Ordinanza 291/2011

Ordinanza 291/2011
Giudizio

Presidente QUARANTA - Redattore GROSSI

Camera di Consiglio del 05/10/2011 Decisione del 18/10/2011
Deposito del 04/11/2011 Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate: Artt. 1 quater; 14 bis, c. 13°, lett. c); 15, c. 3°, lett. d); 16 bis, c. 7°, lett. a); 17 ter, c. 4°, lett. b) e c), della legge della Regione Siciliana 20/03/1951, n. 29.
Massime:
Atti decisi: ord. 87/2011


ORDINANZA N. 291

ANNO 2011



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA,



ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 1-quater, 14-bis, comma 13, lettera c), 15, comma 3, lettera d), 16-bis, comma 7, lettera a), 17-ter, comma 4, lettere b) e c), della legge della Regione siciliana 20 marzo 1951, n. 29 (Elezione dei Deputati all’Assemblea regionale siciliana), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, nel procedimento vertente tra Pignataro Maria Catena Rita e l’Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Catania ed altro con ordinanza del 2 novembre 2010, iscritta al n. 87 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno 2011.

Visto l’atto di intervento della Regione siciliana;

Udito nella camera di consiglio del 5 ottobre 2011 il Giudice relatore Paolo Grossi.



Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania – chiamato a pronunciarsi sulla domanda risarcitoria, proposta dalla ricorrente nei confronti dell’Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Catania e dell’Ufficio centrale regionale presso la Corte d’appello di Palermo, in ragione della dedotta illegittimità della esclusione quale candidata di lista, nella circoscrizione elettorale di Catania, all’elezione dell’Assemblea regionale siciliana e del Presidente della Regione, fissate per i giorni 13 e 14 aprile 2008, pronunciata «poiché iscritta nelle liste elettorali del Comune di Casale sul Sile (TV), ubicato fuori dal territorio della Regione Sicilia» –, con ordinanza emessa il 2 novembre 2010, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 1-quater, 14-bis, comma 13, lettera c), 15, comma 3, lettera d), 16-bis, comma 7, lettera a), 17-ter, comma 4, lettere b) e c), della legge della Regione siciliana 20 marzo 1951, n. 29 (Elezione dei Deputati all’Assemblea regionale siciliana), per contrasto con gli articoli 2, 3 e 51, primo comma, della Costituzione;

che – premesso, in fatto, di avere sollevato in merito questione di pregiudizialità comunitaria, in ordine alla quale la Corte di giustizia CE (ordinanza 26 marzo 2009, C-535/08), si è ritenuta incompetente, affermando l’insussistenza di ogni collegamento fra la situazione della ricorrente nella causa principale e una qualsiasi delle situazioni considerate dalle disposizioni del Trattato, in particolare dagli artt. 17 e 18 – il rimettente pregiudizialmente ribadisce la sussistenza della propria giurisdizione nel giudizio a quo in base ai princìpi sanciti dalla decisione dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 10 del 24 novembre 2005, sull’assunto che «l’atto con il quale la lesione è stata prodotta [alla ricorrente] rientra nel novero delle operazioni elettorali»;

che, essendo stato riassunto il ricorso «ai soli fini di ottenere il risarcimento del danno per l’illegittima esclusione dalla competizione elettorale in applicazione di una norma che [parte ricorrente] ritiene incostituzionale sotto diversi profili», il rimettente, in termini di rilevanza, afferma che («essendo il ricorso finalizzato esclusivamente al risarcimento del danno conseguente all’esclusione dalla competizione elettorale») «solo dopo la verifica della conformità alla Costituzione della normativa in base alla quale l’esclusione è stata disposta (e segnatamente ai princìpi contenuti negli artt. 2, 3 e 51 Cost.) sarà possibile scrutinare la fondatezza della pretesa risarcitoria»;

che, nel merito, il Collegio rimettente ritiene che le norme censurate – nella parte in cui «sostanzialmente escludono che cittadini non residenti in Sicilia possano partecipare alle elezioni dell’Assemblea Regionale Siciliana e del Presidente della Regione» – si pongano in contrasto con gli articoli 2, 3 e 51 della Costituzione, che riconoscono e garantiscono a ogni cittadino il libero accesso alle cariche elettive, in condizioni di uguaglianza sostanziale su tutto il territorio nazionale, giacché la limitazione dell’elettorato passivo basato esclusivamente sul mero criterio territoriale della residenza determina una notevole e non giustificata compressione del diritto politico fondamentale di elettorato passivo riconosciuto ad ogni cittadino con i caratteri dell’inviolabilità;

che – in assenza di un’espressa previsione statutaria che consenta di derogare all’art. 51 Cost. (laddove anzi l’art. 3 dello statuto siciliano dispone espressamente che la legge elettorale per l’Assemblea regionale siciliana sia «in armonia con la Costituzione e [con] i princìpi dell’ordinamento giuridico della Repubblica») – il giudice a quo rileva che la suddetta limitazione non sarebbe validamente motivata «da alcuna ragione idonea a giustificare il trattamento differenziato del “cittadino siciliano”, il quale, di conseguenza, sarebbe anche penalizzato sotto l’aspetto della libertà di circolazione sul territorio nazionale, poiché le disposizioni censurate, restringendo il diritto di elettorato passivo ai soli residenti nella Regione siciliana, limitano, di fatto, la libertà di circolazione dei lavoratori siciliani, inducendoli a non trasferirsi altrove per non perdere la possibilità di esercitare il diritto fondamentale di partecipazione politica»;

che è intervenuta la Regione siciliana, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità o, comunque, di non fondatezza della sollevata questione, eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione del t.a.r. adito, l’omessa indicazione dei parametri statutari che sarebbero stati violati e l’irrilevanza per mancato accertamento dell’effettiva sussistenza del diritto al risarcimento e di conseguenza della necessità di applicazione delle norme regionali denunciate;

che, nel merito, la Regione osserva che è solo apodittico il riferimento alla violazione del parametro dell’art. 2 Cost. e che, quanto alla asserita violazione degli artt. 3 e 51 Cost., il semplice confronto fra la normativa regionale in esame e quella delle altre Regioni a statuto speciale rivela che anche queste ultime prevedono identiche limitazioni territoriali al diritto di elettorato passivo con riguardo al requisito della residenza per l’iscrizione nelle liste per le elezioni ai Consigli regionali; e che d’altronde tali limitazioni, proprio con riferimento alla medesima legge elettorale della Regione siciliana oggetto del presente scrutinio, sono già state ritenute da questa Corte compatibili con gli evocati precetti costituzionali nella sentenza n. 20 del 1985.

Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, solleva questione di legittimità costituzionale degli articoli 1-quater, 14-bis, comma 13, lettera c), 15, comma 3, lettera d), 16-bis, comma 7, lettera a), 17-ter, comma 4, lettere b) e c), della legge della Regione siciliana 20 marzo 1951, n. 29 (Elezione dei Deputati all’Assemblea regionale siciliana), nella parte in cui «sostanzialmente escludono che cittadini non residenti in Sicilia possano partecipare elle elezioni dell’Assemblea Regionale Siciliana e del Presidente della Regione»;

che, a giudizio del rimettente, le norme censurate si pongono in contrasto con gli articoli 2, 3 e 51, primo comma, della Costituzione, giacché la limitazione dell’elettorato passivo basato esclusivamente sul mero criterio territoriale della residenza (senza alcuna valida ragione in ordine al trattamento differenziato del «cittadino siciliano») determina una notevole e non giustificata compressione del diritto politico fondamentale di elettorato passivo riconosciuto ad ogni cittadino con i caratteri dell’inviolabilità;

che la Regione siciliana ha preliminarmente eccepito (tra l’altro) l’inammissibilità della sollevata questione per difetto di giurisdizione del t.a.r., giacché le situazioni giuridiche soggettive che vengono in rilievo nel procedimento elettorale preparatorio devono essere sottoposte alla cognizione del giudice ordinario;

che l’eccezione è fondata;

che il rimettente – dato atto che, a seguito della restituzione degli atti dalla Corte di giustizia, il giudizio a quo è stato riassunto dalla ricorrente, «ai soli fini di ottenere il risarcimento del danno per l’illegittima esclusione dalla competizione elettorale in applicazione di una norma che ritiene incostituzionale» – si limita a sostenere la sussistenza nella specie della giurisdizione del giudice amministrativo sull’assunto che, se pure la ricorrente «lamenta che con la propria esclusione è stato leso il proprio diritto di elettorato passivo, l’atto con il quale la lesione è stata prodotta rientra nel novero delle operazioni elettorali, in ordine alle quali la cognizione sulle liti spetta al giudice amministrativo (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, decisione n. 10 del 2005) anche sotto il profilo risarcitorio»;

che, al di là del carattere apodittico di una tale argomentazione, questa Corte rileva, in primo luogo, che il rimettente equivoca le affermazioni contenute nella richiamata decisione dell’Adunanza plenaria n. 10 del 2005, la quale – lungi dal derogare al consolidato orientamento in materia di riparto di giurisdizione sul contenzioso elettorale amministrativo – si pone integralmente nel solco del costante orientamento giurisprudenziale (di cui vengono espressamente citati i precedenti conformi di Cassazione, Sezioni unite, sentenze n. 11646 del 2003, n. 3601 del 2003 e n. 717 del 2002; Consiglio di Stato, Sezione V, decisione n. 5695 del 2001) che individua la spettanza al giudice ordinario della cognizione delle controversie concernenti l’ineleggibilità, la decadenza e l’incompatibilità (ossia quelle relative alla tutela del diritto di elettorato passivo), e devolve al giudice amministrativo le controversie riguardanti le operazioni elettorali (Cassazione, Sezioni unite, sentenza n. 1459 del 1992), considerate non per il risultato in sé, ossia per l’incidenza sul diritto di eleggibilità del candidato, ma solo per le modalità di svolgimento delle stesse in conformità alla disciplina legale (Cassazione, Sezioni unite, n. 2854 del 1992);

che, peraltro, tale consolidato criterio di riparto non trova limitazioni o deroghe per il caso in cui la questione di eleggibilità venga introdotta mediante impugnazione del provvedimento di convalida degli eletti o dell’atto di proclamazione o di quello di decadenza, atteso che anche in tali ipotesi la decisione verte non sull’annullamento dell’atto amministrativo, ma sul diritto soggettivo perfetto inerente all’elettorato attivo o passivo (Cassazione, Sezioni unite, sentenze n. 23682 del 2009 e n. 22640 del 2007);

che è evidente – come d’altronde affermato ripetutamente dallo stesso rimettente, che fonda le censure di incostituzionalità proprio sull’assunto della lesività delle norme impugnate rispetto al diritto fondamentale inviolabile di elettorato passivo – che, nella specie, il petitum sostanziale azionato (che va identificato, non solo e non tanto in base alla concreta statuizione meramente risarcitoria richiesta dopo la riassunzione del giudizio, ma anche e soprattutto in funzione della sottostante causa petendi, fondata sulla specifica natura della posizione giuridica dedotta in giudizio) sia individuabile nella domanda di riconoscimento e di tutela del diritto politico della ricorrente, nella sua espansione tendenzialmente piena, attraverso la dichiarazione di illegittimità delle norme impugnate che escludono la candidabilità alle elezioni regionali dei cittadini non residenti in Sicilia;

che, dunque – al di là del carattere meramente assertivo (inidoneo persino a superare la soglia della non implausibilità) delle argomentazioni poste a sostegno dell’affermazione della sussistenza della giurisdizione in capo al giudice amministrativo sulla controversia de qua – il difetto di giurisdizione del rimettente emerge ictu oculi in modo macroscopico (sentenze n. 81 del 2010 e n. 241 del 2008);

che, in presenza di siffatto profilo assorbente, la sollevata questione è irrilevante e quindi va dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.



per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli articoli 1-quater, 14-bis, comma 13, lettera c), 15, comma 3, lettera d), 16-bis, comma 7, lettera a), 17-ter, comma 4, lettere b) e c), della legge della Regione siciliana 20 marzo 1951, n. 29 (Elezione dei Deputati all’Assemblea regionale siciliana), sollevata, in riferimento agli articoli 2, 3 e 51, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 ottobre 2011.

F.to:

Alfonso QUARANTA, Presidente

Paolo GROSSI, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 4 novembre 2011.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: MELATTI