Ordinanza 298/2011

Ordinanza 298/2011
Giudizio

Presidente QUARANTA - Redattore GROSSI

Udienza Pubblica del 18/10/2011 Decisione del 07/11/2011
Deposito del 09/11/2011 Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate: Artt. 2, c. 3°, e 3, c. 2°, della legge della Regione Puglia 26/05/2009, n. 12.
Massime:
Atti decisi: ord. 65/2011


ORDINANZA N. 298

ANNO 2011



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA,



ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 2, comma 3, e 3, comma 2, della legge della Regione Puglia 26 maggio 2009, n. 12 (Misure in tema di borse di studio a sostegno della qualificazione delle laureate e dei laureati pugliesi), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia nel procedimento vertente tra Dirextra Alta Formazione s.r.l. e la Regione Puglia con ordinanza del 16 luglio 2010, iscritta al n. 65 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell’anno 2011.

Visti gli atti di costituzione della Dirextra Alta Formazione s.r.l. e della Regione Puglia;

udito nell’udienza pubblica del 18 ottobre 2011 il Giudice relatore Paolo Grossi;

uditi gli avvocati Paolo Borioni per la Dirextra Alta Formazione s.r.l. e Sabina Ornella Di Lecce per la Regione Puglia.



Ritenuto che – nel corso di un giudizio proposto da una società di alta formazione, al fine di ottenere l’annullamento dell’atto di approvazione e dell’avviso pubblico relativo alla presentazione di progetti per attività cofinanziate nell’ambito del POR Puglia per il fondo sociale europeo 2007/2013 (Obiettivo 1 Convergenza), nonché di tutti gli atti connessi, adottati dalla Regione in merito agli interventi relativi all’assegnazione di borse di studio post lauream per la specializzazione in Italia e all’estero per giovani disoccupati e inoccupati – il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, con ordinanza emessa il 16 luglio 2010, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 41, 91 [recte: 97] e 117, primo comma e secondo comma, lettere e) ed l), della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 3, della legge della Regione Puglia 26 maggio 2009, n. 12 (Misure in tema di borse di studio a sostegno della qualificazione delle laureate e dei laureati pugliesi), e, «in subordine», in riferimento agli articoli 41 e 117, primo comma e secondo comma, lettere e) ed l), Cost., questione di legittimità costituzionale dell’articolo 3, comma 2, della stessa legge regionale;

che la prima norma prevede, in particolare, che «I master scelti dagli interessati devono essere erogati da istituti di formazione avanzata, sia privati sia pubblici, che abbiano svolto, continuativamente, nei dieci anni solari precedenti all’emanazione dell’avviso pubblico relativo alla concessione delle borse di studio, attività documentabile di formazione post lauream. Per attività di formazione post lauream ci si riferisce ai soli corsi diretti esclusivamente a soggetti già in possesso di diploma di laurea, la cui durata non sia stata inferiore a 800 ore. […]»; e che la seconda norma dispone che «Nel caso in cui i master prescelti dagli interessati siano erogati da più istituti di formazione avanzata in Associazione temporanea d’impresa o in Associazione temporanea di scopo, i requisiti di cui all’articolo 2 devono essere posseduti da ciascun componente di dette associazioni»;

che – premesso che la società ricorrente contesta l’illegittimità della propria esclusione dalla selezione disposta per mancanza dei previsti requisiti, pur «potendo [essa] comunque vantare un numero complessivo di ore di lezione superiore (pari a 21.600 in cinque anni) a quello prescritto dalla lex specialis (8000 in dieci anni)» – il rimettente osserva, in punto di rilevanza, che il giudizio principale non può essere definito indipendentemente dalla soluzione della questione, «in concreto strumentale alla definizione delle censure mosse all’atto impugnato», «posto che le prescrizioni di gara oggetto di gravame e preclusive della partecipazione della ricorrente alla selezione de qua riproducono proprio il contenuto dell’art. 2, comma 3» denunciato;

che, innanzitutto, il rimettente fa proprie le eccezioni mosse dalla ricorrente, secondo cui tale previsione determinerebbe la violazione sia dell’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost., posto che in base alla «nozione comunitaria di concorrenza», «la regolamentazione della qualificazione e della selezione dei concorrenti, delle procedure di affidamento e dei criteri di aggiudicazione sarebbero riconducibili nell’ambito della materia “tutela della concorrenza”», sia dell’art. 117, primo comma, Cost., provocando «una limitazione all’elargizione di finanziamenti di tipo pubblico in favore soltanto di alcuni operatori economici, sulla base di requisiti abnormi o comunque sproporzionati»;

che il TAR ritiene che la norma si ponga altresì in contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., per violazione del principio di libera prestazione dei servizi, di cui all’art. 49 del Trattato CE, e dei princípi di adeguatezza e proporzionalità, di libera concorrenza e di non discriminazione, di cui all’art. 81 del Trattato medesimo (che il rimettente afferma essere sprovvisti di effetti diretti nel nostro ordinamento); nonché con gli artt. 3 e 97 Cost., determinando «un’irragionevole disparità di trattamento nella distribuzione di fondi pubblici sulla scorta di un requisito non giustificato dall’obiettivo perseguito dal legislatore o, comunque, sproporzionati rispetto alla ratio della disposizione, coincidente con la selezione di interlocutori affidabili e perseguibile attraverso una previsione meno restrittiva della concorrenza e proporzionata alla durata del master da erogarsi»; ed infine con l’art. 41 Cost., provocando «la preclusione dell’accesso alla selezione di operatori con un elevato livello di professionalità ove non maturato nei termini e nei modi indicati dalla norma» in esame;

che, infine – poiché il contrasto con l’art. 41 Cost. riguarderebbe anche l’art. 3, comma 2, della stessa legge regionale, che imporrebbe una «ulteriore restrizione» all’accesso al mercato di «imprese di neo-costituzione», «tradendo la ratio di un istituto di matrice comunitaria (appunto il raggruppamento di imprese) creato e concepito proprio allo scopo di consentire la partecipazione di operatori economici sprovvisti, da un punto di vista qualitativo o quantitativo», dei requisiti prescritti – il rimettente («in subordine» e ritenendola «rilevante ai fini della decisione della stessa controversia») ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2, della medesima legge regionale, in riferimento, «nei termini prospettati», oltre che all’art. 41 Cost., anche all’art. 117, primo comma e secondo comma, lettere e) ed l), Cost.;

che si è costituita in giudizio la società ricorrente nel giudizio a quo, che ha concluso per l’accoglimento della questione, rilevando (nel contesto di una memoria depositata nell’imminenza dell’udienza) che la legge in esame è stata promulgata solo dopo che il requisito, che originariamente (nei precedenti avvisi relativi all’assegnazione delle borse di studio de quibus, n. 5 del 2006 e n. 1 del 2008) era stato individuato in tre anni di pregresso svolgimento da parte dell’istituto di attività di formazione, era stato elevato a dieci anni dall’avviso n. 4 del 2008, che, per questa ragione, era stato oggetto di successivo annullamento ad opera del medesimo TAR Puglia, con sentenza n. 1105 del 2010;

che, nel merito, la parte – insistendo per l’accoglimento della sollevata questione (salvo in caso contrario il potere del giudice a quo di rimettere la medesima questione alla Corte di giustizia CE ai sensi dell’art. 234 del Trattato) – deduce la violazione, oltre che dei parametri evocati dal rimettente, anche degli artt. 24 e 113 Cost.;

che si è costituita altresì la Regione Puglia, chiedendo che la questione venga dichiarata infondata, osservando (in una successiva memoria) che – poiché le norme censurate prevedono azioni a sostegno della qualificazione di laureati attraverso l’erogazione diretta di borse di studio per la frequenza di master post lauream, dagli stessi prescelti ed erogati da una molteplicità di soggetti istituzionali accreditati e privati in possesso di determinati requisiti – l’oggetto di tale normativa non è individuabile nella fattispecie degli appalti di servizi, bensì in quella delle sovvenzioni, risultando pertanto inconferente il richiamo alle disposizioni comunitarie, che il rimettente interpone a sostegno della denunciata violazione dell’art. 117 Cost., con ciò escludendosi la violazione dei princípi comunitari di proporzionalità ed adeguatezza;

che la Regione (rilevato, altresì, come l’obiettivo perseguito dalle norme de quibus sia quello di permettere che i master siano erogati anche da istituti di formazione avanzata, sia pubblici che privati, non in possesso di formale accreditamento, ma la cui storia sia da sola sintomatica di un elevato livello di specializzazione) deduce la non fondatezza delle ulteriori censure riferite sia agli artt. 3 e 97 Cost., giacché è proprio l’evocato principio di ragionevolezza che impone che, in riferimento al caso concreto, la pubblica amministrazione utilizzi un provvedimento proporzionato alle finalità da conseguire; sia all’art. 41 Cost. in quanto la previsione che il requisito decennale sussista in capo a ciascuno dei componenti dell’associazione temporanea di imprese è giustificata dal fine di evitare che detta funzione di garanzia venga svilita da raggruppamenti nati esclusivamente per aggirare l’ostacolo rappresentato da tale statuizione.

Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 3, della legge della Regione Puglia 26 maggio 2009, n. 12 (Misure in tema di borse di studio a sostegno della qualificazione delle laureate e dei laureati pugliesi), e, «in subordine», dell’art. 3, comma 2, della stessa legge regionale;

che, secondo il rimettente, l’art. 2, comma 3 (che prevede che «I master scelti dagli interessati devono essere erogati da istituti di formazione avanzata, sia privati sia pubblici, che abbiano svolto, continuativamente, nei dieci anni solari precedenti all’emanazione dell’avviso pubblico relativo alla concessione delle borse di studio, attività documentabile di formazione post lauream. Per attività di formazione post lauream ci si riferisce ai soli corsi diretti esclusivamente a soggetti già in possesso di diploma di laurea, la cui durata non sia stata inferiore a 800 ore. […]»), si porrebbe in contrasto: a) con l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), della Costituzione, poiché, in base alla «nozione comunitaria di concorrenza», «la regolamentazione della qualificazione e della selezione dei concorrenti, delle procedure di affidamento e dei criteri di aggiudicazione sarebbero riconducibili nell’ambito della materia “tutela della concorrenza”»; b) con l’art. 117, primo comma, Cost. in quanto provocherebbe «una limitazione all’elargizione di finanziamenti di tipo pubblico in favore soltanto di alcuni operatori economici, sulla base di requisiti abnormi o comunque sproporzionati» e conseguentemente la violazione del principio di libera prestazione dei servizi, di cui all’art. 49 del Trattato CE, e dei princípi di adeguatezza e proporzionalità, di libera concorrenza e di non discriminazione, di cui all’art. 81 del Trattato medesimo; c) con gli artt. 3 e 97 Cost., giacché determinerebbe «un’irragionevole disparità di trattamento nella distribuzione di fondi pubblici sulla scorta di un requisito non giustificato dall’obiettivo perseguito dal legislatore o, comunque, sproporzionati rispetto alla ratio della disposizione, coincidente con la selezione di interlocutori affidabili e perseguibile attraverso una previsione meno restrittiva della concorrenza e proporzionata alla durata del master da erogarsi»; d) con l’art. 41 Cost., perché provocherebbe «la preclusione dell’accesso alla selezione di operatori con un elevato livello di professionalità ove non maturato nei termini e nei modi indicati dalla norma» in esame;

che, in via subordinata, il rimettente deduce che il successivo art. 3, comma 2 (per il quale «Nel caso in cui i master prescelti dagli interessati siano erogati da più istituti di formazione avanzata in Associazione temporanea d’impresa o in Associazione temporanea di scopo, i requisiti di cui all’articolo 2 devono essere posseduti da ciascun componente di dette associazioni») si porrebbe, «nei termini prospettati», in contrasto con l’art. 41 Cost. e con l’art. 117, primo comma e secondo comma, lettere e) ed l), Cost.;

che, preliminarmente – poiché, per costante orientamento di questa Corte, l’oggetto del giudizio di costituzionalità in via incidentale è limitato alle sole norme e parametri indicati, pur se implicitamente, nell’ordinanza di rimessione, non potendo essere presi in considerazione, oltre i limiti in questa fissati, ulteriori questioni o profili di costituzionalità dedotti dalle parti, tanto se siano stati eccepiti ma non fatti propri dal giudice a quo, quanto se siano diretti ad ampliare o modificare successivamente il contenuto delle stesse ordinanze (sentenze n. 184 e n. 42 del 2011; ordinanza n. 139 del 2011) – deve escludersi che gli ulteriori parametri e profili di costituzionalità evocati dalla società costituita possano formare oggetto di decisione;

che, quanto alla prima questione, riguardante l’art. 2, comma 3, della legge regionale pugliese n. 12 del 2009, va preliminarmente rilevato che il rimettente – dopo aver fatto proprie le argomentazioni svolte dalla parte privata a sostegno della richiesta di sollevare la relativa questione di legittimità costituzionale – ritiene che la norma si ponga in contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., e che «nella specie la violazione concerne il principio di libera prestazione dei servizi di cui all’art. 49 del Trattato CE nonché dei princípi di adeguatezza e proporzionalità, di libera concorrenza e di non discriminazione, di cui all’art. 81 del Trattato stesso»;

che, affermato ciò, al fine di sostenere la praticabilità della via del giudizio incidentale, il rimettente sostiene (senza tuttavia addurre alcuna altra argomentazione) che la «Corte ha peraltro sancito l’ammissibilità della questione di incostituzionalità di norme interne tutte le volte in cui si pongano in contrasto con norme comunitarie sprovviste di effetti diretti nell’ordinamento nazionale (come nel caso dei princípi del Trattato), riconoscendo all’art. 117 Cost. il ruolo di norma interposta»;

che, tuttavia, così motivando (anche a prescindere dalla palesemente erronea attribuzione al parametro costituzionale del carattere di norma interposta, che è riferibile, semmai, alla norma comunitaria sprovvista di effetto diretto), il rimettente, da un lato, deduce genericamente la violazione dei richiamati princípi del Trattato, senza minimamente spiegare in dettaglio gli specifici motivi per cui la disposizione de qua si porrebbe in contrasto con detti princípi, con la conseguenza che la censura risulta formulata in modo generico ed apodittico (sentenze n. 288 e n. 80 del 2010; ordinanza n. 31 del 2010);

che, dall’altro lato, il TAR si limita contestualmente ad assumere che tutti i princípi del Trattato (e quindi anche quelli citati) siano per loro natura non auto-applicativi; ma questa Corte ha ripetutamente sottolineato che – poiché nei giudizi di costituzionalità in via incidentale è possibile invocare la violazione del diritto comunitario solo nell’ipotesi in cui lo stesso non sia immediatamente applicabile – il rimettente deve espressamente indicare i motivi che osterebbero alla non applicazione del diritto interno in contrasto con il diritto dell’Unione europea, venendo altrimenti meno la sufficienza della motivazione in ordine alla rilevanza della questione (ex plurimis sentenze n. 288 e n. 227 del 2010, n. 125 del 2009 e n. 284 del 2007);

che, d’altronde, va ribadito che, nei casi in cui i giudici nazionali, chiamati ad interpretare il diritto comunitario, al fine di verificare la compatibilità delle norme interne, conservino dei dubbi rilevanti, va utilizzato il rinvio pregiudiziale prefigurato dall’art. 234 del Trattato CE quale fondamentale garanzia di uniformità di applicazione del diritto comunitario nell’insieme degli Stati membri (sentenza n. 284 del 2007); e che la questione di compatibilità comunitaria costituisce un prius logico e giuridico rispetto alla questione di costituzionalità, poiché investe la stessa applicabilità della norma censurata nel giudizio a quo e pertanto la rilevanza della questione (ordinanze n. 241 del 2010 e n. 100 del 2009);

che, infine, rispetto alla censura riguardante il successivo art. 3, comma 2, della legge regionale n. 12 del 2009, si appalesa anche un ulteriore profilo di carenza di motivazione sulla rilevanza, derivante dal fatto che il rimettente nulla dice in ordine alla applicabilità della disposizione denunciata per la soluzione del caso concreto dedotto in giudizio, riguardo al quale non è dato sapere se la società ricorrente abbia effettivamente erogato (o eroghi) master post lauream in forma di Associazione temporanea di imprese ovvero in Associazione temporanea di scopo e se il numero complessivo di ore di lezione effettuate nel pur ritenuto insufficiente arco di tempo quinquennale sia o meno riferibile esclusivamente alla attività formativa da essa svolta;

che, pertanto, entrambe le questioni sono manifestamente inammissibili.



per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 3, della legge della Regione Puglia 26 maggio 2009, n. 12 (Misure in tema di borse di studio a sostegno della qualificazione delle laureate e dei laureati pugliesi), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 41, 97 e 117, primo comma e secondo comma, lettere e) ed l), della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, con l’ordinanza indicata in epigrafe;

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 3, comma 2, della medesima legge regionale n. 12 del 2009, sollevata, in riferimento agli articoli 41 e 117, primo comma e secondo comma, lettere e) ed l), della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, con la medesima ordinanza.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 novembre 2011.

F.to:

Alfonso QUARANTA, Presidente

Paolo GROSSI, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 9 novembre 2011.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: MELATTI