competenza, secondo quanto previsto dall’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 517 del 1999. Ne discende la violazione dell’autonomia universitaria (art. 33 Cost.), nella parte in cui le norme impugnate non escludono il personale delle aziende ospedaliero-universitarie o, comunque, non prevedono un rinvio a protocolli di intesa tra università ed enti ospedalieri, né alcuna forma d’intesa con il rettore (sentenza n. 233 del 2006).

Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura.

9. – Il quinto gruppo di censure si riferisce agli artt. 16, comma 3, 17, 18, 19, comma 8, e 20 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010. Tali articoli prevedono misure di stabilizzazione del personale sanitario, da realizzare tramite l’estensione dell’ambito di applicazione di procedure già disposte da norme regionali a favore di determinate categorie di personale: servizio di ADI, riabilitazione e integrazione scolastica (art. 16, comma 3); personale sanitario in genere (art. 18); dirigenti medici «che svolgono attività nei servizi di medicina e chirurgia d’accettazione e d’urgenza» (art. 19); personale dell’Agenzia regionale sanitaria e di progetti di piano (art. 20). Nel caso del personale del «Servizio emergenza territoriale 118», invece, la stabilizzazione è prevista senza il richiamo a precedenti disposizioni regionali (art. 17).

9.1. – Il ricorrente censura queste norme, innanzitutto, per violazione degli artt. 3, 51 e 97 Cost., in quanto esse, ampliando i destinatari e prorogando gli effetti di interventi di stabilizzazione già previsti o introducendone di nuovi, lederebbero i principi del pubblico concorso e della imparzialità dell’azione amministrativa.

Le norme impugnate lederebbero anche l’art. 117, terzo comma, Cost., sotto un duplice profilo: in primo luogo, in relazione ai principi fondamentali in materia di tutela della salute stabiliti dall’art. 15 del d.lgs. n. 502 del 1992, in quanto le misure di stabilizzazione previste, compiute in assenza di procedure di selezione, contrasterebbero con la necessità che alla dirigenza sanitaria si acceda per concorso pubblico per titoli ed esami; in secondo luogo, in relazione ai principi fondamentali in materia di coordinamento di finanza pubblica di cui all’art. 17, commi 10, 11, 12 e 13, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito in legge 3 agosto 2009, n. 102, in quanto tali disposizioni statali – richiamate anche dall’art. 2, comma 74, della legge n. 191 del 2009 – prevedono «nuove modalità di valorizzazione dell’esperienza professionale acquisita, attraverso l’espletamento di concorsi pubblici con parziale riserva dei posti», per il solo personale non dirigenziale.

9.2. – La questione è fondata.

Le disposizioni impugnate prevedono misure di stabilizzazione del personale sanitario che abbia prestato servizio anche non continuativo con rapporto convenzionale e/o con incarico a tempo determinato, in assenza di pubblico concorso. Ciò si pone in contrasto, innanzitutto, con l’art. 117, terzo comma, Cost., con riferimento alla materia del coordinamento della finanza pubblica, dal momento che le norme censurate ampliano «il novero dei potenziali interessati alla stabilizzazione così come definito» dalla normativa statale (sentenza n. 179 del 2010).

Inoltre, le previsioni in materia di stabilizzazione del personale sanitario dettate dalle norme impugnate non contemplano alcuna procedura selettiva, senza che vi siano peculiarità delle funzioni che il personale svolge o specifiche necessità funzionali dell’amministrazione, con conseguente violazione del principio del pubblico concorso di cui agli artt. 3, 51 e 97 Cost.

Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura.

10. – Il sesto gruppo di censure si riferisce all’art. 21, commi 1, 4, 5 e 6, della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, riguardante il personale sanitario degli istituti penitenziari. Il comma 1 autorizza le ASL, nei pubblici concorsi da bandire per la copertura dei posti vacanti nei servizi o unità operative multiprofessionali di cui alla deliberazione della Giunta reg. 27 ottobre 2009, n. 2020 (D.P.C.M. 1° aprile 2008 - Indicazioni in ordine all’individuazione di specifici modelli organizzativi differenziati con riferimento alla tipologia e consistenza degli istituti di pena), «a prevedere, ai sensi della normativa vigente, una riserva di posti per consentire l’accesso nei ruoli aziendali del personale sanitario non medico le cui convenzioni sono state prorogate al 30 giugno 2010». Il successivo comma 4 stabilisce che «la spesa inerente l’inquadramento del personale di cui ai commi precedenti non rientra nei limiti prescritti dall’articolo 1, comma 565, lettera a), della L. 296/2006, trattandosi di trasferimento successivo di funzioni i cui oneri sono assicurati con le risorse finanziarie di cui all’articolo 6» del d.P.C.m. 1° aprile 2008 (Modalità e criteri per il trasferimento al servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria). Il comma 5, poi, prevede che «il personale medico titolare di incarico provvisorio di cui all’articolo 50 della legge 9 ottobre 1970, n. 740 (Ordinamento delle categorie di personale sanitario addetto agli istituti di prevenzione e pena non appartenenti ai ruoli organici dell’Amministrazione penitenziaria), è equiparato al personale medico titolare di incarico definitivo di cui all’articolo 3, comma 4, del D.P.C.M. 1° aprile 2008. Tale personale è collocato in apposito elenco nominativo a esaurimento istituito presso l’ASL di competenza. Nei confronti del personale di cui al presente comma si applica lo stesso trattamento giuridico ed economico dei medici con incarico definitivo, ivi compresi i trattamenti contributivi e previdenziali». Il comma 6, infine, dispone che «i contratti di lavoro dei medici del servizio integrativo di assistenza sanitaria e dei medici specialisti di cui agli articoli 51 e 52 della l. n. 740 del 1970, come rispettivamente modificati dagli articoli 4 e 5 della legge 15 gennaio 1991, n. 26, sono disciplinati dagli accordi integrativi regionali per la medicina generale e per la specialistica ambulatoriale, da approvare a seguito della sottoscrizione degli accordi collettivi nazionali stipulati in data 27 maggio 2009, in attesa della specifica trattativa nazionale dedicata alla medicina penitenziaria».

10.1. – Secondo il ricorrente, l’art. 21, comma 1, della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 violerebbe l’art. 97, Cost., in quanto non stabilisce la misura percentuale della riserva, né ne delimita in maniera rigorosa l’area, ponendo così ostacoli per l’accesso all’impiego da parte di chi vi abbia interesse. Il comma 4 del medesimo art. 21

violerebbe l’art. 81 Cost., in quanto non terrebbe conto del fatto che «la spesa sostenuta per detto personale è inferiore a quella conseguente all’inquadramento in considerazione del differente trattamento economico spettante alle due categorie di personale», in tal modo determinando oneri finanziari non coperti. Infine, i successivi commi 5 e 6 lederebbero gli art. 117, secondo comma, lettera l), e 81 Cost., in quanto violerebbero l’art. 4, comma 3 (recte art. 3, comma 4), del d.P.C.m. 1° aprile 2008, in base al quale il personale in questione resta assoggettato, anche a seguito del trasferimento alle aziende sanitarie, alla disciplina prevista dalla legge n. 740 del 1970 fino alla scadenza del relativo rapporto che, se a tempo determinato (come nel caso in esame) e con scadenza anteriore al 31 marzo 2009, è prorogato solo per la durata di dodici mesi, invadendo così la materia dell’ordinamento civile e determinando oneri non coperti dalle risorse di cui al citato d.P.C.m. 1° aprile 2008.

10.2. – Le questioni sono fondate.

Le disposizioni impugnate riguardano il personale sanitario degli istituti penitenziari, prevedendo, da un lato, lo svolgimento di concorsi con riserva di posti non rigorosamente delimitata, e, dall’altro, l’equiparazione del personale medico titolare di incarico provvisorio a quello del personale medico titolare di incarico definitivo.

Il comma 1 dell’art. 21 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 indica genericamente una riserva di posti, senza che essa sia «delimitata in modo rigoroso», con conseguente violazione dell’art. 97 Cost. (sentenza n. 100 del 2010).

Il comma 4 non indica in alcun modo la copertura finanziaria per l’assunzione del personale considerato, con conseguente violazione dell’art. 81 Cost. (sentenza n. 100 del 2010).

Il comma 5, prevedendo una equiparazione tra il personale medico titolare di incarico provvisorio e quello titolare di incarico definitivo, anche a fini previdenziali, dispone la trasformazione di rapporti provvisori in rapporti definitivi. Il comma 6 stabilisce una equiparazione tra medici del servizio integrativo di assistenza sanitaria e medici specialisti di cui agli artt. 51 e 52 della legge n. 740 del 1970, da un lato, e medici generali e per la specialistica ambulatoriale, dall’altro, con conseguente invasione dell’area della contrattazione collettiva. Le equiparazioni previste dalle norme impugnate nel disciplinare, anche a fini previdenziali, rapporti di lavoro di natura privatistica, violano l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in materia di ordinamento civile.

11. – Il settimo gruppo di censure riguarda l’art. 26 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, che modifica l’art. 17 (Norme in materia di spesa sanitaria) della legge regionale 12 gennaio 2005, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2005 e bilancio pluriennale 2005-2007 della Regione Puglia), sostituendone i commi 6, 7 e 8 e inserendo un comma 8-bis. Tali disposizioni prevedono l’incremento e l’integrazione del trattamento economico dei direttori generali, dei direttori sanitari e dei direttori amministrativi degli enti e istituti sanitari.

11.1. – Il ricorrente censura l’art. 26 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 per violazione dell’art. 81 Cost., in quanto esso potrebbe «dare luogo al riconoscimento di emolumenti superiori a quelli massimi previsti dalla [...] normativa statale, con conseguente disparità di trattamento rispetto alle altre regioni e maggiori oneri per la Regione Puglia».

11.2. – La questione è fondata.

La disposizione regionale, prevedendo l’incremento e l’integrazione del trattamento economico dei direttori generali, dei direttori sanitari e dei direttori amministrativi degli enti e istituti sanitari, comporta una maggiore spesa priva di copertura finanziaria, con conseguente violazione dell’art. 81 Cost. Questa Corte ha costantemente affermato che le leggi istitutive di nuove o maggiori spese debbono recare una «esplicita indicazione» del relativo mezzo di copertura (ex plurimis, sentenze n. 100 del 2010, n. 386 e n. 213 del 2008, n. 359 del 2007 e n. 9 del 1958) e che a tale obbligo non sfuggono le norme regionali (ex plurimis, sentenze n. 100 del 2010, n. 386 e n. 213 del 2008 e n. 16 del 1991).

La norma regionale viola anche il principio di riduzione dei trattamenti economici, ricavabile dall’art. 61, comma 14, del decreto-legge 12 luglio 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133, in base al quale «A decorrere dalla data di conferimento o di rinnovo degli incarichi i trattamenti economici complessivi spettanti ai direttori generali, ai direttori sanitari, ai direttori amministrativi, ed i compensi spettanti ai componenti dei collegi sindacali delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, delle aziende ospedaliero universitarie, degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e degli istituti zooprofilattici sono rideterminati con una riduzione del 20 per cento rispetto all’ammontare risultante alla data del 30 giugno 2008».

12. – L’ottavo e ultimo gruppo di censure si riferisce all’art. 30 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, che sostituisce integralmente l’art. 25 della legge della Regione Puglia 3 agosto 2007, n. 25 (Assestamento e seconda variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2007), riguardante l’utilizzo del personale di imprese appaltatrici e società strumentali. Si prevede, in particolare, che la Regione, gli enti, le aziende e le società strumentali della Regione Puglia debbano prevedere nei bandi di gara, negli avvisi e, in ogni caso, nelle condizioni di contratto per l’affidamento di servizi «l’assunzione a tempo indeterminato del personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria dell’appalto nonché la garanzia delle condizioni economiche e contrattuali già in essere, ove più favorevoli» (comma 1 dell’art. 25 cit.). Le norme previste dall’art. 25 della legge della Regione Puglia n. 25 del 2007, come modificato dall’art. 30 della legge reg. Puglia n. 4 del 2010, «si applicano in misura proporzionale alla quantità di servizi appaltati (comma 2 dell’art. 25 cit.).

In base al successivo comma 3, «i vincoli di cui ai commi 1 e 2, a integrazione di quanto previsto dalla Delib.G.R. 15 dicembre 2009, n. 2477 (Modifiche e integrazioni alla Delib.G.R. 5 maggio 2009, n. 745 – Criteri e procedure per l’attivazione dell’istituto dell’in house providing - Linee guida per la costituzione, attivazione e gestione delle società strumentali alle attività delle aziende sanitarie ed enti pubblici del servizio sanitario regionale di Puglia), devono comprendere anche le attività che costituiscono compito diretto di tutela della salute, comprese le attività di supporto strumentale delle imprese appaltatrici». Quanto previsto dal comma 1, inoltre, vale «anche nel caso di affidamento dei servizi in favore di società strumentali costituite dalla Regione, dagli enti o dalle aziende della Regione Puglia e tra società strumentali della Regione, degli enti o delle aziende della Regione Puglia, nei limiti del fabbisogno di personale da adibire effettivamente allo svolgimento dei servizi affidati» (comma 4). Il comma 5 esclude dall’ambito di applicazione dell’articolo 25 della legge della Regione Puglia n. 25 del 2007 i dirigenti, mentre vi include i «soci di cooperative di lavoro che non abbiano funzioni direttive a condizione che abbiano espressamente rinunciato o ceduto le quote di partecipazione alla cooperativa all’atto dell’assunzione presso la nuova impresa; in ogni caso, l’assunzione dei soci di cui al presente comma avviene solo dopo l’assunzione del personale dipendente della cooperativa». Il comma 6, invece, prevede che «il servizio svolto dai volontari delle associazioni di volontariato convenzionate con le aziende sanitarie per il servizio di emergenza urgenza sanitaria 118 deve essere valutato nell’ambito delle selezioni di evidenza pubblica per il reclutamento di personale per il servizio di emergenza urgenza 118».

12.1. – Ad avviso del ricorrente, l’art. 30 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 violerebbe l’art. 97 Cost., in quanto consentirebbe un illegittimo inquadramento, all’interno di società, aziende o organismi della Regione, di soggetti provenienti da imprese o società cooperative, in contrasto con il principio del concorso pubblico e con la normativa statale – art. 18 del decreto-legge n. 112 del 2008 e art. 19 del decreto-legge n. 78 del 2009 – che impone «il rispetto di forme di selezione pubblica del personale anche alle società pubbliche affidatarie di servizi, nonché l’adeguamento, da parte di queste, alle misure di contenimento della spesa di personale fissate per le amministrazioni controllanti».

Dal tenore delle censure prospettate emerge l’intenzione, da parte del ricorrente, di impugnare non l’intero articolo 30 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, bensì unicamente i commi 1 e 4. Infatti, il Presidente del Consiglio dei ministri, per un verso, censura la modifica legislativa effettuata dalla disposizione impugnata, che avrebbe introdotto in termini generali una assunzione «a tempo indeterminato» del personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria dell’appalto (comma 1); per altro verso, contesta l’applicazione di tale meccanismo, che non prevedrebbe alcuna procedura selettiva, nel caso di «affidamento diretto di servizi in favore di società strumentali costituite dalla Regione, dagli enti o dalle aziende della Regione Puglia e tra società strumentali della Regione, degli enti o delle aziende della Regione Puglia» (comma 4). Il combinato disposto di tali previsioni determinerebbe, ad avviso del ricorrente, una violazione dell’art. 97 Cost., nonché dell’art. 18 del decreto- legge n. 112 del 2008.

12.2. – La questione è fondata, nei termini di seguito precisati.

La disposizione impugnata sostituisce l’art. 25 della legge della Regione Puglia n. 25 del 2007. Nella sua formulazione originaria, tale articolo disponeva che «Fatte salve le previsioni della contrattazione collettiva, ove più favorevoli, la Regione, gli enti, le aziende e le società strumentali della Regione devono prevedere nei bandi di gara, avvisi e, comunque, nelle condizioni di contratto per appalti di servizi l’utilizzo del personale già assunto dalla precedente impresa appaltatrice, nonché le condizioni economiche e contrattuali già in essere».

Nella precedente versione, quindi, l’art. 25 della legge della Regione Puglia n. 25 del 2007 applicava la «clausola sociale» (nota anche come clausola di «protezione» o di «salvaguardia» sociale, o anche come «clausola sociale di assorbimento»), un istituto che opera nella ipotesi di cessazione d’appalto e subentro di imprese o società appaltatrici e risponde all’esigenza di assicurare la continuità del servizio e dell’occupazione, nel caso di discontinuità dell’affidatario. Già contenuta nell’art. 26 del regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei contratti collettivi del lavoro con quelle del trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione), tale «clausola» non solo è stabilita dalla contrattazione collettiva ed è riconosciuta in sede giurisprudenziale, ma è anche prevista in specifiche disposizioni legislative statali: per esempio l’art. 63, comma 4, del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112 (Riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla legge 28 settembre 1998, n. 337), l’art. 29, comma 3, del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 recante «Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30», e, con riferimento ai contratti delle pubbliche amministrazioni, l’art. 69 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE).

La disposizione impugnata, al comma 1 dell’art. 25 cit., introduce uno strumento diverso dalla «clausola sociale», in quanto non si limita a prevedere il mantenimeno in servizio di personale già assunto, ma stabilisce in modo automatico e generalizzato l’«assunzione a tempo indeterminato» del personale già «utilizzato» dalla precedente impresa o società affidataria dell’appalto. Il comma 4 del medesimo articolo, poi, applica questo meccanismo automatico anche «nel caso di affidamento dei servizi in favore di società strumentali costituite dalla Regione, dagli enti o dalle aziende della Regione Puglia e tra società strumentali della Regione, degli enti o delle aziende della Regione Puglia».

In tal modo, le norme impugnate impongono alle nuove imprese o società affidatarie dell’appalto l’«assunzione a tempo indeterminato», anziché l’«utilizzo», del personale della precedente impresa o società affidataria, ed estendono quest’obbligo, senza prevedere alcuna procedura selettiva, anche alle società a partecipazione pubblica totale o di controllo. Ciò costituisce una violazione dell’art. 97 Cost. (sentenza n. 267 del 2010) e delle norme interposte dettate dall’art. 18 del decreto-legge n. 112 del 2008, come modificato dall’art. 19, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2009, in materia di reclutamento del personale delle società a partecipazione pubblica. Il comma 1 dell’art. 18 del decreto legge n. 112 del 2008, infatti, dispone che «le società che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell’art. 35 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165». Il comma 2 dell’art. 18 del decreto legge n. 112 del 2008 prevede che le altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo non di servizi pubblici locali – come nel caso delle attività di tutela della salute – «adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità».

L’art. 30 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, nel prevedere l’assunzione a tempo indeterminato anziché l’utilizzo del personale della precedente impresa o società affidataria dell’appalto, produce, come sostenuto dalla Avvocatura generale dello Stato, una violazione dell’art. 97 Cost., e delle richiamate norme interposte, sotto il profilo della «imparzialità dell’azione amministrativa e uniformità della stessa sul territorio nazionale», nonché sotto il profilo del buon andamento. Tale violazione si determina sia per l’assenza di criteri di trasparenza, pubblicità e imparzialità per il reclutamento di personale delle società a partecipazione pubblica totale o di controllo, sia perché il maggior onere derivante dall’obbligo posto all’affidatario di assumere «a tempo indeterminato» il personale già utilizzato si riflette – anche nel caso di imprese o società affidatarie dell’appalto interamente private – sui principi di legalità e di buon andamento della pubblica amministrazione affidante in termini di non conformità alle disposizioni sulla «clausola sociale», di minore apertura dei servizi alla concorrenza e di maggiori costi, considerato che l’obbligo eccede i limiti temporali dell’affidamento del servizio.

Ferma rimanendo l’applicazione, alle ipotesi previste dalle disposizioni impugnate, della «clausola sociale» in senso proprio, nei termini prescritti dalle norme e dai contratti collettivi vigenti, e in permanenza dell’affidamento del servizio, va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 30 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, quanto al comma 1 del sostituito art. 25 della legge Regione Puglia n. 25 del 2007, limitatamente alle parole «a tempo indeterminato», e quanto al comma 4 del medesimo art. 25, nella parte in cui prevede la stabilizzazione di personale della precedente impresa o società affidataria dell’appalto, senza alcuna forma selettiva.



per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 2, quanto ai commi 1, 2 e 4 del sostituito art. 4 della legge della Regione Puglia 23 dicembre 2008, n. 45 (Norme in materia sanitaria), 13, 15, 16, comma 3, 17, 18, 19, comma 8, 20, 21, commi 1, 4, 5 e 6, e 26 della legge della Regione Puglia 25 febbraio 2010, n. 4 (Norme urgenti in materia di sanità e servizi sociali);

dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 16, commi 1 e 2, 19, comma 1 , 22, comma 1, 24, commi 1 e 3, della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, nella parte in cui non escludono il personale delle aziende ospedaliero-universitarie o, comunque, non prevedono un rinvio a protocolli di intesa tra università ed enti ospedalieri, né alcuna forma d’intesa con il rettore;

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 30 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, quanto al comma 1 del sostituito art. 25 della legge della Regione Puglia 3 agosto 2007, n. 25 (Assestamento e seconda variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2007), limitatamente alle parole «a tempo indeterminato», e quanto al comma 4 del medesimo art. 25, nella parte in cui prevede la stabilizzazione di personale della precedente impresa o società affidataria dell’appalto, senza alcuna forma selettiva;

dichiara cessata la materia del contendere con riferimento al giudizio concernente l’art. 19, comma 6, della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, quanto ai commi 1, 2 e 4 del sostituito art. 4 della legge della Regione Puglia n. 45 del 2008, 13, 15, 16, commi 1, 2 e 3, 17, 18, 19, commi 1, 6 e 8, 20, 21, commi 1, 4, 5 e 6, 22, comma 1, 24, commi 1 e 3, 26 e 30 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli artt. 24 e 31 della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 30, quanto ai commi 2, 3, 5 e 6 del sostituito art. 25 della legge della Regione Puglia n. 25 del 2007, della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli art. 97 Cost., con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 2011.

F.to:

Ugo DE SIERVO, Presidente

Sabino CASSESE, Redattore

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 3 marzo 2011.

Il Cancelliere

F.to: FRUSCELLA