Ordinanza 288/2011

Ordinanza 288/2011
Giudizio

Presidente QUARANTA - Redattore GALLO

Camera di Consiglio del 05/10/2011 Decisione del 18/10/2011
Deposito del 04/11/2011 Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate: Art. 36 bis, c. 3°, primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29/09/1973, n. 600, nel testo risultante dall'art. 13 del decreto legislativo 09/07/1997, n. 241, e successive modificazioni.
Massime:
Atti decisi: ord. 70/2011


ORDINANZA N. 288

ANNO 2011



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA,



ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del comma 3, primo periodo, dell’art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), nel testo risultante dall’art. 13 del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241 (Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni), e successive modificazioni, promosso con ordinanza n. 4362 del 2011, depositata il 23 febbraio 2011, dalla Corte di cassazione nel giudizio vertente tra il Ministero dell’economia e delle finanze, l’Agenzia delle entrate e Stefano Micucci, iscritta al n. 70 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell’anno 2011.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 5 ottobre 2011 il Giudice relatore Franco Gallo.



Ritenuto che, con ordinanza n. 4362 del 2011, depositata il 23 febbraio 2011, la Corte di cassazione – nel corso di un giudizio avente ad oggetto l’impugnazione proposta dall’amministrazione finanziaria avverso la sentenza con la quale il giudice tributario di secondo grado, in accoglimento dell’appello proposto dal contribuente e motivando in base alla mancata comunicazione al sostituito d’imposta dell’esito del controllo, aveva annullato una cartella di pagamento emessa in sede di liquidazione delle imposte in base alla dichiarazione – ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità dell’art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi) [rectius: del comma 3, primo periodo, del citato art. 36-bis, nel testo risultante dall’art. 13 del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241 (Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni) e successive modificazioni], «nella parte in cui pone alternativamente l’obbligo di comunicazione [dell’esito della liquidazione] nei confronti del sostituto d’imposta e del sostituito»;

che, secondo quanto riferito in punto di fatto dal giudice rimettente: a) il contribuente aveva impugnato una cartella di pagamento relativa all’IRPEF dovuta a titolo di tassazione separata per l’anno 1999, adducendo sia la mancata comunicazione nei suoi confronti dell’esito del controllo automatico, sia la decadenza dell’amministrazione finanziaria dal potere di controllo, sia, infine, la carenza di motivazione dell’atto; b) il giudice tributario di primo grado aveva rigettato il ricorso, affermando, tra l’altro, che non era necessaria detta comunicazione; c) il giudice di appello aveva accolto l’impugnazione del contribuente, perché aveva interpretato l’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 nel senso che la comunicazione è dovuta anche nei confronti del contribuente, al fine di porre quest’ultimo in grado di conoscere il contenuto e le ragioni della pretesa tributaria, mentre, nella specie, la comunicazione era stata effettuata al solo sostituto d’imposta; d) l’amministrazione finanziaria aveva proposto ricorso per cassazione, deducendo che il menzionato art. 36-bis prevede l’obbligo di comunicazione alternativamente nei confronti del contribuente «o» del sostituto d’imposta e che pertanto, nella specie, detto obbligo era stato soddisfatto con la comunicazione a quest’ultimo;

che, secondo quanto osservato dal medesimo rimettente in punto di non manifesta infondatezza della questione: a) l’interpretazione dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 da cui muove il giudice di secondo grado «non è consentita dal tenore letterale della disposizione, che, ricorrendo alla disgiuntiva “o”, indica chiaramente come l’obbligo di comunicazione possa essere assolto in maniera soggettivamente alternativa» nei confronti del sostituito o del sostituto d’imposta; b), con riferimento all’art. 3 Cost., è «oltremodo irragionevole consentire – una volta affermato l’obbligo di comunicazione preventiva dell’esito del controllo […] – che la comunicazione stessa e la ricezione della cartella di pagamento riguardino soggetti diversi» e, in particolare, che il sostituito d’imposta, «direttamente interessato a conoscere le ragioni della pretesa creditoria», non venga «posto preventivamente in grado di ovviare a eventuali errori nella liquidazione […] o di comunicare elementi utili alla corretta valutazione dei dati resi nella dichiarazione»;

che per il giudice a quo, infine, il «carattere decisivo e di assoluta rilevanza» della questione «appare evidente»;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la sollevata questione sia dichiarata inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza e comunque manifestamente infondata;

che l’inammissibilità è eccepita sotto due profili: in primo luogo perché non vi sarebbe motivazione sull’applicabilità della denunciata disposizione al caso in esame; in secondo luogo, perché non sarebbe motivato l’implicito assunto che, sempre nel caso concreto, la comunicazione dell’esito della liquidazione è dovuta a pena di nullità;

che, sotto il primo profilo, la difesa dello Stato osserva che la suddetta comunicazione è prevista dalla legge al dichiarato fine di «evitare la reiterazione di errori» e di «consentire la regolarizzazione degli aspetti formali» (finalità specificata dall’art. 13 del d.lgs. n. 241 del 1997, in applicazione del criterio stabilito dall’art. 3, comma 134, lettera d, numero 2, della legge di delegazione del 23 dicembre 1996, n. 662, recante «Misure di razionalizzazione della finanza pubblica»);

che, poiché tale finalità non può essere perseguita nell’ipotesi di tassazione separata, quale quella di specie, in cui non v’è pericolo di reiterazione di errori né vi sono errori formali da correggere, occorre ritenere – prosegue l’Avvocatura dello Stato – che in detta ipotesi non sussiste alcun obbligo di comunicazione e che è irrilevante, pertanto, il fatto che l’amministrazione finanziaria abbia deciso, in base ad una sua discrezionale ed incensurabile valutazione, di inviare ugualmente al sostituto d’imposta la non dovuta comunicazione;

che comunque, quale secondo profilo di inammissibilità, il Presidente del Consiglio dei ministri deduce che, in relazione alla normativa applicabile ratione temporis (cioè nel 2003, anno in cui venne emessa la cartella di pagamento impugnata dal contribuente), la comunicazione dell’esito della liquidazione della tassazione separata non era prevista a pena di nullità, perché nella specie, non essendo necessari chiarimenti né documenti, non ricorrevano quelle «incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione» che – ai sensi del comma 5 dell’art. 6 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente) – impongono all’amministrazione finanziaria, a pena di nullità e prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalle liquidazioni di tributi risultanti da dichiarazioni, di invitare il contribuente a fornire i chiarimenti necessari od a produrre i documenti mancanti;

che l’infondatezza della questione è affermata dall’Avvocatura generale sul doppio rilievo che: a) la previsione di una comunicazione da inviare in via alternativa al sostituto od al sostituito d’imposta è giustificata dalla necessità di rendere edotto dei risultati della verifica il soggetto la cui dichiarazione è stata oggetto di controllo (nella specie, la dichiarazione proveniva dal sostituto d’imposta); b) la disposizione denunciata non può ritenersi viziata da irragionevolezza per il solo fatto che la scelta di imporre all’amministrazione finanziaria l’obbligo di inviare la comunicazione ad entrambi i soggetti (sostituto d’imposta e sostituito) sarebbe stata «forse […] piú opportuna».

Considerato che la Corte di cassazione dubita – in riferimento al principio di ragionevolezza espresso dall’art. 3 della Costituzione – della legittimità dell’art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi) [rectius: del comma 3, primo periodo, del citato art. 36-bis, nel testo risultante dall’art. 13 del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241 (Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni), e successive modificazioni], nella parte in cui dispone che, «Quando dai controlli automatici eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione […], l’esito della liquidazione è comunicato al contribuente o al sostituto d’imposta per evitare la reiterazione di errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali», e cioè nella parte in cui prevede l’obbligo per l’amministrazione finanziaria di comunicare alternativamente al sostituto d’imposta od al sostituito l’esito della liquidazione;

che, per il rimettente, tale disposizione si pone in contrasto con l’evocato parametro, perché è «oltremodo irragionevole consentire – una volta affermato l’obbligo di comunicazione preventiva dell’esito del controllo […] – che la comunicazione stessa e la ricezione della cartella di pagamento riguardino soggetti diversi» e, in particolare, che il sostituito d’imposta, «direttamente interessato a conoscere le ragioni della pretesa creditoria», non venga «posto preventivamente in grado di ovviare a eventuali errori nella liquidazione […] o di comunicare elementi utili alla corretta valutazione dei dati resi nella dichiarazione»;

che la questione – come eccepito dall’Avvocatura generale dello Stato – è manifestamente inammissibile per omessa motivazione sulla rilevanza;

che, infatti, il giudice a quo non descrive la fattispecie oggetto di giudizio e non indica le conseguenze che deriverebbero, nel caso sottoposto al suo esame, dalla mancata comunicazione al contribuente dell’esito della liquidazione effettuata mediante controlli automatici;

che, in particolare, il rimettente non precisa se, nella specie, sia emerso da detti controlli un risultato diverso rispetto a quello indicato dal sostituto d’imposta nella dichiarazione relativa alle ritenute effettuate (situazione, questa, che la legge indica come uno dei presupposti dell’obbligo di inviare la comunicazione) oppure se sia stato riscontrato solo l’omesso versamento di dette ritenute;

che, inoltre, il giudice a quo non chiarisce, in punto di fatto, se l’effettuazione della comunicazione (anche) al contribuente avrebbe potuto soddisfare le finalità previste dal censurato art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 di «evitare la reiterazione di errori e […] consentire la regolarizzazione degli aspetti formali»;

che il giudice a quo non fa cenno alcuno, altresí, alle ragioni per le quali il mancato invio della comunicazione alternativamente al contribuente od al sostituto d’imposta darebbe luogo non ad una mera irregolarità, ma all’invalidità della cartella di pagamento, e cioè ad un vizio tale da rendere tale omissione rilevante per la decisione del giudizio principale;

che, al riguardo, il medesimo giudice non specifica neppure se, nella specie, ricorrano le condizioni per applicare il comma 5 dell’art. 6 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), secondo cui, «qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione», l’amministrazione finanziaria, a pena di nullità e prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalle liquidazioni di tributi risultanti da dichiarazioni, deve invitare il contribuente a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti;

che tali lacune nella descrizione della fattispecie, unitamente alla mancata individuazione delle ragioni di invalidità della cartella emessa ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, nel caso in cui questa non sia preceduta dalla comunicazione dell’esito della liquidazione, rendono non motivata l’affermazione del rimettente circa l’evidenza del «carattere decisivo e di assoluta rilevanza» della sollevata questione.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.



per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del comma 3, primo periodo, dell’art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), nel testo risultante dall’art. 13 del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241 (Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni), e successive modificazioni, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dalla Corte di cassazione con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 ottobre 2011.

F.to:

Alfonso QUARANTA, Presidente

Franco GALLO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 4 novembre 2011.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: MELATTI